30 dicembre 2022

Oggi, qui, Dio ci parla...

Avvertito poi in sogno si ritirò nella regione della Galilea e andò ad abitare in una città chiamata Nazaret



28 dicembre 2022

 Sono pubblicate qui in sequenza

le Omelie di queste ultime festività

SANTO STEFANO, PRIMO MARTIRE – FESTA

LUNEDÌ 26 DICEMBRE 2022

At 6,8-10.12; 7,54-60                 Mt 10,17-22

OMELIA

Nel mistero del Natale abbiamo scoperto la gioia della nostra umanità e abbiamo goduto di condividere la gioia di Dio che in noi ha rivelato la bellezza del suo mistero. La presenza di santo Stefano questa mattina ritraduce una domanda che potrebbe in noi nascere davanti al dono della nostra umanità: come è possibile vivere la gioia d'essere nati da Dio? Ed emergono tre aspetti dalla Parola che questa mattina abbiamo ascoltato:

-          Stefano è pieno di Spirito Santo,

-          Stefano legge la sua vita con la parola di Dio,

-          Stefano incarna la signoria del Maestro nel suo martirio.

Queste tre dinamiche, che noi cogliamo dal testo scritturistico di questa mattina, ci aiutano a dare delle risposte al nostro interrogativo: come noi possiamo veramente dire Gesù nella nostra umanità costruendo evangelicamente il nostro quotidiano?

Il primo aspetto è prendere coscienza che noi siamo la pienezza dello Spirito Santo. Di Stefano si dice che era pieno di fede e di Spirito Santo e la nostra esistenza è un'esistenza piena di Spirito Santo. Quando siamo stati cresimati siamo stati introdotti nella pienezza di Dio, per cui si è realizzato in noi il principio che abbiamo ascoltato dal Prologo di Giovanni ieri Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia, siamo la pienezza di Dio! Noi qualche volta abbiamo dimenticato questo grande valore che è presente nel nostro spirito: Dio in noi ha incarnato il suo mistero. Ecco perché il cristiano è chiamato giorno per giorno a ritrovare e a riscoprire il suo mistero che è la sua esistenza: siamo la pienezza di Dio! Usando una bella immagine noi siamo un Dio partecipato, un Dio creato. Noi siamo stati formati a immagine e somiglianza di Dio, la nostra fisicità è sacramento del Divino che opera in noi. Ecco perché nel brano evangelico Gesù ci ha detto che non dobbiamo preoccuparci davanti alle difficoltà della vita, lo Spirito che è in noi parlerà, è la pienezza di Dio che in noi fa meraviglie, è il gusto della vita e Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia, siamo il sacramento vivo dell’oggi di Gesù.

Partendo da questa prima convinzione che deve imprimersi nel nostro spirito, come Stefano, leggiamo la nostra vita con la parola di Dio. Spesse volte nel cammino della nostra esistenza nascono tanti interrogativi, anzi nella complessità culturale odierna questi interrogativi aumentano sempre di più, e davanti a noi emerge l’esigenza di dire: dove trovo la soluzione agli interrogativi della vita? Stefano li ha trovati nella rivelazione scritturistica: accostarci alla Parola, risentire risuonare in noi i testi profetici Così dice il Signore e, nello stesso tempo, tenere sempre presente e fisso al nostro sguardo la figura di Gesù. Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia. In questa pienezza noi continuamente guardiamo a lui per ritrovare la luminosità della nostra vita, seguendo il linguaggio scritturistico: così dice il Signore… ma sulla tua parola getterò le reti. Una simile esperienza è una caratteristica che dovremmo ritrovare dentro di noi. Davanti agli interrogativi della vita non solo prendere coscienza che siamo la pienezza del rivelarsi di Dio, ma abbiamo anche la capacità di leggere la storia con la parola di Dio. In certo qual modo essere persone che si educano a questa profonda convinzione: cercare in Gesù la parola con la quale illuminare la nostra esistenza. Così ci suggerirebbe il salmo: Guardate a lui e sarete raggianti non saranno confusi i vostri volti… questo povero grida e il Signore lo ascolta e lo libera da tutte le sue angosce- Il dramma della nostra esistenza sta nel come interpretare la vita, ma guardiamo a Gesù, nella sua pienezza abbiamo continuamente attinto al senso della vita, lui ci darà la luce per interpretare la nostra storia ma sulla tua parola getterò le reti, Di conseguenza la nostra vita sarà incarnare la persona di Gesù. Se abbiamo notato nel brano in cui l'evangelista Luca narra la morte di Stefano. Egli non fa nient'altro che incarnare la morte di Gesù. In certo qual modo la nostra vita è dare un volto a Gesù in tutte le situazioni che la storia ci offre. Ci accorgiamo allora che non solo con la parola sappiamo interpretare la nostra esistenza, ma nello stesso tempo lasciare veramente agire e operare Gesù nella nostra esistenza. In certo qual modo è quella pienezza che diventa la nostra vita. Abbiamo la possibilità di gustare la creatività di Gesù dentro di noi in qualunque situazione la storia ci possa collocare. E allora noi ci accorgiamo che la gioia di essere uomini che il Natale ci ha regalato, noi la possiamo continuamente far fiorire prendendo coscienza di chi siamo la pienezza della creatività di Dio, impariamo a come possiamo leggere la storia, accogliendo la parola di Dio e, nello stile quotidiano, incarnare il mistero della persona di Gesù. Quando Gesù diventa il senso della vita, in quel momento, noi possiamo dire di essere uomini autentici.

Riusciamo allora a comprendere perché la Chiesa e la Chiesa universale dopo le celebrazioni del Natale pone sempre la figura di Stefano perché lui ritroviamo il “come” vivere il gaudio del nostro essere creature. Questa è la bellezza della nostra vita. Se il Signore è dentro di noi, se il Signore illumina la nostra mente, se il Signore è creativo nelle nostre azioni di che cosa possiamo aver paura? E’ lui il grande protagonista della nostra esistenza e quindi camminiamo in questa luce. E’ la bellezza di ritrovarci questa mattina nella celebrazione eucaristica che non altro che incarnare questo mistero: Gesù nell'Eucaristia ci rende partecipi della sua pienezza - il corpo e il sangue del Signore -  ci dà la capacità di leggere la vita con la sua Parola, “Parola di Dio - Parola del Signore” - e soprattutto ci riempie attraverso il suo corpo e il suo sangue della sua presenza creatrice che ci dà il coraggio di camminare pur nelle difficoltà nella vita quotidiana.  Contempliamo il presepio, gustiamo Il martirio, viviamo la gioia di incarnare Gesù. Se noi avremo questi parametri esistenziali, giorno per giorno diventeremo quel volto di Gesù così luminoso e così grande per cui anche noi, come Stefano, nel momento in cui moriremo diremo: nelle tue mani consegno il mio spirito! Prendiamo sempre più viva coscienza che siamo tutto un dono, viviamo nella gratitudine, consegniamo noi stessi alla fonte della Vita. Entrando in questo mistero la nostra vita fiorisce e fiorirà sempre più perché abbiamo la gioia di essere il volto vivente di Gesù, nostro unico e fecondo maestro di vita.

NATALE DEL SIGNORE – SOLENNITÀ

DOMENICA 25 DICEMBRE 2022

Messa del Giorno                                            

Is 52,7-10                Eb 1,1-6           Gv 1,1-18

OMELIA

L'attesa della venuta del Signore oggi si realizza E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria. La bellezza della festa di oggi si fonda nel contemplare la pienezza della rivelazione di Dio, la gioia di oggi è la gioia di Dio che dà compimento al suo progetto sull'uomo. Oggi siamo nella gioia perché l'uomo nel Verbo incarnato si riscopre veramente uomo. La festa di oggi è la festa della gioia di Dio che diventa la gioia dell'uomo.

Innanzitutto è la festa della gioia di Dio. Se noi guardiamo attentamente il mistero della creazione dell'uomo noi ci accorgiamo come essa ci apra sulla dinamica del mistero: Dio crea l'uomo con un atto di assoluta libertà e di assoluto amore, l'uomo è creato dalla pienezza di Dio e ne partecipa meravigliosamente. Ecco perché la festa di oggi, se da una parte ci pone d’innanzi a Dio che si fa storia, dall'altro c'è il gaudio di sentirci di profondamente uomini. In un certo qual modo è la gioia di Dio che dopo aver creato l'uomo a sua immagine e somiglianza nel Verbo incarnato dà il volto luminoso all'uomo: l'uomo è il capolavoro della condiscendenza di Dio. Ecco perché la festa di oggi è la festa di Dio che dà compimento all'opera della creazione. L’uomo partendo da questa visione riscopre tre elementi fondamentali per la sua vita. Innanzitutto siamo invitati a percepire la gioia del gusto genuino della propria umanità: Dio si incarna perché è innamorato dell'uomo; dalla pienezza dell’amore di Dio Trinità è uscita l'umanità in un atto di assoluta e totale libertà, in un processo che noi non conosceremo mai, ma che ci fa percepire la bellezza di essere sacramento della libertà amorosa di Dio. Oggi siamo nella gioia delle tre Persone divine. E’ la gioia nella quale, Padre, mandando il Figlio nello Spirito Santo dà compimento alla pienezza della creazione. Ci scopriamo capolavoro trinitario.

Su questo orizzonte cogliamo il secondo aspetto: l'uomo si ritrova sacramento dell'amore di Dio. Nel brano evangelico che abbiamo ascoltato si dice: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste: siamo la creazione istante per istante dell'amore di Dio. Spesse volte nasce la domanda - chi è l'uomo? -  e davanti a tale interrogativo affiora l'unica risposta: l'uomo è un capolavoro della creatività divina. L’uomo è sacramento delle tre persone Divine e in questo noi troviamo la gioia e la bellezza della nostra umanità, l'uomo è grande perché capolavoro delle tre persone divine, amare l'uomo è lodare l'autore della nostra umanità. Ecco il secondo passaggio che dovremmo continuamente tenere ben presente: non solo siamo la gioia di Dio che ci crea ma gustiamo la bellezza di ritrovarci sacramento dell'azione di Dio Trinità che fa di noi l’incarnazione delle sue meraviglie.

Ma soprattutto il terzo passaggio risulta molto stimolante: in lui era la vita. Quando noi ci accostiamo al Vangelo di Giovanni ci accorgiamo che la parola “vita” vuol dire “comunione”, la grandezza dell'uomo è costruire giorno per giorno la fraternità. Capolavori di Dio noi diventiamo il suo grande mistero per riscoprire la bellezza della nostra esistenza, che matura nella comunione fraterna. L'uomo nel racconto della Genesi non doveva rimanere solo, doveva vivere una vita di comunione. E’ la gioia di Dio che invia il suo Figlio perché noi ritrovassimo la gioia della fraternità, la gioia della bellezza di essere “insieme” il mistero di Dio Padre, Figlio nello Spirito Santo. Intuiamo di conseguenza perché il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi, desiderava che entrassimo in relazione con lui.

Se noi scoprissimo questi tre aspetti, noi ci accorgeremmo che amare la nostra umanità è nient'altro che amare l’atto creativo, redentivo, santificatore delle tre Persone divine. Dovremmo imparare ad amare l'essere uomini: questa è la gioia di Dio! Se noi chiedessimo al Padre perché dall'eternità ci abbia pensati in Gesù, e nel Verbo incarnato ci ha regalato il modello vero del dono della nostra umanità, egli ci direbbe: perché voi viviate la nostra vita fraterna, la comunione tra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, è quella relazione esistenziale che dà la gioia della vita: siamo chiamati a vivere e a maturare in tale vera comunione! Ecco perché oggi siamo nella gioia: non soltanto perché un bambino eccezionale è nato nella storia, ma perché è apparso l'amore inesauribile delle tre Persone divine che hanno fatto dell'uomo il loro capolavoro. Su tale meraviglioso sfondo abbiamo ascoltato quella bella espressione del brano evangelico quando l'evangelista dice A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati.  La bellezza di essere uomini sta nella bellezza di gustare la nostra umanità come generazione divina. Amare l'uomo è adorare la bellezza di Dio che si rivela a ciascuno di noi. Ecco perché oggi siamo nella gioia perché come abbiamo pregato all'inizio di questa divina liturgia O Dio che in modo meraviglioso hai creato l'uomo e in modo ancora più meraviglioso l'hai redento e salvato. Ecco oggi abbiamo la gioia di partecipare alla vita di Dio, è quel respiro di eternità che è presente dentro di noi e che ci dà il fascino più profondo della vita. Ci accorgiamo allora che amare l'uomo e adorare il mistero trinitario vanno di pari passo, come pure amare Dio e amare di riflesso il suo capolavoro che è l'uomo.

Il fatto di ritrovarci nell'Eucaristia a celebrare la festa del Natale è ritrovarci alla scuola di un autentico cammino di umanità, come ci ha detto il prologo di Giovanni: il Verbo è in mezzo a noi… venne ad abitare in mezzo a noi. Tale presenza ci dà la gioia della nostra realtà umana. Amare l'uomo adorando Il mistero di Dio in lui fa sì che innamorati di Dio amiamo la bellezza dell'umanità. La gioia dell'Eucarestia di questa mattina ci stimola a tornare a casa convinti che siamo amati dalle tre Persone divine. Quando l'uomo ha il gusto di sentirsi per grazia amato dalle tre Persone Divine ritrova la gioia, il coraggio e la speranza nel travaglio quotidiano dell'esistenza. Questo sia il mistero che vogliamo vivere e condividere in modo che quando noi ci poniamo la domanda - chi sono io? - la risposta ce l'ha data il Vangelo di stamattina: In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto. Entriamo in questo mistero, gusteremo la nostra umanità, saremo creatore ricche di speranza in attesa di poter contemplare pienamente quella gloria quando Dio sarà tutto in ciascuno di noi.

 

IV DOMENICA DI AVVENTO – ANNO A

DOMENICA 18 DICEMBRE 2022

Is 7,10-14                Rm 1,1-7         Mt 1,18-24

OMELIA

Il nostro cammino di avvicinamento alla grande venuta del Maestro passa attraverso l'esperienza spirituale di San Giuseppe, il grande protagonista del brano evangelico che abbiamo poc'anzi ascoltato, ed è molto bello entrare nel suo mistero, perché anche il nostro approccio all'evento dell'Incarnazione possa essere veramente fecondo. La sua personalità risulta molto interessante davanti alla situazione culturale che stiamo vivente e risulta provvidenziale il confronto son la sua personalità evangelica.

Tre potrebbero essere gli aspetti della personalità di Giuseppe che potremmo assumere per poter incontrare veramente il Signore, con un fecondo risvolto esistenziale:

- l'essere uomo giusto,

- l'uomo che in profondità vive la coscienza della propria povertà esistenziale,

- che tuttavia, docile al Signore, si pone in stato di obbedienza.

Questi potrebbero essere i tre aspetti che l'evangelista Matteo nel suo particolare genere letterario ci vuole regalare questa mattina.

Innanzitutto appare la prospettiva di Giuseppe, visto come “uomo giusto”. Quando noi ci accostiamo a questa definizione, “uomo giusto”, siamo condotti a dare significato al senso della vita di Giuseppe, l'uomo che viveva della parola di Dio, in uno stile di radicale obbedienza. Usando un’espressione del salmo 118, potremmo così illuminare la personalità di Giuseppe: Lampada ai miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino. Egli è l'uomo che vive dell’oggi del Dio che si rivela, secondo la bella espressione di Isaia: fin dal mattino rende attento il mio orecchio perché io ascolti come un discepolo.

Giuseppe è uomo giusto perché è l’oggi vivente della parola di Dio. In quell'essere uomo giusto, egli ci fa intravedere questa consapevolezza: la sua piena apertura alla rivelazione di Dio. È la bellezza profonda dell'uomo quando si accosta all'evento della salvezza: l'atteggiamento di accoglienza attraverso un radicale atteggiamento di silenzio. Utilizzando un’immagine, vale la pena di ricordare sempre la bella espressione di Ignazio di Antiochia quando ci parla dell'evento dell'Incarnazione: esso è una parola uscita dal silenzio di Dio. Quindi la bellezza e la grandezza di Giuseppe si fondano sul fatto che egli è uomo giusto. La sua esistenza è stata costruita sul Dio che parla e il silenzio è la maggiore lode che noi possiamo offrire al Signore perché è l'espressione della docilità piena al mistero di Dio.

In questo orizzonte poniamoci la domanda perché Giuseppe voglia congedare Maria.  In questo veniamo stimolati a entrare nella profondità dell'esperienza spirituale. Il pio Giuseppe è l'uomo che vive l’oggi di Dio, e davanti al mistero che con Maria sta condividendo si sente radicalmente povero. Usando l’itinerario di una esperienza spirituale, potremmo sottolineare che davanti al grandioso e misterioso rivelarsi di Dio, emerge la profonda coscienza di Giuseppe di non esserne capace. Una cosa molto bella che oggi viene molto evidenziata è che tra Giuseppe e Maria ci fosse un intenso dialogo sul Mistero che si stava realizzando, e Giuseppe era profondamente consapevole della sua povertà spirituale. Egli pensava: ”È troppo grande il mistero di Dio di fronte alla mia povertà”. In certo qual modo, quel desiderio di voler congedare Maria è nient'altro che dire al Signore: “Non sono in grado di entrare in questo Mistero”. In tale situazione, poiché è uomo giusto, egli ascolta Dio gli parla: è la bellezza della esistenza credente. L'uomo in silenzio, nel suo dubbio, dice al Signore: “Non ce la faccio” Allora ci viene presentato Giuseppe come un sognatore, sullo sfondo letterario del patriarca Giuseppe. Qui intuiamo la profondità dell'uomo che si colloca su un altro piano, sul piano della fedeltà di Dio. La bellezza della fede non è capire, la bellezza della fede è fidarci, affidarci, collocare la propria esistenza in un mistero più grande, il mistero dell'esistenza nel meraviglioso progetto salvifico della rivelazione biblica. Giuseppe, davanti a questo grande evento, vuole realizzare una rinuncia, ma poiché è uomo giusto e crede in Dio ecco diventa docile alla realizzazione del Mistero perché Dio è meraviglioso in chi sa sognare nello Spirito Santo. La bellezza della vita è il gusto di sognare. Noi qualche volta non approfondiamo sufficientemente la nostra esistenza vedendola come Dio ci ha creati, e una delle caratteristiche dell'uomo è sognare! E’ la bellezza di fidarci di un mistero più grande affidando noi stessi a questa grandezza misterica. Ci accorgiamo di conseguenza che la grandezza di Giuseppe non sta solo nel fatto che è uomo giusto che vive l’oggi di Dio, non solo nella radicale convinzione della profonda coscienza della sua povertà, ma nel coraggio di affidarsi in quella semplice espressione finale del Vangelo e prese con sé la sua sposa è l’espressione dell’affidarsi al Mistero. 

L'uomo nell’accostarsi al grande evento che Dio che viene deve affidarsi al Mistero. Una delle verità che oggi viene molto approfondita è il mistero dell'Incarnazione, un aspetto che noi tante volte non riusciamo a comprendere ma è nascosto nella grandezza di Dio: il tutto Dio che accade nella storia nella pienezza della sua umanità. Giuseppe oggi ci dice: “Entra in questo mistero, gustane la Presenza, lasciati arricchire dalla creatività di Dio”. E’ la potenza dello Spirito Santo!

Se noi riuscissimo a cogliere questi tre aspetti della figura di Giuseppe, potremmo intuire come prepararci al grande evento dell'Incarnazione: uomini che nel silenzio accolgono, che nella coscienza della propria povertà regalano a Dio i loro limiti in una accoglienza di quella esperienza del Dio che viene nella fecondità propria dello Spirito Santo. Non per niente - e noi abbiamo ascoltato - questo atteggiamento di Giuseppe dà compimento alla fedeltà di Dio: s’incarna, l’Emmanuele Dio con noi. In questo orizzonte, guardiamo in alto, regaliamo a Dio la nostra povertà, accogliamone il Mistero che è fecondità divina.

È il mistero eucaristico che stiamo celebrando: l’eucarestia è per l'uomo che vive dell’oggi di Dio, che nella propria povertà si fida di Dio, a Dio si affida, e Dio non lo delude: il corpo e sangue di Cristo! La bellezza dell'Eucarestia sta nella continua Incarnazione. È molto bello come sant'Ambrogio stabilisca un meraviglioso parallelismo tra il Vangelo di questa mattina e il mistero eucaristico: il mistero eucaristico è il darsi del mistero dell'annunciazione, dell'apparire del mistero divino davanti al quale l'uomo, come Giuseppe, si pone in silenzio, superando il chiasso per cogliere il darsi dell'ineffabilità dell’oggi della salvezza. E’ quello che noi vogliamo celebrare in queste eucarestia con Giuseppe, amando il suo silenzio, i suoi punti di domanda, ma con questa certezza: se noi sogniamo nella fede, gustiamo la fecondità di Dio e questa fecondità di Dio è la speranza, spesso in un clima complesso come quello nel quale noi viviamo. Noi abbiamo la ferma certezza che sognando i progetti di Dio l'uomo ritrova la speranza di camminare nel percorso della vita con l’Emmanuele per giungere a quella pienezza di gloria che sarà il Dio tutto in ciascuno di noi.

Oggi, qui, Dio ci parla...

Un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe



27 dicembre 2022

25 dicembre 2022

Oggi, qui, Dio ci parla...

Oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore



24 dicembre 2022

21 dicembre 2022

18 dicembre 2022

15 dicembre 2022

12 dicembre 2022

11 dicembre 2022

Oggi, qui, Dio ci parla...

Il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di Giovanni il Battista



III DOMENICA DI AVVENTO – ANNO A

Is 35,1-6a.8a.10                Gc 5,7-10        Mt 11,2-11

OMELIA

Il nostro cammino di avvento va verso la venuta del Signore, anzi il Signore, che è presente in mezzo a noi, ci stimola perché diventiamo ricercatori del suo volto. La bellezza della nostra esistenza si coglie quando ci poniamo in una esperienza di constante attenzione attiva al quotidiano. L'interrogativo che nasce dalla Parola che abbiamo ascoltato potrebbe essere così espresso: Chi è Gesù? Una domanda che può sembrare ovvia, ma è una domanda che dovrebbe interpellarci continuamente perché la bellezza di andare verso il Natale, verso la manifestazione gloriosa del Signore, presuppone un fascino continuo da parte di Gesù. Si rivela estremamente necessario e interessante porci questa domanda perché noi conosceremo Gesù solo nella liturgia del cielo. Là lo vedremo faccia a faccia, là saremo trasfigurati, là potremmo cantare il canto nuovo di chi si sente uomo pienamente libero perché liberato in quel clima di luminosa salvezza. Infatti che senso avrebbe un simile cammino verso la venuta del Signore, se non un itinerario nello stesso tempo pedagogico e mistagogico per imparare a conoscere Gesù. Ed è interessante come alla domanda dei discepoli di Giovanni - Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro? - Gesù pone davanti alla loro curiosità dei miracoli.

Cosa rappresentano questi miracoli nella prospettiva della conoscenza del Maestro divino? E allora è interessante entrare nella grandezza di questo agire di Gesù perché la bellezza di incontrare Gesù possiede una chiara finalità: incontrare la bellezza e la fecondità della nostra esistenza. Se guardiamo attentamente questi miracoli, essi riguardano la fisicità dell'uomo. Noi ben sappiamo che gli ammalati sono un punto di domanda davanti alle situazioni storiche. Gesù è venuto per dire all'uomo: ritrova la bellezza della tua umanità. Le guarigioni sono nient'altro che il linguaggio di questo Gesù che fa l'uomo nuovo, è la bellezza dell'Avvento, che consiste nell’entrare nella conoscenza di Gesù, nella profonda convinzione che Gesù non lo conosceremo mai in modo pieno, ma solo in una attiva partecipazione alla sua grandezza che va al di là delle nostre capacità. Tutti gli studiosi si sono dati da fare per intravvedere il volto di Gesù, ne hanno abbozzato alcune piste, ma hanno rinunciato nel perseguire tale ideale, perché la conoscenza di Gesù è nient'altro che diventare Gesù. Quanto più noi diventeremo il cuore di Cristo, tanto più noi potremmo, lentamente, conoscere Gesù introducendo in noi quel desiderio di pienezza di vita, che avverrà quando Lui sarà tutto in ciascuno di noi. La grandezza del morire è lo spalancarsi della luminosità del volto di Gesù e poiché dobbiamo essere sempre in cammino ecco la figura di Giovanni il Battista, il quale ci educa -lentamente- a crescere nella sete del volto di Gesù; infatti ed è l'espressione con la quale si è concluso il vangelo: In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui. Giovanni ha la capacità esistenziale di farci ricercare il volto di Gesù. Entriamo ora nel suo mistero.

Davanti alla figura di Giovanni emergono tre possibili letture della sua presenza in questo tempo di Avvento. Come già accennavamo domenica scorsa Giovanni ci fa desiderare la conoscenza di Gesù. In un certo qual modo usando l'immagine del vangelo, Giovanni ci dice: va da Gesù e chiedigli: chi sei?  Allora il Maestro attraverso i miracoli di guarigione si presenta come la novità dell'uomo, ci troviamo di fronte all'uomo profondamente rifatto, la bellezza di Gesù è dire all'uomo: Sii veramente te stesso! Ecco perché l’Avvento è un meraviglioso dialogo tra l'uomo e cerca la sua autenticità e un Gesù che appare nel tempo come colui che dice: Ecco. Io sono il vero volto dell'uomo! Utilizzando questo duplice elemento, del dialogo tra Dio e l’uomo nel miracolo, che cosa vuol dirci questa mattina il Maestro? E allora la figura di Giovanni ci aiuta: essere essenziali, essere infaticabili ricercatori del vero, essere aperti alla libertà di Dio.

Innanzitutto essere persone che sono infaticabili ricercatori del volto di Dio. La bellezza della vita è cercare, questa ricerca è la condizione per un approccio lento e progressivo a quella essenzialità. Gesù è essenziale, la ricerca è essere condotti in questa bellezza di Gesù, è un fascino che ci avvolge continuamente e ci stimola a essere in fase di costante cammino di conversione. Ecco la domanda sempre profonda che dovremmo porci: chi è Gesù? E in parallelo: chi è l'uomo? E poiché l'uomo desidera essere tale, si diventa ricercatori del volto di Gesù. Le due realtà sono strettamente connesse. In questa prospettiva noi riusciamo a comprendere come il cammino ci proietti in avanti. L'Avvento è scuola di essenzialità, di ricerca, per entrare nel mistero incomprensibile di Dio. Ecco perché l'attesa della venuta del Signore non è un bambino, non è un presepe, ma la bellezza di un Gesù che appare sulle nubi del cielo e ci rivela la bellezza di quel mistero nel quale ognuno di noi è veramente e pienamente se stesso. Alunni di Giovanni noi ci accostiamo a Gesù, noi intuiamo il senso della frase finale del Vangelo. Diventiamo alunni di Giovanni per fare un salto di qualità: diventiamo quei piccoli ai quali è rivelato il volto di Gesù. Se noi dovessimo, in termini più semplici, riuscire a cogliere il senso dell'Avvento, ci accorgeremmo che stiamo vivendo il desiderio di essere immedesimati nella persona di Gesù, e quanto più noi entreremo in questa immedesimazione, più lo potremo effettivamente conoscere. Tante volte ci poniamo la domanda: cosa sarà la vita domani? E allora la risposta che in questo tempo di Avvento ci viene offerta è molto semplice: lasciarci rapire dal volto luminoso di Gesù in un itinerario che non avrà mai fine. Noi non lo conosceremo mai pienamente, ma tutta l’eternità sarà di entrare in questo mistero che ci affascina sempre di più e da l’esultanza per il nostro cuore, ecco perché il più piccolo nel regno dei cieli è il più grande di Giovanni, perché c'è questa attrazione verso una luce ineffabile che sarà il Dio tutto in ciascuno di noi. Il tempo dell'Avvento è un tempo in cui noi entriamo nel deserto di Giovanni, purifichiamo le nostre attese, ci essenzializziamo con una purezza di desiderio, così come recita il salmo: il tuo volto Signore io cerco, non nascondermi il tuo volto: è l’Eucaristia che stiamo celebrando.

Se noi ci chiedessimo effettivamente perché ci troviamo questa mattina nella celebrazione eucaristica, la risposta in un certo qual modo è quella di Giovanni: Andate e chiedete: Sei tu colui che deve venire?  E la risposta di Gesù è molto semplice: Entra nella dinamica della celebrazione sacramentale e fa tue le mie parole: Questo è il mio corpo dato per voi, questo è il mio sangue versato per voi…con la meravigliosa conclusione: Beati gli invitati alla cena delle nozze dell'Agnello. Lasciandoci attirare in un grande mistero ed entrando in questa meravigliosa esperienza del mistero di Gesù, l'anima di ogni discepolo si riempie di gioia, è la gioia di un mistero vissuto, intravisto, desiderato. Ecco perché in questa Eucaristia vogliamo veramente entrare in questa conoscenza del Maestro come il valore portante della nostra vita in modo che quando noi giungeremo all'incontro finale con il Maestro nella visione della Gerusalemme celeste, ogni nostro desiderio si realizzerà, quella visione ci affascinerà per sempre e potremo cantare la bellezza della nostra umanità. Questo dovrebbe essere il messaggio che Gesù potrebbe volerci regalare in questo cammino di Avvento, illuminando di eternità il nostro percorso esistenziale nel tempo e nello spazio per farci desiderare sempre più quella sublimità della luce gloriosa della Gerusalemme celeste quando Dio sarà tutto in ciascuno di noi.

 

09 dicembre 2022

08 dicembre 2022

IMMACOLATA CONCEZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA – SOLENNITÀ

Gn 3,9-15.20          Ef 1,3-6.11-12           Lc 1, 26-38

OMELIA

Nel nostro cammino verso la venuta gloriosa del Signore, la Chiesa oggi ci fa incontrare Maria Immacolata per ritrovare in lei quell’ itinerario interiore perché anche noi, come lei, possiamo incontrare il volto del Signore. L'evangelista Luca nell'inquadrare l'episodio dell'annunciazione, ci offre alcuni elementi perché possiamo veramente camminare verso questo mistero di pienezza di vita, attraverso le parole che abbiamo ascoltato: l’angelo Entrando da lei, disse: «Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te». Quattro passaggi che ci permettono di entrare nel mistero di Maria, ma nello stesso tempo ci aiutano a come camminare verso l'incontro meraviglioso con il Maestro.

Innanzitutto, cerchiamo di comprendere il senso di quel entrando da lei. In questa espressione emerge il primo elemento fondamentale per riuscire a comprendere il grande evento dell'incontro con il Maestro: la necessità dell’esistenza di una relazione interiore. Noi in genere davanti all'evento dell'annunciazione siamo molto portati dall’arte iconografica che colloca l’avvenimento in uno spazio e in un tempo; se entriamo nella profondità del linguaggio dell'evangelista, ci accorgiamo che non c'è né spazio né tempo, assistiamo a un fiorire di un dialogo interiore: l'angelo entrò da lei. E’ interessante la sottolineatura di quella vita interiore fondamentale che caratterizza la nostra esistenza, una vita interiore che si è tradotta in quell’ appellativo: la Vergine si chiamava Maria. L’esperienza della verginità del cuore si rivela indispensabile per entrare in un fecondo dialogo con il divino. Nasce in noi la domanda: cosa vuol dire questo atteggiamento di Maria davanti al venire di Dio? Emergono tre aspetti che dovremmo prendere come qualificanti la nostra esistenza: l'apertura innanzitutto su Dio, la Vergine si chiamava Maria, quella donna era interiormente tutta attenta alla divina presenza. La bellezza della venuta del Maestro la si coglie in tutta la sua verità in questo dialogo interiore, l'apertura del cuore. La verginità evangelica non è altro che la traduzione esistenziale dell’atteggiamento dell'uomo che si spalanca davanti alla creatività di Dio perché lui è il Signore, la radicalità, è quel fascino del Maestro che ci fa percepire la bellezza della creatività di Dio. La Vergine era aperta alla creatività di Dio che vuol fare di lei un luogo meraviglioso e, di riflesso, in quella verginità noi cogliamo il fascino interiore che il divino aveva operato nello spirito di Maria, in uno sguardo aperto, radicale, in una intensa attrazione spirituale. Davanti al Dio che viene, il punto di partenza è stabilire una intensa vita relazionale nello Spirito Santo, quel rapporto di cuore a cuore, di anima ad anima, di persona a persona. Il Signore viene, si pone in relazione con noi perché noi entriamo in relazione con lui. La bellezza della fede è una relazione tra persone innamorate di Gesù. Incontrare Maria nel nostro cammino verso la venuta gloriosa del Signore vuol dire ritrovare questa grande apertura del cuore in un profondo silenzio spirituale.

Allora in tale contesto riusciamo a cogliere le tre parole dell’Angelo: Ave piena di grazia, il Signore è con te!

Rallegrati, Ave! In quel dialogo c'è la gioia di Dio: Rallegrati! E’ l’espressione di quei tempi nuovi che sono segno della grandezza di Dio che si comunica all'uomo; è la relazione che Dio vuol porre con Maria, che vuol porre nel cuore di ciascuno di noi. Questa situazione ritraduce l’esigenza di una apertura ad accogliere la gioia di Dio che entra nelle nostre persone per renderci suoi capolavori.

Ecco perché questo Rallegrati è accompagnato da quel piena di grazia: sei il capolavoro della gratuità assoluta di Dio. Entrare nell' accoglienza del Maestro è questa apertura alla gratuità, alla benevolenza, a una signoria di Dio che penetra il nostro cuore e gli dà la capacità di vivere il terzo passaggio: il Signore è con te!

Il cristiano diventa il sacramento della presenza di Dio. Ecco perché in questo saluto dell'angelo noi troviamo l'itinerario della nostra vita: essere la gioia vivente di Dio, in una gratuità che va al di là di ogni pensiero umano perché il Signore abita in noi. Quel Gesù che incontreremo glorioso è già in noi e in noi già ci ricolma di quella pienezza di vita che è la bellezza della nostra storia. L'Immacolata Concezione ci insegna perciò a godere della nostra identità di discepoli del Signore. Noi qualche volta siamo drammaticamente distratti e pensiamo che la bellezza del Signore che viene sia fare tante cose. L'attesa del Signore che viene vive di un silenzio interiore, si spalanca a Dio, accoglie la gioia di Dio in una grandezza veramente inesauribile, dove Dio è il Signore. Ci sentiamo chiamati a camminare con il Signore per andargli incontro: è la bellezza della nostra esistenza. Il Signore cammina in noi, siamo ricolmati di una grandezza inesauribile e ineffabile perché Dio vuol gioire in noi, la gioia che stiamo per assaporare lentamente andando verso il Natale è una gioia che è quella di Dio. Essa non è fatta da parole, da regali, da quello che il mondo oggi ci offre, ma una gustazione di una presenza che si fa attendere. Il Natale è per l'uomo interiore che ci permette di gustare questa attualità: Dio viene.

Credo che la Chiesa offrendoci la festa dell'Immacolata in questo cammino verso la venuta gloriosa del Signore ci vuole indicare qual debba essere il criterio della nostra vita: una relazione in cui accogliamo, in cui gustiamo, in cui cantiamo la benevolenza di Dio. E’ l'Eucaristia che stiamo celebrando, l'Eucaristia è la gioia di Dio in ciascuno di noi e questo in tanta semplicità di cuore, in quella purezza di occhio, in quella dolcezza di anima che si apre a quell’atteggiamento rituale al momento della presentazione del dono eucaristico “il corpo di Cristo: Amen!” Ci troviamo di fronte alla gratuità di Dio che entra nella nostra storia. In certo qual modo facciamo la stessa esperienza di Maria che gusta l'evento del concepimento di Gesù.

In questo orizzonte viviamo questa festa, non come la somma di tante cose esteriori, ma attraverso quel silenzio interiore proprio della verginità esistenziale, dove noi percepiamo la bellezza di Dio che ci affascina. Scopriamo di conseguenza che quando siamo nel fascino di Dio, siamo sempre quella vergine a cui l'angelo si rivela: Ave piena di grazia il Signore è con te. Se noi questa parola la percepissimo al mattino quando ci svegliamo allora la vita diventerebbe un’esultanza messianica: Ave! Ave piena di grazia, il Signore è con te! Ecco la tua giornata da costruire nella bellezza di Dio. E allora chiediamo allo Spirito Santo di percepire questa profondità in modo che il Signore in noi possa farci gustare attraverso l'Eucaristia la grandezza dell'amore di Dio in modo da poter dire nella nostra vita: abbiamo contemplato o Dio le meraviglie del tuo amore!

 

Oggi, qui, Dio ci parla...

Ave, piena di grazia!



06 dicembre 2022

Oggi, qui, Dio ci parla...

Così è la volontà del Padre vostro che è nei cieli, che neanche uno di questi piccoli si perda



04 dicembre 2022

II DOMENICA DI AVVENTO – ANNO A

Is 11,1-10    Rm 15,4-9       Mt 3,1-12

OMELIA

Il cammino dell'Avvento orienta progressivamente il nostro sguardo al mistero di Gesù, la nostra speranza è Gesù e davanti a questo orizzonte oggi dobbiamo far nostro l'invito di Giovanni il battezzatore: convertitevi, facendovi battezzare nell’acqua. L’intenso desiderio di voler vedere il Maestro divino passa attraverso il personalizzare il suo insegnamento. Solo così il nostro cuore si apre all’annuncio del vangelo. Ci accorgiamo di conseguenza che l'incontro con il Maestro nasce da una profonda esperienza di conversione. Allora insieme cerchiamo di chiederci cosa voglia dire questa parola “conversione”. Tenendo presente lo sfondo della rivelazione, ci accorgiamo che tre sono gli aspetti sui quali vogliamo soffermarci, perché la bellezza della speranza sta nel desiderio del Cristo sempre più vivo, che abita in noi e nella nostra storia. La conversione è la gioia della speranza.

Il primo elemento da tener presente nella nostra riflessione è la sottolineatura che la conversione si colloca all'interno della nostra persona. Quando siamo stati battezzati siamo stati immersi nella morte, sepoltura e risurrezione del Signore, in quel momento siamo stati chiamati a “conversione”. Si realizza in tale esperienza un passaggio continuo dalle tenebre alla luce, dalla storia all'eternità beata, dalla stanchezza dell'esistenza all'ebbrezza del quotidiano. La conversione è qualcosa che è all'interno della nostra persona. Usando un’espressione più semplice, potremmo affermare che convertirci è diventare, giorno per giorno, il mistero di Gesù. Convertirsi è proclamare nella fede che Gesù è il Signore! La bellezza della nostra esistenza sta nel lasciarci affascinare da questo mistero che è dentro di noi. Noi siamo stati inseriti, attraverso il gesto rituale, nella vita di Gesù ed è molto bello come la Chiesa antica il battesimo fosse celebrato nel nome di Gesù. La conversione non è altro che il divenire quotidiano nel fascino di Gesù che rinnova la nostra esistenza. Ecco perché il cristiano può attendere la venuta del Maestro Divino lasciandosi catturare dalla persona del Maestro. Attraverso la conversione viviamo il desiderio di Gesù che cresce dentro di noi, e tutto questo noi lo sviluppiamo assumendo i sentimenti di Gesù, assumendo la sensibilità di Gesù, usando un'espressione cara alla lettera di Paolo ai Filippesi assumere la sensitività di Gesù stesso. La conversione è il mistero di Gesù che invade le nostre persone: Gesù nel cuore, Gesù nella mente, Gesù nelle azioni. La nostra esistenza è incarnazione del mistero di Gesù E’ una bella avventura quella della conversione perché illumina continuamente i nostri passi per diventare il Maestro Divino. La conversione è un fascino attivo, che rende profondamente dinamica la nostra esistenza. La nostra quotidianità si costruisce in un divenire continuo che ci rinnova in modo veramente inesauribile

Noi tante volte vorremmo - usando un'espressione semplice - diventare buoni ed essere tranquilli. Noi finiremo il cammino di conversione quando vedremo Gesù faccia a faccia, ecco perché la conversione è assumere la stessa sensibilità di Gesù, è sviluppare in noi quel mistero che è la bellezza della nostra persona, di null'altro noi ci gloriamo se non del mistero di Gesù. Se noi riuscissimo a cogliere questo secondo passaggio la conversione diverrebbe lo spazio abituale della nostra vita. E’ il fiorire di Gesù dentro di noi, è quel Gesù che lentamente diventa il Signore della nostra persona. Quando noi volessimo ritrovare la bellezza feconda della nostra esistenza la parola chiave è conversione, rendere la nostra vita una viva professione di fede: Gesù è il Signore! Questa è una meravigliosa avventura perché, finché saremo in questo mondo saremo in un divenire continuo, dove il Maestro entra nella nostra vita e ci guida continuamente. Al mattino incontriamo il Risorto, lungo la giornata lo gustiamo per giungere alla sera desiderando l'incontro glorioso finale. Allora la conversione non è diventare più buoni, ma innamorarci progressivamente della persona di Gesù, personalizzandola. L'essere presi dall'amore di Gesù è un dinamismo così profondo, così dinamico, così propellente che noi non saremo mai come Gesù ci vorrebbe. Ecco perché la conversione è la vivacità costante della nostra esistenza.

Ecco perché Paolo ci ha parlato di speranza. La speranza è il Signore che è in noi, che è sempre più fecondo nel nostro quotidiano, perché ci plasma interiormente facendo sì che assumiamo i suoi sentimenti. Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù. La vita pasquale del Maestro è destinata a diventare il cuore della nostra vita feriale. Infatti quando il Signore verrà nell’ultimo giorno e lo incontreremo, l'unica cosa che ci chiederà è vedere quali dimensioni interiori noi avremo veramente realizzato: se avremo incarnato nelle nostre povertà il volto di Gesù, anima della nostra anima. Ecco perché il cristiano sa che la sua vita è una conversione continua. Qui cogliamo la vitalità della nostra esistenza spirituale. D'altra parte, se guardassimo attentamente cosa voglia dire l'espressione di Giovanni essere battezzati nell'acqua, ci accorgeremmo che quell’espressione vuol dire ritornare all'origine della nostra esistenza, a quelle acqua primordiali da cui è fluita la nostra vita fisica. La nostra esistenza è in Cristo Gesù, e poiché la nostra esistenza è il Cristo Gesù ecco la conversione si realizza, immergendoci per pura gratuità divina in quell'acqua di salvezza che ogni giorno ci rinfresca e ci rigenera per diventare il volto di Gesù. Come sarebbe bello se al termine della nostra vita, incontrando il Padre, egli ci dicesse: Ecco il volto luminoso del mio Figlio! Ecco il senso e la finalità della vita di conversione evangelica: fare in modo che il Cristo lentamente ci trasfiguri e sviluppi noi il suo mistero. La conversione si colloca nel cammino evangelico e il vangelo non è un fatto moraleggiante o stoico, ma è un dilatare quella vocazione mistica che è apparsa in tutta la sua ricchezza nell’iniziazione sacramentale a Cristo nella chiesa.

Ecco perché ci ritroviamo nell'Eucaristia per essere trasfigurati, celebrare l'Eucaristia è dare vivacità settimanale alla nostra vocazione alla conversione: diventare Gesù! La fecondità della nostra partecipazione ai divini misteri sta nel vibrante richiamo a vivere la conversione come innamoramento attivo e dinamico della persona del Maestro Divino e poiché questo storicamente è impossibile, la speranza ci apre su orizzonti gloriosi quando Dio sarà tutto in ciascuno di noi. Ecco la speranza, ecco il senso della conversione, ecco il senso della nostra vita: andare all'Eucaristia per diventare sempre più quello che siamo: creature nuove in Gesù Cristo. Questa sia la forza all'interno della nostra vita. Questo tempo dell'Avvento è il desiderio di fondo di diventare il volto del Maestro in modo che quando il Signore verrà lo potremo riconoscere perché la nostra interiorità sarà così in lui trasfigurata che lo vedremo, e il nostro cuore canterà la gioia di essere in lui uomini autentici. Questo sia il cammino che il Signore ci regala attraverso la figura di Giovanni il battezzatore in modo che la conversione sia l'avventura alla quale il Padre ci chiama perché diventiamo quel volto di Gesù che dall'eternità in noi è stato concepito e che nella pienezza del paradiso avrà la sua piena e definitiva realizzazione.