Is 49,1-6 At 13,22-26 Lc 1,57-66.80
OMELIA
OMELIA
Nel cammino del tempo, la Chiesa ci presenta
le figure dei Santi come segni del come, concretamente e storicamente, si possa
essere discepoli del Signore. Il Signore è il Signore del tempo e dello spazio;
il discepolo è chiamato a contemplare e a vivere il mistero di Cristo Gesù, ma
in questo percorso la Chiesa ci offre alcuni personaggi che ci possano
pungolare per crescere nella contemplazione vissuta di Cristo.
Il centro è solo Gesù, perché solo Gesù è il
salvatore, i Santi in certo qual modo, nella loro originalità, hanno vissuto
quest'unico grande mistero, stimolandoci a rivivere il loro metodo di vita per
gustare la luminosità del Maestro divino. Accostandoci alla figura di Giovanni il
battezzatore emergono due possibili letture, l'una coordinata con l'altra della
figura del precursore, nella prospettiva di guidarci a rivivere anche noi,
nella nostra originalità personale, il volto del Cristo: la paradossalità
meravigliosa della sua nascita e la sua vocazione al martirio.
Due realtà, l'inizio e la fine della storia di
Giovanni che, in certo qual modo, sono l'inizio e la fine della storia di Gesù.
Il primo passaggio a cui la Scrittura questa
mattina ci ha educati, è la presa di coscienza della paradossalità amorosa di
Dio nei confronti di Giovanni il battista.
Quando noi ci accostiamo attentamente alla
figura di Giovanni e la leggiamo con i criteri di una lettura biblica, abbiamo la
chiara percezione che la sua figura è un capolavoro umanamente incomprensibile.
Ecco perché nel salmo responsoriale abbiamo goduto di contemplare questa
rivelazione meravigliosa di Dio che costruisce l'uomo. Giovanni è il capolavoro
della storia della salvezza che apre alle luminosità del Cristo. Dio lo ha
costruito in modo paradossale perché l'amore di Dio è umanamente
incomprensibile. Chi entra nello stupore nel vedere la straordinaria figura di
Giovanni, si prepara allo stupore inenarrabile del volto di Gesù.
Quando qualcuno si accosta alla storia di Dio
deve andare al di là dei semplici criteri di tipo storicistico perché Dio
quando si rivela è almeno paradossale! Egli è troppo grande per le nostre
povertà interpretative. Se siamo abituati a leggere la divina rivelazione
scritta, ci accorgiamo che il Dio della rivelazione usa criteri esistenziali
che noi non comprenderemmo mai. Giovanni è l'espressione di questa verità; chi
si accosta a Giovanni e vede un Dio che si rivela al di là delle varie aspettative
impara che se vuole conoscere Gesù deve andare al di là di quelle che sono i
semplici parametri umani perché solo lo stupore ci permette di conoscere Gesù.
Gesù non lo conosciamo come conseguenza di un ragionamento, il Signore lo
conosciamo perché ci ama e noi ci lasciamo attirare nel suo mistero; la sua
storia é l’espressione di un amore veramente unico, incomprensibile, ma
ineffabile e Giovanni ci permette di accostarci alla figura di Gesù attraverso
la sua storia. Questo punto di vista appartiene all'origine della nostra
esistenza.
Solo chi vive in intensità questo primo
elemento della storia di Giovanni può capire il secondo elemento: il martirio,
perché il martirio è una meravigliosa professione di fede che “senza il Signore
non si può vivere”. Noi in genere quando parliamo di martirio pensiamo sempre
alla morte, poco a quelle coordinate che l'hanno condizionata, ma se noi
entriamo nel profondo della fede il martirio è dire - nella semplicità della
vita e in modo autentico - che nulla ci può mai distrarre dall'esperienza di
Gesù. Anzi, più l'uomo entra in questa meraviglia che è l'amore del Signore,
più la bellezza del martirio è veramente illuminante. Dare la vita per Gesù è
dire che Dio è meraviglioso!
È sempre bello riandare ai racconti dei primi
martiri della Chiesa, le cui vicende sono state narrate sicuramente con tanti
generi letterari, ma sicuramente c'è un aspetto fondamentale: il martirio non è
altro che un canto di lode e di rendimento di grazie perché quando l’uomo si
sente raggiunto da qualcosa che umanamente è incomprensibile ma affascinante
per il suo spirito, in quel momento vede che la sua esistenza deve essere regalata
con questo tenore di vita: la gratitudine, dove il martirio è nient'altro che
l'amore alla vita quotidiana.
Tante volte pensiamo che il martirio sia il
morire fisico, nello stile evangelico il
martirio è amore al quotidiano, è amore alla ferialità, è incarnare nelle
semplici azioni di tutti i giorni l'ineffabilità di Dio. In un mondo che
non sa più amare il quotidiano, che cerca le varianti esistenziali per drogare
ulteriormente la propria vita, il cristiano - nella semplicità del feriale - dice
la gioia di appartenere a Gesù, di essere una creatura tanto paradossale per
l'uomo comune da essere quel sorriso che è il coraggio in ogni esperienza di
sofferenza. Dobbiamo ogni giorno scoprire l'ineffabilità d'essere uomini
credenti, in cui le tre Persone divine hanno preso stabile dimora. Se
entrassimo in profondità, scopriremmo una verità sulla quale noi, spesse volte,
non ci soffermiamo a sufficienza. Noi diciamo tante volte e ce lo ripetiamo,
che siamo figli adottivi di Dio; oggi non ci esprimiamo più così, la parola “adottivi”
l'abbiamo un po' trascurata perché l'essere adottivi può apparire una
formulazione molto estrinseca. Noi siamo veramente figli nel Figlio, generati
nel Figlio e quindi capolavoro personale dell'amore paradossale di Dio.
Davanti a questa grandezza rivelativa di Dio,
ogni atto della nostra esistenza è un martirio, è dire con il coraggio del
quotidiano la bellezza di essere amati da Dio.
Cos'è vivere e vivere nella fede? È dire
nonostante tutte le oscurità, tutti travagli, tutti gli interrogativi senza
risposta che Dio ci ama in modo favoloso. L'amore è incomprensibile perché
ineffabile! E il martirio è nient'altro che la proclamazione, a livello
esistenziale, di qualcosa di favoloso che è dentro di noi, per un atto della
pura benevolenza trinitaria.
Da tutto questo intuiamo che il nostro accostarci
a Giovanni e a Gesù, è accostarci alla bellezza della nostra vita che non è
costruita semplicemente sugli avvenimenti del quotidiano, ma la nostra vita è vivere
la fede, il fascino di Gesù, la signoria dello Spirito negli avvenimenti
quotidiani. Il cristiano ha come criterio il dire, nell'ordinarietà, d'essere
amato in modo straordinario.
Per questo grande mistero di luce noi ci ritroviamo
nella bellezza dell'eucaristia. La presenza di Gesù è una luce meravigliosa, la
sua parola una fiducia che non ha confini, la celebrazione eucaristica un amore
che ci avvolge in modo così profondo da dare gusto alla vita, nonostante le
spine della storia.
I martiri vivevano dell'eucaristia costruita
attorno alla Parola perché in quell'esperienza erano così avvolti e penetrati
dalla grandezza divina che le catene erano considerate autentici gioielli.
Viviamo questo cammino paradossale che è l'essere
amati in modo trinitario e la celebrazione di oggi, nella figura di Giovanni
diventa veramente l'anima della nostra anima; il quotidiano è il martirio
feriale per cantare l'amore inesauribile di Dio.
Entriamo in questo mistero con tutta la
semplicità del cuore per poter veramente gustare quanto Dio sia soave e allora,
andiamo al di là delle nostre paure, delle nostre oscurità e il Cristo che
abita in noi è in quel canto che ci dice:" La tua vita è restituirti a me
perché io sono la favolosa presenza che opera continuamente nella tua storia
quotidiana".
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