Is 35,4-7 Gc 2,1-5 Mc
7,31-37
OMELIA
La bellezza della vita cristiana si costruisce
lasciandoci ricreare continuamente
dalla parola di Dio che investe la nostra esistenza attraverso gli
atteggiamenti concreti di Gesù: egli
infatti fu profeta in parole e opere. Davanti a questo grande orizzonte che
non ci abbandona mai, la bellezza della nostra esistenza è crescere ogni giorno
nel mistero di Gesù. Oggi l'evangelista Marco, attraverso il racconto che
abbiamo ascoltato, ci insegna il “come” in cui noi possiamo veramente lasciarci
rigenerare dalla novità di Gesù per diventare sempre più creature nuove.
Il miracolo che l'evangelista ci ha raccontato
è un racconto che va al di là di un episodio della vita di Gesù, quel racconto
è quello che avviene -normalmente- nella vita di un discepolo. L'evangelista
narra un fatto di ieri perché divenga verità nel mondo di oggi. E possiamo
definire tutto questo racconto come l'itinerario che Gesù insegna ad ogni
cristiano perché la sua personalità divenga la luminosità della sua vita e il
primo elemento che emerge dal racconto è che quel sordomuto è consegnato a Gesù
dalla sua comunità perché Gesù lo porti nella sua solitudine per ricrearlo.
È la bellezza della fede. La bellezza della
fede è vivere abitualmente la relazione con una persona in una purezza
d'atmosfera per cui respiriamo solo il Signore presente.
L'uomo di oggi vivendo di chiacchiere, vivendo
di un correre continuo, vivendo in un disturbo esistenziale incessante non
riesce a gustare questa solitudine con Gesù nella quale l'uomo ritrova se
stesso. Lo stare con Gesù è la bellezza della fede perché stando con Gesù vivo
e presente noi ritroviamo il gusto della vita. E a questo primo atteggiamento, segue
il secondo atteggiamento: in questa solitudine l'uomo è docile all'azione del Maestro.
Gesù non parla all'uomo solo con il linguaggio verbale, l'uomo parla all'uomo
anche con il linguaggio gestuale perché la gestualità è la bellezza di un cuore
che si regala. Gesù non semplicemente con sé si porta il sordomuto, ma
attraverso la sua gestualità fisica si pone in relazione con l'ammalato perché
in questa gestualità c'è la bellezza dello scambio di personalità, una
condivisione relazionale per cui Gesù fa passare nel sordomuto la sua identità.
Non è semplicemente un gesto, è un contatto fra la divina umanità di Gesù e
l'uomo che nella sua povertà vuol lasciarsi ricreare. La conoscenza di Gesù
passa attraverso il lasciarsi ricreare da questa iniziativa del Maestro, è
quello che noi chiamiamo il linguaggio sacramentale che non è dato per avere la
grazia, ma per costruire una relazione tra il Signore che si accosta all'uomo e
l'uomo che si lascia interpellare nella docilità dello Spirito dall'azione del Maestro.
Ogni gesto della Chiesa è una relazione della
personalità reale di Gesù che incontra l'uomo per rifarlo. Ricordiamoci che il
linguaggio verbale non è il linguaggio migliore delle relazioni, il linguaggio
più vero è quello non verbale perché le parole sono ambigue, il linguaggio
della corporeità è il regalarsi dell'uno all'altro, è il Cristo che si regala all'uomo
per ricreare l'uomo.
Ora questa azione del Maestro è accompagnata
da un gesto interiore che si è sviluppato nell'espressione dell’evangelista del
Gesù che guarda verso il cielo. Un simile gesto di Gesù è nient'altro che
l'espressione di un rapporto orante tra Gesù e il Padre. I gesti di Gesù sono
la gratuità del Padre. Gesù pone il segno sui due sensi di cui l'uomo è privo,
ecco l'udire e il parlare, ma perché è il Padre che regala all'uomo la
grandezza del suo amore e in quello sguardo tra Padre e Figlio intuiamo che il
gesto di Gesù è intrinsecamente impregnato di preghiera. La bellezza del
rapporto con Dio è un'esistenza che è tutta animata da questa relazione orante dove
noi gustiamo la libertà di Dio e Dio è talmente libero che il gesto di Gesù
diventa fecondo per opera dello Spirito Santo. Quel soffio è nient'altro che
l'atto creativo di Dio nel quale noi effettivamente siamo collocati. Il
cristiano può veramente ogni giorno crescere nella signoria del Maestro quando
entra in questa circolarità divina, il gesto di Gesù, la signoria del Padre, la
creatività dello Spirito Santo. In questa azione trinitaria l'uomo diventa una
creatura nuova. Il miracolo è l'espressione di qualcosa di molto più grande,
quel segno per riacquistare la capacità di udire e di parlare è nient'altro che
l'espressione di qualcosa di molto più grande che accade nell'uomo, è la Trinità
che rifà una persona. È la bellezza della fede! Di una fede che si lascia
ricreare.
Com'è triste la vita di tanti cristiani che si
appellano ai devozionalismi delle statue o delle candele o delle icone e
dimenticano la gloriosa presenza del Risorto…poveri cristiani che si appellano
alle cose dimenticando questa diuturna relazione con il Maestro che ci
introduce in una vitalità eccezionale. Le statue, le icone sono delle forme
culturali, sono linguaggi freddi, impregnati di soggettivismo devozionale, non
sono altro che rappresentazioni senza anima, non sono relazioni interpersonali.
E la bellezza dell'uomo è lasciarsi trasfigurare dalla relazione con il Maestro.
La bellezza della fede è la sete della solitudine in Gesù per essere immersi
nella ricchezza della sua persona per poi entrare nella comunione con i
fratelli e fare la grande professione di fede: ha fatto bene ogni cosa, fa udire i sordi e fa parlare i muti.
Quando l'uomo entra in questa grandezza divina, il resto non gli interessa più.
Sono dei semplici corollari che non creano l'uomo nuovo anzi, gli danno
l'illusione di essere un credente, e allora credo che la bellezza
dell'incontrare Gesù questa mattina nella dinamica di un rapporto in cui Gesù
si regala a noi nella parola e nel sacramento deve essere l'unica gioia della
nostra vita, il resto non ci interessa, sono linguaggi religiosi, non credenti.
Nel momento in cui ci accosteremo ai segni
faremo questa esperienza: Gesù, guardando il Padre, ci dice: guarisci! E' in questa parola che il
corpo e il sangue sacramentali di Cristo e lo Spirito Santo ricostruiranno la
nostra esistenza. La conseguenza che potremmo ottenere potrebbe essere così
espressa: in questa pienezza di vita, che è il Cristo che si dona
personalmente, cosa dobbiamo aggiungere? Chi è nella pienezza non guarda il
frammento. In questo clima di gioia entriamo in questa meravigliosa esperienza
che è la grande libertà del cuore. Il cristiano è tale perché ogni giorno vive
la relazione interpersonale con il Maestro in una bellezza comunionale che è
anticipazione di quel rapporto meraviglioso che sarà il paradiso. Viviamo
intensamente questo grande mistero che non è solo il miracolo di ieri ma la
realtà di oggi e allora la nostra vita è liberata da Gesù, come ha detto molto
bene Giacomo: diventerà una carità verso tutti senza nessuna specificazione
perché l'uomo quando entra in questa pienezza di vita divina è così libero che
è aperto al mondo intero.
Viviamo così quest'Eucarestia in purezza e
libertà di cuore, non lasciamoci prendere da tante cose esteriori, entriamo in
semplicità in questo mistero nella profonda certezza: se Gesù è con noi, che
cosa vogliamo di più. Il poter "stringere la mano a Gesù"
nell'incontro credente e sacramentale ogni giorno vale più di tante statue, di
tante icone e tanti baci alle cose, ma che non è mai la gustazione della
meravigliosa e affascinante persona che è Gesù Cristo.
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