Gen 18,1-10a Col 1,24-28 Lc 10,38-42
OMELIA
Gesù
domenica scorsa ci ha insegnato a concentrare la nostra attenzione su di Lui
perché Egli si fa prossimo di ogni uomo.
Guardare
a Gesù per imparare a vivere come Lui: è quello che ci insegna Luca questa
mattina attraverso l’episodio dell’incontro con Maria e Marta nella casa di
Betania. A tale proposito è molto interessante soffermarci sull’espressione
fondamentale della narrazione evangelica: “Maria ha scelto la parte migliore che non le
sarà mai tolta”. Chiediamoci cosa intendesse dire Gesù con tale
espressione e credo che la bellezza di questo linguaggio del Maestro ci porti a
focalizzare la nostra attenzione sulla persona del Maestro divino, l’attenzione
al suo mistero. Utilizzando l’espressione dell’apostolo Paolo, Gesù dicendo che
non le sarà tolto nulla, ci ha detto una cosa molto bella: ognuno di noi deve
vivere la personalità di Gesù. L’apostolo, infatti, ci ha detto: Sono lieto
nelle sofferenze che supporto per voi e do compimento a ciò che, dei patimenti
di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa. Il mistero di Gesù deve diventare la nostra esistenza. L’essere ai piedi
di Gesù come Maria ci conduce a lasciarci trasfigurare dalla sua personalità.
In
tale luce ci soffermiamo su due stimolazioni che nascono da questa
contemplazione del Maestro.
Innanzitutto
cosa vuol dire essere ai piedi di Gesù e ci accorgiamo che emerge la
concezione dell’intensa attenzione interiore. Gesù è il Maestro e quando noi
diciamo che Gesù è il Maestro, Egli è totalizzante la nostra esperienza. Il
gusto di essere discepoli sta nel non lasciarci distrarre mai dal Maestro. Ciò non
vuol dire non impegnarci concretamente nell’esperienza della vita, ma che l’anima
interiore, quella che guida i nostri passi, si colloca interamente sul fascino
di Gesù: Lui è il protagonista della nostra vita. Tale provocazione ci porta
all’origine della nostra esistenza come cristiani. Perché siamo stati
battezzati? A questa domanda che continuamente ci accompagna, la risposta è
molto semplice: perché trovassimo in Lui il senso portante della vita. Lui è
inabitante in noi. Noi siamo chiamati ogni giorno a riscoprire che la nostra
esistenza è una continua contemplazione del volto del Maestro, dove la
contemplazione non è altro che il passaggio dall’attenzione all’io,
all’attenzione al Tu. Il Tu del Cristo è così “prepotente” nella nostra storia,
che senza il vivo e vivace rapporto con il Maestro noi non riusciamo a vivere
la vocazione a essere suoi discepoli. Ecco perché Paolo non può vivere senza
Gesù e si sente chiamato a crescere nel suo mistero. Egli, conquistato dal
Maestro, si lascia continuamente attirare da Lui per avere i suoi stessi
sentimenti. Non è importante quello che facciamo, la nostra attenzione vive del
nostro cuore abitato da Gesù che anima il nostro agire. Questa prima attenzione
deve essere molto forte nel nostro spirito, perché il Signore ci chiama ad
essere il suo volto, a costruire l’istante con i suoi sentimenti, a porre delle
azioni che siano l’incarnazione del suo cuore. Lui si fa nostro prossimo perché
noi diventiamo il suo mistero, come ha detto Paolo: “porto a compimento ciò che manca alla passione di Cristo”, a
diventare luminosamente il suo volto di amore.
Per
poter giungere a questa grande meta che noi dobbiamo tenere continuamente
presente, avvertiamo l’urgenza di assumere un particolare stile di vita.
All’orizzonte del nostro spirito appaiono alcune modalità esistenziali che
dobbiamo cercare di assumere attraverso alcuni elementi di vita interiore ai
quali dobbiamo prestare una somma attenzione. Oggi si afferma: come si può
comunicare Cristo a una cultura distratta e disorientata? La risposta che ci
viene offerta oggi è quella della ricchezza della vita interiore, un'esistenza
abitata nel silenzio di Dio. I medioevali hanno inventato una formula molto
interessante, Dio è lodato con il silenzio, il silenzio è la sua lode. La
bellezza feconda della nostra vita si colloca in questo silenzio di persone
conquistate da una Presenza. Nel fascino
del Mistero la creatura vive di uno stupore sostanziato dal gusto del silenzio.
San Tommaso diceva: “Dio è onorato con il silenzio”; anzi negli ultimi sei mesi
della sua vita egli non ha scritto né dettato più nulla. Tale e tanto era la
grandezza di Gesù che ogni parola, ogni scrittura, ogni pensiero diventava una
distrazione. Ecco perché il primo elemento da ritrovare per riscoprire questa
pienezza è il silenzio, Maria ha scelto
la parte migliore che non le sarà mai tolta. Veniamo stimolati ad attingere alla sorgente della sua vita
che è il silenzio nella comunione con il Padre. Siamo nati dal silenzio
creativo delle tre Persone divine per accedere a tale luminosa esperienza nella
Gerusalemme celeste. Di riflesso scaturisce una grande esuberanza apostolica!
L’uomo interiore è l’esuberanza di Dio. In un certo qual modo l’uomo interiore
non ha bisogno di tante cose esteriori, è una ordinarietà vissuta nella gioia,
nell’armonia, nella pazienza, nella serenità dell’istante. Avere Gesù davanti è
entrare in quella bellezza interiore per cui il volto di Gesù qualifica
profondamente la nostra esistenza. Non riusciamo più a vivere senza di Lui.
Ecco perché il silenzio diventa esuberanza esistenziale, in quello che compiamo,
e si incarna nella profonda coscienza che il Signore è con noi e opera in noi. Riusciamo
perciò a comprendere perché Maria ha scelto la parte migliore che non le sarà
mai tolta: è la visione del paradiso. La persona che si lascia conquistare dal
mistero di Gesù, che entra nella sua vitalità esperienziale, in lui gusta la
meta della propria esistenza. Il Cristo che entra in modo fondativo
nell’istante, ci accompagna verso il paradiso, e il paradiso ne è il compimento,
come ci ha detto l’apostolo Paolo: “Porto
a compimento ciò che manca nella passione di Cristo”. Essere nel paradiso di
Gesù rappresenta la pienezza della nostra esistenza. Ecco perché Gesù nel
dialogo con Marta ci comunica la bellezza feconda di Maria, la bellezza di
essere discepoli. Questo fascino di Gesù ci attira e ci attira continuamente e
rende la nostra vita una vita piena di grazia.
Acquisiamo
di riflesso la sua sapienza, amiamo, pensiamo, ragioniamo, ci comportiamo come
ama, pensa, agisce, si comporta Gesù. Questa è la grande meta della nostra
esistenza che ci apre a quegli orizzonti favolosi che sono la gloria del cielo.
Questa mattina il Signore si fa veramente nostro prossimo, ci attira a sé. Egli
ci costruisce secondo il suo mistero perché possiamo essere veramente attenti
alla sua persona. In questa Eucaristia Gesù si fa nostro prossimo per dirci che
Lui è il protagonista di ogni nostro istante. La bellezza dell’Eucaristia è
entrare nel silenzio di Dio, è lasciarci da Lui conquistare per essere da Lui
trasfigurati. La Celebrazione eucaristica ci porta sempre verso quelle soglie
di eternità beata per essere veri e autentici nel cammino nella vita di tutti i
giorni.
In
questa celebrazione siamo ai piedi di Gesù, come Maria, per essere rigenerati dal
suo Spirito, gustando progressivamente quella meravigliosa trasfigurazione
esistenziale, che diventa giorno per giorno un intenso desiderio di pienezza di
gloria nella Gerusalemme celeste.
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