31 ottobre 2023

Oggi, qui, Dio ci parla...

A che cosa posso paragonare il regno di Dio? È simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata.



30 ottobre 2023

XXX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO A -

DOMENICA 29 OTTOBRE 2023

Es 22,20-26      1Ts 1,5c-10      Mt 21,28-32

OMELIA

Gesù questa mattina ci pone di fronte a un grande interrogativo: che senso hanno i comandamenti nella vita cristiana? 

Noi tante volte abbiamo una concezione del comandamento come qualcosa che dobbiamo fare, che dobbiamo eseguire e, di riflesso, in certo qual modo possiamo avere la sensazione di obbedire ai comandamenti in modo esecutivo, ma se entriamo nella profondità dell’affermazione di Gesù di questa mattina vediamo tre aspetti molto importanti da evidenziare:

- i comandamenti sono il cuore di Dio nel cuore dell'uomo,

- i comandamenti sono la strada per realizzare noi stessi,

- obbedire ai comandamenti è la nostra grande libertà.

Innanzitutto quando noi parliamo dei comandamenti dimentichiamo il principio della nostra vita: noi non siamo autori della nostra vita, noi la vita l'accogliamo nel suo nascere, la costruiamo attraverso le scelte quotidiane nella prospettiva della grande vita in paradiso. Quindi il cristiano parte dalla convinzione che è un dono del mistero stesso di Dio. In un certo qual modo il primo comandamento - quello fondamentale - è quello di ricordarci che siamo intensamente amati da Dio: è la bellezza della nostra esistenza. Il respiro mattutino è la fedeltà di Dio per noi - tante volte ce lo siamo detti, ma occorre continuamente ripetercelo: la bellezza della nostra vita è accogliere il dono della storia di Dio. Non per niente l'episodio della creazione dell'uomo è molto chiara, facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza e nel prologo di Giovanni tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste.

Chi è il cristiano? Il capolavoro della potenza di Dio!

Quando giungeremo in paradiso, in quel momento il nostro sguardo si aprirà a quella luminosità meravigliosa di essere il grande capolavoro della vita Trinitaria. E quindi il comandamento fondamentale è prendere coscienza che siamo un capolavoro di Dio. Ecco perché il cristiano fin dal mattino rende attento il proprio cuore, per ascoltare il darsi del mistero di Dio stesso. Ecco allora il primo elemento fondamentale a cui dobbiamo richiamarci è la presa di coscienza che noi siamo un mistero meraviglioso di Dio. È sempre bello davanti a questo primo punto riandare al salmo ottavo O Signore, nostro Dio, quanto è grande il tuo nome su tutta la terra, il cristiano è chiamato a essere un inno di gloria e allora di riflesso, come cristiano, come può realizzare questa opera di Dio? Attraverso un atteggiamento molto semplice: imparare a rendere grazie, vivere in gratitudine la nostra storia.

Credo che la bellezza di essere capolavoro di Dio diventa per noi significativa nella convinzione che rendiamo grazie, viviamo di gratitudine. In certo qual modo il cristiano è un binomio continuo tra gratuità e gratitudine, tra un Dio che viene, innamorato dell'uomo e un uomo che si rende contento di essere amato da Dio. Obbedire ai comandamenti è dire: grazie! Una delle verità alle quali noi non siamo molto aperti è il senso della gratitudine. La vita è un meraviglioso dono, vivere è cantare la gratitudine. Ecco perché il cristiano, utilizzando tutta una tradizione religiosa, fa le preghiere al mattino e alla sera, e non è un semplice fatto rituale, ma l'espressione che la vita è un dono da vivere con gratitudine nella prospettiva di questa grande eternità beata dove, eternamente, canteremo la gioia di essere un capolavoro di Dio.

E allora ecco il secondo passaggio fondamentale di questo nostro cammino per poter veramente obbedire ai comandamenti: il senso della gratitudine, obbedire come gratitudine. L'esempio più semplice: perché i genitori chiamano i figli all'obbedienza o perché i figli obbediscono ai genitori? Per cantare la gratitudine davanti al dono della vita. I comandamenti sono un atto di gratitudine, ma la cosa più importante - ed è il terzo passaggio - i comandamenti sono una persona: Gesù! Noi tante volte con i due comandamenti facilmente cadiamo nell'idea di “obbedire a Dio… non lo vediamo… va bene; andare con gli uomini d'accordo… è più difficile” perché abbiamo una visione dicotomica della vita; una cosa è Dio, una cosa è l'uomo, ma noi sappiamo esattamente che in Gesù c'è il vero Dio e il vero Uomo. Obbedire al comandamento dell'amore di Dio è Gesù vero Dio, obbedire ai comandamenti come esperienza di umanità è Gesù vero uomo, per cui il cristiano non obbedisce ai comandamenti ma diventa l'obbedienza al mistero di Gesù. Noi siamo un capolavoro di Dio e la bellezza di questa presenza di Dio nella nostra vita è il canto della gratitudine!

Ecco perché il cristiano nel cammino della sua vita quando è davanti ai Comandamenti dice: “La mia vita è una cosa sola: un capolavoro dell'amore del Signore!”. È molto bello come nella tradizione dell'Antico Testamento i dieci comandamenti sono introdotti da un piccolo cappelletto dove ci ricordano le meraviglie di Dio, nell'esodo, perché l'obbedienza - ricordiamocelo - è il canto della gratitudine della persona che si lascia profondamente amare e che fa delle sue azioni l'espressione storica della gioia di essere creata. Vivere è cantare la gioia di essere capolavoro di Dio. E allora, se noi riuscissimo a cogliere tutto questo, i due comandamenti sono uno solo: “Sii il Cristo vivente!”

Se noi riuscissimo a cogliere questo Cristo Gesù, nucleo fondamentale della nostra esistenza, le cose sarebbero ben diverse, cammineremmo nella serenità e nella gioia dell’istante: “Sono la fedeltà creativa di Dio!”

Ecco allora che noi ci ritroviamo questa mattina nell'eucaristia, non per imparare i due comandamenti quello per l'amore di Dio e per il prossimo, ma per imparare l'unico comandamento: lasciarsi conquistare dalla persona di Gesù, assumere i suoi sentimenti in modo che la nostra vita sia già all'inizio di quel gaudio eterno che sarà il paradiso. Obbedire è dire grazie del dono di vivere.  Viviamo così questa Eucarestia che è un grande rendimento di grazie alla vita nella prospettiva di questo orientamento finale che sarà il paradiso, perché camminando con questo stile di vita possiamo ritrovare veramente noi stessi. Questa sia la bellezza della nostra vita. Qual è il più grande dei comandamenti? Innamorarci di Gesù! Se noi riusciamo a entrare in questo orizzonte gustiamo quella libertà interiore che ci dice: “Sei un capolavoro e devi vivere nella gratitudine in attesa di quella esperienza gloriosa che sarà il paradiso”. Ecco allora che l’Eucaristia di questa mattina sarà farmaco di immortalità, la gustazione del sacramento di questa bellezza Divina nella quale noi vogliamo essere inseriti nella prospettiva di quella eternità beata quando Dio, Padre Figlio e Spirito saranno tutti e tre i Signori della nostra persona in una lode veramente inesauribile.


Oggi, qui, Dio ci parla...

La folla intera esultava per tutte le meraviglie da lui compiute



25 ottobre 2023

Oggi, qui, Dio ci parla...

“Tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate viene il Figlio dell’uomo“



22 ottobre 2023

XXIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO A

DOMENICA 22 OTTOBRE 2023


Is 45,1.4-61      Ts 1,1-5b      Mt 22,15.21


OMELIA


Gesù questa mattina ci pone dinnanzi uno dei grossi problemi della cultura di oggi: Il rapporto tra l'esperienza della fede e l'esperienza della creazione, il rapporto con Dio e il rapporto con la storia dell'uomo. Un rapporto che è stato bene evidenziato negli anni del Concilio Vaticano II, dove la bellezza del rapporto dell'uomo con il sociale, dipende da un intenso rapporto con Dio e il rapporto con il sociale porta ad un intenso rapporto con Dio. E allora, cercando di intuire quello che Gesù poteva dirci, potremmo analizzare questo testo evangelico da tre punti di vista:


-   “Date a  Dio quel che è di Dio”
-    “Date a Cesare quel che è di Cesare”

-           Fate in modo che quello che date a Cesare sia una lode del Signore.


Tre dimensioni sulle quali vogliamo soffermarci per rendere equilibrata la nostra esperienza, in modo da rendere la vita dell'uomo un inno di lode al Creatore: essere un sacrificio vivente Santo e gradito a Dio, essere quel culto spirituale di cui ci parla Paolo nella Lettera ai Romani.


Innanzitutto il primo punto, ricordiamoci sempre il momento della creazione: Dio il settimo giorno consegnò all'uomo il creato; l'uomo è il compimento della creazione che è il sesto giorno e il settimo giorno gli consegnò le realtà create perché le facesse maturare nella storia secondo i principi all'interno della creazione stessa. L'uomo è invitato a dare a Dio quello che Dio gli regala, perché l'uomo è una sua creatura; il suo essere, il suo vivere, il suo agire dipende da quell'atto d'amore con il quale Dio ha detto facciamo l'uomo a nostra immagine, perché diventi nostra somiglianza: è la bellezza di essere capolavoro della creazione Divina! Quando l'uomo pone la domanda a se stesso e chiede chi egli effettivamente sia, la risposta della fede è che siamo un capolavoro Divino che opera nella nostra storia per fare di noi le sue meraviglie. In certo qual modo, il settimo giorno di Dio regalò il mondo all'uomo perché l'uomo rendesse il creato un inno al Creatore. È quella libertà interiore davanti alla storia che deve continuamente fiorire nel cuore dell’uomo, il quale, davanti al mistero della vita, si pone la domanda -Signore, qual è il tuo volere? Voglio essere nella tua volontà, il Tuo mistero sia la gioia del mio lavorare perché in quello che faccio, io possa lodare e glorificare il Tuo nome-. È la grande libertà interiore che l’uomo deve ritrovare cammin facendo nel cammino della sua esistenza.


E questo primo elemento che pone l’uomo in dipendenza gioiosa ed eucaristica nei confronti di Dio.


L'uomo è chiamato ad approfondire il mistero. Quando Dio ha regalato all'uomo il mondo, lo ha regalato perché lo approfondisse e ne cogliesse le vitalità più profonde, ne cogliesse la bellezza e la profondità in modo che il creato potesse fiorire secondo il suo creatore. All’uomo è consegnato il mondo perché l'uomo, attraverso lo studio del mondo, possa cogliere nelle Leggi in un atteggiamento di obbedienza al Creatore.

Quando l'uomo vuole ritrovare se stesso, deve entrare in questa grande direzione, godere del dono, essere in rapporto con il dono, fare in modo che il dono diventi una lode nei confronti del Creatore. In un certo qual modo è restituire a Dio quello che Dio regala all’uomo: è la bellezza dell'uomo che opera nella storia e si mette in cammino perché i doni di Dio vengano continuamente fatti maturare.


È l’itinerario che ci offre il Vaticano II, dove dalla contemplazione della presenza di Gesù vivente nella chiesa nasce quella rivelazione Divina che diventa la lettura della realtà storica e l'uomo, innamorato della realtà storica, ricerca la presenza Divina per lodarne il mistero della bellezza della lode eucaristica. È un itinerario di grande liberazione, Dio si regala all'uomo, l'uomo si regala a Dio in una comunione di vita dove il criterio fondamentale è che tutto parte dal mistero di Dio che opera nel profondo della natura umana.


L’uomo davanti al Creato si sente dono come uomo che interpreta ciò che appare nella storia, e dall’altra sente la vocazione di scoprire la profondità e la bellezza del Creato per poter essere un inno di lode a Dio, perché in tutto sia glorificato il Signore.

Ecco perché l’uomo è diventato sacerdote cosmico, perché attraverso la bellezza della sua vita, possa lodare il Signore. Infatti una delle interpretazioni molto interessanti dell'evento battesimale è che l'uomo, attraverso l'inserimento nella chiesa, attraverso l'assunzione del mistero di Gesù, possa fare del Creato un inno di lode a Dio: Dio, il Padre, ci regala nel Figlio il metro per costruire la vita, e noi, nell'obbedienza al Figlio ci innamoriamo del Creato per far sorgere dalle realtà contingenti di tutti i giorni quella liturgia di lode che è la liturgia cosmica, la bellezza che il mondo possa veramente glorificare il Signore nella sua divisione migliore. E allora, nel momento in cui Gesù ha dato quella risposta che immediatamente può crearci delle difficoltà, rendete a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio, ci dona la libertà del lavoro, l'impegno e la libertà, l'obbedienza e la creatività, la certezza di essere un dono per restituire con gratitudine. In certo qual modo si realizza il principio di fondo della vita dell'uomo, il quale si sente tutta e sola grazia, vede il Creato un capolavoro del dono di Dio, sente in sé il desiderio di sviluppare questa bellezza creativa in modo che gli uomini possano godere la grandezza del Signore perché in tutto sia glorificato il Signore.


E questo ci permette di tirare alcune conseguenze molto semplici: davanti alle realtà create viviamo in atteggiamento di ammirazione ricco di obbedienza, Dio è meraviglioso nel Creato e ci rende partecipi della sua azione creatrice. Ogni mattina Dio ci regala il mondo e ogni sera noi gli restituiamo nel lavoro compiuto la gioia di aver concreato il mondo con Lui. Se noi riusciamo a entrare in questa esperienza, ci accorgiamo che la bellezza del lavoro è essere con Dio facitori di quel mondo nuovo che ci ha regalato. Qual è l’atteggiamento che dovremmo avere in questo itinerario, se non la bellezza di essere ricchi di ammirazione per quello che Dio ci regala, vivere la fecondità del rendimento di Grazia. L’uomo lavora cantando la gratitudine! In questa grande libertà interiore fiorisce la bellezza della nostra vita, che è un cammino di glorificazione di Dio.

Quindi date a Dio quel che è di Dio, date a Cesare quel che è di Cesare, e poiché quello che noi diamo a Cesare nasce dall'atto creativo di Dio, in ultima analisi la nostra esistenza, sviluppando il creato non si fa nient'altro che glorificare il Creatore che fa del mondo le cose meravigliose.


E questo noi lo dobbiamo vivere nell’ Eucaristia. È molto bello come il rito offertoriale si apra con quelle due invocazioni: Benedetto sei tu Signore Dio dell'universo, dalla Tua bontà abbiamo ricevuto questo Pane e questo Vino, perché diventino per noi cibo di vita e bevanda di vita eterna.


Ogni Eucarestia è offrire al Signore la gioia di concreare il mondo nel quotidiano perché tutto possa diventare una lode al Creatore generando quello che è il principio dell’Eucaristia, la bellezza della comunione fraterna. Il mattino diventa dono, la sera diventa Eucaristia, il mattino è accoglienza, la sera è restituzione in un itinerario costante che lentamente ci conduce a camminare in novità di vita. Gesù questa mattina ci dice, venendo all’Eucaristia “Porta la tua storia, la storia che ti è stata regalata dalle Santissima Trinità perché tu possa veramente sviluppare questo dono creando comunione con i fratelli, generando quello stupore davanti al Creato, in modo che in tutto sia glorificato Dio, in quello che facciamo, pensiamo, operiamo”.


E allora ci accorgeremo che quel Pane Eucaristico che ci viene offerto è nient’altro che la risposta che Dio ci offre quando, nell’atteggiamento di ringraziamento, non facciamo nient’altro che lodare il Signore e quindi chiamarlo come Padre, per poter da figli concreare quel mondo che deve diventare la gloria divina a edificazione della comunione fraterna, la speranza dei fratelli in attesa di quella glorificazione gloriosa che sarà la realtà del cielo quando il Creato sarà un inno di lode al Creatore.

 

Oggi, qui, Dio ci parla...

Rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio



19 ottobre 2023