OMELIA
Gesù domenica scorsa ci ha rivolto quel pressante invito:
rivestirci del suo mistero, rivestirci della sua persona, assumere i suoi
sentimenti. Solo attraverso questo atteggiamento interiore possiamo godere e
gustare i tempi messianici di cui ci ha parlato il profeta Isaia: essere
rivestiti di Cristo per godere l'armonia cosmica-universale.
È
il desiderio all'interno del cuore di ogni uomo che desidera ardentemente
ritrovare armonia nella sua storia.
La Chiesa oggi, attraverso la figura di Giovanni il
battezzatore, vuole aiutarci a percorrere un itinerario evangelico perché
questa armonia, a cui siamo chiamati, possa effettivamente realizzarsi.
Infatti, chi non diventa alunno di Giovanni non potrà mai essere rivestito
della luminosità di Cristo. È bello accedere a questo grande personaggio non
solo chiedendogli di aiutarci nel cammino per accogliere il Signore, ma è
veramente bello accostarci a questo personaggio, assumendo il suo spirito e
condividendo la sua interiorità.
Giovanni battista non è solo colui che prepara la venuta
del Signore, ma è colui che entrando nella nostra vita, in noi, con il suo
esempio prepara questo incontro con il Maestro. Giovanni è il pedagogo che
abita in noi, che ci aiuta ad andare incontro al Maestro divino. È bello
soffermarci sulla descrizione che l'evangelista Matteo ci offre di Giovanni Battista
attraverso il suo abito, attraverso il suo stile di vita, attraverso il suo
modo di porsi davanti alla storia a cui Dio lo chiamava: è il vestito della
essenzialità, della semplicità, è il vestito che denota uno stile interiore in
cui non esistono orpelli o esteriorità.
Dicevamo domenica scorsa che il vestito ritraduce una
interiorità. Giovanni il battezzatore attraverso l'abito che porta ci insegna
come in lui e con lui dobbiamo andare incontro al Maestro divino. Infatti,
quando ci accostiamo alle immagini che poc'anzi abbiamo visto di Giovanni,
immediatamente il pensiero va al profeta Elia. Non per nulla Matteo, nel suo
Vangelo, vede la figura di Giovanni come quella di Elia perché Elia è la vera
immagine di come andare incontro al Signore. Se ci soffermiamo a sottolineare
questa esperienza di Elia di cui Giovanni è il segno compiuto, intuiamo come
lentamente possiamo percepire, come gustare la pienezza dei tempi messianici.
La figura di Elia è la figura di un profeta che si è lasciato lentamente
spogliare da tutte le sue sicurezze, vivendo solo della creatività di Dio.
Leggere l'esperienza di Elia è leggere l'esperienza a cui ognuno di noi è
chiamato per incontrare il Signore.
Conosciamo esattamente il testo in cui viene narrata la
vicenda centrale di Elia il quale per 40 giorni e 40 notti ha assunto solo il
cibo e la bevanda che gli erano offerti dalla provvidenza. Ritraducendo con il
linguaggio di oggi, potremmo dire: è il “mangiare la storia” di ogni giorno per
diventare persone capaci di accedere al mistero di Dio. In questo dovrebbe
nascere l'innamoramento alla storia come il pane quotidiano della nostra
esistenza.
Se entriamo nella profondità dell'esperienza di Elia ci
accorgiamo come, dalla potenza "sociale" di un profeta, attraverso la
delusione deprimente del fallimento, egli si sia lasciato condurre dagli
avvenimenti della vita che l'hanno lentamente denudato della propria
autosufficienza.
Per poter andare incontro al Signore dobbiamo togliere dal
nostro cuore tutte le precomprensioni davanti al mistero della venuta del Maestro.
Noi tante volte collochiamo nel Signore i nostri desideri repressi, costruiamo
un Gesù a nostra immagine e somiglianza, non riusciamo a vivere quel Gesù che è
il criterio vero della vita dell'uomo che si lascia denudare dalla storia per
essere veramente come lui vuole: puri di cuore.
Giovanni Battista è l'incarnazione di Elia e ci dice,
attraverso il suo atteggiamento esistenziale, che dobbiamo lentamente
abbandonare tutto ciò che non è il Signore per poter giungere a una tale
affinità con il Maestro, per poter vivere l'incontro della venuta del Signore,
come Elia ha fatto l'esperienza di Dio. Elia è giunto al monte dell'Oreb, non
ha visto Dio nel terremoto, non ha visto Dio nel fuoco, non ha visto Dio nel
vento impetuoso, ma ha gustato Dio, percependone la profondità del respiro. La
profondità del respiro di Dio la coglie l'uomo che si è lasciato denudare dalle
precomprensioni. Il respiro di Dio lo coglie solo l'uomo in intimità con Dio.
Come nella dinamica affettiva, il respiro lo si percepisce
quando si è faccia a faccia e presuppone un'intimità feconda senza la quale non
se ne avverte il vibrare del respiro, così Elia, attraverso Giovanni, ci dice
che dobbiamo entrare in una tale intimità divina. L'evento dell’Incarnazione ci
aiuta a sentire il vero respiro di Dio, ecco perché noi uomini quando siamo
davanti a queste affascinanti verità e orizzonti costruiamo tante cose
esteriori.
Le cose esteriori sono la condizione per non vedere mai il
Signore.
L'essenzialità, la semplicità e il dire che ciò che veramente
vale per essere veri, è la condizione per essere incontrati da Gesù. Nella
storia della Chiesa facciamo questa esperienza: più ci si allontana dal respiro
di Gesù più ci creiamo riti, strutture, codici morali, forme giuridiche perché,
in certo qual modo, l'uomo ha paura a entrare nell'intimità divina dove c'è il
vero gusto della vita. Ecco perché la storia ci purifica continuamente.
Amiamo la storia come pedagogia divina per una semplicità
nel rapporto con lui. Se entrassimo in questa visione, usando l'immagine vista
domenica scorsa, ci lasceremmo denudare per essere rivestiti di quella
luminosità di gloria che ci fa intuire la meravigliosa presenza del Signore.
L'eucaristia che stiamo per celebrare è per chi gusta il
respiro di Dio. In quel gesto dell'aprire la bocca e dell'accogliere il pane e
il vino, accediamo all'intimità del respiro di Dio che entra nelle nostre
persone e ci qualifica in modo esaltante perché possiamo accedere alla novità
divina e pregustare quell'armonia di cui ha parlato il profeta Isaia.
In questa Eucaristia entriamo in questo favoloso mistero,
per sentirci uomini che vanno incontro al Signore con un unico desiderio:
abbandonare ciò che non vale per entrare nell'essenzialità della vita, gustare
quell'Invisibile che diventa storia per riempire di gioia le nostre persone. Lo
Spirito Santo possa fare in noi questo capolavoro in modo che la nostra
esistenza nell'essenzialità sia la luminosità divina nella quale il Signore sia
l'unica nostra consolazione, come ci ha detto l'apostolo Paolo: “Il Dio della
perseveranza e della consolazione vi conceda di avere gli uni verso gli altri
gli stessi sentimenti sull'esempio di Cristo Gesù, perché con un solo animo e
una sola voce rendiate gloria a Dio, padre del Signore nostro Gesù Cristo”.
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