26 dicembre 2023
At 6,8-10.12; 7,54-60 Mt
10,17-22
OMELIA
La Chiesa,
in tutta la sua storia, ci offre sempre nella seconda festa di Natale la
celebrazione del martirio di Stefano, utilizzando un principio caro alla
tradizione della preghiera della Chiesa.
Nell'Incarnazione
del Verbo il Cristo è testimone della luce del Padre, in Santo Stefano il
martire-testimone della Pasqua di Gesù, in San Giovanni Evangelista abbiamo la
testimonianza della verità. La bellezza del ciclo del Natale sta tutta nella
testimonianza: il Verbo si è fatto carne, ha donato la vita per l’umanità,
perché gli uomini accedessero alla comunione Divina. È il senso stesso della
celebrazione che ci accompagna in questi giorni, ma la domanda che ci si pone è
questa: cosa vuol dire essere testimoni, contemplando la figura di Stefano?
È la
coscienza di una pienezza di Spirito Santo, in una vivace attenzione al maestro
Divino, vivendone fino in fondo il mistero.
Tre aspetti
della figura di Stefano che dicono a ciascuno di noi se veramente ieri abbiamo
celebrato il Natale. Celebrare il Natale di Gesù è vivere come Gesù e allora,
il primo elemento che emerge, ed è una caratteristica della figura di Stefano,
egli è nella pienezza, pieno di Spirito Santo e di fede, pieno di prudenza e di
presenza del Divino. Il testimone è l'ebbrezza di un qualcosa di grande che è
presente nel cuore dell'uomo.
In certo
qual modo è la spontaneità di un mistero che è nella persona umana. Abbiamo
notato come nel testo degli Atti la caratteristica di Stefano è la pienezza,
una pienezza che diventa luminosità del volto, che diventa espressione della
stessa esperienza angelica. Luca, commentando la figura di Stefano, dice: aveva
un volto quasi di un angelo e quindi, la testimonianza, è una esuberanza che
nasce dal profondo del cuore dell'uomo e determina anche la sua fisicità.
Entrare
nell’esperienza del Natale è gustare questa pienezza, una pienezza che diventa
la vita stessa di Gesù. Chi è il cristiano?
È colui che nel cammino della storia dà il volto al Maestro divino; è
interessante come nella tinteggiatura che Luca ci dà di Stefano ci dice che il
suo parlare era così ricco che nessuno poteva controbatterlo. È quello che ci
ha detto molto bene l'evangelista Matteo E
quando vi condurranno via per consegnarvi, non preoccupatevi prima di quello
che direte, ma dite ciò che in quell'ora vi sarà dato: perché non siete voi a
parlare, ma lo Spirito Santo... Il testimone è la Parola divina in atto.
Ecco perché Stefano, primo martire, è legato al mistero del Natale; il
testimone del Padre che è Gesù diventa il testimone di Cristo stesso. Vivere
come è vissuto Gesù!
Entrare nel
mistero dell'Incarnazione non è qualcosa di estrinseco. Guardando quel bambino
Gesù noi ritroviamo il senso della vita. Il discepolo è il Cristo vivente! La
gioia del Natale non è solo una gioia di festa, ma una gioia di imitazione:
costruire la nostra storia contemplando Gesù, vivendo come è vissuto Gesù e
tutto si ritraduce nel terzo passaggio, il martirio. Se guardiamo attentamente
la descrizione del martirio di Stefano da parte di Luca negli Atti, è la stessa
descrizione della morte di Gesù nel medesimo evangelista del Vangelo: guardare
il crocifisso è guardare la nostra esistenza. Il testimone è il crocifisso
vivente nel tempo e nella storia. Ecco perché la Chiesa ci pone Santo Stefano
subito dopo il ciclo del Natale, perché la bellezza del Natale è la figura di
Stefano, per cui, in quell'espressione che ci ha accompagnato nel Salmo
responsoriale - che è la stessa espressione di Gesù secondo Luca - è la vita di
Stefano nelle tue mani consegno il mio spirito.
Il testimone è la pienezza di Cristo, incarna Cristo e si consegna al Padre
come ha fatto Cristo.
La vera
festa del cristiano a Natale è l'immedesimazione, con l'esperienza interiore di
Gesù. Ecco perché la bellezza del tempo del Natale è la gustazione della
personalità del Maestro. La Liturgia da questo punto di vista è maestra,
attraverso quei testi neo-testamentali che ci richiamano alla figura luminosa
di Gesù e allora credo che la Chiesa facendoci celebrare la festa di Santo
Stefano ci dice: non fermarti a vedere un bambino! Ricordate sempre le
espressioni con le quali l'angelo si rivolge ai pastori oggi, nella città di Davide,
è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore, il Cristo Pasquale! È la
bellezza di entrare nel mistero di Gesù vivendolo fino in fondo. Ecco perché
ieri siamo andati a celebrare l'Eucarestia, il memoriale della morte, sepoltura
e risurrezione del Signore, perché la bellezza della testimonianza di Gesù è
vivere il suo mistero di oblazione. Stefano è entrato in questa esperienza e ne
diventa testimone per noi. Potremmo dire di essere veramente nella festa di
Natale se sapremo donare la nostra vita per dire: nelle tue mani consegno il mio spirito. È l'Eucaristia che stiamo
celebrando. La bellezza dell'Eucaristia è vivere tutta la storia di Gesù. È molto bello come nella liturgia Bizantina
il Mistero eucaristico è celebrato nel nascondimento dell'iconostasi, è entrare
nel mistero di Gesù. Credo che la festa di Santo Stefano non è un’appendice del
Natale, ma è la verità del Natale. Cristo in tutta la sua storia è stato
testimone del Padre, il discepolo in tutta la sua vita è testimone del Cristo
pasquale. Camminiamo in questo mistero in tanta serenità e semplicità e allora,
nel momento in cui ci accosteremo ad accogliere i doni eucaristici anche noi
diciamo con Stefano: nelle tue mani
consegno il mio spirito e, in questa dedizione e unione, celebreremo
veramente il Natale.
Oggi, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore: tutti i tre termini della Pasqua. Viviamo così questo mistero nell’ebbrezza dello Spirito Santo, profondamente convinti che se ci innamoreremo fino in fondo della persona di Gesù, vivremo con lui e con lui entreremo nella gloria del cielo.
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