02 luglio 2017

XIII DOMENICA T.O. – (ANNO A)

2Re 4,8-11. 14-16a     Rm 6,3-4.8-11        Mt 10,37-42
OMELIA

Il cristiano vivendo il mistero di Cristo ne imita la bellezza e diventa espressione della sua volontà.

La gioia di essere discepoli è essere l'incarnazione della bellezza di Dio che ha il suo centro nel mistero della morte e resurrezione. La parola che il Maestro questa mattina ci sta regalando, nasce dalla convinzione che il discepolo non può vivere se non di Cristo Gesù. Infatti, il linguaggio con il quale Gesù questa mattina si è rivolto a noi, in modo immediato,  può creare nella nostra esistenza un certo senso di diffidenza. L'uomo contemporaneo davanti a qualunque espressione negativa si ritrova in non poche difficoltà. Eppure, se la leggiamo nella sua globalità, la parola di questa mattina è principio di grande speranza. L'apostolo Paolo rivolgendosi a noi parte da una convinzione: il cristiano è la vivente presenza del mistero del Maestro. Infatti, a monte del brano ascoltato, c'è la grande professione di fede dell'apostolo Paolo che riassume la tradizione della fede antica: "Cristo è morto secondo le scritture, sepolto e risorto il terzo giorno secondo le scritture".

Entrando in questa visione intuiamo cosa voglia dire l'apostolo con quella espressione "battezzare". Facilmente quando sentiamo l'espressione battezzare andiamo in modo immediato all'idea di battesimo come un sacramento, ma se entriamo nella interiorità di Paolo, il senso è molto più profondo. Cosa vuol dire la parola "battezzare"?

Entrando nel linguaggio dell'apostolo ci accorgiamo che battezzare è vivere una relazione, è introdurre la persona in un rapporto creativo. Essere battezzati nella morte-sepoltura e risurrezione vuol dire essere introdotti, attirati nella persona di Gesù nella quale l'uomo ritrova se stesso. Chi non fa la scelta della persona di Gesù non capirà mai il Vangelo.

Se crediamo in Gesù morto secondo le scritture, sepolto e risorto il terzo giorno secondo le scritture, siamo chiamati nello Spirito Santo a vivere la relazione con questi tre aspetti della persona del Maestro. Innanzitutto percepiamo cosa voglia dire essere introdotti nella "somiglianza" della sua morte.

Gesù, ci ha salvati, perché è morto o perché quella morte è espressione di qualcosa di molto più profondo?

Gesù nella sua morte ha detto una cosa molto più bella nella quale ognuno di noi è chiamato a lasciarsi introdurre per ritrovare la bellezza e il gusto del Vangelo; in quella morte c'è una persona che ha amato talmente il Padre e l'umanità da donare la vita. Essere immersi in questa relazione con il Cristo, morto secondo le scritture, vuol dire per noi essere introdotti nella interiorità amativa di Gesù. Usando un'espressione che può sintetizzare quest'espressione: Gesù non ci ha salvati perché è morto, Gesù ci ha salvati perché ha amato in modo inesauribile.

In quel "morto secondo le scritture" scopriamo un Gesù tutto attento al mistero del Padre che da quando ha pensato l'uomo lo ha amato in modo inesauribile ed ineffabile. Il cristiano non rinuncia a nulla, gode di essere in Colui che ha donato la vita amandolo.

Se non entriamo in questa visione dell'apostolo Paolo abbiamo un volto dell'esperienza cristiana estremamente negativa. Allora intuiamo perché Gesù ha detto "occorre morire per guadagnare". Chi ama in modo inesauribile vive una meravigliosa esperienza di vita, ma ciò avviene attraverso il secondo passaggio, la sepoltura, il nascondimento nel mistero di Dio. L’uomo non ama per apparire, l’uomo ama per seminare. Qui troviamo la bellezza del nascondimento: la bellezza del non apparire, la bellezza del cuore che nel nascondimento della persona rumina continuamente la fedeltà divina. Chi ama secondo le scritture vive la sepoltura gustando la fedeltà di Dio.

Usando l'immagine ascoltata nell'esperienza di Eliseo è la sterile che dà alla luce la vita: entrare in quel nascondimento dove Dio opera meraviglie più grandi di quello che possiamo aspettarci. Allora la bellezza è risorgere con Cristo perché, dove c'è amore nel nascondimento del quotidiano c'è una fecondità inesauribile che Gesù ha ritradotto nell'immagine del dare un bicchiere di acqua fresca a uno, perché è un discepolo. La parola “discepolo" è da leggere sullo sfondo del Vangelo di Matteo: l'umanità intera, regalare la freschezza della vita.

Chi veramente rientra in quest'esperienza di Gesù percepisce veramente cosa vuol dire risorgere.

La bellezza della resurrezione è regalare sempre e solo speranza. Ecco perché Gesù ha usato l'immagine del bicchiere d'acqua: l'acqua appartiene ai tempi messianici, l'acqua appartiene alla vita, l'acqua appartiene alla sete di un mondo nuovo e di un mondo migliore. In questo intuiamo che porre l’ atto di fede in Gesù, entrare in relazione viva  e vivace con lui è imparare ad amare come lui, non secondo la cultura delle apparenze, ma regalando speranza tutti. L'uomo che è veramente immerso in questa gratuità divina regala solo bontà. Come dicevamo all'inizio, chi entra nella contemplazione del crocifisso, bellezza di Dio, regala solo la bontà di Dio. Questa sia la forza che vogliamo accogliere da questa eucaristia. La bellezza della fede diventa sacramento perché la bellezza del sacramento non è un rito, ma il fascino di Gesù nel quale ritroviamo la bellezza e il gusto della vita. Questa mattina siamo qui perché senza la relazione col Cristo morto-sepolto-risorto non riusciamo a vivere. Questa fede, questo fascino, questa attrazione a Gesù divenga veramente il criterio portante della nostra esistenza per essere solo luce di speranza per tutti fratelli.
 
 
 
 
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