26 gennaio 2025

III DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO C

DOMENICA 26 GENNAIO 2025

Ne 8,2-4.5-6.8-10      1Cor 12,12-30      Lc 1,1-4; 4,14-21

OMELIA

I discepoli seguendo il Maestro ne guardano la continua fecondità e ne contemplano la gloria.

È il messaggio che Gesù ci regalava domenica scorsa con la conseguenza che in questo contesto di miracolo Gesù ci ha regalato l’inizio dei tempi messianici.

Con la sua persona incominciano i tempi nuovi, ma questi tempi nuovi noi li possiamo continuamente accogliere e assumere entrando nel metodo con il quale Dio vuole ricolmarci dei suoi beni.

Il metodo che la rivelazione cristiana continuamente mette in luce è il metodo di Dio che dialoga con l’uomo.

Mentre l’uomo religioso è facilmente portato a offrire qualcosa a Dio, l’uomo credente si pone in ascolto di Dio.

Ecco perché l’evangelista Luca dà inizio alla vita pubblica e apostolica di Gesù attraverso l’incontro nella sinagoga di Nazareth dove, dalla lettura del profeta Isaia, fiorisce quell’espressione chiara per chiunque voglia essere cristiano: “Oggi queste Scritture si sono adempiute” perché l’evento della sinagoga è l’evento del Dio che parla.

Nella esperienza ebraica noi sappiamo cosa fosse la sinagoga (e lo sia tuttora) per chiunque voglia essere un ebreo autentico, ma non perché vi si legge un libro, ma perché in quel momento Dio parla, poiché, la grande esperienza all’interno della storia di Israele è che Dio continuamente rivela il suo volto parlando.

Nella visione dell’Antico Testamento Dio ha liberato il suo popolo, lo ha ricolmato delle sue meraviglie perché il suo popolo fosse “attento” e “ascoltasse la sua voce”.

È la bellezza di tutta la Rivelazione che cogliamo nell’Antico Testamento per cui, il pio ebreo, continuamente risentiva l’espressione del libro del Deuteronomio: “Ascolta Israele e osserva”.

In questo sfondo il pio ebreo andando alla sinagoga e intendendo le Scritture ascoltava Dio che gli parlava ed era avvolto dalla gloria del Signore. Quello che per il pio ebreo avveniva nella sinagoga, avviene nella Chiesa.

La Chiesa è il luogo in cui Dio parla.

La bellezza dell’esperienza della fede è questa affascinante avventura di Dio che entra nella storia dell’uomo e gli parla.

La grandezza del cristiano è vedere le meraviglie del Signore, lasciarsi da essa affascinare per ascoltare con cuore ricco di stupore il Dio che parla.

Perché questa mattina siamo venuti qui, in questa chiesa, che è il compimento della sinagoga se non con l’unico desiderio che Dio ci possa parlare?

Noi sappiamo quanto la parola sia essenziale per l’uomo, perché la parola è niente altro che la comunicazione dell’io che si regala al tu, per cui, entrando in questa chiesa è l’io di Dio che si regala a noi attraverso le divine Scritture.

In questo momento, in cui noi siamo attorno alla Parola, stiamo contemplando il Risorto che oggi - in questo momento - ci dice: “Le Scritture si sono compiute”. Allora, in questo momento, ci accorgiamo che non stiamo ascoltando delle parole che la Tradizione ci ha regalato, ma stiamo ascoltando la Parola di cui abbiamo sete!

In questo momento non stiamo leggendo un libro, ma stiamo accogliendo una Persona che vuole entrare dentro di noi; noi stiamo illuminando le nostre menti, ma stiamo riscaldando il cuore perché divenga il criterio dei nostri passi.

Ecco perché il Signore, questa mattina, per poterci ricolmare dei suoi benefici e della sua abbondanza ci parla. Quando noi sentiamo parlare la persona profondamente amata non siamo più nella solitudine.

Quella Parola, al di là di quello che può concretamente dire, è una relazione!

Parlarsi qualche volta è più importante che quello che ci si dice, perché si realizza quella relazione che è la bellezza della vita.

Il cristiano è un consolato perché Dio gli parla e in queste parole c’è tutta la grandezza di Dio che ci viene regalata.

Come sarebbe bello se noi ogni domenica venendo a questa messa potessimo veramente entrare in chiesa dicendo: “Qual è, Signore, la tua novità per me, oggi?”

Accedere alla chiesa con la sete. Dio mi sta parlando…e la Parola di Dio è una parola sempre nuova.

In questo il cristiano ha uno stile di vita che non nasce dall’offrire tante cose, ma dall’avere il gusto di un Dio che entra, penetra, illumina, riscalda il cuore.

In Gesù, presente in mezzo a noi, c’è l’unica parola che dirige i nostri passi. Dovremmo nelle scelte quotidiane della vita dire a noi stessi: così ho agito perché così mi ha detto il Signore!

Allora ci accorgeremmo che le nostre azioni sono il Signore che entrando in noi ci ha talmente affascinato, ci ha talmente presi, che noi facciamo quello che Lui, in noi, continuamente ci suggerisce. In tal modo le nostre azioni sono le sue, la sua Parola incarnata nel nostro agire.

In questo intuiamo quanto il cristiano goda della sua originalità perché Dio gli parla.

Qual è il dramma dell’uomo? Che nessuno gli rivolga una parola e quando l’uomo non ha una parola che lo raggiunga si sente drammaticamente solo.

Ora, il cristiano, non è mai solo, Dio gli parla, e allora – lo ripeto – la nostra esistenza è una esistenza veramente consolata!

Nelle nostre solitudini, Dio ci parla: in chiesa, in modo particolare, nella storia quotidiana, in modo ordinario.

Entrando in questa esperienza noi intuiamo come Gesù ogni giorno ci dice mentre lo fissiamo col cuore: “Oggi la mia fedeltà si compie: IO SONO presente, Parola vivente nella tua vita” e noi diremo: sulla tua parola Signore, lancio le reti e affronto la vita!

Ora, tutto questo si sta realizzando…

Cos’è l’Eucaristia se non il Signore che ci parla, non più semplicemente con delle parole, ma con delle parole che diventano Corpo e Sangue?

Nel momento in cui faremo la comunione, la Parola diventerà la nostra consolazione perché per le nostre persone il suo mistero sarà entrato, ci avrà rifatti, potremo gustare la vita e camminare da consolati perché la Parola fatta carne è dentro di noi.

Viviamo così questa Eucaristia in modo che, anche nelle solitudini della settimana, possiamo dire: domenica il Signore mi ha consolato.

Vivendo questa entusiastica esperienza interiore, pur nelle lacrime sofferte nel quotidiano, avremo il gaudio interiore: il Signore è con me, mia consolazione, sono un consolato che cammina nel tempo in attesa di quella consolazione eterna che sarà il Paradiso!

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