OMELIA
Domenica scorsa Gesù attraverso la figura di Pietro ci ha insegnato che il mondo nuovo che Gesù è venuto a portare nella storia è un “mondo perdonato”. Ogni realtà che voglia essere feconda in un cammino della Chiesa deve essere caratterizzata dal mistero del perdono che non è altro che la fiducia di Dio nei confronti dell'uomo. La bellezza del perdonare è reciprocità nella fiducia e davanti a questo orizzonte questa mattina Gesù ci pone dinanzi a un ulteriore passo che è la grande rivoluzione che il Vangelo pone in atto nel cammino della Chiesa. La fecondità del perdono è nello spirito delle beatitudini.
È
interessante come papa Francesco nella sua enciclica Gaudete et exultate faccia
la grande affermazione: il principio fondamentale del cammino della santificazione
ordinaria è tutto nel criterio delle beatitudini. È un salto di qualità e
questo è molto importante; noi siamo stati educati che il principio della
moralità cristiana sono i dieci comandamenti e, in questo nuovo orientamento
che il Papa ci offre, noi scopriamo qualcosa di più grande: le beatitudini che
sono il cuore stesso di Gesù devono animare le nostre scelte. Le beatitudini
sono il linguaggio storico di chi è affascinato da Gesù e nelle beatitudini ci
si trova nel momento in cui scegliamo Gesù. Le beatitudini sono la conseguenza
dell'itinerario di un discepolo.
Cerchiamo
alla luce della parola di questa mattina di riscoprire l'itinerario che ci
porta alle beatitudini soprattutto se leggiamo il brano evangelico nel contesto
più ampio del racconto di Luca che ci permette di ritrovarci nelle beatitudini
per il fatto stesso che siamo discepoli di Gesù. Infatti quale è la notevole
differenza tra i dieci comandamenti e le beatitudini? I dieci comandamenti in
certo qual modo sono degli “imperativi” dell'uomo che cerca di salvaguardare la
propria vita; le beatitudini sono la “gioia della sequela di Gesù”. Il
cristiano è tale non semplicemente perché obbedisce a una legge, ma perché è
affascinato dalla presenza del Maestro: la gioia del stare con il Maestro è il
criterio di fondo della nostra vita. Un particolare che noi cogliamo nel
racconto delle beatitudini secondo Luca rispetto alla beatitudini secondo
Matteo è questo: le beatitudini secondo Matteo sono proclamate sul monte, e
quindi c'è il passaggio dalla legge mosaica alla legge cristiana; nel caso di
Luca le beatitudini sono proclamate in pianura perché dietro c'è tutto
l'itinerario espresso da due passaggi. Da dove proviene lo spirito di Gesù che
si incarna nelle beatitudini se non dall'intenso rapporto che Gesù ha con il Padre?
Gesù di notte, sul monte, entra in dialogo con il Padre. La bellezza della sua
esistenza è il rapporto con il Padre, dove il rapporto non è un fatto
intellettuale, ma è tutta la persona di Gesù che entra nel mistero del Padre
lasciandosi da lui qualificare. I
discepoli nascono da questo rapporto di Gesù con il Padre. Rileggendo
attentamente il Vangelo di Luca, Gesù nel silenzio orante sul monte chiama i
suoi 12 apostoli, perché gli apostoli nati da questo silenzio orante di Gesù
abbiano sempre questo criterio di fondo della loro vita: il rapporto orante di
Gesù con il Padre, e Gesù dal monte scende e compie miracoli. La bellezza del
rapporto con il Padre è la storia; questo incontro luminoso nel buio diventa
insieme di miracoli, dove i miracoli sono la comunicazione all'umanità del
rapporto Padre-Figlio. Non c'è autentico rapporto con il Padre che non sia un
rapporto autentico con gli uomini. Per cui Gesù entra nella storia, entra nel
quotidiano, entra nelle dinamiche di tutti i giorni regalando a tutti gli
uomini il rapporto con il Padre. C'è un linguaggio di Paolo VI in un suo
documento sulla penitenza che ha uno spaccato estremamente moderno: “la verità
della penitenza è costruire l'uomo” e Papa Paolo VI afferma: qual è il luogo
della penitenza se non amare le pareti della propria casa? Amare i dialoghi che
la storia nella sua ferialità ci regala e ci comunica e quando l'uomo, come
discepolo, nato da Dio, entra in dialogo con gli uomini nel rapporto con gli
uomini costruisce la santità feriale. È una verità che noi dovremmo
continuamente focalizzare. Tante volte noi abbiamo questa sensazione che la
vita sia una monotonia soffocante. La bellezza della vita in Gesù è scendere
dal monte, uso il linguaggio del Vangelo, e incarnarci nella ferialità che ci
regala Gesù e quindi la bellezza della nostra esistenza è la concretezza in cui
noi incarniamo la grandezza di Gesù. Perché Luca ha un particolare molto bello
che gli autori mettono bene in luce rispetto alle beatitudini di Matteo:
l'oggetto delle beatitudini di Luca è un dato concreto, è un dato sociologico,
perché la bellezza delle beatitudini in certo qual modo è il risultato di
questo meraviglioso incontro contemporaneo tra l'uomo e Dio, e l'uomo e la
storia. Seguire Gesù che è beato per eccellenza vuol dire non solo alimentare
la nostra esistenza nel rapporto con Gesù ma anche vivendo come Gesù il
quotidiano. E allora emerge la viva consapevolezza che le beatitudini sono
infinite. Rileggendo il Vangelo le beatitudini sono almeno 16, ma questo ci fa
dire che il nostro quotidiano, nella concretezza, è luogo di beatitudini. È
interessante come nella letteratura contemporanea sia nata una beatitudine
molto bella: “beato l'uomo che è disilluso dagli uomini e si trova in uno stato
di smarrimento perché entra nella fedeltà infinita di Dio”, " beato l'uomo
che si trova nella solitudine storica perché entra nella comunione gloriosa di
Dio". Il risultato finale è già presente oggi: amare l'uomo come lo ha
amato Gesù è ritrovare sicuramente una somma di sofferenze, ma poiché siamo in
Gesù siamo nella beatitudine, perché il cuore immerso nel mistero di Gesù
diventa il criterio della novità della vita. Ecco perché papa Francesco ha enucleato
un principio che dal punto di vista evangelico è normale: quando ognuno di noi
vuole veramente vedere se il suo agire è evangelico rilegga le beatitudini,
rilegga il suo rapporto con il Padre nella storicità concreta e si ritroverà
beato. La comunione con Gesù è la bella visione che ci ha offerto Geremia benedetto l'uomo che confida nel Signore e
il Signore è la sua fiducia. A questa visione corrisponde il salmo primo
con il quale abbiamo meditato il testo di Geremia, con quella bella conclusione
che ci ha offerto l'apostolo Paolo: risorgere con lui. Le beatitudini sono un'anticipazione sacramentale ed esistenziale
di quell'incontro glorioso. Gesù non ci dà dei precetti, ci dà il coraggio di
vivere come lui, e nel momento in cui noi viviamo come lui con tutto il
coraggio di vivere, ci accorgiamo che la storia è essere scolpiti, giorno per
giorno, dalla creatività fantasiosa di Dio, il Padre, per essere il volto
luminoso di Gesù. Allora se noi entriamo in questa meravigliosa esperienza:
beati tutti coloro che hanno in Gesù il senso portante della loro vita,
sperimentano già l'eternità beata. E se noi entriamo in questo spirito delle
beatitudini ritroviamo la bellezza, la gioia e la speranza, nonostante tutti i
drammi della vita. È molto bello che il titolo di questa enciclica sulle
beatitudini si chiami “Godete ed esultate”, che sono le beatitudini dei
martiri. Sia nella prima lettera di Pietro, sia nelle beatitudini evangeliche
c'è la medesima realtà. La bellezza di essere beati non è altro che vivere come
Gesù che fiorisce dentro di noi perché diventiamo il suo volto luminoso. Ecco
la bellezza dell'Eucaristia! L'Eucaristia è il Signore in noi che ci regala la
sua beatitudine, la sua presenza. La sua presenza che ci trasfigura e ci
rinnova perché possiamo amare il nostro quotidiano per gustare in Gesù
quell'eternità beata che già da oggi avvolge le nostre persone. Entriamo in
semplicità in questo mistero, certi che Gesù è meraviglioso! Importante è vivere
come lui, nel Padre, con gli uomini per ritrovare in lui il gusto dell'eternità
beata.
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