Dn 9,4-10 Rm 5,12-19 Mt 4,1-11
OMELIA
Riprendiamo
il punto di partenza di quello che lo Spirito ci diceva domenica scorsa: la
quaresima è il tempo in cui prendiamo coscienza, in modo del tutto particolare,
della nostra chiamata ad essere discepoli. Una simile esperienza passa
attraverso la prova della storia quotidiana, che per noi è rappresentata anche dalla
grave malattia che investe l'umanità in questi giorni. Di fronte a una simile
prova si evidenzia come il cristiano si senta investito, effettivamente e concretamente,
del ruolo di leggere la storia con la sua fede, che lo conduce ad una intensa
riflessione spirituale. Nella tribolazione Gesù ha rivelato la sua fede, in
linea con il libro del Deuteronomio, mettendo in luce la fedeltà del Padre. Noi
oggi siamo chiamati a rivivere questa esperienza, attraverso la speranza che la
chiesa ci ha regalato con l'episodio della trasfigurazione. Nel percorso
quotidiano, il cristiano si domanda quale sia la meta della sua storia. Con la
luce che viene dall'alto, la tribolazione ci permette di comprendere chi
effettivamente siamo, e nello stesso tempo ci indica la meta verso la quale stiamo
andando: la meravigliosa figura di Gesù, che ha la stessa luminosità degli
angeli la mattina di Pasqua.
In questa luce veniamo chiamati a vivere la
tribolazione come prova, che ci permette di entrare nel grande mistero
dell'amore di Dio. È quello che ha detto Paolo nella seconda lettura. Se siamo
tribolati nel cammino quotidiano, guardiamo alla meta, sapendo che la stiamo
già vivendo, perché già oggi gustiamo l'esperienza della risurrezione. La
caratteristica del discepolo è morire e risorgere, risorgere e morire
continuamente, per una radicale rigenerazione della propria persona. La sua
dialettica esistenziale è vivere l'esperienza di Gesù che, oggi glorioso, ha i
segni della passione. Egli non vuole lasciarci soli nella tribolazione, in una
situazione di desolazione, ma la sua presenza è di grande speranza, tant'è vero
che, nel prefazio, la preghiera prima della preghiera eucaristica, in quel
momento in Gesù e insieme a lui, così pregheremo: “Egli, dopo aver dato ai discepoli l'annunzio della sua morte, sul santo
monte manifestò la sua gloria e chiamando a testimoni la legge e i profeti indicò
agli apostoli che solo attraverso la passione possiamo giungere al trionfo
della risurrezione”. Per aiutare i discepoli a vincere lo scandalo della
croce, Gesù ha rivelato in anticipo la luminosità della risurrezione. Il
discepolo perciò non è mai solo con le sue difficoltà, il discepolo ha dentro
di sé l'esperienza della risurrezione, del mondo nuovo.
Ma come possiamo vivere questa esperienza? È
molto bello ascoltare il momento della vocazione di Abramo. In questo evento
cogliamo la dinamica della nostra esistenza: “Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre
verso la terra che io ti indicherò. Farò di te una grande nazione e ti benedirò
e renderò grande il tuo nome”. Riascoltando questo testo ci chiediamo: “Come
possiamo, nella cultura di oggi, davanti agli interrogativi della vita,
riuscire a rileggere la nostra storia in modo positivo?”. In quel “Vattene
dalla tua casa, dai tuoi, dalla tua patria” possiamo così rileggere la nostra
storia: “Oggi parti da quello che è il tuo io, da quello che sono i tuoi
desideri, da quelli che sono i tuoi punti di vista, e mettiti in un cammino
dove lentamente potrai gustare le meraviglie del Signore, che opera nella tua
umanità”. Ecco perché è molto bello riascoltare nel testo della Genesi un
simile itinerario, perché lì si evidenzia il cammino dell'uomo: “Vattene,
abbandona quello che per te è una sicurezza storica, per un cammino più grande”.
Non lo stiamo sperimentando nella storia di questi giorni? Di fronte ai punti
interrogativi odierni la parola divina ci dice: “Vattene dal tuo modo di
leggere la storia, che è impregnato di categorie psico-sociologiche, e affronta
qualcosa di nuovo nella luminosità della risurrezione”. Non abbiamo mai pensato
quale novità il Signore ci stia preparando, in questa apocalisse contemporanea?
Tutto nel progetto di Dio ci rivela sempre qualcosa di grande. Neanche Abramo
sapeva dove stesse andando, ha lasciato il suo mondo e si è messo in cammino,
con la promessa che sarebbe stato benedetto. L'uomo che vuole entrare nella
novità della vita imita Abramo, nostro padre nella fede, per entrare in un
cammino che lo porterà alla luminosità di Gesù. L'importante è camminare nella fede.
Ci apriamo allora al terzo passaggio. Il Padre
ci ha detto: “ascoltatelo!”. Il
confronto con la vocazione di Abramo è chiaro: essa nasce dall'ascolto. Se il punto di partenza per entrare nella
luminosità di Gesù è evidente, l'atteggiamento dell'ascolto anima il percorso
che noi dobbiamo continuamente imparare ad assumere. Ora uno ascolta quando
esce da se stesso, per porsi in una proiezione in avanti. Noi non sappiamo
ascoltare, perché abbiamo tutti i nostri pregiudizi, tutti i nostri modi di
vedere la vita, l'insieme delle nostre schiavitù che non ci permettono di
leggere in libertà la nostra storia.
Questi, per tutti noi, sono giorni di intensa
riflessione interiore. Come può guidarci Gesù in questa drammatica situazione? Il
problema è tragico, perché l'uomo ha dimenticato di guardare verso l'alto. Papa
Francesco ci ricorda, con un'espressione molto bella, il primato del tempo sullo
spazio, del tempo sulla storia. La storia è lineare, orizzontale, è una successione
di ieri oggi domani. Il papa ci dice che occorre partire dalla storia di Dio,
per l'interpretazione del tempo e dei suoi avvenimenti. Dio si cala nella
storia oggi, oggi ci sta parlando: ”Ascoltatelo!”
Siamo chiamati dallo Spirito Santo a rileggere la nostra esistenza partendo da
qualcosa di più grande rispetto a noi. Allora si incontra un criterio molto
bello: la fedeltà divina. Quando l'uomo è eccessivamente concreto, pensa di
acquistare il mondo, ma perde se stesso. Per le due grandi potenze, l'America e
la Cina, è bastato un virus che ha fatto saltare tutto, perché l'uomo
costruisce troppo la sua vita sull’organizzazione, dimenticando la creatività
che viene dall'alto.
La bellezza
della trasfigurazione è vivere la creatività che viene da Dio. Non c'è niente
come il salmo 120 che ci aiuti a rileggere la storia con l'occhio di Dio. Dice
il salmo: “Alzo gli occhi verso i monti, da dove mi verrà l'aiuto? Il mio aiuto viene dal Signore che ha fatto cielo e terra”.
In questo testo poetico si narra la bellezza dell'esodo. Domenica scorsa si
diceva quanto fosse importante rileggere gli avvenimenti di oggi con la Parola,
ora noi siamo nella vivente luminosità di Dio.
Con questo criterio possiamo maturare nel nostro cammino. La luce divina
appare continuamente attraverso il partire, l’entrare in un mistero dove siamo
chiamati ad ascoltare, per scoprire che il mistero più profondo è l'uomo che si
lascia trasfigurare. La bellezza della nostra umanità è più grande degli
sconvolgimenti storici, è la luminosità dell'essere uomini.
Se noi
riuscissimo a rileggere i tempi attuali in questo modo, la vita diventerebbe
diversa e non ci sarebbe solo il buio, perché la fede ci fa trovare una luce,
che è il Signore che penetra dentro di noi: l'Eucaristia. Ritrovarci attorno al
Signore per potere dire “Tu sei il Signore, la luce nelle tenebre”, ci permette
di partire dall'io per vivere il suo disegno di autenticità di vita e, attraverso
il noi, camminare davanti, verso una meta che concretamente non conosciamo, ma
che interiormente sappiamo essere la luminosità del nostro risorgere in Gesù. Se
noi riuscissimo a rileggere così la nostra storia, saremmo persone molto
diverse, anche se tante volte cadiamo nel pessimismo, perché le cose non vanno
bene. Tuttavia, la speranza è quello che Gesù ha fatto per quei discepoli: “Non
abbiate paura se io devo andare in croce, il terzo giorno sarò luminoso! Non
abbiate paura d'avere tante prove nella vita, sarete uomini autentici! Questa è
la bellezza che noi potremmo trovare in questo cammino quaresimale per cui
tutto quello che la chiesa ci può offrire ha un unico scopo: darci la speranza
di essere noi stessi in Gesù, nonostante le difficoltà di tutti giorni.
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