Gen 2,7-9; 3,1-7 Rm 5,12-19 Mt 4,1-11
OMELIA
L'incontro
quotidiano con il Cristo ci introduce continuamente nell'esperienza delle
meraviglie del Padre e nel particolare momento del tempo quaresimale, in modo
straordinario, siamo chiamati a vivere ciò che è ordinario. I grandi orizzonti
della fede, in questo periodo, animano la nostra storia e il cammino
penitenziale è lo sviluppo più energico di questa esperienza, che ci deve
continuamente avvolgere, per darci l’intensa gioia di essere discepoli del
grande protagonista della quaresima, Gesù Cristo. La sua voce ci illumina, ci
guida e ci consola. Riusciamo a intendere allora la pericope evangelica delle
tentazioni, che ha il suo punto di partenza nella manifestazione di Gesù, nel
battesimo al Giordano. Là il Padre ci aveva detto chi fosse il Figlio: “Questi è mio figlio, l'amato, nel quale ho
posto il mio compiacimento”. Tutto quanto caratterizza il suo volto deve
però passare nella vita. Dal battesimo al Giordano, guidato dallo Spirito, egli
entra nella dinamica del deserto, per sperimentare la tentazione.
Che cos'è questa tentazione alla quale Gesù è
sottoposto e che diventa lo strumento perché noi tutti, sul suo esempio,
possiamo veramente entrare nell’intimità del Maestro? La tentazione è il
linguaggio del vissuto quotidiano, che ci permette di approfondire la nostra
identità di discepoli: il Padre, attraverso la nostra storicità, vuole mettere
in luce ciò che abbiamo nel cuore.
Per entrare in questa visione, dobbiamo avere la
chiara convinzione che dobbiamo imitare il Cristo, Gesù-uomo che dopo aver
ascoltato la voce del Padre è condotto dallo Spirito nel deserto, perché,
attraverso la sua storia, egli possa comprendere lentamente e progressivamente
la volontà del Padre. La tentazione è il linguaggio del Padre per indicare al Figlio
la via per ritrovare se stesso e noi riusciamo a comprendere come ciò avvenga in
questo tempo delle tentazioni, che è il tempo di tutta la sua vita. È
sicuramente interessante capire come egli, davanti alla difficoltà, si richiami
continuamente alla fedeltà di Dio. Gesù supera le tentazioni attraverso tre citazioni
del libro del Deuteronomio. La storia è un punto di domanda, la storia diventa
tante volte oscurità per il nostro cammino, ma Gesù ci dice che la fedeltà del
Padre è legata alla storia. Cita il Deuteronomio, il libro che narra la fedeltà
di Dio, che narra la sua storia nei confronti del suo popolo, che narra le
meraviglie che hanno accompagnato Israele per tutto il tratto del suo deserto,
prima di giungere alla terra promessa. La fedeltà di Dio è il coraggio di Gesù
nell'affrontare le difficoltà della storia.
Le
tentazioni fanno emergere veramente ciò che noi abbiamo nel cuore. Possono
darci la sensazione che il volto di Dio si nasconda, perché tante volte,
davanti alla vita, nascono interrogativi a cui non sappiamo più rispondere. Se
il nostro cuore però ricerca continuamente la comunione con Dio, se il nostro
cuore come quello di Gesù vuol riposare nella mentalità del Padre, allora la
tentazione non solo diventa il progressivo svelamento di quello che c'è nel
nostro cuore, ma anche di quanto il nostro cuore sia intensamente amato da Dio.
Dovremmo educarci a “imparare” quanto la presenza del Signore sia l'anima della
nostra esistenza. In un simile orizzonte, quali sono gli aspetti che potremmo
cogliere in questa prima domenica di quaresima, in cui veniamo richiamati alla
profondità della nostra vocazione, a essere cioè veramente discepoli?
Innanzitutto,
la tentazione è luogo dell'amore di Dio. Possiamo illuderci, come uomini
religiosi, di essere anche credenti, ma ciò che è nel cuore appare in tutta la
sua chiarezza quando, nel confronto diuturno con la storia, siamo richiamati a
entrare in noi stessi, a guardare effettivamente quello che abita il nostro
cuore e nello stesso tempo a leggere tutto partendo dalla presenza del Maestro.
La tribolazione, camminando mano nella mano con il Maestro, diventa luminosità,
libertà, coraggio nel costruire la storia di ogni giorno. Davanti alla consuetudine
di leggere gli eventi storici attraverso indagini semplicemente umane, Gesù ci
insegna oggi che, se vogliamo essere suoi discepoli, dobbiamo avere la sua
mentalità, la mentalità della comunione con il Padre, nella quale ritrovare e
riscoprire la bellezza della nostra identità.
La
tentazione per noi credenti è scuola quotidiana per giungere alla verità del
nostro essere discepoli: avere la mentalità di Gesù, leggere la storia con il
suo cuore, amare gli uomini con il suo stile fraterno. Tutto questo comporta
che noi dobbiamo entrare nella essenzialità della vita. Tante volte siamo
accompagnati da letture delle vicende che facilmente ci conducono in una grande
nebbia esistenziale. Abbiamo paura di vivere, ci lasciamo turbare
eccessivamente dagli avvenimenti concreti, perché siamo nella nebbia del cuore.
Viviamo una cultura della dispersione. L'essere discepoli, e l'essere discepoli
del Signore, comporta che noi continuamente veniamo condotti o ricondotti al
nucleo fondamentale della nostra vita. L'uomo, quando vuol ritrovare se stesso,
riscopre che in Gesù è veramente uomo, con Gesù costruisce il tempo e lo spazio,
per Gesù fa le scelte quotidiane. Quando noi dovessimo ritrovare il nucleo
essenziale del nostro cammino storico, dovremmo imparare che il cristiano è
colui che interiorizza in modo costante la sensibilità di Cristo. Il mistero
della quaresima è il mistero dell'essere discepoli, che lentamente diventano
quel mistero che è Cristo Gesù. Ecco perché dovremmo far fiorire continuamente
nella nostra esistenza la grande convinzione che la nostra identità si chiama
Cristo Gesù.
La prova
nella quale possiamo effettivamente cadere è dimenticare che la nostra storia è
nel disegno creativo del Padre. Ecco perché, quando vogliamo veramente
diventare discepoli del Maestro, dobbiamo, giorno per giorno, istante per
istante, pregare: “Illumina la mente,
riscalda il cuore, perché io possa fare veramente la scelta che è Cristo
Gesù”. Il tempo della quaresima non è un tempo di penitenza, come noi tante
volte diciamo, ma è un tempo di verità della nostra vita, del nostro concreto,
per rileggere nell'essenzialità una storia che diventa sempre più complessa. La
quaresima è far fiorire la nostra dignità di uomini secondo il disegno del Padre.
In questa
visione possiamo dire che, come Gesù nel cammino della sua storia lentamente si
è avvicinato al dramma dell'orto degli ulivi, così noi lentamente, giorno per
giorno, entrando nel mistero di Gesù, ci accostiamo all’evento pasquale. In
quel nostro fidarci del Padre, affidandoci al suo amore, noi tutti veniamo
condotti a quel nascondimento che ci fa crescere nella luminosità
dell'esperienza della risurrezione. In Gesù ci ritroveremo salvati, purificati,
rinnovati, diventeremo veramente discepoli. È bella la quaresima, quando viene
vissuta nel mistero di Gesù, nel quale ritroviamo noi stessi, la gioia di
lasciarci amare nei nostri limiti e nelle nostre povertà, di essere
continuamente messi alla prova da Dio, che vuole fare della nostra vita la
luminosità della sua presenza.
Ecco perché
l'Eucaristia è chiamata il “sacrificio pasquale”: è il sacrificio pasquale di
Cristo, che santifica la quaresima. Ritrovarci nell'Eucaristia è ritrovarci in
una luce che va al di là di noi, che penetra il nostro spirito, che ci fa
inoltrare in un cammino che è più grande di noi e che non è solo luce, come la Parola,
che continuamente ci accompagna. Essa va oltre: entra nel cuore, lo determina,
lo riscalda, gli dà lo stupore e l'entusiasmo della vita. La penitenza allora è
cantare la gioia di essere amati da Dio.
Leggiamo in positivo questo cammino al quale
il Signore ci sta richiamando, in modo che non siamo turbati come quelli che
non hanno speranza, perché il nostro cuore è innamorato del Maestro e lo prende
come criterio di vita. Non temiamo se la vita ci pone dinanzi a tante prove o a
tante difficoltà, perché lui è con noi e la gioia di lasciarci trasformare da
lui è la bellezza della nostra storia. Nella liturgia bizantina il tempo
quaresimale è chiamato tempo della
gioiosa tristezza, gioiosa perché siamo con il Signore, tristezza perché
non siamo come il Signore. Se però noi sappiamo alimentare la gioia del Signore
che è dentro di noi, ci proiettiamo in avanti e possiamo camminare in novità di
vita.
Questa sia
la luce che Gesù ci regala attraverso il mistero della sua vita, continuamente
provata, perché anche noi non abbiamo paure e in lui siamo continuamente
chiamati dal Padre ad essere sempre più puri di cuore, per leggere anche gli
avvenimenti dei nostri giorni con più speranza e più ottimismo. Vivendo di Gesù,
il nostro morire quotidiano divenga un risorgere, per giungere alla Pasqua,
dove, nell'amore di Gesù, scompariamo agli occhi degli uomini, per apparire
gloriosi nella sua risurrezione. Questa è il percorso che vogliamo insieme elaborare
in questa quaresima, in modo che il Signore sia il Signore di tutti e in lui
perdonati, rifatti; in comunione col Padre, siamo uomini dell’autentica gioia.
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