OMELIA
La potenza dell'esperienza credente ci porta progressivamente
a maturare un sempre più intenso desiderio di eternità beata.
Ce l'ha detto molto bene Gesù domenica scorsa:
chi crede ha la vita eterna, chi
crede è passato da questa storia all'eternità beata. Questo orizzonte che
l'evangelista Giovanni ci ha offerto domenica scorsa, oggi ha la sua effettiva
espressione nel mistero di Maria assunta in cielo. Ella è la profezia
realizzata e fonte di luce per tutti i battezzati. È interessante lo stretto
rapporto tra quello che Giovanni ci ha detto domenica e la beatitudine che
l'evangelista Luca pone sulle labbra di Elisabetta: E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le
ha detto.
Il mistero della nostra glorificazione è tutto
racchiuso nella potenza del credere.
L'uomo, che nel profondo del suo essere crede,
sta già gustando l'eternità beata. Quello che contempliamo in Maria oggi, in
certo qual modo è quello che avviene nella vita di ogni discepolo. Il mistero
della piena glorificazione di Maria è profezia del mistero della piena glorificazione
di ogni uomo. Infatti è sempre bello orientare il nostro sguardo al mistero del
credente di cui Maria è segno per eccellenza. Essere dei credenti è gustare
continuamente la personalità creativa di Gesù dentro di noi e viverne l'intero
mistero di salvezza.
Noi abbiamo un'esperienza di fede troppo
limitata, dimentichiamo che la bellezza della fede è gustare una presenza
creatrice dentro di noi; il Signore con tutta la sua ricchezza divino-umana
trasfigura la nostra identità personale. Dovremmo riuscire a percepire che
l'essere credenti è avvertire questa progressiva trasfigurazione in noi, una
trasfigurazione dell'intelligenza, della volontà, del cuore, della sensibilità
e della sensorialità. La presenza del Cristo in noi trasfigura la nostra
personalità umana in tutte le sue coordinate, con la meravigliosa conseguenza
che la nostra personalità umana progressivamente diventa eternità.
Noi qualche volta abbiamo avvertito un certo modo
di dire o di pensare che dall'angolatura del mistero che oggi celebriamo crea
molte difficoltà. Spesso diciamo che, quando moriamo, l'anima va in paradiso e
il corpo nella tomba. Questa lettura è sicuramente molto parziale e forse
neanche esatta. Dovremmo avere la consapevolezza che quando noi moriamo, viene
posto nella tomba il segno della nostra corporeità, non la corporeità, perché
non esiste uomo senza la sua corporeità. Sappiamo che poniamo quel segno della
corporeità nella tomba perché il segno è destinato a corrompersi, ma la
personalità umana è gloriosa, non viene corrotta dal mistero della morte! Noi qualche
volta non sappiamo personalizzare un simile orizzonte favoloso perché abbiamo
dimenticato tutta la ricchezza della nostra umanità, che non è semplicemente
una fisicità esteriore: la personalità umana in tutte le sue componenti
manifesta la consistenza stessa dell'uomo. Avete mai pensato che se nell'uomo ci
fosse la rottura tra corpo e anima avremo tante anime vaganti? La bellezza
della nostra esperienza umana è che è talmente profondo l'agire di Cristo in
noi, che la nostra umanità lentamente si trasfigura.
Quando noi moriamo - e qui la liturgia
bizantina ci è veramente maestra - lasciamo qui le reliquie della nostra
persona, ma la nostra persona in tutta la sua ricchezza entra in un mistero di
gloria. Il “come” lo lasciamo alla libertà di Dio. Dovremmo avvertire la
bellezza e la luminosità dell'essere uomini. Ciò che dovrebbe pungolare la
nostra esperienza spirituale è il vivo desiderio d'entrare in questo mistero di
gloria eterna. L'uomo, quando affronta l'avventura del credere spalanca la
propria personalità all'invadenza creatrice del Cristo, e di riflesso all'invadenza
creatrice delle tre Persone divine, percepisce questa glorificazione, questa
soavità divina che permea tutta la sua corporeità esistenziale.
Ecco
perché è bello nella festa di oggi riscoprire come il domani sarà la pienezza
della nostra umanità di oggi.
È qualcosa che noi dovremmo riuscire a
riscoprire e a riscoprire continuamente. Noi oggi nella nostra fisicità gustiamo
l'eternità beata, che non è un futuro, l'eternità beata è un presente. Nel
momento in cui moriremo esploderà questa pienezza divina che è in noi e la
nostra personalità, sull'esempio di Maria, sull'esempio di Gesù risorto,
entrerà in una gloria indicibile. Ecco perché il cristiano ama essere uomo con
tutte le sue caratteristiche, con tutte le sue dimensioni perché tutta questa
umanità, abbandonate le reliquie dello storicistico, entra in un favoloso
mistero di gloria.
Guardare Maria assunta in cielo in corpo e
anima è contemplare il destino della storia umana, il destino di ciascuno di
noi. Se noi percepiamo questa meravigliosa ricchezza, possiamo intuire l'inizio
del cantico di Maria L'anima mia
magnifica il Signore è il mio spirito esulta in Dio mio Salvatore. Chi,
nella fede, si lascia trasfigurare dalla presenza creatrice del Risorto e della
Trinità diventa un canto, è il canto dell'uomo che si sente veramente
realizzato.
Quando il cristiano ha dei dubbi circa il
futuro vuol dire che non sa gustare il presente. Chi ha paura del futuro non
conosce il presente, chi conosce la bellezza del presente nel quale noi siamo
divinizzati. Il quotidiano percorso nell'avventura del credere non è altro che
il divenire del fecondo processo della nostra divinizzazione che è costitutiva
della nostra personalità dove la nostra persona con tutte le sue
caratteristiche entra in questo mistero di gloria per un canto che non avrà mai
fine. Ecco perché il cristiano non conosce la morte, il cristiano canta la vita,
perché la sua persona è un canto alla vita.
L'Eucaristia che stiamo celebrando è la
quotidiana incarnazione di tutto questo mistero luminoso e consolante. Nel
momento in cui assumeremo i segni del pane e del vino, che ci regalano la viva
e gloriosa personalità del Risorto, avvertiremo il dilatarsi di questa eternità
divina che impregnerà di sé tutta la nostra personalità, la nostra corporeità,
e potremo veramente affermare: quanto è
soave il Signore. Una simile sensazione spirituale l'avvertiremo non solo
con l'intelligenza, non solo col cuore, ma anche con la bellezza della la
nostra personalità. Come nell'atto dell'assumere il pane e il vino chimicamente
questi segni si dissolvono nella nostra fisicità, così la potenza della
personalità del Risorto rinnoverà le nostre persone, eternizzandole. Gusteremo
veramente l’armonia di una soavità divina che ci offre già il gusto di questa
eternità beata; La festa di oggi rappresenta la meta in cui godremo il
compimento della vita dell'uomo, saremo per sempre nel paradiso, che l’eucaristia
ci offre continuamente, dove la nostra persona, con tutte le sue
caratteristiche, viene progressivamente trasfigurata per entrare in quello specchio
di gloria della luminosità gloriosa e dove le nostre corporeità canteranno la
luce meravigliosa di Dio. Questa sia la speranza che vogliamo portarci a casa
da questa celebrazione in modo che la nostra esistenza non sia schiacciata
dalle paure del presente o del futuro, ma la nostra esistenza sia un'eternità
nel presente, in un desiderio che sarà veramente appagato quando al termine
della storicità della vita saremo rivestiti di una eternità gloriosa nella
pienezza di Dio.
-
Nessun commento:
Posta un commento