La conoscenza di Gesù è la grande meta e la profonda animazione
del nostro cuore, e poiché tale meta è il fascino e la verità della nostra
esistenza, Gesù questa mattina ci insegna il metodo perché lo possiamo
veramente conoscere in autenticità. L'evento che emerge all'inizio del brano
evangelico è che Gesù non vuole che gli uomini sappiano della sua presenza.
Infatti una caratteristica del Vangelo di Marco è che Gesù impedisce a chiunque
sia oggetto di un suo favore di dire quel mistero che aveva vissuto poiché Gesù
teme che la sua presenza possa essere facilmente fraintesa. Finché non si
arriva all'evento pasquale Gesù non è conoscibile. Tutta la narrazione
evangelica è orientata a tale evento finale che rappresenta la chiave
interpretativa di tutto il vangelo.
L'uomo, preso dalla spettacolarità degli atteggiamenti di Gesù può
facilmente cadere nella tentazione di credere in lui perché egli compie opere
meravigliose. Gesù sa esattamente che il cuore dell'uomo da solo non potrebbe
mai conoscerlo e questo è molto chiaro nel Vangelo di Giovanni quando
l'evangelista dice che il Maestro non credeva a quelli che si affidavano a lui
perché sapeva quello che c'era nel cuore dell'uomo. E di riflesso lo stesso
evangelista introducendosi al racconto della passione afferma che quelli che
credevano in lui pensavano di più alla gloria degli uomini che alla gloria di
Dio.
Per poter conoscere Gesù ci vuole un cuore abitato dalla sua
presenza, dove Gesù, che è il signore nel cuore dell'uomo, può dare la capacità
di conoscerlo veramente. Chi non entra nell'interiorità di Gesù non conoscerà
mai Gesù e allora poiché senza il Signore non possiamo vivere e senza la
conoscenza del Maestro non possiamo elaborare una vita autenticamente
evangelica, ecco la parola che questa mattina abbiamo accolto e che ci aiuta
effettivamente a incamminarci in questa conoscenza di Gesù, Giacomo nella sua
lettera ci dice che la sapienza viene
dall'alto.
Nel cammino della vita dobbiamo essere persone di interiorità che continuamente supplicano il Signore perché
si riveli al nostro cuore. Quando l'uomo desidera conoscere Gesù, Gesù dà
il suo Spirito che ci permette d'entrare in questo itinerario conoscitivo.
Sull'esempio stesso di Gesù, la risposta per entrare nel cuore del Maestro è
data dalla parola di Dio. Infatti qual è il senso di quell'espressione che
abbiamo poc'anzi ascoltato nel Vangelo Il
Figlio dell'uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma,
una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà? Rileggendo questo testo in noi
può nascere una domanda: Gesù sapeva che sarebbe risorto? Se guardiamo
attentamente la persona umana di Gesù dobbiamo dire: no.
Il testo che abbiamo ascoltato è una rielaborazione della comunità
antica che legge la storia di Gesù alla luce della resurrezione, ma il testo è
molto più profondo ed è estremamente significativo per noi. Che cosa Gesù in
quell'espressione e in tutte le altre espressioni che abbiamo ascoltate voleva
dire? Gesù era un pio ebreo e tutte le settimane andava alla sinagoga, che
tutti i giorni recitava per ben tre volte la sua professione di fede nella
storia di Dio nell'esodo, era un uomo costruito dalla parola di Dio e,
costruito dalla parola di Dio sapeva esattamente - e lo abbiamo intuito dal
finale del testo sapienziale - che chiunque costruisca il suo istante
ascoltando la parola di Dio non sarà deluso. Gesù, di fronte al fallimento del
suo ministero in Galilea, si pone la domanda circa il significato della sua
missione. Alla luce del quarto carme del servo di Jahwè di Isaia, in parte
rielaborato dal testo sapienziale, per Gesù appare chiaro che il giusto non
sarà mai abbandonato da Dio al quale ha affidato la sua vita e nel quale vuol
leggere ogni suo istante esistenziale. A tale riguardo è molto bello
quell'accenno al dopo tre giorni
risorgerà dove quel “tre giorni” non è cronologico, quel “tre giorni” è
teologico, incarna la consapevolezza che Dio è fedele! Chiunque costruisca la
sua esistenza fidandosi veramente di Dio, Dio non lo deluderà perché chi vive
in segreto nella presenza del Maestro che abita nel suo cuore ha una grande
certezza: "se Dio è con me nulla è contro di me."
È quell'esercizio di interiorità richiesto all'uomo che, davanti
agli interrogativi anche tragici della storia, sa rientrare in se stesso, legge
la parola, gusta la presenza del Signore e trova la speranza della sua vita.
L'uomo nel caos della storia si pone tanti interrogativi fino all'interrogativo
di fondo che senso abbia vivere, soprattutto quando siamo in una oscurità
esistenziale da tutti i punti di vista, e Gesù ci dice: entra nella tua
interiorità nel nascondimento del tuo cuore gusta la mia presenza alza gli
occhi verso l'alto e Dio ti parlerà, e quella parola è la fiducia di Dio per
te. Come ogni parola umana detta col cuore libero e sereno riempie di fiducia
ogni fratello, così Dio fa con noi: la parola scritturistica, la parola della
storia, la parola dello Spirito Santo è una vera parola di fiducia, come Gesù
che è vissuto di questa parola divina. Un simile atteggiamento è talmente vero
poiché Gesù stesso ha fatto questo stesso tipo di scelta, quando, rispondendo
ai discepoli che discutevano su chi fosse il più grande, egli ha definito se
stesso servitore di tutti, dove “servire”
possiede un ben specifico significato. Usando solo un'immagine l'atteggiamento
del servire è metterci in ginocchio davanti al fratello nella gioiosa non
conoscenza del fratello stesso per accoglierne il mistero. Servire non è fare
servizi, servire è il silenzio che accoglie.
La bellezza dell'esperienza della fede è entrare in questa
meravigliosa interiorità. Gesù quando parla al cuore non vuole tante cose
esteriori, dice soltanto che nel silenzio del quotidiano sappiamo ritrovare la
speranza, accogliendo nella parola e attraverso l'ascolto di Dio e della storia
la condiscendenza divina. L'ascolto del Padre, l'ascolto degli uomini vanno di
pari passo. La bellezza del conoscere Gesù scaturisce solo dal più profondo
silenzio del cuore. E allora dovremmo imparare a non lasciarci distrarre dalle
tante cose. Uno dei limiti dell'uomo storico è interpretare se stesso e la vita
e la storia con i parametri del mondo massmediatico, con le attese psicologiche
dettate dalla nostra soggettività. Dobbiamo entrare in un silenzio interiore
dove lasciamo scrivere a Dio le sue parole nel nostro cuore ascoltandolo e
ascoltando i fratelli. E allora la parola del Signore diventa la nostra grande
speranza.
Credo che questa mattina Gesù davanti al nostro intenso desiderio
di conoscerlo ci dica una verità molto semplice: questa mattina ti ha convocato
perché voleva parlarti, ha portato la tua storia drammatica anche connotata
dall'assenza della speranza. Allora… "la
mia vita nel tuo cuore che parla". Quando noi ascoltiamo il Cristo,
ascoltiamo la parola di uno che ha fiducia estrema nei nostri confronti e
possiamo aprirci al quotidiano con tanta fiducia. È la bellezza di quel
conoscere veramente e profondamente Gesù per cui nel momento in cui ci
accosteremo all'Eucaristia, il Cristo darà vitalità alle nostre persone, ci
regalerà la sua speranza contro ogni speranza, perché egli ha fiducia di noi.
Ciò che conta è che entriamo nel suo silenzio, accogliamo la sua parola e
sappiamo spalancare all'ascolto le nostre persone e i fratelli. Allora la
speranza, la sapienza che viene dall'alto, inonderà i nostri cuori e ci darà il
coraggio e la forza per ricominciare da capo perché dove c'è il Signore, anche
se non ce ne accorgiamo, lì è presente la creatività dello Spirito Santo, e le
piaghe o le ferite che nascono dai dolori della storia, che nascono dagli
interrogativi senza risposte del quotidiano, saranno illuminate, saranno
guarite e in quest'Eucaristia ci ritroveremo quegli uomini nuovi che hanno la
fiducia di Dio, e un piccolo uomo che viva della fiducia di Dio fa capolavori
al di là di ogni nostro pensiero.
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