Gen 18,20-32 Col 2,12-14 Lc
11,1-13
OMELIA
L'evangelista
Luca domenica scorsa ci aveva invitati a dare ospitalità a Gesù, rimanendo come
Maria ai piedi del Maestro per entrare nella sua interiorità, nel suo mistero.
Il cristiano costruisce la sua esistenza facendo propria questa ricchezza che è
il senso portante della vita di ogni uomo. Se domenica scorsa era Maria che era
entrata nel mistero di Gesù, oggi è il discepolo che vedendo il Maestro in
atteggiamento di preghiera, desidera imitarlo nel suo atteggiamento orante.
Infatti è
molto bello come l'evangelista Luca ci collochi Gesù in stato di preghiera, in
uno stato abituale di preghiera, in un luogo deserto, perché questa esperienza
che Gesù stava facendo potesse diventare l'esperienza di ognuno dei suoi
discepoli.
La domanda
che il discepolo fa: Insegnaci a
pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli nasce spontanea
in chi si è lasciato affascinare dalla sua persona.
Ma cosa
vuol dire pregare per Gesù? È una domanda che noi dobbiamo continuamente porci
poiché la bellezza della vita di un cristiano è entrare nella interiorità del Maestro;
e l'atteggiamento del pregare ritraduce quello che c'è nel cuore di Gesù e, di riflesso,
di ogni uomo. E' veramente bello vedere Gesù in preghiera, in un luogo
solitario, e coglierne le dinamiche interiori. E allora ci accorgiamo che la bellezza del pregare in Gesù è la gioia
di ascoltare il Padre. Il pregare è essenzialmente ascoltare, lasciarci
invadere da una presenza che è più grande di noi e che è il senso portante
della nostra esistenza. L'ascolto è il luogo nel quale veramente Gesù diventa
il nostro ospite e ci aiuta ad entrare in una vera preghiera che è dire: Padre!
Ma nello stesso tempo Gesù ci dice attraverso il suo atteggiamento che la
verità dell'ascolto è stare in un clima affettivo e effettivo di silenzio
perché il silenzio è la bellezza di un cuore che davanti a un mistero si pone
in stato di attenzione.
Ascoltare e
fare silenzio è un binomio essenziale, rappresenta il vero clima per incarnare
la preghiera evangelica. Gesù si ritirava sempre in stato di preghiera perché
il desiderio più profondo presente nel suo cuore era il Padre, nel cui volere ritrovava
sempre più se stesso. Il silenzio, collegato con la solitudine, gli dava il
gusto di una grande esperienza interiore, di una profonda intimità esistenziale,
di una feconda sintonia di cuori. Ecco perché Gesù ci ha detto Quando pregate dite: Padre! Questa è
l'unica preghiera che Gesù ci ha insegnato, perché la bellezza di tutta la vita
di Gesù era il Padre. Le altre intenzioni presenti nella preghiera del Signore sono
fiorite nella Chiesa apostolica per incarnare l'interiorità di Gesù, in cui
tutti i discepoli devono costruire se stessi, ma tutte dipendono da questa
proclamazione: Padre! Tant'è vero
che il cardinale Martini affermava: “Quando recitiamo il Padre Nostro, prima di
ogni proposizione diciamo sempre Padre!
e se nel cammino della nostra realtà concreta la parola Padre! la pronunciamo solo all'inizio, però fa da filigrana a tutta
la nostra preghiera: è il cuore di Gesù che si inebria del Padre nel dire le
diverse frasi.
Il gusto di
Dio Padre è l'anima di tutte le prescrizioni. Ora se noi cogliamo questo primo
elemento dove entriamo nel silenzio e nella solitudine di Gesù in atteggiamento
di ascolto, noi cogliamo che la bellezza, la grandezza e la fecondità della
nostra vita è dire Padre!
Se noi non
entriamo in questo orizzonte, quello che Gesù ci ha detto questa mattina diventa
molto problematico, poiché tante volte, ascoltando alcune parole del Maestro,
noi possiamo essere tante volte perplessi. Gesù ci ha detto questa mattina Io vi dico: chiedete e vi sarà dato,
cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà
aperto. Noi quando ascoltiamo queste espressioni immediatamente andiamo al
concreto, al contingente della nostra esistenza e non sempre facciamo l'esperienza
che Dio ci esaudisca con la grossa domanda: val la pena pregare il Signore?
Ora Gesù ci
dice: se noi veramente diciamo Padre! entriamo
nella pienezza del rapporto con il Signore, noi siamo nel Tutto e noi, quando
siamo nel Tutto, il resto diventa contingente. Quando uno entra in un rapporto
profondo con il Padre a immagine di Gesù, le realtà concrete sono passeggere,
non sono il vero senso della vita. Il vero senso della vita è essere l'oggi
misterioso del Padre. Non per niente l'evangelista Luca ha coniato in modo
particolare quell'espressione Dacci ogni
giorno il nostro pane sovrassostanziale,
quel pane che è il senso della vita. Quando l'uomo entra in rapporto con il Padre
e si mette in silenzio, il Padre ascolta ciò che c'è nel cuore dell'uomo e regala
all'uomo quello che gli occorre. E che cosa occorra all'uomo, l'ha detto Gesù
alla fine del testo evangelico: Se voi
dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più
il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!
Il Padre nel Figlio ci regala lo Spirito Santo e, quando la nostra vita è
immersa in questo gioco trinitario, la nostra esistenza è veramente realizzata.
Spesse volte noi non siamo capaci di coniugare la nostra esistenza concreta con
questa vita trinitaria che è il principio e l'anima e il fine della nostra
esistenza, il resto è tutto relativo e secondario. Ecco allora quando noi siamo
davanti alla storia e siamo con Gesù nel fascino del suo volto, Egli ci dice “lasciatevi
attirare a me, entrate nel mio rapporto con il Padre e avrete lo Spirito
consolatore, lo Spirito che guarisce, lo Spirito che fa nuove tutte le cose”.
Ma c’è una
grossa domanda che noi vorremmo effettivamente porci: È possibile per noi
entrare in questa ricchezza che ci sembra quasi impossibile? La risposta ce
l'ha data molto bene Paolo nel testo ai Colossesi: La nostra vita è tutta in Cristo Gesù.
È molto
bello come Paolo iniziando il discorso riguardante l'identità del cristiano
dica In lui, in Cristo, abita corporalmente
tutta la pienezza della Trinità e noi tutti siamo partecipi della sua pienezza.
Come battezzati
in Gesù siamo morti e risorti con lui e quindi l’orante in noi è il Cristo
nella potenza creatrice dello Spirito Santo! Il Cristo, pregando in noi, ci
attira, ci avvolge, ci dà la bellezza e la sensazione di un'autenticità di
vita. Il cristiano, quando dice Padre!
ha la vita riempita dalla pienezza divina. È che noi tante volte siamo tentati
dal dire tante preghiere, ma dimentichiamo di pregare, dimentichiamo l'essenziale.
Gesù non vuole le lunghe preghiere, non vuole preghiere interminabili che, in
certo qual modo, diventano una monotonia asfissiante, ma vuole fondamentalmente
che diciamo Padre! entrando in
questo grande mistero.
Ecco perché
nel momento dell’accostarci ai Divini Misteri del pane e del vino, noi
proclamiamo il "Padre nostro" con gli occhi e lo sguardo verso l'alto
perché, in quel momento, la nostra vita viene rapita nelle tre Persone divine e
ci accorgiamo che l'aridità diventa feconda, il buio diventa luce, il freddo
diventa calore. E allora nell'Eucarestia gustiamo questo rapporto Padre e Figlio
nello Spirito Santo che è la pienezza della vita.
Dovremmo
proprio imparare a guardare la nostra esistenza partendo da questo grande
mistero che ci deve affascinare. Nell'Eucarestia siamo nella pienezza trinitaria,
siamo rigenerati, camminiamo in novità di vita e non abbiamo mai paura.
Recitare con profondità di cuore il "Padre nostro" è il grande sacramento
che rifà tutte le nostre persone.
Accostiamoci
a questa celebrazione con l'animo aperto; in questo silenzio di cuore come
quello di Gesù ritroviamo la bellezza, il gusto, la gioia di essere figli nel Figlio
e gustando la bellezza del Padre percepiamo sempre la reale presenza del
Risorto e quella meravigliosa fecondità dello Spirito che è gioia, calore e
consolazione nelle nostre tribolazioni quotidiane.
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