OMELIA
Gesù è la novità del mondo intero e questa esperienza si ritraduce oggi nella vocazione universale della salvezza.
Le parole del profeta Isaia e della finale del Vangelo di questa
mattina ci hanno chiaramente detto come l'esperienza a cui siamo chiamati è
l'esperienza di persone che sono chiamate con tutti i fratelli sparsi nel mondo
a godere e a gustare le meraviglie del Signore. Questa vocazione universale
alla salvezza passa attraverso la persona di Gesù.
Tutti gli uomini di qualunque razza, popolo e nazione sono chiamati a
gustare eternamente il volto di Dio, ma questo cammino passa attraverso il
mistero della vita di Gesù. Infatti se attraverso l'esperienza della fede ci
chiediamo quale sia il progetto di Dio su ogni uomo, la risposta è molto
semplice: ogni uomo è chiamato ad essere in Gesù, vero uomo e vero dio. Quando
viene concepito un bambino Dio, il Padre, dà la vita a quel bambino perché
possa vivere di Gesù. È una verità questa che dovremmo continuamente acquisire
a livello interiore. Infatti la nostra vita è nata da Cristo poiché attraverso
lui siamo stati creati, la nostra vita si costruisce in Gesù perché noi
abitiamo nella sua persona, noi costruiamo ogni istante camminando con Gesù
nella storia, perché per la forza gratuita di Gesù possiamo nella gloria
giungere a contemplarlo eternamente.
Una simile coscienza credente dovrebbe essere compresa in tutta la sua
profondità poiché non esistono tanti luoghi per ritrovare l'armonia della
nostra vita: l'unico luogo per trovare l'armonia della nostra vita è la persona
di Gesù, facendo nostro il suo mistero. Questa è una verità che dovrebbe
continuamente essere ravvivata nel nostro spirito. Questa luce ci permette
d'intendere perché il Vangelo di questa stamattina risulti abbastanza severo
nei confronti di persone che presumono di essere cristiani. Gesù ha detto che
quelli i quali hanno protestato dicendo “ma noi abbiamo mangiato e bevuto con
te, ti abbiamo ascoltato nelle piazze” non sono da lui conosciuti perché egli
non ne conosce la provenienza. Infatti non sanno vivere di quella fede che
permette all'uomo di nascere dall'alto.
Questa è la motivazione per la quale il Maestro ha affermato: non vi
conosco! E qui è un passaggio molto forte da tenere presente: Gesù non vuole le
nostre cose, Gesù non vuole i nostri riti, Gesù non vuole i nostri propositi,
Gesù vuole una cosa sola: il fascino della sua persona, l'essere discepoli,
cioè ritrovare e riscoprire che il senso della vita è solo lui perché l'uomo è
uomo solo in lui.
Infatti perché Gesù ha detto che la porta è stretta?
Noi qualche volta quando sentiamo quell'aggettivo “stretta” pensiamo
alla difficoltà di seguire il Signore, specie nel mistero della sua croce, ma
c'è un altro possibile significato: esiste un'unica porta per giungere a
realizzare la nostra identità di uomini: il mistero della persona di Gesù. Le
altre esperienze che possiamo cogliere nella storia contemporanea che non siano
radicate in Gesù non realizzano la nostra umanità. Soprattutto pensiamo tante
volte che per essere uomini veri secondo il vangelo dobbiamo fare tante cose,
celebrare tanti riti, inventare tanti linguaggi religiosi, partecipare a tanti
pellegrinaggi e via dicendo. Il cristiano possiede una sua singolare
originalità: essere e diventare una persona che gusta talmente il fascino di
Gesù che non si lascia prendere da tante altre cose esteriori perché la sua
persona, il suo mistero è il senso della vita. Gesù ha detto non vi conosco
perché quello che facciamo tante volte, è una semplice gratificazione
psicologica, come l’aver fatto qualche cosa di bene. Da notare che il
linguaggio che l'evangelista Luca utilizza ha un chiaro riferimento “abbiamo
mangiato e bevuto con te”: non è l'eucaristia? "Ti abbiamo ascoltato nelle
nostre piazze": non è l'accesso alla divina scrittura? Come mai a coloro
che partecipano all'eucaristia tutte le domeniche e che si accostano alla
parola di Dio continuamente Gesù dice: non vi conosco?
Infatti il criterio non è quello che facciamo, il criterio non è la
quantità delle nostre azioni, ma solo essere discepoli, l’andare dietro a lui.
Se manca l'anima d'essere discepoli, possiamo fare tutti i riti e tutte le
opere apostoliche di questo mondo e il Signore ci dice: non vi conosco. La
bellezza della fede non è fare chissà che cosa, ma dare un senso alla vita e
dire che Gesù è la porta per accedere alla bellezza della storia. Sicuramente
vivere solo di Gesù non è facile, ecco perché l'autore della lettera agli ebrei
ci ha parlato di tribolazioni, in quel contesto anche di persecuzione, perché
dobbiamo lentamente raffinare le nostre persone per poter gustare quella
intimità con Gesù nella quale tutti gli uomini sono chiamati ad attendere la
realizzazione della loro vita. Occorre passare dall'essere uomini religiosi che
pensano di donare qualcosa a Dio a uomini credenti che si aprono all'amore di
Dio.
Da una simile angolatura intuiamo perché Gesù sia stato severo; non
sono le forme che salvano, ma un cuore così aperto a Gesù che non riesce più a
vedere il senso della sua storia se non nel mistero del Maestro anzi, gli
stessi avvenimenti della vita che tante volte ci pongono in stato di
sofferenza, sono i linguaggi dello scultore Dio Padre che attraverso lo
scalpello dello Spirito Santo e della storia fa di noi il suo capolavoro.
Allora veramente riusciamo a realizzare la nostra identità umana. Le esperienze
religiose sono la premessa, ma per un atto di fede essere solo di Cristo!
Quando non entriamo in questo tipo di lettura, non saremo mai persone che
accedono al regno dei cieli, ecco perché la frase di Gesù è stata molto forte:
non so da dove veniate! Non vi conosco! Credo che le parole del Maestro oggi ci
debbano proprio stimolare da una parte a vedere l'umanità tutta orientata Gesù
e dall'altra noi, che siamo i suoi discepoli, siamo chiamati a gustare solo la
sua presenza: da lui e a lui è il
percorso della nostra vita ,perché siamo viventi in lui e allora intuiamo come
nella nostra storia quando la vogliamo cogliere in tutta la sua verità ha
questo unico orientamento.
Qualche volta diciamo: che cosa devo fare?
Spesse volte diciamo questo perché ci rendiamo protagonisti della vita!
Dovremmo imparare a dire: dammi la gioia di lasciarmi amare dalla tua persona
per cui senza di te non riesco più a vivere.
Ogni uomo ha sempre l'inquietudine interiore finché non può conoscere
la luce, Cristo Gesù. Ecco perché questa mattina, se guardiamo attentamente il
nostro agire rituale, abbiamo vissuto in modo autentico lo stile del Vangelo:
siamo entrati da una porta che è Gesù, ci siamo riuniti per ascoltare una
parola che è Gesù, tra poco condivideremo il pane e il vino che è Gesù e rinnovati
in lui usciremo di chiesa portando la pace che è Gesù. Allora se entriamo
veramente in questo meccanismo spirituale, ci accorgiamo che ogni uomo che
accetti questo cammino lasciandosi attirare da Gesù di qualunque provenienza
possa essere, diventa una persona che accede al volto di Gesù. Ogni uomo
religioso è chiamato attraverso l'esperienza religiosa a incontrare un evento,
una persona e allora quando incontriamo questa persona la nostra vita è
completamente diversa.
Viviamo così questa eucaristia, lasciamoci inebriare di Gesù e tante
cose lasciamole pure da parte. Inebriati da Cristo vivremo di Gesù, entrando in
quella porta si aprirà davanti a noi l'infinito di Gesù, quella gloria luminosa
del Padre che ci affascinerà per tutta l'eternità beata.
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