Dt 30,10-14 Col 1,15-20 Lc 10,25-37
Omelia
Gesù inviando in missione i suoi Apostoli diede loro l'esortazione
di essere la trasparenza della sua persona. La missione della Chiesa è dire
Gesù, attraverso lo stile ordinario della vita. Quello che in modo globale ha
dato ai suoi discepoli, questa mattina il Maestro ce lo consegna ponendoci una
domanda: chi è il prossimo? Davanti alla domanda che dobbiamo porci per essere
autentici, noi dobbiamo, in certo qual modo, ribaltare il nostro modo di
concepire il prossimo. Infatti, davanti alla domanda dello scriba E chi è mio prossimo? Gesù narra la sua
vita. La parabola del Samaritano è la storia di Gesù con quell’ interrogativo
finale che illumina tutta la parabola: Chi
di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei
briganti? L’orizzonte è illuminato
dalle due identiche espressioni: Chi
ha avuto compassione. Evangelicamente il prossimo non è l'altro, prossimo è
colui alle cui orecchie giunge un grido di aiuto. Noi qualche volta nella
mentalità comune pensiamo prossimo sia l'altro, da qui la frase: amare il
prossimo, se noi guardiamo attentamente il comandamento “amare il prossimo come
te stesso” Prossimo - lo ripeto - è colui alle cui le orecchie giunge un grido
di aiuto di qualunque tipo, sia spirituale che materiale, poiché Gesù è nello
stesso tempo medico dei corpi e degli spiriti. Un simile ragionamento lo
cogliamo nella persona di Gesù, in quella parola che riassume gli atteggiamenti
del Samaritano quando l’evangelista afferma vide e ne ebbe compassione. Cos'è la compassione? E’ una verità
questa che noi dovremmo sempre approfondire. La compassione è la sintesi di tre
parole:
-
accogliere
-
ruminare
-
agire
La compassione è essenzialmente far propria la storia dell'altro.
Il primo atteggiamento del farsi prossimo è accogliere l'altro nella sua
storicità concreta. Il farsi prossimo presuppone il silenzio del cuore che offre
ospitalità all’uomo. Noi qualche volta nello stile della nostra vita siamo
molto pragmatici: Cosa devo fare per avere la vita eterna? Gesù gli risponde: agisci
come ho fatto io: mi sono fatto prossimo dell'umanità, e il Verbo si fece carne… Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio
lo fece peccato in nostro favore perché in lui noi potessimo diventare
giustizia di Dio. Il primo atteggiamento è dare ospitalità all'altro attraverso
un'intensa purezza di cuori, l'altro che appare al nostro orizzonte è la novità
di Dio che entra nella nostra storia.
Allora il secondo passaggio si ritraduce nel ruminare nel nostro
cuore la bellezza della storia di Gesù. Gesù davanti all'umanità nel suo travaglio
storico è diventato uomo, ha assunto le dinamiche dell’uomo, ha assunto il dramma
della storia umana, l'ha fatta sua. L'uomo diventa prossimo dell'altro facendo
propria la storia del fratello. Quando manca questa esperienza noi
dimentichiamo la parte centrale della vita di Gesù che è divenuto storia nella
storia degli uomini, il vero farsi prossimo è entrare in questa esperienza che
io ritraduco con l'espressione molto semplice: adorare il mistero che è
l'altro. Davanti all'altro che entra nella nostra vita, dovremmo porci la
domanda: Signore qual è il tuo progetto nei suoi confronti? Il farsi prossimo, è
in certo qual modo, immaginare quale sia il vero bene dell'altro; senza la
purezza di cuore non diventiamo prossimo, siamo dei pragmatici. Usando un
linguaggio di oggi, siamo degli assistenzialisti. Gesù ha avuto compassione, ha
accolto l'uomo nella sua storicità, e ha ruminato questa storicità, l’ha fatta
diventare sua. In certo qual modo, usando un'immagine più semplice, farsi
prossimo è dire all'altro: regalami il tuo mistero esistenziale con tutta la
sua complessità perché lo possa veramente ruminare e intuire le esigenze del
tuo spirito.
La bellezza del farsi prossimo è dare alla luce il mistero
dell'altro, aiutarlo nella sua verità, aiutarlo in quello che è la sua
effettiva realizzazione, fare in modo che ami ciò che il Signore vuole per lui.
Non quello che l'altro chiede per se stesso ma quello che il Signore vuole per
lui. Gesù è entrato nella storia per dire all'uomo sii grande come uomo, apprezza il mistero che sei, vivi le dinamiche
presenti all'interno della tua persona! Farsi prossimo è l'amore per
l'altro che fa dimenticare l’io per gustare la gioia del tu. Allora veramente è
vero quello che ha detto il libro del Deuteronomio: Questi comandamenti non
sono difficili perché io sono in te. Questa parola è molto vicina
a te, è nella tua bocca e nel tuo cuore, perché tu la metta in pratica. Ci
risulta dunque che il farsi prossimo è diventare la vivente storia di Gesù
nelle nostre scelte di tutti i giorni. E’ una cosa questa che è così difficile
nella cultura di oggi molto pragmatica, dove tutto è un correre, fare, agire
accontentando le esigenze dell'io. La bellezza di Gesù è incarnarsi, diventare,
adorare il mistero dell'uomo e regalare la vita eterna. Che cosa devo fare per ereditare la vita eterna ha detto lo scriba
e Gesù gli ha detto: agisci come ho fatto io: ho accolto l'umanità… ed questo è
il mistero più grande della fede, che non è solamente la sua morte e risurrezione.
Se guardiamo attentamente il mistero della salvezza ci accorgiamo che il centro
fontale della rivelazione è l’incarnazione del Verbo che si fece carne e venne ad abitare ascoltando l'uomo fino in fondo. Quando
noi percepissimo in verità questa ricchezza, la vera carità è solo quella dell'uomo
in silenzio, che sa spalancare la propria esistenza alla creatività divina che
si ritraduce nell'incontro con l'altro. L'altro è un mistero divino che la
Trinità ti regala e dobbiamo accoglierlo come dono della Trinità ma secondo i
disegni della Trinità. Ecco perché Gesù ha spostato l'accento della parola
prossimo dalla visione dell'altro che io voglio aiutare alla visione dell'io
che si apre al mistero dell'altro. In certo qual modo uno stile di vita che noi
dovremmo fondamentalmente assumere. L'uomo diventa la trasparenza di Gesù
attraverso un profondo silenzio interiore di accoglienza e di adorazione. Ecco perché
molto bene papa Benedetto affermava la
bellezza della fede è dare spazio a Gesù risorto e in quello spazio Gesù risorto
coglierne il mistero in tutta la sua bellezza per incarnarlo nella vita di
tutti i giorni.
L'Eucaristia è questa bellezza, l'Eucarestia non è andare fare
qualche cosa, ma andare a spalancare la propria vita alla presenza del Risorto,
il quale in questa celebrazione si fa nostro prossimo, assume la nostra storia
e la colloca nel mistero del Padre regalandoci la sua presenza, che ci guida
nell’imitarlo: Va’ e anche tu fa’ così.
Il vero discepolo ascolta, gusta,
regala la grande sapienza del Vangelo. Ecco perché chi è innamorato di Gesù
capisce cosa vuol dire farsi prossimo. Il cardinale Martini diceva in un modo
molto forte e molto paradossale che lui non credeva alla Caritas, né
parrocchiale né diocesana. La bellezza della carità è paragonabile al
nascondimento del chicco di grano seminato in quel terreno che è la storia
degli uomini per generare l’uomo nuovo. Impariamo allora a comprendere che l'uomo
ritrova se stesso nella bellezza dell'Eucarestia che noi dovremmo continuamente
rinverdire nel nostro spirito. Gesù si fa prossimo nella celebrazione
eucaristica perché vuol dire a noi ama il
tuo essere uomo e allora accogliamo questa stimolazione che Gesù ci dà per
essere trasparenti della sua persona attraverso la vita di silenzio, piena di
attenzione evangelica, senza paura, gustando quel Gesù che entrando in noi è la
nostra vera Sapienza.
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