OMELIA
At 1,1-11 Eb 9,24-28; 10,19-23 Lc
24,46-53
Nel mistero dell'ascensione di Gesù al cielo noi contempliamo il
compimento della storia di Gesù. Tale verità la cogliamo in pienezza usando la
bella immagine di Giovanni: Sono uscito
dal Padre e sono venuto nel mondo. Ora lascio il mondo e torno al Padre. La
bellezza di Gesù è essere entrato nella storia degli uomini per dare novità al
mondo, generarvi la speranza che viene dall’alto, per poi ritornare dal Padre,
fonte e anima della sua storia.
Mentre contempliamo questa grande meravigliosa esperienza
dell’assunzione al cielo, sia gli angeli che appaiono negli Atti degli Apostoli,
sia il testo della lettera agli Ebrei, ci dicono che dobbiamo metterci in
cammino anche noi verso la gloria; quello che Gesù ha realizzato nella sua vita
si deve attualizzare anche nella nostra. La nostra esistenza è una attesa della
venuta gloriosa del Signore.
Ma come noi possiamo entrare in questo cammino che lentamente ci
porta verso la pienezza della gloria? Ed è molto bello soffermarci sulla
gestualità con la quale Gesù ha preceduto il mistero della sua assunzione: E, alzate le mani, li benedisse. Mentre li
benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. In tale descrizione troviamo tre
momenti che dobbiamo cercare di mettere bene in luce. Innanzitutto il
linguaggio dell’alzare le mani e del benedire indica l'atteggiamento
sacerdotale di Gesù che riveste della sua potenza e del suo mistero personale i
discepoli, vi appare un atto di consacrazione e di rigenerazione. Il Signore
sommo sacerdote impone le mani ai discepoli per trasferire in loro il suo
mistero, per cui i discepoli diventano sacramenti di Cristo. Tale evento viene
ulteriormente evidenziato nel passaggio successivo dove, mentre Gesù li
benediceva, saliva verso l'alto. In questo passaggio notiamo non solo che il
Signore passava nella personalità dei discepoli, ma il suo salire sottolineava una
nuova modalità del suo rimanere nella storia.
È molto bello questo quadro che l'evangelista ci offre: Gesù
assunto alla destra del Padre è realmente presente in mezzo a noi, esce dallo
spazio e dal tempo per entrare sacramentalmente nello spazio e nel tempo, in un
orizzonte di universalità.
Ecco, allora appare il terzo atteggiamento dei discepoli: la
gioia! Quando noi siamo intensamente legati a una persona ed essa se ne va,
inevitabilmente l'uomo è nella tristezza. Come mai i discepoli invece sono nella
gioia? E si ritrovano nel tempio, lodando il Signore?
Il Signore, nella sua assunzione alla destra del Padre non li ha
lasciati, è rimasto il modo più vivo in mezzo a loro. Se Gesù era presente
nello spazio e nel tempo come Gesù di Nazareth, nel momento in cui è entrato
nella gloria del Padre è ovunque, perché ci deve condurre a vivere lo stesso
mistero di gloria. Il discepolo è il rivestito della attuale presenza del Risorto,
con la conseguenza che Gesù che sale al cielo diventa la prefigurazione, la
pregustazione dell'itinerario della nostra vita che è salire anche noi alla
destra del Padre!
Ecco perché rimane in mezzo a noi! Gesù è salito per “rimanere”,
ha lasciato la corporeità fisica per assumere la corporeità sacramentale.
L'eternità beata è dono che è stato impresso dentro di noi. Ecco perché abbiamo
pregato all'inizio chiedendo al Padre di essere anche noi assunti dove è stato
assunto il Figlio: …poiché nel tuo Figlio asceso al cielo la nostra umanità
è innalzata accanto a te, e noi, membra del suo copro, viviamo nella speranza
di raggiungere Cristo, nostro capo, nella gloria.
Davanti a questo quadro nasce la domanda: ma come e dove noi
riusciamo a cogliere questa reale presenza di Cristo? E tre aspetti ci possono
aiutare, in modo che la relazione col Cristo, Cristo Glorioso, sia sempre
attuale: è presente nelle nostre persone, è presente nella celebrazione dei
divini misteri, è presente nell'esperienza mistica dell'ordinario. Questo
orientamento verso la gloria diventa il mistero che avvolge la nostra vita. Innanzitutto
la profonda coscienza che lui è presente in noi. Idealmente il gesto con il
quale Gesù ha lasciato i suoi discepoli è il gesto che noi dovremmo vivere
continuamente: il Cristo che ci benedice, che impone le sue mani su di noi
ricolmandoci della sua presenza, è avere le mani del Risorto sulla nostra vita
e questo ci fa dire che c'è un flusso continuo del suo Spirito nelle nostre
persone, è respirare quella vita divina che è il Cristo in noi.
È molto bello svegliarsi al mattino e gustare la Divina Presenza. In
quel momento noi incominciamo a camminare nello spazio e nel tempo in questa
attrazione verso il mistero della pienezza della gloria, e questo noi lo
riviviamo continuamente nella celebrazione dei Divini Misteri. Ecco perché i
discepoli stavano sempre nel tempio lodando Dio: avevano il gusto della Divina
Presenza.
Ricordiamo sempre che quando noi ci troviamo nel culto stiamo assaporando
la meravigliosa presenza del Cristo che ci regala la sua personalità, che ci
benedice, che fa passare in noi il mistero della sua persona. I sacramenti sono
i gesti di Gesù che qualificano la nostra storia. Di riflesso il nostro vissuto
è un'esperienza mistica. Noi tante volte abbiamo la pesantezza del lavoro
quotidiano, abbiamo le stanchezze psicofisiche, ma dimentichiamo la vitalità
che c'è dentro di noi. Quelle mani che Gesù ha posto su di noi e che sono la
nostra vita teologale, quelle mani che ci avvolgono nella nube del tempio che è
la divina liturgia, diventano le mani che ci accompagnano nel tempo e nello
spazio attraverso quello che compiamo giorno per giorno. Ecco perché gli angeli
hanno detto ai discepoli perché state a
guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo,
verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo.
Ora noi lo aspettiamo quando verrà nella
gloria. Egli verrà nella gloria, dopo averci trasfigurati, giorno per giorno,
nel nostro cammino storico. E allora se nelle mani imposte in noi nel battesimo
siamo diventati sacramento di Cristo, nelle mani dei doni eucaristici noi
veniamo continuamente trasfigurati in modo che quando andiamo al lavoro
quotidiano, lentamente, assumiamo la sensibilità e l'esperienza interiore del
Cristo: è quella trasfigurazione continua e inesauribile, che ci è donata dalla
creatività dello Spirito.
Ecco perché se noi guardiamo soprattutto le chiese più antiche c'è
sempre il grande catino absidale: noi entriamo in chiesa, celebriamo il mistero,
ma nello stesso tempo siamo pregustando quella dimensione aurea che è la gloria
luminosa del paradiso. Gesù è presente nella nostra esistenza, Gesù agisce
nella nostra storia, Gesù cammina con noi nel quotidiano per farci sempre più
tendere verso questa luminosità eterna nella quale noi potremmo gustare quell’eternità
beata che è la forza del presente.
Viviamo così questo mistero della assunzione di Gesù alla destra
del Padre. Come il Cristo è venuto dal Padre ed è entrato nella storia e ha
lasciato la storia per giungere al Padre, così anche noi quando siamo nati, è la
gloria di Dio che si è incarnata nelle nostre persone con la conseguenza
inevitabile che la nostra vita è un tornare al Padre per essere in una
luminosità che non ha confini.
Questa sia la speranza che vogliamo portare a casa questa mattina
attraverso questa Celebrazione eucaristica in modo che fin da adesso possiamo
respirare quella eternità beata che i nostri fratelli defunti già stanno
vivendo. Costruiamo fin da ora la nostra esistenza nella forza dello Spirito
che è speranza in ogni oscurità, mentre siamo in attesa della luce che non
conosce tramonto.
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