09 aprile 2017

DOMENICA DELLE PALME - (ANNO A)

Is 50,4-7                   Fil 2,6-11           Mt 26,14- 27,66
OMELIA
Il cammino quaresimale lentamente ci ha introdotto nella interiorità di Gesù. L'essere questa mattina condotti a contemplare il grande evento della morte di Gesù ci porta a entrare nel cuore del Maestro e a intuire, nella narrazione che abbiamo poc'anzi ascoltata da Matteo, quale fosse la sua interiorità. L'evangelista Matteo, attraverso due atteggiamenti del Maestro, ci riproduce l'intenzionalità presente nel suo cuore: il gesto del gridare e l'inizio del salmo 21 “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. Coniugando questi due atteggiamenti riusciamo a percepire cosa Gesù provasse in quel momento.

Spesse volte siamo abituati a vedere in modo statico il Crocifisso, ma non sempre riusciamo a entrare nel dramma di quest'uomo, dove ciò che lo ha aiutato nell'accogliere il dramma della sua esistenza è stata la comunione con il Padre. Sia il grido sia la sua interpretazione da parte degli evangelisti mettono in luce questa potenza interiore del Maestro.

Il gridare è la speranza più profonda del cuore dell'uomo davanti alla sofferenza.

Quelle parole del salmo “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” si aprono, e lo abbiamo ascoltato nel salmo responsoriale, alla certezza del Dio fedele. E allora è bello nella potenza della fede cercare di intuire, per quello che umanamente potrebbe essere possibile, cosa Gesù abbia sofferto e quale sia stata l'energia che gli ha dato il coraggio di gridare la speranza del suo cuore.

L'autore della lettera agli ebrei, in una parola, ritraduce quello che Gesù aveva vissuto in quel momento: il dramma della sofferenza dell'intera umanità e il dramma di quella crocifissione: "Usciamo dunque verso di lui fuori dell'accampamento, portando il suo disonore."(Eb 13,14). Quello che Gesù ha sofferto sulla croce è ben evidenziato nella lettera agli ebrei dove tutto l'evento della salvezza sta nel cuore obbediente di Gesù.

Nella narrazione della passione troviamo espressi due elementi: l'elemento interiore e l’elemento esteriore.

L'elemento interiore: non esiste sofferenza di ieri, di oggi e di domani che non sia nel cuore di Gesù. Guardare il Crocifisso in tutta la sua tragicità è scoprire in lui, nel suo cuore, il dramma di ogni uomo. Spesse volte il mistero della croce lo coglie in verità solo l'uomo che è nella tragicità della vita. Quando l'uomo è nella tragicità della vita ricerca una forte speranza. Il gridare dell'uomo è il respiro di chi vuol vivere.

Gesù in quel momento ha sulle sue spalle (perché è nel suo cuore) la drammaticità della storia. Il cristiano, quanto più nella sofferenza vede gli interrogativi senza risposta, tanto più orienta il suo cuore allo sguardo del Crocifisso perché nello sguardo del Crocifisso ricopre tutta la profondità della sua sofferenza. Nella contemplazione avviene una misteriosa ma reale sintesi tra la sofferenza del Cristo e la sofferenza di chiunque fissi lo sguardo del cuore nel cuore di Gesù. Qui riscopriamo ogni giorno la sorgente della speranza evangelica.

Avvertiamo allora il secondo passaggio. Gesù vive il dramma di quel tipo di morte: la morte sulla croce seguita alla drammatica flagellazione e irrisione; se noi per un momento pensassimo a quello che Gesù ha nel suo cuore e come abbia vissuto il suo amore per l'uomo in quel "disonore", immediatamente rabbrividiremmo.

Noi tante volte abbiamo degli atteggiamenti troppo devozionali e poco esistenziali. Dovremmo entrare in quel Gesù che muore in quel modo, che crea una tragica sofferenza in chiunque si lasci immedesimare in quello che ha patito Gesù. Davanti a questa tragicità esistenziale: qual è stata la sua speranza?

Gli evangelisti ci hanno detto “come” Gesù abbia potuto sulla croce dire la sua speranza: “mio Dio sei l'unica forza della mia vita”. Il grido incarna questa esperienza: l'amore per il Padre e per l'intera umanità era superiore a ogni sofferenza. Il vero Amore vince tutto…

Per cogliere la profondità di tale atteggiamento dobbiamo andare al momento decisionale della vita di Gesù, quando Gesù, in tutta la tragicità drammatica della sua vita ha fatto la scelta della sua volontà, ha detto: “Padre se è possibile passi da me questo calice, ma non la mia, ma la tua volontà sia fatta”. La comunione con il Padre è stata l'energia che ha reso possibile quella scelta drammatica. È una cosa, questa, sulla quale riflettiamo troppo poco.

La drammaticità dell'orto degli ulivi, in una interpretazione "spiritualistico-esistenziale" che è molto vicina al dramma dell'uomo contemporaneo, si è espressa in queste parole di Gesù: "L'anima mia è così triste che quasi mi toglierei la vita!" È la profondità del dramma dell'uomo davanti al quale ogni uomo non ha più parole. Ciò che l'ha sorretto è ciò che Gesù ha detto “Padre non la mia, ma la  tua volontà sia fatta”. La comunione con il Padre e con Gesù è la speranza dei senza speranza; ecco perché noi cristiani rileggendo la passione del Signore non rievochiamo qualcosa di "mitico" avvenuto ieri, ma entriamo in qualcosa di così attuale della nostra vita, perché la nostra storia è la sua storia. Era la parola che Gesù questa mattina attraverso il racconto della sua morte ci ha semplicemente detto.

Questo testo, tuttavia, ci apre alla speranza: lo abbiamo ascoltato nel testo biblico della lettera ai Filippesi: “facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli diede un nome che è al di sopra di ogni altro nome”. Sono le parole che gli evangelisti hanno messo sulle labbra di Gesù in quel “Dio mio, Dio mio, perché mi hanno abbandonato?”

Questa verità noi la stiamo vivendo: l'eucaristia è essere sulla croce di Gesù, quel calice ricolmo di vino è il calice dell'orto degli ulivi.

Entriamo nella speranza, Gesù risorto è qui in mezzo a noi, ma ci dice che la luminosità della risurrezione passa attraverso anche alla tragicità della morte. Non abbiamo paura di guardare al Crocifisso, guardiamolo per ritrovare in lui e da lui la forza della vita, e in lui e con lui risorgeremo perché lui conserva i segni della passione, non li ha dimenticati nella storia. Celebrando l’eucaristia questa mattina assumiamo le stimmate del cuore di Gesù perché entrando nel mistero della sua persona possiamo ritrovare speranza nei dolori tragici del quotidiano e dire a tutti che Gesù è risorto perché è stato per nostro amore crocifisso, morendo in modo totale e totalizzante in un infarto di amore che non ha confini.
 
 
 
 
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