Es 24,3-8 Eb 9,11-15 Mc
14,12-16.22-26
La gioia d'essere discepoli è vivere la
presenza delle tre Persone divine nel nostro quotidiano.
Il Cristo in noi viene ad abitare perché
questa vita trinitaria possa essere vera, efficace e feconda, e tutto questo
noi lo cogliamo nella celebrazione del mistero dell'Eucaristia, culmine e fonte
dell'esistenza quotidiana. La Trinità è vivente in noi perché attraverso
l'incontro eucaristico essa possa essere veramente feconda nella nostra
esistenza. E' la quotidiana vitalità dell'intero processo dell'iniziazione
sacramentale a Cristo.
Se noi ci ponessimo la domanda perché Gesù ci
si è consegnato nell'esperienza conviviale dell'Eucaristia, noi dovremmo dire:
perché la sua presenza era la vitalità costante della presenza del Padre, del
Figlio e dello Spirito Santo nella storia di ogni uomo. Se ulteriormente noi ci
ponessimo l'interrogativo perché il Signore rimanga nell'Eucaristia, la risposta
che egli ci potrebbe dare è che egli deve essere fedele a quell'espressione
nella quale si conclude il Vangelo di Matteo io sono con voi tutti i giorni fino alla fine dei tempi. L'Eucaristia
è il Signore in noi che da vitalità al Padre e allo Spirito Santo perché noi
possiamo essere veramente creature nuove poiché, nell'Eucaristia, c'è la
sintesi di tutta l'esperienza evangelica.
Essa non è un rito, essa è la presenza del
Cristo che mediante il rito ci regala ogni giorno la condizione del io sono con voi e davanti a questa
affermazione noi riusciamo a cogliere che nell'Eucaristia è presente tutta la
storia della salvezza, è presente tutto il Vangelo, è presente tutto l'accadimento
di Dio. Gli evangelisti infatti, come hanno scritto i loro vangeli, se non
contemplando il Cristo pasquale? È bello vedere gli evangelisti che nel tracciare
la loro visione di Gesù stiano contemplandolo nell'oblazione gloriosa. I
Vangeli sono stati scritti contemplando il Crocifisso e questo Crocifisso è
gloriosamente presente in ogni celebrazione eucaristica. Quando noi andiamo all'Eucaristia,
in quel momento, siamo contemporanei con la sua croce, siamo contemporanei con
la sua offerta oblativa, siamo contemporanei di tutto il mistero della sua
esistenza. Gli evangelisti, di riflesso, hanno narrato il misterioso racconto
dell'ultima cena come incarnazione del Vangelo. Noi riusciamo a comprendere il
Vangelo solo entrando nel mistero eucaristico perché, in quel momento, noi veniamo
trasfigurati da quella Parola che nella Pasqua ha il suo vero significato. Chi
non entra nella persona di Gesù non capirà mai le sue parole, non comprenderà
mai il Vangelo.
Ecco perché la Chiesa fin dal secondo secolo
ha inserito la parola “mistero della fede” quando il sacerdote diceva le parole
sul calice, perché entrare nell'Eucaristia è entrare nel mistero che è la fede,
è entrare nella vita trinitaria che è l'anima della nostra anima. L'Eucaristia
non è fare la comunione, l'Eucaristia è condividere attraverso il segno della
condivisione conviviale questa grande esperienza: essere nel mistero di Gesù.
Infatti come un cristiano può veramente essere discepolo del Maestro se non si
lascia trasfigurare dal Maestro? Gesù ha
detto mangiate e bevete non come una realtà facoltativa, ma come la verità della
sua presenza; egli si è reso presente nella dinamica del banchetto perché nel
mangiare e nel bere il Cristo, attraverso il pane e il vino, rendeva viva la
sua presenza. Come la bellezza della convivialità è mangiare e bere insieme per
ritrovare l'energia della vita fisica e relazionale, così il Cristo, attraverso
la convivialità, regala se stesso a noi perché lui, che è presente in noi, può
darci tutta la sua vitalità. In questo cogliamo che l'Eucaristia è
fondamentalmente il Cristo che vuol vivere la sua vita nella nostra vita,
trasfigurandoci, dandoci quel calore divino che è l'esperienza della vita.
Oggi si dice che l'uomo è povero ed è fragile,
ma nel mistero della fede, che s'incarna nel mistero eucaristico c'è la
fortezza e la capacità della vita perché in quel momento il Signore stesso che
è già vivente in noi alimenta la sua presenza e ci dà la gioia di essere suoi!
Tutta la nostra persona viene trasfigurata!
È una cosa sulla quale noi, tante volte, non
riflettiamo perché in certo qual modo usiamo l'espressione che sa molto di devozione,
ma è poco radicata nella volontà di Gesù. Noi tante volte diciamo “andiamo a
fare la comunione” non dovremmo dire più così, dovremmo dire: vado a lasciarmi
attirare nella pienezza della mia personalità in una convivialità nella quale
il Cristo è il Signore della vita!
L'Eucaristia è il Signore, che dilata in noi
tutte le sue potenzialità per renderci il suo volto con tutta la potenza della
nostra corporeità. La bellezza dell'Eucaristia è la nostra persona tutta
trasfigurata, in tutte le sue componenti. Una simile verità la possiamo cogliere
molto bene se, per un momento, riflettiamo sulle parole che noi ascoltiamo o
diciamo al momento in cui facciamo nostro, nell'assumere il pane e il vino, il
mistero della fede che è Gesù Cristo figlio di Dio.
Davanti all'affermazione Beati gli invitati alla cena del Signore noi avvertiamo l'invito
trinitario a entrare in questa beatitudine gloriosa e in questa beatitudine
gloriosa gli occhi del cuore sono rivolti a quel misterioso e meraviglioso
segno: contempliamo in quel pane e in quel vino che ci è offerto la bellezza
dell'essere amati da Dio, in quel momento l'occhio guardando quell'ostia imbevuta
nel vino fa l'esperienza del vedere un grande mistero, il Cristo, che nella sua
benevolenza brama invadere le nostre persone in un amore trasfigurante! Questo
grande mistero che diventa, attraverso una parola Il corpo e il sangue di Cristo
la sensorialità dell'occhio,
diventa sensorialità dell'udito, dove l'uomo attraverso questa esperienza si
lascia penetrare dal Maestro. È un dialogo amoroso tra l'occhio che vede e l'udito
che accoglie, è la nostra sensorialità che viene avvolta da questo mistero
perché, in quel momento, c'è tutto Cristo che vuole invadere la nostra
esistenza. Il suo Vangelo, la sua Pasqua, in quel pane e in quel vino, accolti
in atteggiamento amoroso, entrano in noi attraverso quell'Amen che è
nient'altro che il cuore che nella parola si regala all'accoglienza di Dio. È
un Amen in cui noi diciamo la gioia di lasciarci trasfigurare come persone con
tutta la nostra identità psicofisica e allora tutto questo diventa il gusto. L'assumere
il pane e il vino è il gustare nella profondità della nostra esistenza quello
che l'occhio ha amato, quello che l'orecchio ha udito, quello che il cuore ha
proclamato: Amen! Allora recepiamo che l'Eucaristia non è fare la comunione, ma
il vivere il mistero della fede, una parola che vive di un Crocifisso glorioso
sempre presente nella convivialità eucaristica. E allora intuiamo che la
bellezza dell'Eucaristia è lasciarci trasfigurare in tutta la nostra personalità
psicofisica, non è un intimismo; l'Eucaristia è la nostra "fisicità"
personale che viene rifatta dal Cristo sacramentale per poter essere il volto
trinitario.
E allora in quel Beati gli invitati alla cena del Signore noi pregustiamo quel
banchetto glorioso dove la nostra vita in quegli occhi ammirati contempleranno
eternamente la gloria di Dio e la bocca canterà il gusto di una divina presenza
in un inno che ha un sapore di eternità udendo il canto di tutti i Santi che
seguono l'Agnello. Entriamo in questo mistero che ci deve affascinare dove
l'uomo si sente rifatto.
Tante volte noi facciamo eccessivi esami di
coscienza e questo ci impedisce di lasciarci trasfigurare.
Quando siamo davanti alla bellezza di Dio, a
quel Dio che in modo meraviglioso ci ama, dimentichiamo noi stessi per
lasciarci amare in modo trinitario e pasquale. Di conseguenza l'Eucaristia non
è un rito, ma il gusto di un'eternità che purifica la nostra vita qualunque
siano le scorie, esse vengono rifatte e rigenerate in quel dialogo amoroso, e
la nostra esistenza è già in una gloria che al momento della morte si
realizzerà veramente.
Accostiamoci così questa mattina all’evento eucaristico
con questo desiderio di grande trasfigurazione in modo che uscendo da Chiesa
con gli occhi luminosi perché abbiamo visto la gloria di Dio e, col desiderio di
ascoltarne continuamente la Parola, possiamo camminare in questa soavità di
Cristo nel cammino quotidiano, mentre siamo in attesa della pienezza della
gloria del cielo.
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