19 gennaio 2025

II DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO C

DOMENICA 19 GENNAIO 2025

Is 62,1-5      1 Cor 12,4-11      Gv 2,1-12

OMELIA

Il discepolo, nel cammino della propria storia, si sente persona sommamente amata da Dio.

Chiunque segua il Maestro fà questa continua esperienza: Dio, in modo inesauribile e ineffabile, rivela la sua benevolenza nei confronti di ogni creatura.

Ma questa grande esperienza deve diventare intimità divina.

La bellezza d'essere discepoli è fare l'esperienza dell’intimità con Dio dove, la creatura, viene radicalmente trasformata. È quello che Gesù questa mattina ci potrebbe voler dire attraverso il luminoso testo della profeta Isaia e la sua realizzazione nel matrimonio a Cana di Galilea. L'uomo, nel momento in cui gode di entrare nella rapporto con Dio, ne brama l'identità, l'identificazione, l'assimilazione per poter veramente godere della gioia di Dio.

E qual è la parola attorno alla quale noi possiamo scoprire il come entrare nell'intimità divina nella quale ognuno di noi è profondamente realizzato?

La parola attorno alla quale ruota il racconto delle nozze di Cana è la parola: obbedienza.

L’intimità di Dio la gode l'uomo che vive in stato di obbedienza.

L'obbedienza di Gesù in atto, dove Gesù - nel concetto o nell'esperienza dell'ora - dice chiaramente che la sua esistenza è tutto un cammino di obbedienza.

“Donna, non è giunta la mia ora… Non è giunto il momento in cui devo evidenziare che la mia storia è tutta nelle mani del Padre”.

Non per niente l'episodio di Cana di Galilea ha luogo tre giorni dopo l'incontro che Gesù ha avuto con Natanaele e nel quale Gesù ha detto: “Vedrai cose più grandi di queste!”.

Gesù esprime la propria identità entrando nell'ora del Padre e, in questo, Gesù ci dice che obbedire è il linguaggio di una comunione.

L'obbedire è l'espressione della persona che ha il desiderio unico di compiere le opere del Padre. L'obbedire è la gioia di una comunione.

È il motivo per il quale nei Comandamenti si dice che occorre “onorare il padre e la madre” dove, quel onorare il padre e la madre è niente altro che la riconoscenza che il figlio ha, nei confronti di chi gli dona la vita.

Obbedire è una comunione ricca di riconoscenza.

Secondo personaggio: la Madonna. É molto interessante vedere come nel Vangelo di Giovanni la Madonna è vista in solo due episodi. Questo, di Cana di Galilea, e ai i piedi della croce dove, dice l'evangelista Giovanni, Maria era in piedi, cioè era in una situazione di attrazione, nel mistero del figlio. Maria, nel momento nel quale pone la domanda a Gesù - non hanno più vino, che facciamo? - si è lasciata condurre, nell'ora del Padre. La bellezza di Maria è la sua obbedienza al Figlio e nel Figlio l'obbedienza al Padre.

L'uomo quando impara veramente a obbedire, nello stile di Gesù, ritrova la semplicità del chiedere. L'uomo che vive l'intimità, in semplicità, chiede, perché la sua esistenza è un'esistenza di comunione.

Il terzo personaggio sono i servi, i quali obbediscono. Poiché essi ascoltano, attraverso Maria, il comando di Gesù, obbediscono e allora nasce il miracolo, perché l'obbedienza è il luogo della fecondità divina.

Se guardiamo il racconto del brano evangelico ci siamo accorti che Gesù non ha posto nessun gesto.

Noi in genere, davanti ai miracoli, siamo sempre di fronte a una gestualità di Gesù. Nel brano che abbiamo ascoltato il criterio non è nessuna gestualità, ma una parola che diventa obbedienza, perché l'obbedienza è una comunione ricca di gratitudine che diventa feconda, è l'intimità alla quale il Signore chiama tutti i suoi discepoli perché possano veramente scoprire la bellezza della loro esistenza.

L'uomo quando è veramente sé stesso? Quando riesce veramente a gustare la vita, quando l'uomo può entrare nella convinzione dell’intimità divina, se non quando - sull'esempio di Gesù - pone la sua vita come obbedienza, come ascolto amoroso ricco di riconoscenza dove, questo ascolto, nell'attività concreta diventa riconoscenza!

L'obbedienza è la gioia di dire sempre grazie!

E quando l'uomo entra in questa esperienza interiore ha la fecondità di Dio.

L’uomo obbediente è l'uomo della creazione, in Gesù Cristo, per dare fecondità alla storia di tutti i giorni. E allora ci accorgiamo che le profondità della vita si scoprono attraverso l'obbedienza alla realtà quotidiana, agli avvenimenti di cui la vita ci circonda, alle persone che ci accompagnano nella vita, a quel Dio ineffabile che ci fa respirare regalandoci la sua meravigliosa comunione.

E allora, se noi dovessimo gustare l'evento di cui la parola di Dio oggi ci parla noi dovremmo dire: la vita è molto semplice e, fin dal mattino, con cuore amoroso e ricco di riconoscenza dire sì alla vita.

Allora, in quel momento, respiriamo la comunione con il Divino, maturiamo nella vera libertà, abbiamo la fecondità divina dell'istante che stiamo costruendo.

Ora davanti a questa grande esperienza a cui noi siamo chiamati, val la pena, nella nostra esistenza dire sempre sì, in ogni momento dire: è giunta la mia ora, l'oggi di quel Padre in cui c'è la bellezza feconda dell'amore di Dio.

E tale verità il Signore ce la sta veramente regalando. L'Eucaristia non è quel vino messianico nel quale noi veniamo inebriarti della potenza di Dio?

Se guardiamo attentamente, l'Eucaristia è una cosa sola: vivere l'ora di Gesù, vivere l'ora del Padre nell’obbedienza del Figlio. Quando tra poco faremo la comunione mangeremo con gratitudine l'obbedienza di Gesù.

E allora entrando in questa profonda realtà ci accorgeremo che Dio è “SÌ’” fin dal mattino e gustare la storia come l'ora del Padre, e allora alla sera, al di là di come la giornata potrà essere andata, avremo questa meravigliosa esperienza: oggi, pur nella mia povertà, sono stato la fecondità divina e perciò l'anima mia magnifica il Signore perché ha fatto in me cose grandi.

È la libertà dell'uomo che, nell'obbedienza ricca di gratitudine, in ogni frammento si consegna a Dio.

 

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