OMELIA
Partecipare
alla gioia di Dio nell'esperienza dell'incarnazione vuol dire sentirci
continuamente generati dall'alto. Il cristiano gusta la gioia della vita,
quando ritrova lentamente questa consapevolezza d'essere istante per istante nato
da Dio. Questa percezione ci porta a rivivere un atteggiamento che cogliamo
nella figura di Stefano: guardare verso l'alto. Stefano affronta la sua storia
e il suo martirio con lo sguardo rivolto verso l'alto e questo sguardo non è
semplicemente un qualcosa di esteriore ma traduce una interiorità, una pienezza
di sapienza e di Spirito Santo. In questo è imitatore di Gesù che nel Vangelo
davanti alle situazioni della vita e ai gesti che è chiamato a compiere
guardava verso l'Alto.
Lo
sguardo verso l'alto ritraduce uno stile di vita interiore. Se noi nasciamo veramente
da lassù, se l'origine della nostra esistenza viene dalla benevolenza di Dio,
davanti alle problematiche della vita dobbiamo guardare in alto perché la bellezza
del guardare in alto significa dare speranza alla nostra povertà storica. La
vita è ricca di interrogativi, le difficoltà possono in un modo o in un altro
schiacciare le nostre persone, le oscurità dell'esistenza ci possono far
perdere la speranza. Lo sguardo verso l'alto riproduce la consapevolezza presente
in noi che è da lassù che nasce l'esistenza, siamo chiamati a costruire ogni
istante alla luce dell'energia divina che opera nelle nostre persone. Infatti,
quando l'uomo guarda verso l'alto, coglie due sfaccettature della sua esistenza
estremamente importanti: accogliere la potenza dello Spirito e dilatare la
sapienza divina.
È
quello che è avvenuto in Stefano quando si dice che i suoi avversari non
potevano resistere alla sua sapienza. Infatti, quando l'uomo a livello
interiore ha lo sguardo rivolto verso l'alto, si sente immerso in una luce che
gli dà la capacità di camminare nella storia. Il desiderio di guardare verso
l'alto ritraduce il coraggio di lasciarci rigenerare da quella creatività di
Dio che è di gran lunga superiore a tutti gli ostacoli della vita. Stefano
volge lo sguardo verso l'alto, perché solo la potenza di Dio poteva dargli
l'energia di testimoniare la libertà del Vangelo. Se l'uomo storico è
facilmente condizionato dai contesti, se lo smog della cultura tecnologica o
pragmatistica ci impedisce di respirare la purezza dello spirito, lo sguardo
interiore rivolto verso l'alto ci dà la capacità di percepire una meravigliosa
creatività divina. Non guardiamo troppo alle nostre povertà e alle nostre
difficoltà, ma lasciamoci rigenerare dall'alto.
Chi
si lascia rigenerare dall'alto, chi si lascia invadere dalla creatività divina
acquista la sapienza divina che è nient'altro che la sapienza del Cristo
crocifisso. È molto bello come l'evangelista Luca descrivendo la morte di
Stefano la ritraduce in un linguaggio che si richiama immediatamente alla
crocifissione di Gesù. Chiunque ogni giorno venga rigenerato lentamente dalla
sapienza dello Spirito, si comporta secondo lo stile di vita di Gesù. La sua
sapienza stimola il discepolo a rileggere la storia, entrando in quel clima
interiore che suggerisce il "come fare" e il "che cosa dire".
Infatti, quando veramente entriamo in questa docilità alla creatività divina, a
livello interiore avvertiamo come effettivamente possiamo agire. Ecco perché
l'evangelista Matteo ci ha detto chiaramente che davanti alle difficoltà non
dobbiamo mai pensare a cosa diremo con lo stile concreto della vita: la potenza
di Dio che è in noi ci dà una tale sapienza che lo Spirito Santo parlerà
attraverso la nostra vita. È la grande docilità di chi si lascia ogni giorno
rigenerare dall'alto per potere camminare in novità di vita.
Noi
tante volte non riusciamo a percepire questi due grossi valori come la potenza
e la sapienza divina presenti in noi perché ci lasciamo condizionare dai
contesti nei quali viviamo e non abbiamo più quella freschezza, quella libertà,
quella gioiosità interiore che ci portano a dire Gesù attraverso le scelte
quotidiane della nostra esistenza. Il dare la vita come ha fatto Stefano non
sarà nient'altro che fare una meravigliosa professione di fede nella potenza
che scaturisce dalla persona del Cristo glorioso.
Ogni
gesto del cristiano dovrebbe incarnare la fede in Gesù, è dire la creatività di
Dio nella nostra esistenza. Quando siamo davanti agli interrogativi della
storia, non rinchiudiamoci troppo in noi stessi, ma lasciandoci guidare dallo
Spirito possiamo in verità entrare in noi stessi e percepire la divina presenza.
Di conseguenza comprendiamo che l’avvertire la divina presenza vuol dire alzare
lo sguardo verso l'alto. Ogni giorno viviamo nella consapevolezza che la nostra
persona sempre scaturisce dall'origine di ogni dono: dall'alto, dalla potenza
creante dello Spirito! Allora il
cristiano elabora la sua esistenza in una meravigliosa sintesi tra una storia
di supplica e una potenza divina e seguendo tale percorso diventiamo delle creature
nuove veramente generate da Dio. E allora è bello coniugare la figura di Gesù che,
nell'incarnazione diventa testimone della verità, e Stefano, che nel percorso
storico è stato testimone di Cristo Gesù. Dalla verità che viene dall'alto e
che si cala nella storicità di Gesù, fluisce lo stile di vita come testimone
dell' opera divina che opera nella figura di Stefano.
Chiediamo
al Signore questa mattina, nella festa di Santo Stefano, di avere sempre lo
sguardo del cuore rivolto verso l'alto per lasciarci educare da quella potenza
e sapienza divine che ci danno il gusto di godere esistenzialmente del Vangelo.
Gesù,
nell'ultima cena, quando ha iniziato quella meravigliosa preghiera eucaristica,
ha alzato gli occhi al cielo.
Gesù
compiendo il miracolo della moltiplicazione dei pani ha rivolto lo sguardo
verso il cielo.
Anche
noi questa mattina, che vogliamo lasciarci ricreare dalla potenza divina, in
questa eucaristia alziamo lo sguardo verso il cielo e allora in questo sguardo
elevato verso il cielo, avvertiamo come in quel pane in quel vino ci sia data
la potenza di Dio, la creatività dello Spirito Santo, la consolazione di una
meravigliosa presenza perché da quella comunione nasca quella sapienza divina
che ci dice che dobbiamo incarnare la serenità coraggiosa di Gesù davanti agli
avvenimenti della storia quotidiana. Solo così potremo regalare a tutti gli uomini,
la speranza che viene dall'alto e condividere con i fratelli la bellezza
dell'esistenza quotidiana.
Con
Gesù e sull'esempio di Stefano potremo dire ai fratelli la grandezza feconda
della vita, al di là delle difficoltà della storia. L'uomo interiormente
gaudioso è un uomo che sa vivere anche il tormento del martirio della
quotidianità. E il grande miracolo che rappresenta il vivo effetto della azione
inesauribile dello Spirito Santo.
Dovremmo
ridirci continuamente che questo meraviglioso stato d'animo si fonda sulla
signoria del Risorto che opera nelle nostre persone. Solo in lui e nella
sicurezza teologale del nostro abitare nel suo mistero possiamo dire la
bellezza e la gioia della nostra identità umana. In Gesù creduto e vissuto
specialmente nella celebrazione eucaristica gustiamo la bellezza di vivere e di
vivere ogni giorno. Allora la gioia di Dio diventa la nostra gioia e il vissuto
sarà sempre più sacramento testimoniale delle meraviglie che le tre Persone
divine operano nella storia dell'intera umanità.
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