OMELIA
Il cristiano vivendo il mistero di Cristo ne imita la bellezza e diventa espressione della sua volontà.
La
gioia di essere discepoli è essere l'incarnazione della bellezza di Dio che ha
il suo centro nel mistero della morte e resurrezione. La parola che il Maestro
questa mattina ci sta regalando, nasce dalla convinzione che il discepolo non
può vivere se non di Cristo Gesù. Infatti, il linguaggio con il quale Gesù
questa mattina si è rivolto a noi, in modo immediato, può creare nella nostra esistenza un certo
senso di diffidenza. L'uomo contemporaneo davanti a qualunque espressione negativa
si ritrova in non poche difficoltà. Eppure, se la leggiamo nella sua globalità,
la parola di questa mattina è principio di grande speranza. L'apostolo Paolo
rivolgendosi a noi parte da una convinzione: il cristiano è la vivente presenza
del mistero del Maestro. Infatti, a monte del brano ascoltato, c'è la grande
professione di fede dell'apostolo Paolo che riassume la tradizione della fede
antica: "Cristo è morto secondo le scritture, sepolto e risorto il terzo
giorno secondo le scritture".
Entrando
in questa visione intuiamo cosa voglia dire l'apostolo con quella espressione
"battezzare". Facilmente quando sentiamo l'espressione battezzare
andiamo in modo immediato all'idea di battesimo come un sacramento, ma se
entriamo nella interiorità di Paolo, il senso è molto più profondo. Cosa vuol
dire la parola "battezzare"?
Entrando
nel linguaggio dell'apostolo ci accorgiamo che battezzare è vivere una
relazione, è introdurre la persona in un rapporto creativo. Essere battezzati
nella morte-sepoltura e risurrezione vuol dire essere introdotti, attirati
nella persona di Gesù nella quale l'uomo ritrova se stesso. Chi non fa la
scelta della persona di Gesù non capirà mai il Vangelo.
Se
crediamo in Gesù morto secondo le scritture, sepolto e risorto il terzo giorno
secondo le scritture, siamo chiamati nello Spirito Santo a vivere la relazione
con questi tre aspetti della persona del Maestro. Innanzitutto percepiamo cosa
voglia dire essere introdotti nella "somiglianza" della sua morte.
Gesù,
ci ha salvati, perché è morto o perché quella morte è espressione di qualcosa
di molto più profondo?
Gesù
nella sua morte ha detto una cosa molto più bella nella quale ognuno di noi è
chiamato a lasciarsi introdurre per ritrovare la bellezza e il gusto del
Vangelo; in quella morte c'è una persona che ha amato talmente il Padre e
l'umanità da donare la vita. Essere immersi in questa relazione con il Cristo,
morto secondo le scritture, vuol dire per noi essere introdotti nella
interiorità amativa di Gesù. Usando un'espressione che può sintetizzare
quest'espressione: Gesù non ci ha salvati perché è morto, Gesù ci ha salvati
perché ha amato in modo inesauribile.
In
quel "morto secondo le scritture" scopriamo un Gesù tutto attento al
mistero del Padre che da quando ha pensato l'uomo lo ha amato in modo
inesauribile ed ineffabile. Il cristiano non rinuncia a nulla, gode di essere
in Colui che ha donato la vita amandolo.
Se
non entriamo in questa visione dell'apostolo Paolo abbiamo un volto
dell'esperienza cristiana estremamente negativa. Allora intuiamo perché Gesù ha
detto "occorre morire per guadagnare". Chi ama in modo inesauribile
vive una meravigliosa esperienza di vita, ma ciò avviene attraverso il secondo
passaggio, la sepoltura, il nascondimento nel mistero di Dio. L’uomo non ama
per apparire, l’uomo ama per seminare. Qui troviamo la bellezza del
nascondimento: la bellezza del non apparire, la bellezza del cuore che nel
nascondimento della persona rumina continuamente la fedeltà divina. Chi ama
secondo le scritture vive la sepoltura gustando la fedeltà di Dio.
Usando
l'immagine ascoltata nell'esperienza di Eliseo è la sterile che dà alla luce la
vita: entrare in quel nascondimento dove Dio opera meraviglie più grandi di
quello che possiamo aspettarci. Allora la bellezza è risorgere con Cristo
perché, dove c'è amore nel nascondimento del quotidiano c'è una fecondità
inesauribile che Gesù ha ritradotto nell'immagine del dare un bicchiere di
acqua fresca a uno, perché è un discepolo. La parola “discepolo" è da
leggere sullo sfondo del Vangelo di Matteo: l'umanità intera, regalare la
freschezza della vita.
Chi
veramente rientra in quest'esperienza di Gesù percepisce veramente cosa vuol
dire risorgere.
La
bellezza della resurrezione è regalare sempre e solo speranza. Ecco perché Gesù
ha usato l'immagine del bicchiere d'acqua: l'acqua appartiene ai tempi
messianici, l'acqua appartiene alla vita, l'acqua appartiene alla sete di un
mondo nuovo e di un mondo migliore. In questo intuiamo che porre l’ atto di
fede in Gesù, entrare in relazione viva e vivace con lui è imparare ad amare come lui,
non secondo la cultura delle apparenze, ma regalando speranza tutti. L'uomo che
è veramente immerso in questa gratuità divina regala solo bontà. Come dicevamo
all'inizio, chi entra nella contemplazione del crocifisso, bellezza di Dio,
regala solo la bontà di Dio. Questa sia la forza che vogliamo accogliere da
questa eucaristia. La bellezza della fede diventa sacramento perché la bellezza
del sacramento non è un rito, ma il fascino di Gesù nel quale ritroviamo la
bellezza e il gusto della vita. Questa mattina siamo qui perché senza la
relazione col Cristo morto-sepolto-risorto non riusciamo a vivere. Questa fede,
questo fascino, questa attrazione a Gesù divenga veramente il criterio portante
della nostra esistenza per essere solo luce di speranza per tutti fratelli.
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