Is 7,10-14 Rm
1,1-7 Mt 1,18-24
OMELIA
Continua il
nostro cammino verso la manifestazione gloriosa del Signore. Dopo aver
incontrato la figura di Maria Immacolata, la donna aperta al mistero, e essere
stati ricondotti, attraverso la figura di Giovanni, alla essenzialità della
nostra storia, oggi ci viene presentata la figura di Giuseppe, che ha
realizzato quella che è la visione ideale di ogni umana creatura: essere uomo giusto. Maria è aperta al mistero;
Giovanni evidenzia l'essenzialità della storia; Giuseppe è l'uomo giusto, l'uomo
che ha come stile di vita l'autenticità, criterio con il quale Dio,
dall'eternità, ha pensato l'uomo. Ed essendo un uomo giusto, è un uomo aperto
alla parola di Dio, come ben afferma il salmo: “Lampada ai miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino”.
Che cosa
vuol dire essere giusti, uomini innamorati della Parola? Qui entriamo nel
mistero di Giuseppe, che è anche il mistero dell'identità dell'uomo. Essere
uomini giusti, che amano la Parola, vuol dire almeno due cose. Anzitutto significa
avere la parola divina come criterio dell’esistenza, sia nella lettura della
storia, sia nell'approfondimento delle Scritture. “Alla tua luce vediamo la luce” dice il salmo. Se però rimanessimo legati
solo alla parola nella sua espressione letteraria, potremmo rimanere in una
visione molto vaga: c’è una parola, io l'ascolto, la vivo… Essere uomini giusti
è fare un passo più in là: attraverso le parole che noi ascoltiamo -sia dalla
storia, che dalle Divine Scritture- occorre accedere alla Parola, al mistero
della grandezza di Dio. Essere uomini giusti non vuol dire semplicemente
fermarsi ad ascoltare un testo ed applicarlo alla nostra storia, ma ascoltare
una parola e fare un salto di qualità, come quando noi ascoltiamo una persona con attenzione di
cuore: non ci fermiamo alle sue parole… entriamo nel mistero di quella persona.
Un ascoltare solo uditivo non ha senso. Il vero ascolto, anche sul piano umano,
è il desiderio di cogliere, attraverso le parole udite, il vibrare del cuore di
un'altra persona, per entrare in una sintonia esistenziale, che si costruisce attraverso
l'ascolto delle parole.
Giuseppe è
un uomo giusto perché va al di là della Parola, che lo accompagna continuamente,
entra nel mistero e davanti a quel mistero ha una duplice possibilità:
allontanarsi -ed è stata la tentazione di Giuseppe- oppure affidarsi. Giuseppe,
il sognatore, si lascia condurre nel mistero divino, infatti entrare in una
profonda relazione interiore con Dio, come uomo giusto, vuol dire lasciarsi
guidare dalla fantasia di Dio, che è il valore più grande. La vita non è da
capire, ma da accogliere, costruendola giorno per giorno. L'uomo è per natura
sua un sognatore, perché il cammino della sua storia, con i suoi stimoli, lo
conduce a collocarsi in qualcosa di più grande, che non riesce ad afferrare con
le sue povertà intellettuali e operative. E’ l'uomo che vive dell'Invisibile!
Giuseppe è uomo giusto, perché sceglie l'Invisibile come criterio della sua
esistenza. Ecco perché è difficile oggi vivere: non abbiamo come parametro il
criterio dell'Invisibile e rimaniamo fermi solo a quello che ascoltiamo, e
ascoltiamo materialmente; rimaniamo fermi soltanto a quello che facciamo,
vedendone completamente i frutti. Ci dimentichiamo che Dio ci parla, perché
entriamo nel suo disegno, che per noi è un sogno, ma per Dio è una grande
realtà. L'uomo che sogna in Dio diventa il luogo delle sue meraviglie. Ecco la
figura di Giuseppe, che si colloca in questo grande mistero, che va al di là
delle attese storiche e diventa obbedienza: “prese con sé Maria”, accoglie quel mistero, che lo ha fatto sognare,
come criterio fondamentale della sua esistenza.
Il
cristiano non è colui che rimane semplicemente legato al concreto, è un
sognatore innamorato del concreto, è un sognatore che si colloca nel mistero di
Dio, senso vero della nostra umanità, per incarnare nelle scelte quotidiane
questo mistero. In quel “prese con sé la
sua sposa” c'è il gesto dell'uomo che, in semplicità, dice: “Signore, fammi capire che la mia vita è una
grande avventura e, poiché la vita viene da te a te mi affido, la amo e mi
faccio condurre dai tuoi imperscrutabili disegni”. È quel grande mistero
che l'apostolo Paolo ha sintetizzato nella seconda lettura, che è la sintesi di
tutta la storia della salvezza. Ciò che perciò è importante per noi, mentre
siamo in cammino verso la rivelazione piena della nostra umanità in quel Verbo
incarnato, è che dobbiamo entrare nel mistero, nel sogno di Dio.
È molto
bello assumere un simile atteggiamento, se siamo appassionati delle Divine Scritture.
In tal caso noi scopriamo come chiunque sia chiamato ad un ruolo profetico sia
un uomo che continuamente sogna, in una obbedienza al mistero di Dio, dove il
Signore non ci dice quello che dobbiamo fare, ma ci introduce in una atmosfera
che qualifica talmente le nostre persone, da porci nella condizione di operare scelte
evangeliche. Noi non riusciamo a gustare il Natale, fatto di cose esteriori, di
auguri verbali, di tempi molto estrinseci e desideriamo entrare in un mistero,
che è vivere in qualcosa che è più grande di noi. Poiché il mistero di Dio aleggia
su ciascuno di noi, esso è il criterio della nostra storia.
L'uomo
giusto che vive di Dio, si affida a Dio e costruisce l'istante in obbedienza a
Dio.
Entrando in
questo orizzonte, c'è la docilità ad accogliere il Dio che viene, non come ce
lo aspettiamo noi, ma come lui effettivamente ci si vuol rivelare, ecco la vera
gioia del Natale: nel sogno, obbedienti, gustiamo la fantasia imperscrutabile
di Dio, che che entra nella nostra esistenza e ci insegna ad essere uomini
creati da lui: siamo il suo sogno.
Viviamo
tale mistero nel gusto del nostro feriale. Il clima che stiamo vivendo è il
clima dell'uomo giusto. Questa mattina ci siamo qui riuniti perché, attraverso
le parole di Dio, vogliamo accedere al mistero di Dio, al mistero di un amore
inesauribile e umanamente incomprensibile, per affidarci a questo meraviglioso
sogno dell'amore divino che è la consolazione in ogni oscurità dell'istante. Siamo
in lui e veniamo assunti nel corpo e nel sangue del Signore, che ci è regalato
personalmente, perché nel suo mistero, in modo autenticamente libero,
costruiamo, nello stile del Vangelo, la nostra esistenza. Impariamo da Giuseppe:
non ha parlato, ma ha vissuto, non ha detto, ma ha goduto una presenza. Questa
sia la bellezza della nostra vita, mentre stiamo accostandoci al divino mistero
dell'incarnazione del Verbo, il divino mistero sempre attuale nei divini
misteri dell'Eucaristia, in modo da sentirci profondamente ricreati.
In quel
corpo e sangue del Signore c'è la storia di Dio per ciascuno di noi.
Entriamo in
questo mistero in tanta semplicità, perché noi qualche volta rendiamo complesso
ciò che è semplice. Viviamo il sogno di Dio, che è l'inizio del paradiso, è
l'inizio di quella eternità beata nella quale ognuno di noi dirà e percepirà veramente
se stesso. Questo sia il mistero che vogliamo vivere e condividere, mentre
siamo in attesa di quel Dio meraviglioso, che non capiremo mai in questa storia,
ma che godremo per sempre nell’eternità beata.
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