SANT’ALESSANDRO martire
Patrono della città e della diocesi di Bergamo
SOLENNITÀ
1 Mac 2, 49-52.57-64
Fil 1, 27-30 Gv 15, 9-16
OMELIA
Crescere nella conoscenza di Gesù è il senso portante della nostra esistenza, è un ritornello che continuamente ci accompagna ogni giorno nel maturare nella gioia d'essere suoi discepoli poiché la bellezza della vita è entrare sempre più nella intimità del Maestro. Dopo averci condotto ad entrare nella convivialità della fede, la parola di Dio questa mattina ci fa fare un passo ulteriore. La bellezza di condividere la fede che è Gesù Cristo in noi diventa esperienza di martirio. La bellezza della fede è dire Gesù in qualunque situazione la vita ci possa effettivamente porre. La grandezza del credere deve animare ogni frammento della nostra storia in tutto quello che siamo, in quello che facciamo, in quello che pensiamo. Tutta la nostra persona umana deve incarnare la convivialità credente con Gesù.
Questo è il nucleo essenziale della vita e
questo nucleo essenziale diventa “martirio”, diventa il prorompere della
fecondità della fede davanti alle situazioni storiche poiché il Signore è il
criterio portante della nostra esistenza.
Il martirio è il traboccare credente della
scelta fondamentale della vita che è Gesù.
Usando l'espressione dell'apostolo Pietro a
conclusione del grande discorso che ci ha accompagnato in queste domeniche,
l'anima della nostra vita e quindi l'anima del nostro martirio, è quello che
lui ha detto Signore da chi andremo? Tu
hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il
santo di Dio! Il martirio è l'esuberanza nel feriale, nel quotidiano, di
appartenere al Signore e tale e così forte è la sua presenza nella nostra vita
che in qualunque situazione nella vita ci si presenti noi diciamo: Gesù Cristo
tu sei il nostro Signore! Noi quando sentiamo la parola “martirio” pensiamo
immediatamente alla dinamica del morire. Dobbiamo sempre rammentare a noi
stessi che il martirio è la qualità della vita perché il morire è il linguaggio
più alto, in cui si incarna il valore più profondo con il quale abbiamo
costruito la vita storica. L'uomo rivela veramente se stesso quando, nell'atto
del morire, dice il senso della sua vita.
Il cristiano davanti al cammino della fede non
ha nessuna paura perché è così cosciente che Gesù è incarnato nella sua persona
che in quello che costruisce ogni giorno, non fa nient'altro che dire il
mistero di Gesù. Il mistero di Gesù è un mistero molto concreto, è il mistero
che dall'Incarnazione lo ha qualificato fino alla passione; tutta la persona di
Gesù, in tutti i suoi aspetti concreti, è l'anima della nostra anima. Incarnarci
nella storia così come è, amare la storia come la provvidenza la regala,
regalare alla storia l'amore di Gesù nella convinzione che tale è la presenza
del Maestro, porta alla conclusione che anche il sacrificare la vita è
un'espressione dell'appartenere a Gesù. Ecco perché Paolo ci ha suggerito una
intuizione molto bella a voi
è stata data la grazia non solo di credere in lui, ma anche di soffrire per
lui, sostenendo la stessa lotta che mi avete visto sostenere e sapete che
sostengo anche ora.
Credere è vivere il mistero di Gesù.
Usando l'immagine giovannea il martirio nella
testimonianza è avere nel quotidiano le stimmate di Gesù, nelle mani, nei piedi,
nel costato. È vivere quei segni della passione che sono il linguaggio di
quell'amore incondizionato di Gesù per il Padre e per l'umanità. Questo è il
grande ideale che ci è stato regalato il giorno del nostro battesimo. In quel
momento rinati figli nel Figlio, la storia del Figlio è diventata la nostra
storia, e se Gesù ha amato talmente gli uomini di donare la vita, il battezzato
ha dentro di sé questa grande vocazione di donare la vita perché gli uomini
siano nella vita.
Davanti a questo grande ideale, l'uomo si
trova di fronte alla povertà della propria storia. Ecco perché Gesù ci ha detto
in modo favoloso nel testo evangelico che lui abita in noi, Come il Padre ha amato me, anche io ho
amato voi. Rimanete nel mio amore, non
voi avete scelto me, ma io ho scelto
voi... non c'è amore più grande che
dare la vita per la persona amata.
Davanti alle nostre povertà abbiamo una grande consapevolezza: Gesù è dentro di
noi, in quel “rimanete nel mio amore” Gesù ci vuol dire che il suo amore è
l'aria che respiriamo, il mistero della sua vita che si dilata in noi, le
pulsazioni del nostro cuore; la grandezza della sua persona è la grandezza
della nostra persona. Se abbiamo giustamente la coscienza dei nostri limiti
dobbiamo anche prendere coscienza di questa meravigliosa creatività di Dio. Ognuno
di noi è segno visibile dell'amore incontenibile di Gesù.
È la bellezza nella nostra vita di fede, è la bellezza
dell'essere discepoli!
Noi tante volte pensiamo a noi stessi, alle
nostre povertà e dimentichiamo chi abita in noi: il Cristo!
Il Cristo in noi rivive tutta la sua esistenza
e allora il martirio è proprio come dicevo all'inizio il traboccare nelle
contingenze storiche di questo grande mistero. E tutto questo non lo viviamo
ogni volta che celebriamo l'eucarestia. È molto bello tener vivo nel nostro
cuore la testimonianza di Sant'Agostino, quando parla dello stretto rapporto
tra la celebrazione eucaristica e la scelta dei martiri di donare la propria
vita per Cristo, nella viva imitazione della sua persona e del suo amore.
"Così hanno fatto con ardente amore i santi martiri e, se non
vogliamo celebrare inutilmente la loro memoria, se non vogliamo accostarci
infruttuosamente alla mensa del Signore, a quel banchetto in cui anch'essi si
sono saziati, bisogna che anche noi, come loro, siamo pronti a ricambiare il
dono ricevuto. A questa mensa del Signore, perciò, noi non commemoriamo i
martiri come facciamo con gli altri che ora riposano in pace, cioè non
preghiamo per loro, ma chiediamo piuttosto che essi preghino per noi, per
ottenerci di seguire le loro orme. Essi, infatti, hanno toccato il vertice di
quell'amore che il Signore ha definito come il più grande possibile. Hanno
presentato ai loro fratelli quella stessa testimonianza di amore, che essi
medesimi avevano ricevuto alla mensa del Signore. Intuiamo perciò che la celebrazione
dell'eucarestia è entrare nel mistero del Signore presente, è vivere come è
vissuto Gesù.
È molto bello come Paolo per evidenziare
questa esperienza dell'Eucaristia, anima del martirio, quando parla dell'ultima
cena, usi queste parole: ogni volta che
mangiate di questo pane e bevete a questo calice, voi annunciate la morte Signore
nell'attesa della sua venuta dove “annunziare la morte del Signore” è
incarnare nel contingente di tutti giorni la mentalità, la personalità, il
cuore di Gesù.
Allora il martirio è l'amore al quotidiano in cui
il Signore è il Signore delle nostre azioni. Celebrare l'Eucarestia
accostandoci a quel sangue del martirio è ritrovare la gioia di un'esuberanza
di Cristo che si incarna nelle realtà di tutti giorni. Ecco perché il cristiano
ogni volta che pone a se stesso la domanda Che
senso ha la vita? ritrova in sé Gesù, con i segni gloriosi della sua passione
e come conseguenza possiamo vivere come egli è vissuto. Entriamo in questa
esperienza; la festa di Sant'Alessandro è un'occasione per ritrovare il senso
della vita cristiana, e allora nel momento in cui ci accosteremo ai doni
eucaristici, il Signore entrerà in noi, diventerà il Signore della nostra
persona, rivivrà in noi il suo mistero e, uscendo di chiesa, nella semplicità
del feriale, diremo Gesù, accogliendo anche le piccole o grandi sofferenze per
dire Gesù. E' la cosa più bella che ci farà vivere Gesù come criterio
fondamentale, essenziale e costitutivo della nostra identità d'essere suoi
discepoli.
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