OMELIA
Gesù, attraverso le parole dell'evangelista
Giovanni, vuole introdurci lentamente nel gusto della fede, facendoci fare il
passaggio dalla fede al credere. È un passaggio questo a cui l'evangelista
Giovanni tiene molto perché, egli stesso afferma che chi crede è già passato dalla morte alla vita. Chi con coraggio
accede alla gioia di credere può gustare la viva presenza del Vivente. Anche
questa mattina Giovanni ce lo ha chiaramente ribadito: chi crede ha la vita eterna.
Se la fede è spalancare la propria esistenza
al grande evento che è Gesù, il credere è interiorizzare questo evento
diventando progressivamente la personalità di Gesù. Nel credere infatti noi
scopriamo che Gesù è il grande protagonista della nostra esistenza, e ci
affascina continuamente perché diventi l'anima della nostra anima. Nello stesso
tempo, ci educa attraverso l'esperienza della storia a entrare in perfetta
sintonia con lui.
Quando Gesù nel testo evangelico ci ha detto
che egli dona la vita eterna è perché chi crede gode l'armonia divina. Il
credere è entrare in questa vita senza confini che è l'ebbrezza della nostra
esistenza.
Per introdurre la nostra esistenza in questa
ricchezza Gesù oggi ci pone davanti a due affermazioni.
La prima: nessuno
può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato e la seconda
grande affermazione: io sono il pane
della vita dove, le due affermazioni, sono l'una strettamente legata
all'altra perché in entrambi i casi il grande protagonista è ancora Gesù.
Gesù ha potuto affermare che "nessuno ha
potuto venire a me se il Padre prima non lo attira a sé" perché è Gesù
stesso che ci regala il suo stile di vita. Se lo guardiamo attentamente
nell'itinerario della sua esistenza ci accorgiamo come egli fosse sempre in
accoglienza, ascolto, comunione con il Padre. Se guardiamo attentamente il
Vangelo di Giovanni, avvertiamo come Gesù non avrebbe compiuto nulla che non
fosse l'incarnazione di un rapporto diuturno con il Padre. Gesù lo ha
chiaramente detto: Nessuno viene a me se prima il Padre non lo attira a sé. Se
noi non impariamo da Gesù a desiderare ardentemente la comunione con il Padre
non conosceremo mai Gesù. E in questo Gesù è stato un grande maestro.
Come ha fatto Gesù nel concreto della sua vita
a vivere in perfetta comunione con il Padre realizzando solo quello che il Padre
voleva? E la risposta ce l'ha data la storia del profeta Elia.
Davanti al disastro psicologico in cui il
profeta è caduto, davanti ai guai dell'esistenza, tuttavia la storia di Elia ci
insegna, sull'esempio di Gesù, a costruire la nostra esistenza come continua
attrazione nel Padre. Infatti se noi andiamo al di là della simbologia, cosa
significa quell'angelo che per ben due volte fa mangiare e bere Elia, dandogli
l'energia di camminare per 40 giorni e 40 notti se non la convinzione più
profonda che la sua esistenza era guidata da Dio? Sull'esempio del profeta, in
quell'essere attirati dal Padre c'è l'esistenza del cristiano che ogni giorno
si lascia guidare dalla storia rileggendola continuamente con la divina Parola,
con la divina rivelazione. Questa
attrazione sono i fatti della vita che la provvidenza ci regala perché noi
possiamo continuamente, nella Parola, camminare all'insegna di Dio, per poterne gustare l'intimità.
Infatti Elia, giunto all’Oreb, si sente
chiamato alla grande esperienza di Dio, ma qual è questa grande esperienza che
Elia fa al termine di questo lungo cammino in cui la provvidenza l’ha
lentamente svestito dell’io, in una sete meravigliosa di Dio?
Quando Elia giunge all’Oreb, Dio non è nel
fuoco, Dio non è nel terremoto, Dio non è nel vento, che sono i linguaggi che ci
richiamano la grande manifestazione di Dio all'esodo, quando Dio fa l’alleanza
con Israele, ma Dio appare a Elia nell'immagine della brezza, come in genere si
traduce. La vera traduzione è più profonda, quel termine “brezza” è da tradurre
con respiro e la percezione del respiro la si ha quando si è sullo stesso
cuscino.
La bellezza dell’essere guidati dalla storia è
entrare in tale intimità con Dio…noi lentamente entriamo nella sensibilità di
Dio. E tutto questo riusciamo a ricostruirlo continuamente ascoltando la parola
di Dio e nella docilità alla storia quotidiana.
In un simile contesto possiamo leggere
l'espressione ripetuta di Gesù: io sono
il pane della vita, io sono la parola del Padre che alimenta l'intensità
del desiderio divino presente nel cuore dell'uomo. L'uomo guidato dallo Spirito
ha una grande sete: che Dio gli parli! E nella parola di Dio l'uomo ritrova
veramente se stesso. Infatti ritornando all'immagine di Elia, cos'è quel pane
cotto sulla pietra e quell'orcio d'acqua se non la rivelazione - personale - che
Dio fa alla creatura quando questa vuole trovare veramente se stesso?
È qualcosa che ci deve appassionare e che ci
deve stimolare a desiderare il volto di Gesù. Qui dobbiamo recuperare un
intenso atteggiamento interiore. Il
cristiano ama il silenzio, vive del silenzio perché il silenzio è il luogo di
questa meravigliosa relazione con il Padre, che ci permette d'ascoltare
l'ineffabilità della parola del Figlio. E’ il cristiano che sa unire in modo
meraviglioso l’intelligenza con il cuore, il cuore con l'intelligenza, quello
che l'intelligenza desidera è sempre stimolato dal cuore e il cuore stimola
continuamente l'intelligenza per entrare in una affascinante comunione di vita.
Ecco il credere! Gustare questa ineffabilità divina in noi che ci fa desiderare
il respiro del Padre.
Tante volte noi cristiani siamo presi dal caos
delle cose da fare, anche con il Signore dobbiamo inventare tante cose e ci distraiamo
da questa realtà affascinante che è il silenzio. Dio abita il silenzio. Dio parla
attraverso il silenzio e il silenzio ci fa gustare l'ineffabilità di una
presenza. Questa è la bellezza del credere! Il Signore non è venuto nella
storia per darci tante verità da credere, perché non era professore di teologia,
Gesù è entrato nella storia perché era innamorato dell'uomo, ed essendo
innamorato dell'uomo voleva abitare la persona della creatura. E' ben evidente
allora che nella bellezza della fede siamo già passati dalla morte alla vita.
Il credere è il gustare in atto l'eternità beata. Ecco perché questa mattina il
Signore ci ha chiamati a entrare con questa attrazione del Padre per gustarne
la Parola, per entrare in una intimità che deve supportare la nostra esistenza.
Quando noi, guidati dallo Spirito, vogliamo credere siamo abitati dal Dio
ineffabile e in quel momento gustiamo la vita; Gesù è il pane della vita perché
è il senso portante di ogni frammento della nostra esistenza.
Questa mattina, nonostante i tormenti del
quotidiano, lasciamoci prendere dal silenzio di Dio, entriamo in questa
intimità. Quel pane e quel vino sono il segno dell'intimità divina che ci
trasfigura in un cuore che nel silenzio si accosta al pane al vino con il cuore
contemplativo. Allora intuiremo la bellezza della nostra esistenza,
comprenderemo che è bello credere perché è bello che il Signore sia il Signore
del cuore, della mente e delle nostre azioni. Entrando in questa meravigliosa
esperienza potremmo veramente camminare in novità di vita.
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