Essi subito lasciarono le reti e lo seguirono
30 novembre 2022
29 novembre 2022
28 novembre 2022
27 novembre 2022
I DOMENICA DI AVVENTO (ANNO A)
Is 2,1-5 Rm 13,11-14 Mt 24,37-44
OMELIA
La festa di
Cristo Re ha collocato la nostra attenzione sulla pienezza della gloria. La
vita è un cammino verso l'incontro trasfigurante con il Maestro divino e
davanti a questa grande meta nasce il tempo dell'attesa. Il tempo dell'Avvento
allora va letto come il tempo dell'accoglienza di questo Signore che è il
criterio di fondo della nostra esistenza. Cristo è presente, si fa attendere e sarà
la pienezza della nostra vita: questi tre aspetti devono diventare motivo della
nostra riflessione.
Noi innanzitutto
aspettiamo Colui che è già presente, qui, ora, anzi potremmo dire che “Lui in
noi si fa aspettare”. Si tratta di quella profondità del senso del desiderio
che abita nell’interiorità di ciascun uomo, il desiderio della realizzazione
della vita, il desiderio della giustizia, della verità e dell'autenticità, secondo
quanto ci ha suggerito il profeta Isaia nella prima lettura: il desiderio della
armonia cosmica, dove tutti i popoli, nella luce del Signore, potranno
finalmente incontrarlo nella pace. È una verità questa presente nella persona
umana, la quale intensamente desidera entrare in questo mondo di novità di vita.
Attendere il Signore è attendere questa bellezza, dove ogni uomo sarà tutto
nell'Uomo per eccellenza, Gesù, Signore della storia. Occorre però che noi ci
facciamo guidare ogni giorno dall’atteggiamento, che è lo specifico del
cristiano, che noi chiamiamo la speranza. Tutto il cammino dell'uomo nella
storia deve essere animato dalla speranza. È molto bello quello che l'apostolo
Paolo, iniziando la lettera ai cristiani di Colossi, afferma: “Rendo grazie al Signore per la fede in
Cristo, la carità verso i santi, la speranza che ci attende nei cieli”. Il
Signore è presente e si fa aspettare. Attendiamo colui che si fa attendere.
Ecco perché il cristiano è così concentrato su questa presenza del Signore, su
questo primato dell'invisibile che anima la storia visibile. Lui è la presenza
di un mistero che avvolge la nostra vita, dalla nascita alla morte. Noi, nella
nostra superficialità, spesso non ne siamo consapevoli. Abbiamo dimenticato nel
nostro parlare l’espressione “mistero”, perché abbiamo dimenticato di essere
mistero nel mistero. Forse non ci rendiamo più conto della grandezza del nostro
essere uomini, creati a immagine di Dio, per diventare sua somiglianza. La
condizione per entrare in questo cammino è prendere coscienza che lui è
presente. L'uomo è sogno, l'uomo è attesa. L'uomo è un’intensa tensione verso
il futuro, ma tutto prende significato da come costruiamo il presente e il
presente è gustare ogni istante una presenza. Spesse volte nasce la domanda “Cosa
vuole dire essere cristiani?”. L'unica risposta che noi possiamo dare è:
“Cristiano è chi vive di Gesù, l’uomo autentico, l’uomo perfetto, l’uomo per
eccellenza. Solo in lui l'uomo ritrova i parametri della sua vita”. L'attesa è
propria di chi vive di lui: vive della sua presenza che dà senso a ogni
esperienza, a ogni scelta, a ogni avvenimento. Attendere il Signore non è
un'illusione, attendere Il Signore è percepire questa sua attualità nel nostro
oggi. Quel Gesù, nel quale prende un significato nuovo tutta la storia, è in
mezzo a noi, costruisce insieme a noi, se noi desideriamo colui che si fa
desiderare, se non possiamo stare senza la sua persona. Questo secondo me è uno
dei criteri fondamentali dell'Avvento: noi usiamo molti riti, utilizziamo molte
riunioni, ma la bellezza della fede è il rapporto con il Maestro, nel quale
ritroviamo la bellezza e l'autenticità della nostra storia. Ecco perché il
secondo passaggio che dovremmo riuscire a cogliere fino in fondo è che questo
Gesù, presente in mezzo a noi, è da noi intensamente desiderato. La speranza è la
consapevolezza che Gesù in noi si fa desiderare. E allora il terzo passaggio che
dovrebbe alimentare ulteriormente la speranza è attendere il Signore che verrà
sulle nubi del cielo. La pienezza della nostra vita è il paradiso. Noi spesse
volte non rivolgiamo lo sguardo verso questo orizzonte, perché abbiamo
sostanzialmente un grande dramma spirituale: vogliamo vivere in modo assoluto
le cose contingenti, che finiscono per dominare i nostri pensieri, le nostre
relazioni, ogni nostra scelta. Ci privano della libertà autentica e ci fanno
dimenticare la presenza che ci fa uomini. Dovremmo imparare a elaborare uno
stile di vita nel quale Cristo Gesù sia il Signore, il Dio tutto in ciascuno di
noi.
Il vegliare
nel tempo di Avvento diventa così attendere la trasfigurazione dell’intera
umanità, la revisione del mondo che entra nella verità, nella giustizia e nella
autenticità. Ecco perché l'Avvento è un proiettarsi in avanti in una pienezza
di vita nella quale Gesù sarà tutto in ciascuno di noi. È molto bello come
l'apostolo Paolo, delineando il senso della vita, ci illumina sul nostro futuro,
quando Cristo ci collocherà nella gloria del Padre, dove realizzeremo il nostro
sogno della pienezza della vita! Ecco allora il trinomio che ci deve condurre
in questo tempo dell'Avvento, fondato su una certezza: il Signore è presente! Siamo
immersi in una relazione continua che egli vuole stabilire con ciascuno di noi.
La sua è una presenza intensamente desiderata perché, nella sua essenza, è
l'anima della nostra anima e, di riflesso, è una presenza che si compirà
nell’incontro definitivo con lui, quando passeremo da questa storia
all'eternità e lo vedremo luminoso, così come egli è, in una gloria che non ha
confini.
Ecco perché
il tempo dell'Avvento è il tempo della speranza: Dio è in mezzo a noi; è il
tempo dell'attesa: Dio sarà la pienezza della nostra vita; è il tempo del
coraggio di seguirlo senza dubbi e senza paure: chi può essere contro di noi? E
allora l'Eucaristia che stiamo celebrando è il tempo dell'attesa. Ricordiamo
sempre quelle espressioni che noi meccanicamente ripetiamo, senza coglierne la
pregnanza: “Annunciamo la tua morte Signore,
proclamiamo la tua risurrezione nell'attesa della tua venuta”. Ci
ritroviamo per maturare la gioia dell'attesa, gustando una presenza che avvolge,
trasfigura e dà speranza ai nostri passi. E allora riusciamo a capire perché la
Chiesa, nel tempo dell'Avvento, continuamente canti “Vieni, Signore Gesù, Maranatha!” È una presenza che illumina il
nostro istante e allora, nell’Eucaristia che stiamo celebrando, cerchiamo di
entrare in questo mistero, che è una realtà non facile da intuire nella cultura
di oggi, ma se il Signore oggi è con noi, nell'Eucaristia il modo particolare è
in mezzo a noi, noi abbiamo la certezza che stiamo proiettandoci verso la
pienezza della vita, quando “Dio sarà
tutto in ciascuno di noi”. Vegliare è stare svegli, animati in tutto il
nostro essere da questa attesa, perché il Signore introduca ciascuno di noi nel
suo grande mistero d'amore.
26 novembre 2022
25 novembre 2022
24 novembre 2022
Oggi, qui, Dio ci parla...
Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina
23 novembre 2022
22 novembre 2022
21 novembre 2022
20 novembre 2022
XXXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – NOSTRO SIGNORE GESÚ CRISTO RE DELL'UNIVERSO – ANNO C – SOLENNITÀ
2 Sam 5,1-3 Col 1,12-20 Lc 23,35-43
Omelia
La
Chiesa, convocandoci a celebrare la solennità di Cristo Re, vuol aiutarci a
ritrovare l'unità nella nostra vita. Il cristiano è il sacramento del Cristo
vivente. Abbiamo ascoltato l’inno proprio della lettera di Paolo ai Colossesi,
che è tutto incentrato sulla persona di Gesù nella prospettiva di ricapitolare in Cristo tutte le cose. La
bellezza della nostra vita si chiama Gesù Cristo e questo è estremamente
importante nella cultura di oggi che è tanto distratta, che non riesce a
trovare il nucleo fondamentale della sua esistenza, ma nello stesso tempo sta
vivendo un cammino di ricerca del significato della propria esistenza. La
solennità di Cristo Re ci educa a dire “Gesù” nel cammino della nostra storia.
Su questo sfondo risulta molto stimolante rivedere una parola cara all’ evangelista
Luca che abbiamo poc'anzi ascoltato oggi
sarai con me in paradiso. Siamo chiamati a vivere l’oggi del Padre in Gesù.
E’ molto bello vedere come nell'evangelista Luca la parola “oggi” sia
estremamente importante. Al momento dell'Incarnazione gli angeli proclamano: oggi è nato per noi il Salvatore;
all'inizio della sua vita pubblica il Maestro afferma: oggi le scritture si sono realizzate, nella conversione di Zaccheo egli
dice: oggi la salvezza è entrata in
questa casa, per cui questa mattina abbiamo sentito: oggi sarai con me in paradiso. Questa visione ci permette di
rileggere in modo nuovo la nostra esistenza, inserendola in quella di Gesù.
Noi
siamo catturati dallo scorrere del tempo, dimenticando che la bellezza della
salvezza è oggi, oggi il Signore è in
mezzo a noi, e questo ci dovrebbe fare intuire che ciò che conta per il cristiano
è continuamente assimilare la personalità di Gesù. Infatti Gesù - dice la
lettera agli Ebrei - è ieri oggi e domani -. Ricordiamoci sempre che il cristiano è la
vivente storia di Gesù.
Una
delle drammatiche realtà di oggi è che Gesù è il grande dimenticato. E’ molto
bello come papa Benedetto nel suo documento sull'inizio dell'anno della Fede
ponga in luce tre aspetti fondamentali nel nostra cammino di credenti:
l'amicizia di Gesù, la signoria del Risorto, il dramma del pragmatismo
ecclesiastico. Queste tre dinamiche nella festa di Cristo Re devono diventare
tre pensieri che animano il senso di questo “oggi”. Oggi Gesù è il nostro amico.
Ricordiamo sempre la bella espressione dell'evangelista Giovanni Voi siete miei amici, è la dimensione relazionale della nostra
esistenza, ogni giorno il Signore è colui che ci apre alla sua amicizia, è
questo fascino che penetra in noi e ci dà il senso della nostra esistenza. Oggi il Signore è in mezzo a noi, oggi
si incarna, oggi ci spiega le Scritture, oggi ci dona la novità della vita,
oggi ci porta in paradiso. L'uomo è catturato dallo scorrere del tempo e dimentica
la bellezza di questo “oggi”. Ecco perché un primo elemento che deve farci
pensare della festa di oggi è rappresentato l'amicizia di Gesù. Ecco perché
abbiamo ascoltato l'inno della lettera al Colossesi in un contesto culturale
nel quale si dimenticava lentamente l'esistenza di Gesù e il valore del mistero
della chiesa nella costruzione della comunità dei discepoli: ricapitolare in Cristo tutte le cose. Il
principio, lo scorrere del tempo e la sua fine hanno il loro nucleo in Cristo
Gesù centro del cosmo e della storia. E’ determinante oggi lasciarci prendere
dal mistero di Gesù come il criterio fondamentale della vita. Gesù il Risorto è il vivente in mezzo a noi. Se
noi ci ponessimo la domanda - quale sia il senso portante della nostra
esistenza - troveremmo questa risposta: oggi vivere di Gesù. E’ molto bello,
usando l’immagine a chi ci ponesse la domanda: ma lei dove abita? recuperare
quello che Paolo ci direbbe: abitiamo in lui! In Cristo Gesù! In tal modo siamo
invitati a ritrovare la bellezza della nostra esistenza nel mistero di Cristo. Il
cristiano, se sa coniugare questi due aspetti dell’amicizia di Gesù e della
nostra abitazione in lui, supera il dramma di quello che Papa Benedetto chiama:
l'ateismo pragmatico: pensiamo che l'essere cristiani sia fare tante cose…E’
molto bello come oggi gli studi dicono che esistono due tentazioni forti per
non credere: i riti e l'organizzazione. La bellezza della vita è il Risorto che
qualifica la nostra storia e ci dà il senso della vita. Se noi vivessimo i 4
oggi a cui abbiamo accennato - oggi è nato per voi un Salvatore - oggi le scritture
si sono realizzate - oggi la salvezza è entrata in questa casa - sapremmo costruire
anche oggi sarai con me in paradiso.
Vivere il presente con tutta la sua pregnanza: oggi! E questo noi lo cogliamo
se per un momento ci soffermiamo a riflettere: cos'è la vita? Perché ci ha
creati il Padre? Qual è il metro a cui noi facciamo continuamente riferimento
per essere noi stessi? la risposta sarebbe una sola: il Cristo!
Nel
momento in cui dimenticassimo questo valore portante il contingente diventa un
assoluto. Ecco perché è bello celebrare la festa di Cristo Re oggi, perché la
bellezza del tempo è innamorarci giorno per giorno sempre più di Gesù che ci ha
chiamati ieri alla fede e che oggi nel rito ci trasfigura perché nelle scelte
di tutti i giorni costruiamo un'esperienza mistica. Affascinati veniamo
ricreati per poter veramente diventare dei trasfigurati!
Ecco
la bellezza della festa di oggi: ricapitolare
in Cristo tutte le cose per poter gustare oggi sarai con me in paradiso.
In tale orizzonte chiediamoci: cos'è l'Eucaristia che stiamo
celebrando? Ed è sempre bello andare alla frase del passaggio che in suo
scritto ci offre Sant’Efrem a proposito dell’interrogativo: cos'è l'Eucaristia?
Il centro del cosmo e della storia è Gesù, la celebrazione eucaristica è l’essere
presi per mano da lui per essere condotti nel giardino del paradiso terrestre e
per poterci accostarci al l'albero della vita. Quando sacerdote dirà all’inizio
della preghiera eucaristica: - il Signore sia con voi! - il Risorto ci prende per
mano, ci conduce nella grande preghiera, per essere trasfigurati in lui, per
poterci poi alla comunione accostare all'albero della vita: Beati gli invitati alla cena della nozze
dell'Agnello, Ci accostiamo
all'albero della vita! E allora è bello nella festa di oggi percepire questa
presenza di Cristo che ci trasfigura in atto e ci rende creature nuove. Se noi
vivremo la nostra storia come “oggi”, ci accorgeremo che oggi Dio è fedele, oggi
Dio ha fiducia di noi e si trasfigura, oggi ci dice con me sarai in paradiso! La comunione gloriosa risulta quanto mai
evidente! Cerchiamo di chiedere allo Spirito Santo che in questa Eucaristia sappiamo
vivere oggi il corpo di Cristo con l’entusiasmo del nostro Amen! In quel
momento gusteremo quella eternità beata che è la delizia della sua vita e della
nostra storia, dicendo al Signore: Vieni Signore Gesù! La bellezza di questa
gustazione divina sta nell'Eucaristia che è il senso della festa di oggi! Chiediamo
allo Spirito Santo che ci doni questa bellezza, questa soavità del cuore in
modo che la presenza del Maestro sia la nostra letizia, il sacramento la nostra
speranza, il vissuto, la gioia di attendere quell'incontro quando Cristo sarà
tutto in tutti nella luminosità gloriosa del paradiso.
19 novembre 2022
18 novembre 2022
17 novembre 2022
16 novembre 2022
15 novembre 2022
14 novembre 2022
13 novembre 2022
XXXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO C -
Ml 3,19-20 2Ts 3,7-12 Lc 21,5-19
OMELIA
Il
cristiano costruisce la sua storia quotidiana fondandosi sempre più su Gesù
Cristo, senso della vita. Anzi, ci accorgiamo che, nello scorrere del tempo, si
dilata in noi il desiderio di conoscere il Maestro divino: il tempo è il luogo
per innamorarci sempre più di Gesù. In simile orizzonte, il testo evangelico di
questa mattina ci aiuta a scoprire alcuni valori, ai quali dobbiamo fortemente
rimanere ancorati per costruire in modo autentico la nostra esistenza, e ci
ricorda come la venuta del regno di Dio passi attraverso la violenza, la
drammaticità e l'oscurità delle vicende umane.
Il
linguaggio che Gesù ha usato è un linguaggio che noi potremmo applicare a
qualunque periodo della storia, poiché oscurità, conflittualità, rotture
storiche rappresentano una costante, se guardiamo attentamente l'accadere degli
avvenimenti. Ma in tutto questo Gesù ci dice: “Io sono in mezzo a voi!”.
Davanti al buio della storia possiamo gustare la luminosità della salvezza
nella presenza del Signore. Il buio della storia ci fa innamorare sempre di più
della sua luce, in modo che non ci lasciamo catturare dagli avvenimenti
contingenti. Il dramma nel quale noi potremmo cadere, davanti alle situazioni
caotiche del momento presente, è essere afferrati da realtà prodigiose, che
vorrebbero in certo qual modo saziare il senso di curiosità e di superficialità
dell'uomo, che, con il magico, tenta di riempire il proprio vuoto spirituale.
La bellezza è ritrovare questa presenza di Cristo, che è la luce nelle tenebre.
Il cristiano, conoscendo Gesù, è sempre nel mistero della luce. Allora, come
possiamo accostarci a questo Cristo che è luce nelle tenebre? Sicuramente la
nostra sensibilità umana va incontro a non poche difficoltà, ma la grande
scoperta che Gesù ci offre, attraverso il testo evangelico e soprattutto
attraverso le parole di Paolo, è la convinzione che il Signore è qui, in mezzo
a noi, e opera sempre con noi. Il Signore nella sua esperienza abita in noi, il
Signore è il nostro Amico! E quando l'uomo sa gustare la presenza di Cristo -
l'Amico - la vita diventa diversa. Non è una presenza che esternamente
affascini. È una presenza vera, ma nascosta, invisibile che anima il visibile.
È il mistero di quella bella espressione di Gesù, che noi troviamo nel Vangelo
di Giovanni: “Non vi chiamo più servi ma
amici!”. E l'amicizia è un incontro di interiorità.
Spesse
volte ci si pone la domanda: come possiamo veramente gustare la presenza del
Signore? Il Signore è l'Amico che abita in noi e, quando si costruisce con il
Maestro una profonda esperienza di amicizia, avviene quello scambio di
interiorità tra il Maestro e noi, che ci dà certezza, sicurezza, superamento
delle paure e delle tragedie storiche. Usando una frase di Paolo “Se il Signore è con noi, chi può essere
contro di noi?” è quella intimità che noi dovremmo continuamente costruire
nella nostra esistenza per cui, abitati da lui, abbiamo il gusto della sua
presenza. E la presenza non è mai statica, la presenza non è mai fredda, la
presenza non è mai asettica, ma è una relazione che coinvolge la persona in
tutto il suo essere.
Noi
cristiani qualche volta dimentichiamo questa coscienza di amicizia. È molto
bello come papa Benedetto, aprendo l'anno della fede, ci abbia ricordato questa
verità: chi è l'uomo credente, se non colui che ama essere amico di Gesù? E
quando entriamo nell’amicizia con Gesù, la nostra persona è piena di qualcosa
di eccezionale: il Signore nella nostra vita!
Nel
momento in cui cogliamo questo primo aspetto, ci accorgiamo che, se anche la
nostra vita è dispersa da tante preoccupazioni, abbiamo una solidità: “Solo in Dio riposa l'anima mia, da lui la
mia speranza; solo in Dio riposa l'anima mia, da lui la mia salvezza”. È
un'amicizia che determina la nostra vita e ci dà fiducia e speranza in
qualunque avvenimento, allora l'ultima parte del vangelo è un po' un
corollario. Spesse volte, soprattutto nei contesti odierni, ci si pone
l'interrogativo: come ci dobbiamo comportare nelle scelte quotidiane? Quali
dovrebbero essere gli atteggiamenti che dovremmo scegliere? Quali sono le
parole a cui attingere il significato della nostra storia, per poter rendere la
nostra esistenza veramente autentica secondo lo stile del vangelo?
Gesù
ci ha detto che non dobbiamo preoccuparci. In quel “Non preparate per tempo la vostra difesa” scopriamo l'espressione
della vera amicizia con Gesù.
Quando
la persona è intimamente unita al Signore, il Signore che è in noi, l'Amico per
eccellenza, ci suggerisce le parole… Non siamo noi che parliamo, ma il Cristo,
dimorando in noi, diventa la parola che regaliamo ai fratelli. Siamo il volto
luminoso di Cristo e abbiamo il coraggio di dire nella concretezza della
storia: Gesù è il nostro Signore! Quando
c'è interiorità profonda fra due persone, non si preparano mai discorsi, ma
nasce spontaneo il linguaggio e il Signore che è in noi fa cose grandi! Ecco perché
Gesù ci dice, ed è l'ultima parola del Vangelo, “Con la vostra perseveranza salverete le vostre vite”. Se veramente
ci lasceremo configurare da questa presenza del Maestro, non abbiamo paura,
siamo nel suo mistero. Se anche la storia, in un modo o in un altro, ci potesse
schiacciare, in lui che è fedele noi ritroviamo la bellezza e la potenza della
vita. Il cristiano non si lascia abbattere dagli avvenimenti, perché il suo
cuore è nell'amicizia di Gesù. Nell'amicizia c'è una comune sensibilità, c'è un
camminare insieme attorno a comuni ideali, c'è la certezza di non essere mai
soli e, quando l'uomo non è solo, è coraggioso. Portare la storia in due dà
speranza, soprattutto se quei due siamo io e il Signore. La nostra esistenza
diventa l'incarnazione semplice e quotidiana dell'intimità con Gesù. Ricordiamo
sempre il testo evangelico “Perché gli
uomini vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre che è nei cieli.
Chi fa la verità viene alla luce, perché sia manifesto che le sue opere sono
state compiute in lui”.
Le
nostre azioni ritraducono la certezza: abbiamo l'amicizia di Gesù! E quindi,
davanti alle difficoltà, entriamo in noi stessi, scopriamo la bellezza di
questa presenza creatrice di Gesù, che fa di noi persone nuove: è questa è la
nostra speranza! Non lasciamoci distrarre dalle tante organizzazioni storiche,
che sono una delusione, ma lasciamoci prendere da questa amicizia, da questa
interiorità di Gesù, che diventa l'anima della nostra anima. Chi abita in noi,
agisce in noi. Il nostro cuore, abitato dal Padre, dal Figlio e dallo Spirito
Santo, sarà la speranza della nostra quotidianità.
Ecco
perché Gesù questa mattina ci ha condotti qui, alla celebrazione dell'Eucaristia,
il centro della nostra amicizia, che è l'intimità tra lui e noi. Nel momento in
cui ci accosteremo ai doni eucaristici, il pane e il vino entreranno in noi e
l'intimità di Cristo ci sarà regalata. Quando entriamo in questa intimità con
Cristo, allora, qualunque cosa avvenga, il Cristo è in noi e ci fa ritrovare
quello slancio interiore che ci dà speranza, nonostante gli avvenimenti di
tutti giorni. Il Signore è in noi! Fuori piove, ma noi siamo nella luce di
mezzogiorno.
Questa
è la bellezza che dovremmo ritrovare attraverso il cammino della nostra fede,
per poter essere il Signore che regala la sua speranza e, mentre regaliamo la
sua speranza, egli è ancor più radicato nelle nostre persone.
12 novembre 2022
11 novembre 2022
10 novembre 2022
09 novembre 2022
08 novembre 2022
07 novembre 2022
06 novembre 2022
XXXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO C -
2 Mac 7,1-2.9-14 2 Ts 2,16-3,5 Lc 20,27-38
OMELIA
La ricorrenza del
ricordo dei nostri defunti ci pone la domanda circa il senso della vita, poiché
l'uomo muore nello stile nel quale è vissuto. Nella bellezza feconda della fede
sappiamo che non esiste la morte come meta dell’esistenza, ma la vita che anima
ogni istante del nostro cammino quotidiano. E’ la meravigliosa bellezza del
cammino credente. Il cristiano è un cantore della vita e questo lo possiamo cogliere
attraverso un metodo interiore molto semplice: guardare Gesù. Ormai ci siamo
allenati nel cammino della nostra esistenza a guardare il Maestro e il Maestro
è colui che vive continuamente in noi, e nel Maestro è la vita. In lui ogni
istante vivere un profondo significato esistenziale.
Insieme cerchiamo di
intuire quale esperienza siamo chiamati a costruire contemplando Gesù davanti
al mistero della morte. E allora intuiamo alcuni passaggi che ci permettono di
illuminare la morte e di cantare la vita.
Se noi ci chiedessimo
quale sia il senso del nostro essere profeti nella nostra scelta di Gesù, la
risposta è molto semplice: cantare la vita! Ricordiamo sempre la bella
espressione di Gesù Io sono la vita e la
risurrezione. In tale orizzonte come noi possiamo entrare in questa
esperienza? Innanzitutto guardiamo a Gesù. Se guardiamo a Gesù egli
continuamente considera se stesso come il Dio della vita, perché ne è la fonte
e la meta, mentre ci permette di rispondere al suo amore in ogni istante. Soprattutto
nel Vangelo di Giovanni noi cogliamo continuamente questa espressione Io sono, io sono la vita, il senso della vita, sono la grande meta della
storia. Nel momento in cui noi entriamo nella contemplazione di Gesù, in lui,
c'è il senso della vita. Ecco è sempre bello andare al Salmo Guardate a lui e sarete raggianti, non
saranno confusi i vostri volti.
La bellezza della vita è Gesù. Gesù non è venuto a dare risposte
concrete al senso della nostra esistenza, lui è venuto per regalarci la vita,
per regalarci quel mistero che dà senso al nostro istante. Il cristiano,
davanti agli interrogativi che la storia continuamente gli offre, si lascia
attirare da Gesù, si lascia affascinare dalla sua persona, e in lui è la vita.
Ecco perché il cristiano davanti al discorso della morte canta la vita. In
certo qual modo la morte è la condizione per godere eternamente la vita. I
nostri occhi passano dal mondo sensitivo al mondo glorioso. Quando un fratello
muore la Chiesa ci offre quella meravigliosa preghiera: Venite angeli del Signore, accogliete la sua anima e presentatela al trono
dell’Altissimo. La bellezza della vita è desiderare il volto del Signore: quando vedrò il tuo volto? Tale linguaggio esprime la tensione interiore
del nostro cuore. Siamo nati per contemplare eternamente il volto di
Dio! E’ una verità che deve impegnare la nostra storia: nati da Dio, diventiamo
figli di Dio e nella maturità della fede contempleremo il Mistero. Ecco allora
il primo passaggio nel nostro percorso spirituale: gustare la presenza attiva
di Gesù nel quotidiano per accedere in modo fecondo al mistero della vita. E
questo è possibile perché Gesù abita dentro di noi, lui è nella nostra persona.
Qualche volta abbiamo un concetto di Gesù presente come “accanto a noi”, come
un mistero da inventare copiandone gli atteggiamenti, Gesù abita in noi! È
un'esperienza che noi dovremmo continuamente rifare e rinnovare nel nostro
spirito: Lui è in noi, per cui tutta la vita - ed è il secondo passaggio - è
una ascensione verso la gloria eterna.
È molto bello come sant'Ambrogio, grande vescovo di Milano, nel
delineare il significato della vita cristiana al momento dell'iniziazione sacramentale
a Cristo nella chiesa dice: “Noi abbiamo ricevuto un segno di immortalità divina
perché la nostra anima sia in ascensione verso il mistero della gloria”. Se noi
guardassimo attentamente il rito battesimale, ci accorgeremmo che è un canto di
gloria e di vita, come pure la luminosità dell'unzione, la immacolatezza
dell'abito nuziale, che ritraduce quella luce eterna che sarà la Gloria per
tutta l'eternità. Innamorarci di Gesù è entrare in questa eternità beata. Ecco
perché i figli dei Maccabei, nella prima lettura, sono un canto alla pienezza
della gloria nella fedeltà divina. Riscopriamo la presenza di Cristo dentro di
noi come un espandersi di Risurrezione. Nel momento in cui fisicamente moriremo,
si apriranno davanti a noi orizzonti di gloria futura per cui eternamente
canteremo al Maestro la gioia per il dono della vita. Ecco perché Gesù ha detto
che il nostro Dio non è il dio dei morti,
ma dei viventi! Nati da Dio, Dio agisce in noi per portarci all'eternità
beata. Il cristiano quando si pone interrogativi più profondi della sua
esistenza quale il senso del morire, il cristiano deve contemplare Gesù,
entrare in quel mistero e risentire la meravigliosa e feconda esperienza della Risurrezione.
Gesù è il desiderio dei nostri desideri. E’ sempre bello con San Giovanni della
Croce dire nel momento in cui incontreremo il Signore: “Finalmente ti vedo dopo
averti desiderato per tutta la vita. Ora ti vedo faccia a faccia!”
Se noi riuscissimo a cogliere questo secondo passaggio, il terzo
diventa il modo di concepire la nostra storia: leggere tutto lo scorrere
dell’esistenza in chiave di eternità, leggere la nostra esistenza come un
fiorire dell'Eterno nella nostra persona0, come uno sviluppo di quel desiderio
più profondo presente nel nostro spirito di vedere il Signore, come il criterio
portante della vita. Com'è bello quando un fratello chiude gli occhi nella
morte dire: sta contemplando la gloria inesauribile di Dio! E’ questa la grande
forza, la grande luce, la grande speranza di cui noi dobbiamo essere
continuamente rivestiti. E allora davanti al mistero della morte gustiamo la gioia
della vita contemplando il Maestro divino, ascoltando e personalizzando le sue
espressioni: Chi crede in me anche se
morto vivrà, e chiunque vive e crede in me non morirà in eterno. Egli
dimora in noi e rappresenta il criterio del nostro istante. E tutto questo non
è un'illusione. Tra poco ci sarà detto: “Beati gli invitati alla cena delle
nozze dell'Agnello” e questa formula rituale costituisce l'invito alla gloria del
paradiso. In quel momento ci accosteremo alla comunione gustando in modo pregustativo
l’eternità beata e diremo con il salmista: quanto sei soave O Signore! Con tale esperienza la sua vita divina ci
riempirà di entusiasmo. Di conseguenza il morire è significherà incominciare a
vivere in pienezza come di nuovo ci insegna il rituale del morire: Venite
angeli del Signore, accogliete la sua anima, accogliete la sua persona e
presentatela al trono dell'Altissimo. In quel banchetto eterno che sarà il
paradiso gusteremo la pienezza della nostra esistenza.
Questa mattina il Signore convocandoci attorno a sé ci ha offerto
un grande sollievo di fronte all’interrogativo: perché la morte? E la risposta
che ci offre la fede è chiara: per cantare in modo permanente la vita! Chiediamo
allo Spirito Santo che ci illumini veramente. L'uomo contemporaneo nasconde il
morire perché non è innamorato del vivere, e allora entriamo in questo orizzonte
con tanta serenità di cuore, nella meravigliosa certezza che guardando Gesù
saremo raggianti, respireremo la vita eterna e crescerà il desiderio nello scorrere
degli anni di vedere il suo volto glorioso per tutti i secoli dei secoli.
05 novembre 2022
04 novembre 2022
Oggi, qui, Dio ci parla...
I figli di questo mondo verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce
03 novembre 2022
02 novembre 2022
COMMEMORAZIONE DI TUTTI I FEDELI DEFUNTI
Gb 19,1.23-27 Rm 5,5-11 Gv 6,37-40
OMELIA
Celebrare il ricordo dei defunti, dopo aver condiviso la gloria del
cielo con i santi, ci permette di leggere in modo nuovo e positivo la
celebrazione di oggi, perché la bellezza della fede è cantare la vita. Oggi,
davanti agli interrogativi che nascono circa l'esperienza della novità cristiana,
appare chiara questa visione: la fede è cantare la vita. Anche se l'uomo
Istintivamente può essere attirato dalla morte e dai suoi interrogativi, la
bellezza di ritrovarci nell’Eucaristia è cantare la vita. Chiunque è in Cristo
Gesù è nella vita e questo ce lo ha detto molto bene la parola che poc'anzi
abbiamo ascoltato, soprattutto se cogliamo la vita nel mistero del Vangelo di
Giovanni.
Chi è l'uomo? Quando noi
siamo davanti alla morte, nasce l'interrogativo circa il senso della vita. La
vita è un mistero rinchiuso nella vita delle tre Persone Divine. La vita è la
fedeltà di Dio alla storia e Dio non viene mai meno alla sua fedeltà. Nella spiritualità del Basso Medioevo c'era
forte questa affermazione: noi siamo stati concepiti in Dio, perché nella
quotidiana imitazione di Cristo, possiamo godere eternamente Dio. È la bellezza
della vita. Questa mattina il testo di Giovanni ci aiuta benissimo. Chi è
l'uomo? L'uomo è un regalo del Padre al Figlio. “Chi viene a me, io non lo
caccerò fuori.” Nel momento in cui noi
nasciamo, anzi nel momento in cui noi veniamo concepiti, il Padre ci sta
regalando al Figlio. La vita è una meravigliosa relazione Padre – Figlio e,
poiché i due sono operativi nello Spirito Santo, la creatura umana è un
capolavoro trinitario. E nella Trinità c'è solo la vita. È un mistero che noi
dovremmo riuscire a cogliere fino in fondo, per cui accogliere il Signore è
entrare nel mistero della vita.
Infatti cos'è il morire? è il ritornare all'origine. È molto
bello come la divina liturgia, quando il fratello muore, in quel momento
utilizza una bellissima antifona: “Venite santi di Dio, accogliete la sua anima
e presentatela al trono dell'Altissimo”. Chiudiamo gli occhi alla storia, li
apriamo subito all'eternità beata, attraverso quel misterioso passaggio che si
chiama Purgatorio. Misterioso passaggio:
è l'istante creativo della Misericordia di Dio.
Allora, se noi guardiamo
la tradizione dei primi tre secoli, la morte era una benedizione al Dio della
vita. Ecco perché Gesù ha detto: “Io lo risusciterò nell'ultimo giorno.” Ma
cos'è l'ultimo giorno? Se entriamo nel cuore di Giovanni, l'ultimo giorno è
Gesù. “Io sono l'alfa e l'omega, il principio e la fine, Io sono il vivente”. Il
Padre, regalandoci al Figlio, ci regala al mistero della vita. È molto bello,
quando muore un fratello, che noi nella fede diciamo: “Sta contemplando Il
volto trinitario di Dio.” È la luminosità. Questo dovrebbe essere il canto alla
vita.
Ricordare i morti è cantare la comunione con i viventi, in una
meravigliosa sintesi sinfonica, che noi ritroviamo ogni giorno quando andiamo
all'Eucaristia. Quando, all'Eucaristia, noi cantiamo il “Santo, santo, santo”,
e la liturgia bizantina qui è molto ricca, noi stiamo cantando il “Santo” con
gli angeli, lo stiamo cantando con i santi tradizionali, ma lo cantiamo con
tutti i viventi. La liturgia bizantina, quando canta il “Santo”, canta la
luminosità dei defunti. Quindi la bellezza di quell'ultimo giorno è la
personalità di Gesù, che assorbe in sé l'umanità tutta e la porta alla destra
del Padre. “Accogliete la sua anima”, a mo’ di preghiera, perché siamo nella
meravigliosa gratuità di Dio.
È una cosa che dovrebbe stimolarci a un gaudio, per cui la
liturgia antica, davanti a un morto, benediceva il Signore, cantava le
meraviglie del suo amore. È una cosa questa che noi, a causa della spiritualità
Medievale, soprattutto cluniacense, abbiamo perso. È la bellezza di cantare la
vita. Quando un fratello muore, abbiamo
un santo protettore in cielo, in una meravigliosa comunione di gloria, che ci
avvolge e ci fa dire: “Fratello, accompagnami nel cammino della vita”. Ecco
perché ci ritroviamo nell'Eucaristia, per cantare la meravigliosa comunione tra
cielo e terra. Noi abbiamo dimenticato quella grossa verità che ci dovrebbe
caratterizzare: la comunione dei santi, che è comunione ai doni eucaristici,
che sono i doni santi, attraverso la comunione fraterna, l'assemblea, in cui
sono presenti tutti i defunti. L'Eucaristia è il banchetto universale. Se
scoprissimo la spiritualità delle catacombe, ci accorgeremo che quando
celebriamo l'Eucaristia, i nostri defunti sono presenti nell’assemblea
liturgica stanno bevendo al calice eucaristico, in una visione di eternità beata
che ci avvolge fino in fondo. Ecco perché, all'inizio della riforma liturgica,
il criterio dell’abito liturgico non era il colore nero, ma un abito bello,
riflesso della bellezza divina che si attira. I morti sono nella bellezza di
Dio. Questa è la grande speranza che ci avvolge continuamente. I morti, dice la
liturgia bizantina, sono al cimitero come reliquie, ma i morti sono i viventi
attorno al banchetto eucaristico. Nell’Eucaristia cantiamo la gioia e la
bellezza della vita. Usando l'espressione forte: i morti non esistono, esistono
i viventi e, con il linguaggio della liturgia di ieri, seguono l'Agnello,
cantando un canto nuovo.
Quando, tra poco, canteremo il Santus, in quel momento riviviamo
anche noi la mentalità della liturgia bizantina, dove siamo uniti agli angeli,
ai santi e a tutti i defunti. I nostri defunti con noi stanno cantando. Usando
un'immagine a me cara, i nostri defunti al Santus stanno vivendo quel quadro
meraviglioso della Primavera del Botticelli: cantano la Bellezza. Ecco perché
dovremmo imparare dalla vera liturgia a vedere che nell’Eucaristia incontriamo
i viventi, coloro che nella vita abbiamo amato. Se noi ci lasciassimo spiritualmente,
vivremmo una situazione di grande luminosità spirituale. Percepiremmo un intenso
ed entusiasmante gusto di eternità beata che ci avvolge profondamente e ci dà
la bellezza della vita. Chiediamo a Dio in questa Eucaristia di vivere questa
comunione universale, dove quel canto del Santus non è altro che un “vedere” vicini
a noi i fratelli defunti come viventi, che ci dicono: “Vi stiamo aspettando”
per formare quella liturgia meravigliosa che è la Gerusalemme del cielo, in cui
tutti noi seguiremo l'Agnello cantando Il canto nuovo che solo i 144000 conoscono:
l'intera umanità. Il paradiso sarà un concerto luminoso con tutti i fratelli,
nella contemplazione del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Entriamo in questa luminosità eterna e allora
la festa di oggi non ha nulla di triste, non ha nulla di lugubre. Questa divina
liturgia rappresenta il canto alla bellezza luminosa del paradiso, perché chi è
defunto per la fenomenologia del visibile, in realtà sta camminando luminoso
con l’abito candido dell’immortalità, nella bellezza gloriosa delle tre Persone
divine, in un meraviglioso fascino di eternità beata.
01 novembre 2022
TUTTI I SANTI – SOLENNITÀ
Ap 7,2-4.9-14 1Gv 3,1-3 Mt 5,1-12°
OMELIA
Il cammino del cristiano nella
storia deve essere sempre animato da una grande speranza e celebrare oggi la
festa di Tutti i Santi è ritrovare speranza nel cammino della vita. L'Apocalisse
di san Giovanni questa mattina ci può aiutare ad essere un popolo ricco di
speranza. In una condizione culturale di depressione esistenziale la festa di
oggi proietta il nostro cammino storico in un clima di eternità beata. Perché è
stata scritta l'Apocalisse, se non per dare speranza in un popolo che viveva in
stato di persecuzione?
Rileggere oggi questo brano dell'Apocalisse
è riscoprire la bellezza della nostra identità ritrovando quella speranza che è
il coraggio del quotidiano e allora credo che, il brano dell'Apocalisse che
abbiamo poc'anzi ascoltato, ci aiuti a cogliere tre aspetti
-siamo stati segnati, il sigillo
della bellezza di appartenere al Signore
-abbiamo lavato le nostre veste
rendendole candide, il gusto di appartenere all'eternità beata
-lavando le nostre vesti nel
sangue dell'Agnello, il Signore che è vita della nostra vita
tre aspetti che emergono dal brano
dell’ Apocalisse e che dovrebbero, nella nostra cultura, ridarci entusiasmo,
capacità di vita e speranza, davanti alle nubi che ci impediscono di vivere
fino in fondo. Innanzitutto quei 144000, che è l'umanità intera, sono stati
segnati con il sigillo, appartengono a Dio, quel sigillo che è nient'altro che
la vita trinitaria nella quale il discepolo è immerso; non siamo di noi stessi,
apparteniamo al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo. Quando ci poniamo la
domanda del senso della nostra vita la grande risposta: siamo sigillati dalle
tre Persone Divine, è quel gusto quotidiano della nostra esistenza, la vita
divina che penetra nelle nostre dinamiche esistenziali. Paolo ha tradotto molto
bene questa esperienza in un termine intraducibile in lui, quel sigillo è abitare in
lui e abitare nel Cristo è condividere il cuore del Padre, è vivere la
creatività inesauribile dello Spirito Santo. La nostra esistenza è Sacramento della
vita trinitaria.
Spesse volte ci lasciamo prendere dai pessimismi storici e
dimentichiamo la grandezza meravigliosa di appartenere alle tre Persone Divine,
e queste tre Persone Divine sono il senso portante della nostra esistenza. Usando
un’immagine la nostra persona umana è tabernacolo dei 3 personaggi più
importanti della Bibbia: chi ci ha creati è il Padre, chi ci ha redenti è il Figlio,
chi ci ha resi santi è lo Spirito Santo. La vita del cristiano è passeggiare
con le tre Persone Divine. La cultura di oggi è facilmente colta da situazioni
di debolezze psicologiche, di esaurimenti esistenziali, la bellezza della vita
è appartenere alla Trinità per cui, qualunque siano le storie nelle quali noi
veniamo immersi, la nostra vita è la Trinità vivente, ecco quell’essere
segnati, che nel rito battesimale è l'azione crismale dove la potenza della
Trinità impregna di sé la nostra personalità. E il secondo passaggio hanno lavato le loro vesti rendendole candide è la luminosità della
gloria futura. E’ molto bello come il cristiano dovrebbe facilmente andare alla
grande visione dell'esperienza della Trasfigurazione le vesti candide del Cristo trasfigurato sono le nostre vesti candide,
siamo la vivente luminosità Trinitaria. L'evangelista Marco ha un particolare
ancora più bello nessun lavandaio sulla
terra potrebbe renderle così bianche, siamo la luminosità Divina. Noi
pensiamo che l'eternità sia domani, con tutte le paure che nascono davanti al
mistero della morte, ma la nostra esistenza è già immortale ricevi
la veste candida si dice nel battesimo, la luminosità di Dio, e questa
esperienza delle vesti candide nella visione biblica è essere continuamente
sotto l'influsso della creatività delle tre Persone Divine, l'esempio più
semplice che il respirare è la volontà Trinitaria di farci vivere, e quindi la
nostra esistenza è tutta immersa questa Trinità beata; quindi non solo
apparteniamo – è la bellezza del Sigillo - ma siamo continuamente ricreati e
questa ricreazione ha il suo centro nel sangue dell'Agnello.
Cosa vuol dire avere le
vesti lavate nel sangue dell'Agnello? Vuol dire essere uomini radicalmente
rigenerati, siamo di Cristo Gesù, siamo persone che vivono il suo infarto d'amore,
siamo la sua bellezza che ci continuamente rinnova, collocandoci in autentica
novità di vita. Ecco perché il cristiano nel cammino del tempo è già eternità
beata perché appartiene alla Trinità, è rigenerato dalle tre Persone Divine e
nel sangue dell'Agnello è rinnovato continuamente, in un clima di gloria futura.
L'autore dell'Apocalisse attraverso questo testo dava speranza alla sua
comunità travagliata dalle persecuzioni di Nerone, la bellezza di questo testo
nella cultura di oggi è vivere di eternità che dà ebbrezza, luminosità, gioia
al nostro vissuto quotidiano. Se noi dovessimo ritradurre nel cammino
sacramentale della nostra esistenza questo brano dell'Apocalisse coglieremmo
tre passaggi, i tre passaggi che in modo immaginifico l'autore dell'Apocalisse
ci ha regalato: segnati, Cristo abiti
mediante la fede, nei vostri cuori essere Sacramento della presenza reale
di Cristo, per cui in una tentazione di depressione esistenziale ritrovare la bellezza di essere tabernacolo
del Cristo, essere affascinati da questa presenza sacramentale che è dentro
di noi. Ecco perché - ripeto - il testo di Paolo: Cristo abiti, siamo abitati della Santissima Trinità e attraverso
il battesimo questa esperienza di fede è diventare immortalità Divina. La
bellezza di gustare il paradiso… Noi tante volte pensiamo che il paradiso sia
domani, il paradiso è oggi perché siamo la presenza gloriosa di Dio, e allora
in questo momento, celebrando l'Eucaristia laviamo le nostre vesti nel sangue
dell'Agnello, l'Eucaristia è una ricreazione di immortalità beata. Quando
celebriamo l'Eucaristia siamo nella attrazione della gloria del paradiso! Ecco
perché la festa di Tutti i Santi, soprattutto nella celebrazione eucaristica
diventa il canto di una fede che celebra l'immortalità Divina in una attesa del
banchetto escatologico, di quel banchetto di eternità che qualificherà tutta la
nostra esistenza. Pensate… come sarà bello quando il Cristo luminoso passerà a
servirci nella Gerusalemme celeste rendendoci partecipi di una luminosità che è
l'eternità beata. Nell'Eucaristia che stiamo celebrando pregustiamo, cresce il
desiderio quel banchetto eterno nel quale la nostra esistenza sarà veramente
realizzata. Quindi la festa dei Santi è la festa quotidiana dell’Eucaristia,
dove ogni giorno veniamo trasfigurati. Viviamo questa bellezza della fede nel
mistero eucaristico e allora nei momenti in cui dovessimo cadere in stanchezze esistenziali
ritrovare la bellezza di appartenere, la bellezza di essere ricchi di immortalità,
la coscienza che il sangue dell'Agnello ci rigenera nella vita facendoci
pregustare quel banchetto glorioso, come tra poco ascolteremo: Beati gli invitati alla cena delle nozze
dell'Agnello
Oggi, qui, Dio ci parla...
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati