Is 50,4-7 Fil
2,6-11 Mc 15,1-39
OMELIA
Il
cammino della Quaresima ci ha lentamente introdotti nella personalità di Gesù e
la descrizione seppur parziale dell'itinerario della sua Passione ci fa
chiaramente intuire che non è possibile conoscere Gesù senza passare attraverso
la sua Passione. L'interrogativo che nasce è quello di chiederci quale sia il
valore di questo racconto tragico non solo nella vita di Gesù, ma anche nella
vita di ognuno di noi. Sentire il racconto della Passione è sentire contemporaneamente
il racconto della vita di Gesù e della vita di ciascuno di noi. Seppur nei
brevi accenti al mistero della sua morte che abbiamo ascoltato, noi abbiamo
contemporaneamente percepito la descrizione di due vite: la vita di Gesù e la
vita del discepolo poiché nel momento in cui entriamo nella personalità del Maestro
comprendiamo il significato evangelico della nostra personalità. Ogni discepolo
che voglia veramente essere tale sa esattamente che le stimmate di Gesù sono le
sue stimmate. Non esiste per il discepolo del Signore una diversità tra il
dramma del Maestro e il dramma del discepolo e, a monte di questo dramma, c'è un
grande valore: vivere l'amore di Dio per la passione dell'uomo. Davanti al
dramma della narrazione della croce noi percepiamo la grandezza misteriosa e
tragica dell'amore di Dio per ogni umana creatura. Ecco allora che intuiamo che
se vogliamo conoscere Gesù, se vogliamo entrare nel suo mistero dobbiamo fare
nostro il dramma della sua passione: amare l'uomo fino al massimo della nostra
esistenza.
Questo
racconto della passione di Gesù è un racconto perché ci interpella, perché
mentre sentiamo il dramma di Gesù intuiamo il senso della nostra vita. Noi
possiamo aspirare alla trasfigurazione e alla risurrezione solo passando
attraverso questo dramma. E’ una cosa questa che noi avvertiamo attraverso un
semplice dato: il racconto della Passione secondo Marco è il più lungo di tutti
e quattro gli evangelisti, ma nello stesso tempo il Vangelo di Marco è il più
breve di tutti perché, se Marco ha iniziato il suo vangelo con inizio del Vangelo che Gesù Cristo figlio
di Dio è perché l'esperienza di questo mistero ritrova solo nel mistero
della croce. Ecco perché Marco, dopo che Gesù è morto, ha messo sulle labbra
del centurione la grande professione di fede tu sei veramente il figlio di Dio! Chiunque volesse iniziare il
proprio percorso di conoscenza di Gesù per diventarne discepolo deve avere
chiara la meta verso la quale stava andando. Inoltre è molto bello che
l'esclamazione dopo la morte di Gesù, nello stile dell'esclamazione, sia
apparsa nella persona di un uomo pagano, e in lui vediamo tutta l'umanità che
conoscendo Gesù viene introdotta nel suo mistero per farle fare la vera
professione di fede.
Quando
diciamo che Gesù è morto secondo le scritture, in quel momento, si apre al
nostro orizzonte il mistero della sua Passione. Noi qualche volta ci siamo
abituati alla formula morto secondo le
scritture. L'evangelista narrando la Passione dà il senso e il contenuto al
mistero presente in quell'affermazione. Nel vangelo si narra la Passione per
sottolineare il profondo valore dell'espressione morto secondo le scritture.
Non si dà resurrezione se prima non si è vissuti in quella morte, non si è
rimasti nascosti in quella sepoltura per gustare fino in fondo la fedeltà del Padre.
Ecco perché il primo elemento che emerge dalla
Passione del Signore che abbiamo ascoltata è che quella storia è la nostra
storia. È molto bello come l'apostolo Paolo costruisca la sua spiritualità sul mistero
della croce; con ogni probabilità Marco dipende da Paolo e Paolo che dice non conosco nient'altro se non Gesù Cristo
e questi crocifisso, riaffermando poi nella lettera ai Galati d’ora innanzi più nessuno mi dia fastidio,
io porto nel mio corpo le stimmate del Signore nostro Gesù Cristo. Un
simile linguaggio incarna la sua spiritualità: tutta la passione di Paolo è
vivere la morte del Maestro per poterne godere la risurrezione. Dovremmo
imparare a considerare che il racconto della passione non è semplicemente qualcosa
che è passato, il racconto della passione è la nostra storia, è l'amore per
l'umanità; non c'è un Uomo che muore, c'è un Uomo che ama… non c'è un Uomo che
subisce il dramma della croce, ma c'è un Uomo il cui senso di vita è dare la
bellezza all'umanità.
Paolo,
nell'inno ai Filippesi che abbiamo ascoltato, è stato molto chiaro: obbediente fino alla morte e a una morte di
croce. Per questo Dio lo ha innalzato lo ha esaltato perché da quella croce
nasce un orizzonte nuovo, nasce la nuova umanità, nasce la bellezza di un mondo
dove c'è armonia. Ecco perché noi nella fede diciamo morto secondo le scritture sepolto e risorto il terzo giorno secondo le
scritture. Ma davanti a questa descrizione ci sentiamo chiamati a fare
nostre le stimmate dell'amore di Gesù impresse nel nostro cuore, come noi
possiamo entrare in questa storia di Gesù con il cuore ricco di speranza? Ed è
la grossa differenza fra la Passione di Gesù e il nostro vivere la Passione di
Gesù; Gesù ha sofferto, è morto e dopo è risorto. In noi invece la Passione è
già risurrezione in atto, il cristiano si lascia introdurre nella morte di Gesù
gustando già l'evento della risurrezione. Dovremmo ricordare sempre a noi
stessi che il venerdì santo, il sabato santo e la veglia pasquale sono un unico
mistero che culmina nel misterioso evento della risurrezione. Guardando il Crocefisso
abbiamo nel cuore la presenza del Glorioso e allora vivere la Passione è
percepire l'evento della risurrezione, avere le stimmate di Gesù nel cuore che
è l'amore per l'umanità, è già avvertire uno sviluppo di nuova umanità, un
mistero che sarà vero pieno e realizzato quando finalmente e fisicamente
moriremo e allora, definitivamente, passeremo dalla Passione al grande mistero
della Risurrezione.
Se volessimo
entrare nell'esperienza liturgica di questa mattina dovremmo dire: O Signore fammi contemplare il mistero della tua croce perché, ritrovando in me il tuo
amore per l'uomo, possa crescere in quella reale speranza che è risorgere in
ogni momento. Ecco perché il cristiano quando è davanti a questa bellezza
ritrova il coraggio di dire: Cristo in me
sta soffrendo perché ama! Noi in lui soffriamo perché in lui e con lui e come
lui amiamo. E allora il dramma della Passione
diventa luminosità di risurrezione.
Chi
non entra nel venerdì santo, chi non vive intensamente il sabato santo, non
potrà mai capire la veglia pasquale. Chi non entra nel buio della morte e nel nascondimento
della sepoltura non sa gustare la mirabile straordinarietà dell'evento della
resurrezione. Ecco perché il cristiano, ogni volta che va all'Eucaristia, sta
vivendo questo dramma. Gli autori medievali avevano scoperto un modo
particolare di leggere l'Eucaristia, l'Eucaristia era letta come vivere passo
passo la Passione del Signore. Ora, seppur in modo nuovo, anche noi stamattina,
celebrando questa divina liturgia, stiamo vivendo la Passione gloriosa del
Signore. Quando il presbitero dirà: questo è il mio corpo dato per voi, questo
è il mio sangue versato per voi - in quel momento - ognuno di noi sta dicendo
le stesse identiche parole di Gesù e, come Gesù dirà parlando della propria
esistenza: questo è il mio corpo dato per voi, questo è il mio sangue versato
per voi.
Entriamo
in questo grande mistero non con l'emozionalità del momento, ma con la
radicalità di voler conoscere Gesù e quando noi saremo su quella croce
dell'esistenza innamorata dell'uomo, anche noi come quel soldato diremo: veramente tu sei il Cristo il figlio di del
Dio vivente! Non è l'inizio del Vangelo di Marco? Inizio del Vangelo che Gesù Cristo Figlio di Dio: qui ci è
comunicata una storia d'amore dove ogni battezzato sa regalare tutto se stesso
all'umanità nella fedeltà del Padre, nel gusto di dare a questo uomo, sommamente
amato, la bellezza della vita la luminosità di essere uomini secondo il
progetto di Dio. Questa sia la vitalità che vogliamo vivere e condividere in
questa celebrazione eucaristica.
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