1Sam
26,2.7-9.12-13.22-23 1Cor 15,45-49 Lc 6,27-38
OMELIA
L'evangelista
Luca in queste domeniche lentamente ci ha condotti per mano perché potessimo
entrare nella mentalità del Maestro per ritrovarvi la bellezza della nostra
vita cristiana anzi, poiché sappiamo che Gesù è vero Dio e vero uomo, e parlandoci
con il suo stile di vita, ci offre la strada per realizzare la nostra umanità: siamo chiamati a essere veri uomini per
essere deificati. È la bellezza della nostra vocazione, è la paradossalità
umana dell'essere discepoli del Maestro.
Il cammino
che l'evangelista ci offre, come dicevamo domenica scorsa, è partire dalla
comunione orante presso il Padre per entrare nella storia amandola fino in
fondo per entrare nella pienezza della nostra vita, che sono le beatitudini.
Dalla
contemplazione di essere come il Maestro veniamo stimolati a costruire una vita
che ci conduca veramente alla Vita. Il cristiano è la gioiosa paradossalità
dell'essere uomini. Se noi entrassimo in questo tipo di lettura del testo
biblico di Luca, il linguaggio del Vangelo risulterebbe sicuramente molto
problematico per ciascuno di noi perché, istintivamente, noi potremmo proferire
il giudizio: non è possibile! Solo chi si lascia conquistare da Gesù, solo chi
riesce a lasciarlo entrare nel proprio mondo, permettendogli di vivere nelle
nostre scelte, può veramente entrare in questa sapienza. E allora due
potrebbero essere gli elementi che ci stimolano a entrare in questa esperienza.
Innanzitutto
guardiamo Gesù, Gesù-uomo. Noi tante volte siamo più catturati da Gesù-Dio. Impariamo
ad amare Gesù-uomo per imparare da lui come, dal momento della sua incarnazione,
dal momento che è venuto ad abitare in mezzo a noi, ci ha amati nello stile
della vera umanità.
Se noi
entriamo nell'itinerario del Vangelo, Gesù ci ama come dono del Padre. Diverse
volte ce lo siamo detti noi siamo il dono
del Padre al Figlio. E Gesù ci ama, e ci ama perché siamo “dono”, dono del Padre
a lui perché possiamo veramente crescere e maturare nella nostra vera identità
umana, perché amare è cercare il vero bene dell'altro. L'uomo, quando entra
nella profondità della sua esistenza e si pone l'interrogativo che senso abbia vivere
in stato relazionale, la risposta è molto semplice: adorare il mistero che è l'altro,
come nell'esperienza di Gesù che accoglie l'uomo come dono del Padre. E l'uomo
è un dono che non conosceremo mai. Amare è entrare in un'avventura nella quale
noi continuamente adoriamo l'altro per riviverne il mistero. L'esempio
evangelico più bello che l'evangelista Luca ci offre nel racconto dell'ultima
cena è che Gesù, rivolgendosi ai discepoli, dice io sono in mezzo a voi come colui che serve, come colui che ama
ascoltando, come colui che vi accoglie così come siete, come colui che vi ama
perché siate la vostra originalità.
Noi qualche
volta rimaniamo semplicemente legati alle cose contingenti. Se noi entrassimo
nella persona di Gesù, ci accorgeremmo che egli è colui che ci serve, nel senso
vero evangelico; ci ama, ci ascolta, ci illumina, ci guida perché possiamo
veramente essere il mistero che il Padre dall'eternità ha pensato per ciascuno
di noi. Quando noi entriamo in questo primo elemento fondamentale, e l'esempio
di Gesù è molto bello perché Gesù ci dice quello che egli è effettivamente,
egli entra in noi per essere quello che è, l'Uomo che ci educa a essere uomini…
è la bellezza della nostra vita cristiana! L'effetto allora che dovremmo
percepire è che l'uomo ritrovi se stesso, sia contento d'essere se stesso, pur
nelle complessità del quotidiano. La bellezza d'essere amati è la bellezza di
essere noi stessi, la bellezza di far sì che noi possiamo ritrovare la gioia
d'essere quello che dall'eternità il Padre ci ha pensato, l'originalità dell'originale
Gesù Cristo. Allora quando l'uomo si sente veramente amato assume
un'aspirazione sempre più profonda a essere secondo il progetto di Dio, la
libertà dell'essere uomo in ogni travaglio storico e poiché la bellezza della
nostra esistenza è d'essere questo meraviglioso mistero di Dio che entra nella
nostra vita, il criterio per costruire la nostra esistenza amata da Dio è
crescere nella gratitudine. La gratitudine d'essere uomini!
Se abbiamo
notato il brano evangelico nella sua profondità, ci accorgiamo che c’è un amore
a fondo perduto, un amare nella gioia di rendere l'altro se stesso. Il criterio
dell’amare per avere non è libertà. Gesù ha amato l'uomo diventando veramente
uomo perché l’uomo fosse uomo; quando noi alla fine del nostro percorso storico
incontreremo il volto di Dio Padre, l'unica carta d'identità che ci sarà
richiesta è di essere uomini a imitazione dell'Uomo Gesù Cristo. Se noi
entrassimo in questa meravigliosa esperienza, allora potremmo veramente
accedere a questa realtà del cielo, è la bella visione che ci ha dato
l'apostolo Paolo, quando ci ha detto che Gesù è l'uomo spirituale datore di
vita. La bellezza della fede è crescere nella nostra identità originale. Gesù
passa in mezzo a noi come colui che si mette in ginocchio, ci accoglie come regalo
del Padre, perché possiamo assumere tutte le sue coordinate, tutte le sue
coordinate di un'umanità per essere veramente noi stessi. E questo si sta
realizzando nell'Eucaristia!
L'Eucaristia
è l'umanità sacramentale di Gesù che costruisce la nostra umanità nella nostra
personalità storica. Noi qualche volta pensiamo che l'Eucaristia sia andare a
mangiare…La bellezza che attraverso il mangiare Gesù ci regala, in quel pane e in
quel vino, è la bellezza della sua umanità, si fa pane per regalarci la sua
umanità e quindi per ritrovare dentro di noi la presenza dell'uomo perfetto.
Ecco perché Gesù questa mattina ci ha regalato un testo sicuramente difficile
perché noi conosciamo i limiti delle nostre storicità e delle relazioni che
l'esistenza ogni giorno ci offre, ma Gesù dicendoci questo ci dice ancor prima
che siamo suoi, siamo il dono del Padre e l’Eucarestia
è vivere ogni giorno la gioia di essere dono attraverso il rendimento di grazie.
Questa sia
la bellezza che vogliamo condividere questa mattina, la gioia luminosa di
essere in Gesù uomini che, amati, amano continuamente per regalare agli altri
la gioia della propria umanità. Questo è in certo qual modo quello che Gesù
potrebbe effettivamente regalarci e allora cantiamo questa gioia con quel
rendimento di grazie che è l'Eucaristia e ritorniamo a casa non perché siamo
venuti ad un rito, ma perché in questa Eucaristia abbiamo goduto la nostra
umanità che è la bellezza di Dio incarnata nelle nostre persone.
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