At 13,14.43-52 Ap 7,9.14b-17 Gv 10,27-30
OMELIA
L'esperienza
del Risorto, vita della nostra vita, diventa il principio di uno stile
esistenziale ed evangelico. È quello che Gesù questa mattina ci vuole insegnare
attraverso l'immagine del pastore e delle pecore perché possiamo, nel profondo
del nostro cuore, imparare a comprendere che siamo proprietà divina.
È
interessante un duplice elemento che abbiamo poc'anzi ascoltato dal Vangelo: da
una parte noi siamo un dono del Padre al Figlio e, di riflesso, il Figlio ci
considera come sua proprietà attraverso le sue modalità espressive: le mie pecore ascoltano la mia voce, le mie pecore sono nella mia mano. E
questo aggettivo possessivo ripetuto tre volte ci fa chiaramente intuire che il
senso più profondo della nostra vita sta nella vita divina. Il Padre ci regala
al Figlio, il Figlio ci considera sue pecore, ascoltiamo la sua voce, siamo
nelle sue mani, è la profonda consapevolezza che la bellezza della nostra vita
è nelle mani trinitarie.
Quando
l'uomo si pone l'interrogativo su cosa fondare la propria esistenza, la
risposta nel brano di questa mattina è molto chiara: siamo proprietà divina,
una proprietà divina che risulta ancora più ricca dalla sottolineatura che
abbiamo ascoltato dal testo dell'Apocalisse: abbiamo le veste candide, lavate nel sangue dell'Agnello. Siamo
chiamati a gustare la luminosità eterna immergendoci nella oblazione d’amore di
Gesù, Agnello immolato per la nostra salvezza. Il cristiano è il capolavoro
della vita divina. Davanti agli interrogativi che la storia ci pone dinanzi
continuamente, la grande risposta ce la offre il buon Pastore: siamo del e nel
Dio Trinità, e tale certezza dobbiamo continuamente ricordarla a noi stessi per
ritrovare quella speranza radicale che dovrebbe caratterizzare il nostro
cammino quotidiano. Ripetiamo sempre a
noi stessi: Siamo una meravigliosa proprietà divina. E tutto questo per
realizzare tre aspetti che la parola del Signore ci ha regalato:
-
il buon
pastore dà la vita,
-
le pecore
non andranno perdute,
-
nelle sue
mani abbiamo la certezza e la solidità.
Questi tre
aspetti ulteriormente evidenziano questa esperienza in cui noi siamo
profondamente immersi. E’ interessante chiederci cosa voglia dire che il buon
pastore dà la vita per le pecore. Quando noi sentiamo l'espressione “dare la
vita” noi magari in modo immediato ci poniamo d’innanzi al mistero della morte,
ma se entriamo in profondità, nella prospettiva del Vangelo di Giovanni il buon
pastore dà la vita per le sue pecore, nel senso che le riunisce in una
misteriosa comunione di vita. Gesù ci dona la vita, ci dona la comunione con il
Padre, ci avvolge della creatività dello Spirito Santo, con la conseguenza che
la nostra esistenza è comunione, perché essa è viva partecipazione alla unità
di vita delle tre Persone divine! L'uomo si sente disperso nelle solitudini
contemporanee, la gioia di essere proprietà divina ci fa intuire che noi
entriamo veramente in una unità d’esistenza che ci permette di scoprire che
siamo fratelli e sorelle in cammino verso la pienezza della gloria. Ecco perché
non andremo mai perduti, perché la nostra vita ha la solidità di Dio. Dovremmo
sempre ripetere a noi stessi la bella espressione che abbiamo ascoltato del Salmo
responsoriale e che è l'anima della preghiera della Chiesa al mattino: Riconoscete
che solo il Signore è Dio: egli ci ha fatti e noi siamo suoi, suo popolo e gregge del suo pascolo. Se nel cammino
della vita entriamo in tante realtà problematiche ecco, noi abbiamo la
convinzione che non andremo mai, mai perduti. Ecco perché è importante che
recepiamo nel profondo della nostra esistenza questa consapevolezza d'essere
sua proprietà con il grande risultato che veniamo plasmati dalla presenza
divina. Il Signore è il pastore che con le sue mani, che poi sono anche le mani
del Padre, ci aiuta fondamentalmente a diventare il suo volto luminoso.
L'immagine del Buon Pastore è fonte radicale di grande speranza. Se ci sentiamo
soli in termini psicologici, ricordiamo sempre a noi stessi che siamo nella
Trinità beata, se siamo nelle difficoltà le mani di Dio ci proteggono, se nel
cammino della vita abbiamo delle grosse solitudini, abbiamo la certezza di
essere aperti al mondo intero in una grande universalità. Cerchiamo sempre di
ritrovare la bellezza di essere quelle pecore che gustano la viva relazione con
le tre Persone divine.
Davanti a
questo mistero, le tre parole che Gesù ci ha di nuovo regalato questa mattina
perché possiamo costruire in modo autentico la nostra vita, sono:
Ascoltare –
Conoscere - Seguire
All’inizio
del percorso di vita divina incontriamo il verbo ascoltare, dove l'ascolto è la
capacità dell'uomo di uscire dall’io ed entrare nel tu, il tu di Dio, il tuo
dell’altro. Spesse volte le nostre tristezze nascono dal fatto che rimaniamo
chiusi nelle nostre povertà e nei nostri limiti. Dovremmo imparare ad ascoltare
il Buon Pastore, colui che ci porta fuori dalle nostre paure, dai nostri dubbi,
dalle nostre oscurità esistenziali perché seguendolo, di riflesso, impariamo a
conoscere quel mistero che è la speranza della nostra vita. Ecco il metodo con
il quale prendere consapevolezza che siamo proprietà del buon Pastore:
ascoltare per conoscere seguendo. Se noi riuscissimo a entrare in questa
mirabile esperienza, ci accorgeremmo che la nostra vita vive di una speranza
essenziale. Qual è infatti l'origine delle nostre paure? L'uomo contemporaneo è
pieno di paure perché siamo rinchiusi in noi stessi, nel nostro mondo, nel nostro
modo di pensare, di ragionare. Abbiamo
davanti al nostro sguardo storico tale consapevolezza, mettiamoci in ascolto
con colui nel quale la nostra vita è nata, con colui nel quale la nostra vita
matura, con colui nel quale la nostra vita viene plasmata per essere un
capolavoro divino-umano. Quando entriamo in questa meravigliosa esperienza noi
ci accorgiamo che possiamo respirare, possiamo camminare, possiamo sognare,
possiamo proiettarci in avanti in qualcosa che non conosciamo ma, poiché siamo
nelle mani divine e trinitarie, tutto diventa effettivamente possibile.
Gustiamo le immagini di questa mattina, nelle difficoltà laviamo le nostre
vesti rendendole candide nel sangue dell'Agnello e saremo il luminoso capolavoro
dell'amore del Signore.
Ecco perché
noi ci ritroviamo nell'Eucaristia. Attraverso la celebrazione rituale, il Padre
ci sta regalando al Figlio in questa Eucaristia perché ci vuole trasfigurare.
Come avviene la consacrazione del pane e del vino, così avviene anche la
consacrazione delle nostre persone, nell'Eucaristia il Figlio nello Spirito
Santo ci plasma, ci rende uomini radicalmente nuovi perché possiamo poter
godere la comunione con il Padre. Ecco allora che l'Eucaristia è nient'altro
che ascoltare la voce del Pastore, seguire il Pastore, conoscere il Pastore e
quando la nostra vita entra in questo meraviglioso orizzonte, la speranza è nel
nostro cuore e riusciamo a essere la luce che dà forza ai nostri fratelli e
sorelle.
Viviamo
questa esperienza in tanta serenità e allora ci accorgeremo che in Cristo Buon
Pastore respiriamo, camminiamo, gustiamo la vita. Con un simile ritmo di vita
approfondiremo uno stile esistenziale veramente evangelico e come feconda
conseguenza si aprirà anche quell'orizzonte di eternità nella quale la nostra storia
si concluderà per essere per sempre in una luminosità eterna, che è speranza
nel cammino della vita quotidiana.
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