OMELIA
Ieri abbiamo celebrato la solennità di tutti i santi e abbiamo riscoperto come la grandezza dell'uomo deve essere il luogo delle meraviglie di Dio. La creatura è santa perché capolavoro di Dio.
Quello che ieri la Chiesa ci ha insegnato anima anche la
celebrazione di oggi.
In certo qual modo, per un momento, dobbiamo dimenticare
questo abito nero per avere l'abito bianco poiché la bellezza della festa di
oggi è l'espressione della luminosità della vita: si è santi per risorgere.
Spesso siamo dominati dal principio della morte e la rifuggiamo attraverso
l'idea dei suffragi: modo migliore per non dare senso alla vita.
La bellezza della festa di oggi (dei morti) è ritrovare il
senso della vita.
La serietà della morte è il linguaggio della serietà della
vita. La parola che oggi Gesù ci ha regalato ci fa intuire che il cristiano non
conosce la morte, che non esistono i morti perché la bellezza della vita è
risorgere. Nel brano evangelico di Giovanni che abbiamo ascoltato abbiamo
intuito una grossa verità davanti all'interrogativo che scaturisce dentro di
noi: cos'è la vita?
Il mistero della morte si comprende intuendo la vita.
Se andiamo al Vangelo di Giovanni ci accorgiamo che la
vita è Dio Padre che ci regala a suo Figlio Gesù Cristo; è una verità questa
che nel Vangelo di Giovanni è molto chiara: la vita è un regalo del Padre al Figlio
per cui noi siamo il regalo del Padre al Figlio. Gesù ha detto che nessuno di quelli che il Padre
gli ha dato sarà perduto.
La vita, quando cerchiamo di coglierla nella sua
profondità, è una regalo tra il Padre, il Figlio e ciascuno di noi. Allora
perché la morte?
Davanti a questa bellezza della vita che è un meraviglioso
incontro tra l'amore del Padre e del Figlio nei nostri confronti è l'uomo che è
chiamato a vivere di questo amore. Se andiamo alla scuola di Giovanni Gesù ha
detto: "Io lo risusciterò nell'ultimo
giorno", ma cos'è l'ultimo giorno?
Noi pensiamo che l'ultimo giorno sia il momento in cui
moriamo; l'ultimo giorno -in Giovanni- è molto più semplice, l'ultimo giorno è
Gesù stesso.
Chi, nella fede, spalanca la sua esistenza alla figura di
Gesù, in quel momento sta già risorgendo. Noi pensiamo che la vita sia un
tracciato di anni, poi c'è il momento della morte e dopo un futuro. Questa non
è la visione cristiana!
Il cristiano nel momento in cui nasce è regalato al Figlio
e il Figlio, i regali del Padre, li sviluppa continuamente facendoli lentamente
risorgere. Se dovessimo qualificare la vita da quest'angolatura questa è
un'morire e un risorgere continuo fino al momento in cui ci sarà il compimento
del morire, la morte fisica, e il compimento della vita, il paradiso. La
bellezza della storia dell'uomo è risorgere continuamente…… Il cristiano questa
verità la intuisce nel più profondo del suo essere perché in ognuno di noi è
abitante il Risorto.
Quando ci poniamo la domanda “chi sono io”, il Vangelo ci
dice: tu sei il Cristo risorto vivente.
Noi abbiamo già la vita eterna, siamo nella vita eterna
perché nella nostra esistenza opera meravigliosamente Dio che è Padre, Figlio e
Spirito Santo: questa è resurrezione! La morte è la condizione per spalancarsi
pienamente sulla vita……
L'uomo nella sua fisicità non riesce a gustare le bellezze
luminose di Dio perché la fisicità storica gli impedisce di entrare in questo
orizzonte ineffabile e infinito in cui navigheremo nell'eternità beata. Nel
momento della morte lasceremo qui la fisicità storica e nella felicità gloriosa
eternamente contenteremo il volto del Padre seguendo il Cristo, nella luce
dello Spirito Santo. Oggi dopo aver contemplato la nostra identità con i santi
stiamo contemplando la nostra identità di assetati di quel volto meraviglioso
nel quale i nostri fratelli sono già stati inseriti. La comunione dei santi è
la comunione che noi abbiamo in Gesù Cristo. Chi, in Gesù Cristo, continuamente
costruisce la sua esistenza è sempre in comunione con i santi. Questa è la
bellezza della fede: il cristiano non conosce lutto.
È molto bello come le testimonianze dei primi due secoli
della Chiesa che abbiamo un po' perso nell'itinerario, era che nel momento
della morte la Chiesa benediceva Dio perché contemplava il fratello morto nella
luminosità dell'Eterno. Gli stessi elementi dell'archeologia dei primi due-tre
secoli lo dicono molto chiaramente: la bellezza di morire è il gusto di vedere
eternamente Dio. Quando noi moriremo il Figlio dirà al Padre: "ecco il
regalo che mi hai dato".
È quell'esperienza che la fede continuamente ci regala: il
cristiano muore, ma non conosce la morte; il cristiano muore perché ha il gusto
della vita.
Se entrassimo in questa visione si realizzerebbe l'espressione
di Gesù: "Questa è la volontà del Padre mio e chiunque vede il Figlio e
crede in lui abbia la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno che
sono io". Gesù è l'alfa e l'omega, il principio e la fine: "Io sono
la resurrezione e la vita".
La festa di tutti i morti non è il momento del suffragio,
ma il momento in cui gustiamo con i fratelli a noi molto cari la bellezza del
paradiso; loro sono arrivati, noi stiamo arrivandoci, tutto questo non è
un'ipotesi di lavoro perché la bellezza dell'eucarestia è la bellezza di
condividere l'eternità beata.
Tante volte usiamo l'espressione: comunione dei santi, ma
cosa vuol dire questa espressione?
Chi sono i santi, se non le realtà sante, i doni
eucaristici? Oggi faremo comunione con i doni eucaristici, oggi faremo
comunione con la persona del Risorto che porta i segni della passione e,
accostandoci alla comunione eucaristica celebreremo la comunione dei santi, ma
poiché in Cristo Gesù ci sono tutti gli uomini, nell'eucarestia siamo in
comunione con tutti i fratelli del cielo e della terra.
La festa di oggi non ha nulla di lutto, è la festa della
nostalgia della pienezza della gloria.
Viviamo così quest'eucarestia e nel momento in cui faremo
la comunione abbiamo questa immagine: stiamo mangiando sacramentalmente il
corpo il sangue del Signore, i nostri fratelli defunti stanno mangiando faccia
a faccia la gloria di Dio. Ecco perché la festa di oggi deve essere questa
comunione dei santi, una comunione di paradiso.
Celebriamo con questi sentimenti l'eucaristia allontanando
ogni visione di lutto.
In Gesù non ci sarà né lutto, né lamento, né pianto.. dice
l'Apocalisse.
Viviamo questa gioia pregustata di eternità beata nella
profonda convinzione che il Signore che ci ha accolti come dono del Padre, tra
poco l'eucaristia ci consegnerà al Padre, in attesa di quella gloria finale
nella quale tutti saremo un inno alle tre Persone divine.
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