OMELIA
L'esperienza
della Quaresima ci introduce lentamente nella personalità del Maestro, e
l'evangelista Giovanni, dopo averci detto che dobbiamo avere sete del volto di
Dio, ci ha regalato quella luce che ci dà la capacità di seguire giorno per
giorno il Maestro per farci giungere alla bellezza della vita. Nel miracolo di
Lazzaro scopriamo che la bellezza della vita di un discepolo è vivere in atto
la risurrezione di Gesù, che non è altro che la bellezza, la luminosità,
l'armonia della vita, perché Gesù, nel momento in cui ci affascina, ci
introduce nel suo mistero e ci dona la bellezza della vita.
Questa
verità esistenziale, alla quale Gesù oggi vuole richiamare la nostra
attenzione, passa attraverso l'esperienza del credere.
E’
molto bello come Gesù rivolgendosi a Marta abbia detto: “Chi crede in me anche
se muore vivrà e chiunque vive e crede in me non morrà in eterno”.
In
un altro brano Gesù dice ancora: ”Chi ascolta la mia parola e crede a colui che
mi ha mandato ha la vita eterna, ed è passato dalla morte alla vita”.
Il
mistero della risurrezione è goduto solo dal discepolo che crede.
Ma
cosa vuol dire credere?
Tutta
l'esperienza del Vangelo di Giovanni è un richiamo al credere. Per coglierne la
profondità di significato occorre distinguere tra “la fede” e “il credere”
poiché questa distinzione è fondamentale per entrare nell'esperienza della risurrezione.
In modo sintetico si potrebbe affermare che la fede è aprirci all'invadenza del
mistero di Gesù, credere, a sua volta, è vivere in modo personale questa
invadenza.
Questa
è una dialettica nella quale noi siamo chiamati a entrare perché il credente è
colui che vive istante per istante l'affermazione di Gesù: “Io sono la risurrezione
e la vita”.
Il
primo elemento che dobbiamo cercare di acquisire è la fede, spalancare la
nostra esistenza alla signoria di Gesù; è l'uomo che assetato di verità e di
luce che dice al Signore: invadi la mia vita! Qui scopriamo quel passaggio che,
dal punto di vista esistenziale, ci porta a dimenticare l'io per immetterci nella
luminosità del tu. La fede è proiettare tutta la nostra sensibilità al mistero di
Gesù, è una attenzione interiore per cui lo sguardo del cuore non può più
allontanarsi da questa persona sommamente amata.
Questo
primo elemento, che è l'attenzione amorosa che Gesù genera in ciascuno di noi e
che ci attira in modo continuo, diventa credere quando la persona di Gesù
diventa l'anima della nostra anima. Il Cristo viene ad abitare in noi e,
abitando in noi, diventa il principio di ogni nostra scelta.
Credere
è il Risorto che plasma talmente la nostra esistenza che ormai noi viviamo “da
risorti”. Questa è la bella intuizione che ci ha offerto Paolo nella lettera ai
Romani quando afferma che lo Spirito del Risorto è dentro di noi e opera in noi
la fecondità della risurrezione di Gesù. Tale verità Gesù ce l’ha detta
chiaramente nel dialogo con Marta, quando Marta dice “io credo che risorgerà
nell'ultimo giorno”. Ognuno di noi possiede una particolare concezione del
tempo visto come la successione di istanti e di conseguenza pensiamo che noi
risorgeremo quando moriremo.
Gesù,
nella risposta data a Marta, corregge il tiro: noi non risorgeremo domani, ma
nell'ultimo giorno, l'ultimo giorno è l'oggi della personalità di Gesù! Oggi
siamo in stato di attiva risurrezione quando viviamo del credere! Oggi noi
stiamo già risorgendo, pur vivendo nelle contingenze della storia. Per noi non
c'è problema di domani, per noi tutto è oggi! Oggi il Risorto dimora in noi
perché oggi viviamo di lui, e il risorgere finale non sarà altro che la definitività
della nostra esistenza che, ogni giorno, sceglie il mistero di Gesù!
Uno
dei drammi dell'uomo contemporaneo è quello di non gustare la bellezza
dell'oggi.
L'uomo
pensa a domani, con quella invasione di paure che lo caratterizza. Gesù ha
detto “oggi” perché “Io sono! Io sono il respiro del Dio fedele che chiama alla
piena comunione con sé”.
Come
l'uomo vive ogni giorno perché respira, così il credente ogni giorno risorge in
Gesù, con Gesù e come Gesù.
Noi
siamo già nell'ultimo giorno, stiamo aspettandone la definitività pienamente
liberante dalle contingenze storiche.
Questa
concezione è la bellezza della nostra esperienza di fede: lasciarci invadere
dal Maestro facendo sì che la nostra vita sia veramente in sintonia con lui.
Quando
moriremo, saremo nella pienezza della risurrezione. Il morire è la pienezza del
vivere.
Quando
l'uomo sta per morire, in quel momento pone il massimo atto della sua libertà:
consegnare se stesso all'invadenza di Gesù per poter gustare eternamente il suo
volto.
Ma
tutto questo dipende da come oggi sappiamo nella nostra esistenza lasciarci
trasfigurare da questa misteriosa realtà. Il cristiano non si pone il problema
del quando morirà, il cristiano sta già gustando la gioia e la bellezza di
vivere. Non per niente Gesù ha detto: “Io sono la risurrezione e la vita”,
perché Gesù è la vita e la vita non conosce la morte. L'uomo affascinato dalla
vita non muore!
L'uomo
affascinato dalla vita è in una comunione che non finirà mai.
L'uomo
che vive non conosce il morire, anche se sa che ci sarà un cambiamento, ma nello
stesso tempo è consapevole che non sarà mai interrotto il mistero della vita.
In
questo dinamismo, scopriamo che la bellezza della fede è questa vitalità di
Gesù dentro di noi, credere è gustare con tutta l'intensità della nostra
umanità, con tutte le sue caratteristiche questa azione trasfigurante di Gesù
che continuamente ci dice: “Io sono la risurrezione la vita”. "Chi crede
in me, non conoscerà la morte!". Chiunque accoglie nella sua persona il
Risorto e in lui costruisce ogni istante è già nel percorso attivo della
risurrezione definitiva.
Ecco
perché Paolo nella lettera ai Filippesi dice di essere indifferente alla morte e
alla vita. Egli dice: "Io preferirei morire perché vorrei
per sempre stare con il Signore però, se il mio vivere è per la vostra gioia
devo ancora vivere, continuerò a vivere tra voi." Il principio di Paolo è
Gesù, quello Spirito del Risorto che opera intensamente nella nostra esistenza e
ci dà la capacità di camminare. Quando ci ritroviamo nella vita con le oscurità
dell'istante, ripetiamoci continuamente “Io sono la risurrezione e la vita, chi
crede in me anche se muore vivrà”. E allora questo atto di speranza ci aiuterà
sempre.
Quando ci accosteremo all'eucaristia,
il Risorto, se lo sapremo accogliere con tutta l'intensità della nostra fede,
diventerà vita in noi e avremo una luminosità interiore che non ci farà mai
temere alcuna paura perché nell'eucaristia c'è la vita e la risurrezione. La
bellezza dell'eucaristia è questa comunione con la Vita che ci dà il gusto
della vita. Camminiamo in questa visione che è ricca di speranza perché ci fa
dire che i guai della vita sono di un istante, ma il Signore è il Signore e il
Signore è un'eternità già presente. Viviamo questo mistero nella semplicità e
nei limiti delle nostre storie, certi che Gesù, in noi, è così grande che basta
che gli diciamo: “ti amo Gesù, con tutto me stesso” e allora percepiremo
quell'amore che è vita, che è risurrezione, che è pregustazione di quel
paradiso che noi tutti intensamente desideriamo.
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