2 Mac 7,1-2.9-14 2 Ts 2,16-3,5 Lc 20,27-38
OMELIA
La ricorrenza del
ricordo dei nostri defunti ci pone la domanda circa il senso della vita, poiché
l'uomo muore nello stile nel quale è vissuto. Nella bellezza feconda della fede
sappiamo che non esiste la morte come meta dell’esistenza, ma la vita che anima
ogni istante del nostro cammino quotidiano. E’ la meravigliosa bellezza del
cammino credente. Il cristiano è un cantore della vita e questo lo possiamo cogliere
attraverso un metodo interiore molto semplice: guardare Gesù. Ormai ci siamo
allenati nel cammino della nostra esistenza a guardare il Maestro e il Maestro
è colui che vive continuamente in noi, e nel Maestro è la vita. In lui ogni
istante vivere un profondo significato esistenziale.
Insieme cerchiamo di
intuire quale esperienza siamo chiamati a costruire contemplando Gesù davanti
al mistero della morte. E allora intuiamo alcuni passaggi che ci permettono di
illuminare la morte e di cantare la vita.
Se noi ci chiedessimo
quale sia il senso del nostro essere profeti nella nostra scelta di Gesù, la
risposta è molto semplice: cantare la vita! Ricordiamo sempre la bella
espressione di Gesù Io sono la vita e la
risurrezione. In tale orizzonte come noi possiamo entrare in questa
esperienza? Innanzitutto guardiamo a Gesù. Se guardiamo a Gesù egli
continuamente considera se stesso come il Dio della vita, perché ne è la fonte
e la meta, mentre ci permette di rispondere al suo amore in ogni istante. Soprattutto
nel Vangelo di Giovanni noi cogliamo continuamente questa espressione Io sono, io sono la vita, il senso della vita, sono la grande meta della
storia. Nel momento in cui noi entriamo nella contemplazione di Gesù, in lui,
c'è il senso della vita. Ecco è sempre bello andare al Salmo Guardate a lui e sarete raggianti, non
saranno confusi i vostri volti.
La bellezza della vita è Gesù. Gesù non è venuto a dare risposte
concrete al senso della nostra esistenza, lui è venuto per regalarci la vita,
per regalarci quel mistero che dà senso al nostro istante. Il cristiano,
davanti agli interrogativi che la storia continuamente gli offre, si lascia
attirare da Gesù, si lascia affascinare dalla sua persona, e in lui è la vita.
Ecco perché il cristiano davanti al discorso della morte canta la vita. In
certo qual modo la morte è la condizione per godere eternamente la vita. I
nostri occhi passano dal mondo sensitivo al mondo glorioso. Quando un fratello
muore la Chiesa ci offre quella meravigliosa preghiera: Venite angeli del Signore, accogliete la sua anima e presentatela al trono
dell’Altissimo. La bellezza della vita è desiderare il volto del Signore: quando vedrò il tuo volto? Tale linguaggio esprime la tensione interiore
del nostro cuore. Siamo nati per contemplare eternamente il volto di
Dio! E’ una verità che deve impegnare la nostra storia: nati da Dio, diventiamo
figli di Dio e nella maturità della fede contempleremo il Mistero. Ecco allora
il primo passaggio nel nostro percorso spirituale: gustare la presenza attiva
di Gesù nel quotidiano per accedere in modo fecondo al mistero della vita. E
questo è possibile perché Gesù abita dentro di noi, lui è nella nostra persona.
Qualche volta abbiamo un concetto di Gesù presente come “accanto a noi”, come
un mistero da inventare copiandone gli atteggiamenti, Gesù abita in noi! È
un'esperienza che noi dovremmo continuamente rifare e rinnovare nel nostro
spirito: Lui è in noi, per cui tutta la vita - ed è il secondo passaggio - è
una ascensione verso la gloria eterna.
È molto bello come sant'Ambrogio, grande vescovo di Milano, nel
delineare il significato della vita cristiana al momento dell'iniziazione sacramentale
a Cristo nella chiesa dice: “Noi abbiamo ricevuto un segno di immortalità divina
perché la nostra anima sia in ascensione verso il mistero della gloria”. Se noi
guardassimo attentamente il rito battesimale, ci accorgeremmo che è un canto di
gloria e di vita, come pure la luminosità dell'unzione, la immacolatezza
dell'abito nuziale, che ritraduce quella luce eterna che sarà la Gloria per
tutta l'eternità. Innamorarci di Gesù è entrare in questa eternità beata. Ecco
perché i figli dei Maccabei, nella prima lettura, sono un canto alla pienezza
della gloria nella fedeltà divina. Riscopriamo la presenza di Cristo dentro di
noi come un espandersi di Risurrezione. Nel momento in cui fisicamente moriremo,
si apriranno davanti a noi orizzonti di gloria futura per cui eternamente
canteremo al Maestro la gioia per il dono della vita. Ecco perché Gesù ha detto
che il nostro Dio non è il dio dei morti,
ma dei viventi! Nati da Dio, Dio agisce in noi per portarci all'eternità
beata. Il cristiano quando si pone interrogativi più profondi della sua
esistenza quale il senso del morire, il cristiano deve contemplare Gesù,
entrare in quel mistero e risentire la meravigliosa e feconda esperienza della Risurrezione.
Gesù è il desiderio dei nostri desideri. E’ sempre bello con San Giovanni della
Croce dire nel momento in cui incontreremo il Signore: “Finalmente ti vedo dopo
averti desiderato per tutta la vita. Ora ti vedo faccia a faccia!”
Se noi riuscissimo a cogliere questo secondo passaggio, il terzo
diventa il modo di concepire la nostra storia: leggere tutto lo scorrere
dell’esistenza in chiave di eternità, leggere la nostra esistenza come un
fiorire dell'Eterno nella nostra persona0, come uno sviluppo di quel desiderio
più profondo presente nel nostro spirito di vedere il Signore, come il criterio
portante della vita. Com'è bello quando un fratello chiude gli occhi nella
morte dire: sta contemplando la gloria inesauribile di Dio! E’ questa la grande
forza, la grande luce, la grande speranza di cui noi dobbiamo essere
continuamente rivestiti. E allora davanti al mistero della morte gustiamo la gioia
della vita contemplando il Maestro divino, ascoltando e personalizzando le sue
espressioni: Chi crede in me anche se
morto vivrà, e chiunque vive e crede in me non morirà in eterno. Egli
dimora in noi e rappresenta il criterio del nostro istante. E tutto questo non
è un'illusione. Tra poco ci sarà detto: “Beati gli invitati alla cena delle
nozze dell'Agnello” e questa formula rituale costituisce l'invito alla gloria del
paradiso. In quel momento ci accosteremo alla comunione gustando in modo pregustativo
l’eternità beata e diremo con il salmista: quanto sei soave O Signore! Con tale esperienza la sua vita divina ci
riempirà di entusiasmo. Di conseguenza il morire è significherà incominciare a
vivere in pienezza come di nuovo ci insegna il rituale del morire: Venite
angeli del Signore, accogliete la sua anima, accogliete la sua persona e
presentatela al trono dell'Altissimo. In quel banchetto eterno che sarà il
paradiso gusteremo la pienezza della nostra esistenza.
Questa mattina il Signore convocandoci attorno a sé ci ha offerto
un grande sollievo di fronte all’interrogativo: perché la morte? E la risposta
che ci offre la fede è chiara: per cantare in modo permanente la vita! Chiediamo
allo Spirito Santo che ci illumini veramente. L'uomo contemporaneo nasconde il
morire perché non è innamorato del vivere, e allora entriamo in questo orizzonte
con tanta serenità di cuore, nella meravigliosa certezza che guardando Gesù
saremo raggianti, respireremo la vita eterna e crescerà il desiderio nello scorrere
degli anni di vedere il suo volto glorioso per tutti i secoli dei secoli.
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