30 aprile 2023

IV DOMENICA DI PASQUA - ANNO A

DOMENICA 23 APRILE 2023

At 2,14a.36-41        1Pt 2,20b-25          Gv 10,1-10

OMELIA

La nostra vocazione battesimale ci invita a crescere giorno per giorno nella conoscenza di Gesù.

La bellezza del tempo pasquale sta nella bellezza di coloro che si lasciano trasfigurare progressivamente dal Maestro. Il tempo pasquale è una contemplazione in atto per essere trasfigurati da Gesù. Gesù è il grande protagonista della parola che abbiamo ascoltato questa mattina, sia nell'immagine del Io sono la porta delle pecore, sia nell'inno che la Chiesa antica ci ha tramandato attraverso la prima lettera di Pietro. Sappiamo bene che il cristiano è un attivo-contemplativo di Gesù. Questo orizzonte ci offre una grande vocazione che ci deve profondamente qualificare per poter essere suoi luminosi discepoli. Ecco i tre passaggi che la parola di questa mattina potrebbe aiutarci per approfondire il mistero della nostra identità:

-          Io sono la porta delle pecore

-          Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce

-          io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza.

Questi sono i tre passaggi sui quali vogliamo soffermarci per entrare nella gustazione del Maestro, come il criterio fondamentale della nostra vita.

Innanzitutto entriamo nella definizione che Gesù fa di se stesso Io sono la porta delle pecore. Cerchiamo di comprendere quel Io sono. Quando noi ci poniamo il problema della nostra esistenza, la dinamica che dovremo ritrovare è: Qual è la nostra meta?  La nostra meta è entrare nel giardino del paradiso terrestre. Gesù è la porta delle pecore perché ci introduce in questo grande mistero. Ecco perché Gesù si presenta con l'immagine della “porta”, Egli è la porta che ci dà la capacità di accedere alla bellezza della vita.

E allora cos'è la nostra esistenza? - Cosa vuol dire camminare nel tempo e nello spazio per giungere alla soglia dell'eternità beata? Gesù ci chiama a una intimità con lui e questo è possibile perché siamo stati iniziati a Gesù. Battesimo, cresima, Eucaristia non sono tre sacramenti, ma sono una contemplazione sacramentale del fascino di Gesù. La bellezza della nostra esistenza è lasciarci continuamente catturare dalla persona del Maestro come criterio di fondo della vita, il Signore abita in noi! E’ una verità questa che dovremmo sempre tenere presente. Come Gesù può diventare la porta delle pecore se non fosse Lui il grande protagonista della vita? Ognuno di noi è il sacramento vivente del Risorto. Lui abita in noi e quel suo abitare in noi è l'anima portante della nostra esistenza. Ecco perché dice Gesù - essi ascoltano la mia voce… io le conosco ed essi mi conoscono -, è la bellezza della vita cristiana, il fascino di una continua relazione con Gesù che è il senso della vita. Se noi cogliamo questo primo aspetto, io sono la porta delle pecore, ecco allora che noi accediamo al mistero della vita, la bellezza di una relazione che ci introduce in una vita di comunione. E’ molto bello fare un paragone tra la conclusione del racconto della creazione dell'uomo e la parabola di questa mattina: quando Dio scacciò Adamo ed Eva dal paradiso terrestre pose una custodia, che nessuno vi entrasse. Cos'è la resurrezione di Gesù? E’ la porta che si apre, la porta che si spalanca, è la bellezza della nostra esistenza che entra nella comunione Divina: il giardino del paradiso terrestre.

La bellezza della nostra esistenza è gustare questa intimità divina, la gustazione dell'essere Sacramento di Cristo. E’ vero noi, spesse volte, non abbiamo il gusto d'essere dei battezzati, d'essere dei capolavori della inabitazione trinitaria. Gesù è la porta delle pecore, dialoga con noi e noi dialoghiamo con Lui: è la bellezza della vita. Se noi riuscissimo a cogliere questo secondo aspetto, noi ci accorgeremmo che la vita è tutta un'attesa del paradiso, più scorrono gli anni più cresce in noi il gusto dell'eternità beata, questo desiderio di accedere alla bellezza di Dio! E’ bella l'immagine che Gesù ha usato nella parabola - Chi è il guardiano del giardino? - Il Padre! Il Padre che vede in noi il volto luminoso del suo Figlio e ci introduce nella bellezza del giardino dell'Eden, la nostra esistenza gustazione eterna nel cammino della nostra vita.

Cogliendo questo secondo aspetto, entriamo nella vera libertà del cuore; è bella l'immagine le pecore entrano ed escono, e sono nel giardino: la vera libertà è entrare, uscire, gustare una presenza, è nient'altro che lo sviluppo di quel desiderio ineffabile di pienezza gloriosa che è il senso della vita. Ecco perché Gesù è la porta delle pecore. Lui è in noi, dialoga con noi, ci presenta al Padre, che è il guardiano del giardino, e ci introduce nella bellezza della libertà del cuore: accedere alla sensibilità di Gesù! Se noi cogliessimo la bellezza di questa verità, riusciremmo a cogliere con grande serenità del cuore che Lui è il Signore, e noi, le pecore, viviamo di lui per essere eternamente con lui godendo di quella libertà che nasce dall’alto, il suo dimorare in noi.

La vita del cristiano è un meraviglioso dialogo, Gesù con noi e noi con Gesù, un dialogo che lentamente diventa gustazione del paradiso. Ecco Io sono la porta delle pecore, in lui viviamo, in lui operiamo ed esistiamo, in lui godiamo già in anticipo quella bellezza gloriosa che è contemplare il Padre per tutta l'eternità beata. Ecco perché ci ritroviamo qui nell'eucaristia: Gesù è la porta del paradiso!

Nel momento in cui noi ci accosteremo ai doni sacramentali, in quel momento Gesù, che è pastore delle nostre anime - come ha detto l'inno della prima lettera di Pietro - ci accoglie e ci dice: “Entra nella gioia del tuo Signore!”

L'Eucaristia è pregustazione di una meravigliosa eternità beata. Questo è il senso della Pasqua, il senso dell'essere trasfigurati in modo gaudioso nella sensibilità del Maestro. Perciò questa mattina celebrando l'Eucaristia lasciamoci prendere dal Maestro, ascoltiamolo, parliamo, gustiamo la sua presenza per poter diventare quelle creature nuove che già pregustano il paradiso. Se Lui è la porta delle pecore, con lui stiamo sulla soglia, l'Eucaristia, “Beati gli invitati al banchetto delle nozze dell'Agnello”, e nel momento in cui moriremo si spalancherà la porta del paradiso e noi gusteremo eternamente quella bellezza che è eternità beata che ci farà gustare la gioia di essere nel Signore, porta delle pecore, gaudio del nostro cuore, meta di tutta la nostra esistenza.


Oggi, qui, Dio ci parla...

Io sono la porta



24 aprile 2023

23 aprile 2023

Oggi, qui, Dio ci parla...

L’avevano riconosciuto nello spezzare il pane



III DOMENICA DI PASQUA - ANNO A

DOMENICA 23 APRILE 2023

At 2,14a.22-33     1Pt 1,17-21     Lc 24,13-35

OMELIA

Il desiderio di voler conoscere il Risorto rappresenta il senso della nostra vita quando ci poniamo davanti al Mistero della fede. Il centro è lui, Gesù morto e risorto, e l'evangelista Luca questa mattina vuole introdurci in un ulteriore percorso del cammino per poter veramente conoscere il Maestro attraverso questo misterioso e didattico racconto dell'incontro dei due discepoli di Emmaus, che vorremmo cercare di rileggere da tre punti di vista:

-      la bellezza dell'incontro,

-      il desiderio di una comunione,

-      l'attesa di una presenza nella gloria.

Queste tre dinamiche dovrebbero qualificare profondamente il nostro spirito e farci gustare la presenza del Risorto.

Innanzitutto si rivela importante analizzare la dinamica dell'incontro. Un chiaro interrogativo appare in modo immediato: perché quegli uomini non hanno saputo riconoscere il Risorto? La risposta ci è stata data dall'evangelista il quale afferma che conversavano tra loro… Si fermarono, col volto triste. Essi conoscevano bene la vicenda di Gesù, ma non l'avevano visto risorto. Qui scopriamo la delusione dell'uomo che vuol comprendere Gesù con la sola razionalità. Noi pensiamo che la fede sia un capire, che la fede sia un comprendere, tante volte pensiamo che si giunge a Gesù attraverso un ragionamento; Gesù ci dice esattamente che l'intelligenza, quando non è guidata dal cuore, non raggiunge la bellezza della fede. Infatti cos'è il rimprovero che Gesù rivolge a loro?  Stolti e lenti di cuore a credere ma qual è stata la bellezza dei discepoli di Emmaus? Hanno spalancato le proprie persone al forestiero, è il passaggio dall'intelligenza che ragiona, al cuore che apre se stesso all’orizzonte di Dio.

Usando un'immagine si sono lasciati invadere dalla presenza del forestiero, la bellezza della fede è lasciar abitare il Cristo dentro di noi con un animo ammirato. Dovremmo passare dall'intelligenza raziocinante a un cuore innamorato di Gesù. Non l'han detto i due discepoli di Emmaus Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture? La bellezza della fede è un dialogo di cuore a cuore, di interiorità che incontra un’interiorità; è molto bello come papa Benedetto dovendo qualificare il cammino della fede ponga innanzi tre passaggi molto belli: la fede è una ricerca di un cuore che si lascia innamorare perché il cuore possa diventare pensiero. E allora davanti alla domanda - come possiamo incontrare il Risorto? – ecco: spalancare il cuore alla sua presenza, lui è il Signore! E’ quel dialogo interpersonale che caratterizza la bellezza della nostra vita: stare con il Maestro, lasciarci invadere dalla sua persona, avere un cuore aperto a 360 gradi. Lui deve invaderci, gustare una presenza che determina il nostro spirito. E allora ecco il primo passaggio che dobbiamo tenere presente: possiamo conoscere il Risorto perché lui è con noi, entra in noi e dimora in noi. E’ molto bello come Paolo nella Lettera ai Romani definisca la fede come un fatto di cuore e Papa Benedetto approfondendo questo testo della Lettera ai Romani dice il cuore è tutta la persona attenta, con l’insieme di tutte le facoltà della persona. L'intelligenza, la volontà, la sensibilità, tutto ciò che entra nel mondo dell’umano entra nella attenzione del Maestro. Il Maestro ci affascina in modo così profondo che mette in luce la nostra libertà. È molto bello come l'evangelista nel narrare il momento in cui i discepoli giungano a Emmaus ponga davanti due atteggiamenti: Gesù che vuole andare avanti, perché vuole interpellare la libertà dei due, e i due che dicono Resta con noi, perché si fa sera. Il fascino di Gesù in noi e con noi, non potere più vivere senza la presenza del Maestro, la bellezza della fede è “senza di te Signore non possiamo vivere!” E’ bello svegliarci al mattino e dire: “Rimani con noi o Signore!”, e questa percezione più profonda del nostro spirito si lascia profondamente innamorare Resta con noi, perché si fa sera.

Nel tramonto della storia la sua presenza è luce della nostra vita e allora, e assistiamo al passaggio: entrato in casa celebra l'Eucaristia. In quel “rese grazie”, avviene qualcosa di meraviglioso, l'attenzione del cuore diventa gesto, diventa convivialità, diventa trasfigurazione, lo riconobbero allo spezzare il pane, non lo riconobbero in un semplice rito, ma attraverso un rito contemplativo, dove i due discepoli innamorati dalla Parola si sono lasciati coinvolgere dalla personalità di Gesù e allora rimani con noi che si fa sera. Qui gustiamo il banchetto, la convivialità, la bellezza dello stare insieme nel Mistero. E’ presente una profonda verità che noi dovremmo riuscire a cogliere la esperienza dei due discepoli: come l'avevano riconosciuto nello spezzare il pane in una convivialità, il Risorto ci incontra, il saluto di cui parlavamo domenica scorsa, lui in mezzo a noi diventa l'interprete delle Scritture e lui condivide con noi il suo Mistero. Ecco perché noi celebrando l'Eucaristia ci lasciamo avvolgere dalla sua presenza, non stiamo celebrando un rito, stiamo gustando una Presenza che ci affascina, che penetra in noi - la Parola - e che attraverso la convivialità determina in modo radicale le nostre persone.

Quando ci accosteremo alla comunione in silenzio, il cuore vivrà questo sentimento: “Voglio riconoscere il Maestro! Rimani in me, non solo con me, ma rimani in me perché io possa essere trasfigurato dalla tua meravigliosa presenza!” È la gustazione: accogliere, lasciarsi penetrare dalla parola del Maestro e gustare la sua presenza. Allora anche noi avremo quell'entusiasmo di annunciare ai fratelli la bellezza della Resurrezione. Sarebbe bello che noi uscendo di chiesa potessimo dire: “Ho visto il Signore, mi ha trasfigurato e mi ha detto…” Sarebbe qualcosa di veramente entusiasmante. Questa è la fede! Questa è la bellezza del rito! E Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista, perché la bellezza vera di questo incontro con il Risorto sarà il paradiso.

E’ il terzo passaggio. Quando egli si siederà a mensa, nell'eternità, e passerà a servirci gli uni gli altri in un gaudio che non avrà mai termine. Qui pregustiamo il banchetto nel regno dei cieli. Davanti all'interrogativo sulla nostra fede passiamo dall’ intelligenza al cuore, gustiamo una Presenza e di riflesso nella convivialità eucaristica noi gustiamo la luminosità, in attesa di quel meraviglioso banchetto in paradiso. Gesù è in noi, si fa desiderare per farsi attendere. Camminiamo in questa luce e allora ci accorgeremo che la bellezza dell'Eucaristia è stare con Gesù, stare con Gesù lasciandoci inebriare dalla sua reale presenza che è lui personalmente in mezzo a noi perché, inebriati dalla sua presenza in una meravigliosa convivialità, possiamo essere in attesa di quel banchetto eterno - Beati gli invitati alla cena delle nozze dell'Agnello - che sarà il paradiso. Entriamo in questo mistero con fiducia e serenità e allora davanti al problema - il Signore come lo posso conoscere? - la risposta è molto semplice e ci dice Luca: apri il cuore alla sua presenza, innamorato della sua parola, accoglilo nella convivialità. E allora lo riconoscerai presente in attesa di quella pienezza di gloria che è il paradiso che aspetta tutti noi.

 

18 aprile 2023

16 aprile 2023

II DOMENICA DI PASQUA O DELLA DIVINA MISERICORDIA – ANNO A

DOMENICA 16 APRILE 2023

At 2,42-47   1Pt 1,3-9      Gv 20,19-31

OMELIA

L'esperienza della Resurrezione è l'anima della nostra storia.

Se noi siamo dei credenti, se siamo dei discepoli, se camminiamo nella speranza che viene dall'alto è perché abbiamo una relazione abituale con il Risorto. Dal brano evangelico che abbiamo ascoltato, nasce un interrogativo: “Come mai il Risorto appare il primo e l'ottavo giorno?”, e la risposta noi la possiamo ritrovare nel motivo per il quale l’evangelista Giovanni ha narrato questo episodio. I cristiani della seconda e terza generazione gli ponevano una domanda molto semplice: “Tu hai visto il Risorto e avendolo visto puoi dire a noi che dobbiamo vivere in un certo modo, ma noi il Risorto non l'abbiamo visto!”. Una obiezione che potrebbe nascere anche nel nostro spirito: il Risorto lo stiamo vedendo? E allora l'evangelista Giovanni ha narrato le apparizioni del Risorto con il linguaggio dell'assemblea eucaristica domenicale. La domenica è il giorno nel quale ci appare il Risorto. Se questa mattina siamo venuti a celebrare i divini misteri è perché nel nostro spirito, nell'io più profondo del nostro cuore, c'è un unico desiderio: vedere il Signore! La visione della fede, come ci ha detto la seconda lettura, pur senza averlo visto e ora, senza vederlo, credete in lui, una visione della fede, ma che è una visione di un cuore innamorato. La domenica è la visione del Risorto, perché senza il Risorto non possiamo vivere.

E allora è bello soffermarci su un rito che noi tante volte trascuriamo, ma che è l'ebbrezza del vedere il Risorto: Gesù è apparso ai suoi discepoli il primo e l'ottavo giorno con quella espressione La pace sia con voi e noi, questa mattina, abbiamo iniziato la celebrazione dei divini misteri dicendo: Il Signore sia con voi! E quel saluto ce l'ha regalato il Risorto. La bellezza di ritrovarci questa mattina nell'Eucaristia è gustare un Risorto che ci ha salutati e ci ha salutati attraverso tre passaggi che noi dovremmo riuscire a percepire fino in fondo:

-       il saluto - mostrò le mani e il fianco,

-       il saluto - regalare la sua persona,

-       salutare, se noi ne vogliamo cogliere il senso, non è dire delle parole, ma è regalare se stessi all'altro in una comunione di vita.

Noi siamo un po' troppo esteriori, invece salutare è regalarsi! E allora è il Risorto che si regala a noi e si regala a noi non in modo indeterminato ma mostrando le mani e i fianchi: il mistero della Croce ricca di amore. Nel momento in cui il Signore ci ha salutati questa mattina, ci ha regalato il suo amore glorioso e crocifisso. Avevamo lo sguardo del cuore attirato alla sua persona: è la bellezza dell'Eucaristia!

Andiamo nella fede a vedere il Signore, il quale ci saluta. È una verità che tante volte noi trascuriamo, perché siamo abituati ai riti e i riti, se non stiamo attenti, logorano la fede se manca il vedere. È quello che dicevamo domenica scorsa entrò, vide e credette, quel discepolo che Gesù amava che è ognuno di noi; è molto bello questa mattina essere entrati in chiesa e il Risorto ci ha salutati regalandoci il suo mistero di amore, le mani e il costato secondo la bella visione di Giovanni e dal suo fianco uscì sangue e acqua. Quel saluto è l'amore trinitario che avvolge la nostra vita e ci rende persone che stanno gustando una presenza e noi, davanti a questa rivelazione, abbiamo risposto e con il tuo spirito! Lo spirito santo del Risorto!

Nel momento in cui abbiamo sentito - La pace sia con voi - e - il Signore sia con voi - in quel momento il Risorto ci ha regalato il suo spirito, quello spirito che ha reso al Padre nella sua morte e da Risorto si rivela in tutta la sua intensità: è la gioia di gustare il volto del Maestro. Ecco perché il cristiano quando va ai divini misteri, ha un unico desiderio nel cuore: vedere il Signore, attraverso la bellezza della fede. Beati quelli che, pur non avendo visto crederanno. È il vedere della fede, che è vedere l'Invisibile attraverso il linguaggio del visibile, dove la bellezza della nostra vita è il fascino dell'Invisibile. Il Vaticano II, quando volle enucleare il senso culturale della Divina liturgia, fece una affermazione molto forte: il primato dell'Invisibile sul visibile. È la bellezza della nostra esistenza che si lascia affascinare da un presente che non vediamo con gli occhi del fisico, ma con gli occhi del cuore e il cuore vede, l'occhio vede ciò che il cuore ama: è la bellezza del Risorto! Ecco perché il cristiano la domenica si ritrova in assemblea per gustare il Risorto.

Non per niente l'autore del libro dell'Apocalisse descrive la domenica come un giorno che è proprietà del Risorto. Ecco perché il cristiano nel cammino della sua esistenza ha l'ebbrezza della domenica, dell'assemblea domenicale per gustare una presenza, che è il criterio di fondo. Il rito è un linguaggio visibile che fa inebriare dell'Invisibile. È bello questa mattina tornare a casa e nello Spirito Santo poter dire nella fede: “Ho visto il Risorto e mi ha detto questo e quest'altro”. Ecco perché vogliamo condividere il mistero eucaristico questa mattina, guardando negli occhi del Risorto. La bellezza dell'Eucaristia voluta da Gesù è un grande mistero conviviale, dove il Risorto in persona celebra questa Eucaristia, è lui personalmente che ci dà il Suo Corpo nel segno del pane. Guardiamo quel pane nelle mani del presbitero, quelle mani sono le mani del Risorto che dà se stesso a ciascuno di noi: è la bellezza del i discepoli gioirono al vedere il Signore”.

 Ecco allora questa mattina Giovanni, davanti all'interrogativo che tante volte può nascere in noi - dove vediamo il Risorto, come vediamo il Risorto? -, ci dà la risposta: ogni primo giorno della settimana, nell'assemblea eucaristica, ecco che vedrete il Risorto, ne coglierete la gestualità e il vostro cuore sarà inebriato di Spirito Santo! Ecco la risposta: e con il tuo spirito!

Viviamo così il mistero che stiamo celebrando per essere inebriati da questa meravigliosa presenza, in modo che il cristiano non è l'uomo dei riti, ma è l'uomo che ha il gusto di una Presenza. Se noi avessimo questa profonda convinzione, la nostra vita avrebbe il gusto del Divino, cammineremo in novità di vita e potremmo regalare ai fratelli tanta speranza. Il Risorto gustato nell'assemblea liturgica è il Risorto regalato ai fratelli, in modo che si possa creare quella mentalità evangelica che nasce dalla gustazione settimanale della presenza reale del Maestro. Chiediamo allo Spirito Santo questa grazia in modo che il nostro essere cristiani sia una gustazione di una Presenza, in modo da camminare ogni giorno in quella luminosità di vita, perché il Signore divenga il Maestro del cuore, della mente e il principio di ogni azione e ogni sera diciamo al Signore: grazie che sei vissuto in me! Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola.

 

Oggi, qui, Dio ci parla...

Disse loro: “Pace a voi!”



12 aprile 2023

Oggi, qui, Dio ci parla...

MARTEDÌ 12 APRILE 2023 

Essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avessero riconosciuto allo spezzare il pane



11 aprile 2023

Oggi, qui, Dio di ci parla...

Maria di Magdala andò ad annunziare ai discepoli:
“Ho visto il Signore!” e ciò che le aveva detto



10 aprile 2023

Oggi, qui, Dio ci parla...

“Salute a voi”



LUNEDÌ FRA L'OTTAVA DI PASQUA – ANNO A

10 APRILE 2023

At 2,14.22-33         Mt 28,8-15

OMELIA

La coscienza della presenza del Risorto in mezzo a noi è l'anima di questi giorni. Ieri attraverso la figura del discepolo che Gesù amava, segno sacramentale della nostra identità di discepoli, abbiamo gustato quella ricerca che ha portato il discepolo che Gesù amava a correre per poter vedere e credere. Oggi questa esperienza della presenza del Risorto si è ritradotta attraverso l'apparizione alle donne. Anche qui troviamo uno schema che dovrebbe caratterizzare la nostra esistenza.

Uno degli interrogativi che possono nascere davanti al mistero che stiamo celebrando in questi giorni è quello di chiederci come possiamo vedere il Risorto. E credo che l'esperienza delle donne, così come l'evangelista Matteo questa mattina ce l'ha narrata, ci possa aiutare per entrare in questa bellezza per cui il credente dice: - non solo Gesù è risorto, ma l'ho visto risorto - perché la bellezza della vita è essere affascinati da questa presenza che qualifica fondamentalmente la nostra storia. In questo incontro chi è il grande protagonista? La risposta è molto semplice: il Risorto! Quelle donne lo cercano, quelle donne da lui vengono incontrate, quelle donne ne annunciano la risurrezione. Abbiamo ben chiaro che il grande protagonista dell’incontro è il Risorto, luogo del desiderio, dell’esperienza della visione, della condivisione di una presenza. E questo è sicuramente un aspetto molto importante perché quando le persone ci pongono la domanda - perché lei è credente? - la risposta è una sola: gustiamo la presenza del Risorto! Noi diciamo ciò che viviamo, condividiamo ciò che vediamo, camminiamo in compagnia del Risorto. Solo questa animazione più profonda della nostra esistenza può diventare l'anima della nostra vita, ma dobbiamo essere innanzitutto ricercatori del Risorto, come le donne che vanno al Sepolcro, secondo un principio molto importante nella nostra vita: amare una persona è dirle “tu non morirai mai!”. Quelle donne affascinate dal Cristo, vanno da lui perché per loro egli è il vivente nel loro cuore.

La bellezza della nostra esistenza sta nell’ essere ricercatori del Risorto, è vivere nel profondo della nostra esistenza una presenza che è martellante nella nostra esistenza, viviamo del Risorto che ci attira a sé. Quando i martiri di Abitene dissero - senza l'Eucaristia non possiamo vivere - essi affermavano questa verità. La bellezza dell'Eucaristia è la sete del volto di Gesù. Noi qualche volta possiamo cadere nel dramma degli atei praticanti: “andiamo a un rito”. Dovremmo affermare: “Andiamo a vedere il Risorto il quale ci appare e ci riempie di gioia”.

È molto bello come l'evangelista Matteo attraverso tre verbi ci indichi questa meravigliosa presenza: essi si avvicinarono (a lui che le ha salutate), gli abbracciarono i piedi e lo adorarono. Tre verbi che noi dovremmo riuscire a rivivere, a rivisitare a livello personale per fare l'esperienza del Risorto. Ecco perché noi non dovremmo mai dire - sono andato a messa – ma: sono andato a gustare una presenza.

Gesù appare, alle donne che lo cercavano ecco Salute a voi! È il Risorto che appare e la bellezza di venire all'Eucaristia è gustare il saluto del Signore, che è la bellezza della nostra vita, questa sua signoria, meravigliosa, misteriosa, ma affascinante Ed esse si avvicinarono, gli abbracciarono i piedi e lo adorarono. Sono tre passaggi di vita interior0e che noi viviamo continuamente nella celebrazione eucaristica, il Risorto è con noi, ed entrando in chiesa ci siamo avvicinati a lui. È una cosa questa che ci dovrebbe catturare, noi incontriamo chi abbiamo cercato, incontriamo colui che si lascia cercare, è la bellezza del cammino della fede che penetra dentro di noi e allora gli abbracciarono i piedi. Cos'è il rito? Il rito è abbracciare i piedi di Gesù, noi tante volte poniamo dei riti in modo asfittico, poniamo dei riti, cantiamo, parliamo, facciamo silenzio, ma tutta quella ritualità incarna il desiderio di voler abbracciare i piedi di Gesù, come Gesù ha lavato i piedi ai suoi discepoli. La sua presenza ci cattura e noi abbiamo il coraggio e la gioia di lasciarci catturare. Una messa è bella non perché ci affascina il rito, ma una messa è bella perché ci affascina la bellezza che è Gesù. In quel gli abbracciarono i piedi gustiamo la gestualità rituale. È molto bello il rito quando viene paragonato a una esecuzione musicale. Quando uno spartito musicale viene eseguito sentiamo delle note, ma in modo profondo ci lasciamo catturare da un mistero, la musicalità. Chi ha mai visto la musicalità? Eppure questa musicalità scaturisce attraverso la fecondità delle note. La presenza del Risorto si fa gustare attraverso la musicalità del rito nella sua semplicità ed essenzialità perché non ci deve far dimenticare il Risorto. E allora lo adorarono È molto bello come papa Benedetto nella GMG di Colonia fece un'affermazione molto bella quando spiegò la parola adorazione, l'adorazione è l'incontro di due parole: la condiscendenza del Cristo in mezzo a noi e noi entriamo nella relazione con lui. Cosa vuol dire adorare? Noi tante volte pensiamo la parola adorare voglia dire metterci in ginocchio, dire delle preghiere, stare in silenzio-. Giustamente il papa in quella omelia disse “adorare” in latino vuol dire bocca a bocca, è la bellezza dell'incontro di due cuori. In tal modo viviamo il gusto del Risorto. In questa intimità di cuori espressi godiamo del valore della ritualità del mangiare.

E allora quando noi ci lasciamo inebriare da questa presenza ecco il terzo passaggio: abbiamo l'entusiasmo di condividere. Quando l’evangelista Luca volle descrivere la bellezza della Pentecoste disse che la Pentecoste era stata un‘esplosione di gioia che ha catturato gli ebrei, che si dicevano: Chi sono costoro? L'incontro con il Cristo eucaristico in atteggiamento adorativo ci porta all'entusiasmo della gioia, usciamo dal rito luminosi, perché non abbiamo semplicemente celebrato un rito, ma ci siamo lasciati trasfigurare da una Presenza che ci affascina, che ci fa ogni giorno risorgere, che ci fa camminare in novità di vita. Ecco perché quelle donne andando ad annunciare, a condividere un'esperienza, ci dicono che la celebrazione eucaristica non è un rito concluso ma una vita che si sviluppa. Abbiamo pregato all'inizio della celebrazione che la fede che celebriamo nella divina liturgia deve diventare la vita? La vita del discepolo è l'entusiasmo d’ essere credenti, perché la bellezza della nostra vita è gustare continuamente una relazione serena, semplice, essenziale con il Risorto. E allora questa mattina la Chiesa attraverso l'incontro delle donne con il Risorto che è il protagonista della celebrazione si fa desiderare, ci incontra e ci manda, Ecco noi dovremmo riuscire a cogliere l'ebbrezza di lasciarci trasfigurare e uscire di chiesa con gli occhi luminosi perché viviamo la bellezza luminosa del Risorto. Viviamo così questa celebrazione con questa convinzione che il Risorto è in mezzo a noi. Papa Benedetto aprendo l'anno della fede fece un'affermazione molto bella e noi in questo tempo Pasquale dovremmo continuamente rivisitare: siate amici di Gesù, gustate il Risorto e siate persone libere nel fare tante attività, perché la bellezza è il Risorto che diventa quel desiderio profondo che diventerà tra poco eternità beata quando quel Risorto, che sacramentalmente incontriamo, diventerà la visione che ci riempirà di quella eternità beata. È sempre bello approfondire quell'espressione alla quale tante volte il rito ci abitua Beati gli invitati alla cena delle nozze dell'agnello, è il banchetto del paradiso. Uscendo di chiesa noi dovremmo avere la reazione che ebbero i legati del re di Kiev 1000 anni fa quando furono mandati a vedere dove fosse la bellezza del rito: entrarono nella chiesa di Costantinopoli e dissero “abbiamo visto il cielo in terra”. Ecco perché il rito bizantino. E allora la bellezza della nostra esistenza è lasciarci catturare dalla bellezza teologale e mistica del rito. Ecco l'Eucaristia che stiamo celebrando che è una musicalità di eternità dove noi entriamo in questa meravigliosa esperienza, il Signore ci trasfigura e ci dice: “Aspettami, quando verrai nella tua esistenza finale, allora mi vedrai, luminoso, nella bellezza dell'essere faccia a faccia”.


09 aprile 2023

DOMENICA DI PASQUA «RISURREZIONE DEL SIGNORE» ANNO A

DOMENICA 9 APRILE 2023

At 10,34a.37-43    Col 3,1-4      Gv 20,1-9

OMELIA

L'esperienza del triduo pasquale ci ha introdotti nella contemplazione della personalità di Gesù: in lui siamo morti, sepolti e risorti. Attraverso la ricchezza celebrativa siamo stati introdotti dallo Spirito Santo in un mistero che è il criterio di fondo della nostra vita. Tale meraviglioso dono noi riusciamo a coglierlo vivendo l'esperienza del Risorto nella quotidiana vitalità della fede.

Potremmo definire il brano evangelico, che questa mattina abbia ascoltato, come la vocazione a gustare la presenza del Risorto. Ecco perché è bello questa mattina insieme riuscire a comprendere cosa significhi fare l'esperienza del Risorto e credo che emergano tre passaggi che ci aiutano a vivere e a entrare in questo affascinante mistero:

  l'annuncio della Risurrezione,

  l'accoglienza in un cuore puro

  attraverso il gustare una trasfigurazione interiore. 

Tale tragitto interiore è la pennellata che l'evangelista Giovanni ci offre nella figura del discepolo che Gesù amava. Egli ha ascoltato la testimonianza, è corso al sepolcro e ha visto i segni della risurrezione.

Innanzitutto il primo elemento è un elemento oggettivo. Maria di Magdala va ad annunciare il fatto della tomba vuota, va ad annunciare un mistero più grande di lei. L'esperienza nasce da un dono oggettivo, ci viene regalata una presenza, ecco perché l'esperienza parte innanzitutto dalla bellezza di un annuncio. Nel testo che abbiamo ascoltato dagli Atti degli Apostoli si dice noi annunciamo a voi quello che abbiamo sperimentato mangiando e bevendo con lui. In tale testimonianza si mette in luce un evento più grande di noi e che attira. L'esperienza parte da un dato oggettivo che ci raggiunge e che ci ricolma di stupore, uno stupore che presuppone un cuore aperto. Ecco allora la figura del discepolo che Gesù amava. In questa figura si sedimentano due realtà di fondo, il sentirsi amato e la docilità del cuore che si lascia attirare, che rappresenta l'elemento soggettivo. Quel discepolo che Gesù amava stava lì accanto a Gesù nell'ultima cena, reclinò il capo sul petto di Gesù entrando in intimità con lui, ed è il discepolo che corre in modo più veloce. Viene visualizzata quella libertà interiore di chi è assetato del mistero. Un'osservazione che tanti studiosi fanno davanti a questo correre in modo più veloce o più lento, un’osservazione che ci fa molto pensare: chi si sente profondamente amato è slanciato a cercare il mistero, chi è impegolato nelle strutture rituali o giuridiche vive una grande pesantezza esistenziale. Il discepolo che Gesù amava ha questo cuore aperto, davanti all'annuncio di Maria di Magdala si pone in atteggiamento di corsa e raggiunge per primo il sepolcro. Questa è un'esperienza fondamentale nella nostra vita. Si rivela l’importanza del saper accogliere che si costruisce - nel profondo della nostra vita – nel lasciarci costruire da questo mistero. Il risultato è che il discepolo Gesù amava entrò, vide e credette dove il vedere nasce da un cuore puro e il credere da un cuore abitato: è la bellezza dell'esperienza teologale. Spesse volte noi usiamo questa espressione nel linguaggio attuale “fare l'esperienza” e noi cadiamo tante volte in una luce molto soggettivistica, quello che gusto io e rimango chiuso nell’io. Nella bellezza della fede c’è sempre questo trinomio: un annuncio, un cuore aperto, una trasfigurazione della persona. E’ la bellezza del cammino di fede a cui tutti noi siamo profondamente chiamati. In questo comprendiamo perché il discepolo che Gesù amava appare nell'ultima cena, e l'ultima cena è l'esperienza del Risorto. Quando gli Evangelisti hanno narrato l'ultima cena non hanno narrato quello che era avvenuto ma quello che sperimentavano e sperimentavano una presenza che li aveva raggiunti con un cuore aperto al Maestro per poter essere trasformati dalla sua presenza, ecco l’esperienza! Non sono più io che vivoma Cristo vive in me D'ora innanzi nessuno mi procuri fastidi: io porto le stigmate di Gesù sul mio corpo. L'esperienza è vivere il mistero lasciandosi da esso trasformare in un cammino di continua novità di vita.

In tale orizzonte comprendiamo che la gioia di poter celebrare la Pasqua di Risurrezione significa il desiderio teologale di voler entrare in questa esperienza. Infatti nella figura del discepolo che Gesù amava troviamo il volto di ciascuno di noi secondo la mentalità dell’evangelista Giovanni. Da questo punto di vista la gioia della Pasqua non è legata a un calendario, la gioia della Pasqua costituisce un vissuto interiore dove la nostra esistenza si lascia raggiungere da un amore inesauribile, in un atteggiamento di purezza di cuore che ama accogliere, si lascia avvolgere dal mistero, nella bellezza di gustare - entrò e vide e credette Se sappiamo rivivere personalmente e comunitariamente la vita interiore del misterioso discepolo che Gesù amava, noi possiamo veramente dire di essere risorti con Cristo, come Paolo ci ha detto nella seconda lettura: Se siete risorti con Cristo…rivolgete il pensiero alle cose si lassù…la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio.

Ogni volta perciò, che noi andiamo alla celebrazione Eucaristia, facciamo veramente l'esperienza del Risorto come colui che qualifica profondamente la nostra storia e ci determina nel più profondo del nostro essere. Viviamo così la Pasqua del Signore come esperienza nella quale noi gustiamo una presenza. Celebrando l'Eucaristia questa mattina entriamo in questo itinerario interiore in modo che la gioia della Pasqua non sia legata a tante cose esteriori, ma sia una gustazione di una presenza gloriosa. Non per niente il vero augurio Pasquale lo dicevamo anche gli altri anni si ritraduce benissimo nel rito bizantino dove il saluto è: il Signore è risorto è veramente risorto! Questa è la bellezza all'interno di questa celebrazione nella quale veniamo trasfigurati da una Presenza che rappresenta il senso di fondo della nostra vita, incarna il gusto di un dono che il Padre ci fa e che nello Spirito Santo abbiamo sempre attuale. In tal modo potremo sempre lasciarci trasfigurare da questo ineffabile mistero.