04 marzo 2018

III DOMENICA DI QUARESIMA - Anno B -


Es 20,1-17        1Cor 1,22-25       Gv 2,13-25              

OMELIA

Il cammino quaresimale ci conduce lentamente ad una esperienza di trasfigurazione.

La bellezza della Quaresima è entrare nella luminosità di Dio che comporta nella creatura la profonda convinzione di essere un capolavoro di un amore di Dio che va al di là di ogni attesa e di ogni aspettativa. Per accedere a questa luminosità, Gesù oggi ci dice di entrare nel tempio che è lui poiché la bellezza dell'esperienza della novità dell'uomo scaturisce unicamente dalla relazione con il Risorto, lui è il Tempio, lui è l'anima del Tempio, in lui entriamo nell'autentica casa del Padre.

Ma come possiamo entrare in questo tempio per poter veramente essere persone che si fanno ricreare dal Signore?

La prima dinamica che dovremmo riuscire a riscoprire è che è il tempio luogo in cui noi incontriamo il Signore, perché il tempio è il Signore, e di conseguenza dovremmo avere un atteggiamento profondamente mistico, nel fascino della signoria delle tre Persone divine.

Chi entra nel tempio si trova davanti alla ineffabilità di Dio.

Gesù ha scacciato tutti quei venditori che erano nient'altro che il linguaggio di un rito che cattura l'uomo e diventa auto referenziale. Occorre entrare nel tempio gustando la presenza del Padre come criterio di vita. Chi entra nel tempio che è Cristo ha il respiro del Padre. Una verità questa che porta l'uomo inevitabilmente ad entrare in un silenzio, anche le parole che si dicono sono il silenzio che diventa linguaggio. Ecco perché il cristiano si sente a disagio quando, entrando nel tempio, è attirato dalle cose esteriori…peggio quando il tintinnio delle monete rovina il silenzio di Dio perché, la bellezza dello stare davanti a lui, porta l'uomo a essere da lui profondamente attirato. " Il mio tempio - dice Gesù - è entrare nel mio mistero" e se l'uomo non entra in questo silenzio non è nel tempio del Signore. Dovremo sostituire “alle devozioni” “la devozione”, la coscienza che nel tempio si ha il gusto della appartenenza a Dio.

Ricordiamo sempre il grande principio della mistica medievale: “A te o Signore il silenzio è la grande lode!” E San Tommaso sottolineava ulteriormente “Dio è onorato con il silenzio” perché nel momento in cui l'uomo è in silenzio e quindi vive intensamente la purezza del cuore, in quel momento è raggiunto da una parola, da una presenza, da un mistero che costruisce l'uomo. L'uomo ha paura del silenzio del luogo di Dio perché, nel silenzio, si lascia interpellare.

Ecco perché l'uomo oggi non riesce più a credere, perché non ha più il gusto di questa ineffabilità di Dio che lo avvolge e lo determina nel profondo del suo essere. In quello “scacciare i venditori” Gesù ci dice: quando entri nel tempio sei davanti al Padre e davanti alla grandezza del Padre l'uomo è in silenzio in ascolto, dove ascoltare nel silenzio è il linguaggio massimo dell'essere amati! L'uomo purtroppo sta perdendo la bellezza meravigliosa di farsi amare da Dio accogliendone il mistero.  

Se questo è il primo elemento che Gesù potrebbe regalarci questa mattina, nasce una ulteriore domanda: qual è il contenuto di questo incontro? Paolo lo ha detto molto bene: il Cristo è potenza e sapienza di Dio dove, in queste due affermazioni, potenza e sapienza di Dio, noi cogliamo quello che avviene in chiesa. Innanzitutto sperimentiamo potenza di Dio. Infatti, quando noi ci collochiamo nel silenzio siamo raggiunti dalla creatività dello Spirito Santo: fissare con gli occhi del cuore una presenza è lasciarsi invadere dalla sua persona. Ecco perché Paolo subito dopo il brano che abbiamo ascoltato nella seconda lettura dice io conosco solo Cristo e questi crocifisso! Quando l'uomo con lo sguardo del cuore è fisso al Signore, in quel momento, il Signore lo sta invadendo. Ogni parola che noi diciamo, se non nasce dall'essere invasi dalla Parola che è il Signore, è tutto una chiacchiera. Ecco perché il silenzio ci fa gustare un contenuto, ci fa gustare una presenza che diventa creatrice. L'uomo ha paura del silenzio perché ha paura d'essere creato dall'ineffabilità di Dio che lo conduce per le vie delle sue meraviglie.

Scopriamo allora che chi veramente riesce a cogliere questa potenza creatrice entra nella sapienza: amare, parlare, agire con il cuore di Cristo.

Quando entriamo in chiesa, non facciamo come i musulmani che lasciano fuori le scarpe, noi nell'assemblea liturgica entriamo con tutta la nostra storia, con tutti i nostri interrogativi per ritrovare questa sapienza che nasce da una presenza! E la presenza è il soffio di Dio che crea mentalità. Se noi cogliessimo la bellezza di questo mistero ci accorgeremmo il fastidio esistenziale davanti a chi chiacchiera in chiesa. Non c'è strada per chiacchierare? Quando si è alla presenza alla presenza di Dio non si chiacchiera più, il chiacchierare è un offendere una presenza. Ecco perché il cristiano quando entra nel tempio e si lascia avvolgere da questa ineffabilità perde la parola, ravviva l'occhio e fa innamorare il cuore.

 Il risultato di un simile percorso spirituale lo cogliamo nel terzo passaggio: i comandamenti non sono quelli che ha detto la prima lettura, che sono dell'antico testamento e che immediatamente hanno un sapore di semplice esecuzione, dimenticando quel valore di rendimento di grazie al Dio che ha liberato il suo popolo dalla schiavitù d'Egitto. I comandamenti, nello stile della sapienza evangelica, sono il flusso del cuore che si incarna nelle azioni. La bellezza dell'essere nel tempio è imparare lo stile concreto della vita, e quando l'uomo è entrato nella grandezza di Dio non fa che realizzare quello che Dio gli ha regalato. Il comandamento del Signore è cantare la gratitudine nell'azione delle meraviglie regalate nel silenzio del Tempio.

Se noi intuissimo la profondità di tale verità, la nostra vita sarebbe più semplice perché non sarebbe correre, non sarebbe chiacchierare, non sarebbe pensare chissà che cosa, ma una semplicità davanti alla grandezza di Dio che vuol fare di noi una meraviglia. Dovremmo sempre passare dallo sguardo del cuore, che si pone davanti all'ineffabilità di Dio, al far vivere il cuore dove il Signore si rende presente per incarnare il Signore nella creatività inesauribile dello Spirito Santo. Essere alla presenza del Padre, fonte del nostro essere, radicati in Cristo senso della vita, noi rispondiamo alla fecondità dello Spirito Santo attraverso la semplice, dolce e serena gestualità della storia.

Se entrassimo in questo stile di vita, la luminosità della trasfigurazione avvolgerebbe talmente il nostro cuore, con la meravigliosa conseguenza che la presenza del Maestro determinerebbe la nostra interiorità. Ecco perché siamo qui, perché siamo alla presenza del Signore, non siamo venuti a messa che potrebbe essere come i cambiavalute che vanno nel tempio - portiamo qualche cosa per avere qualche cosa -, ma siamo davanti a Qualcuno che è il senso di fondo della vita, una luce incomparabile che avvolge le nostre persone in un contenuto, il Maestro crocifisso e risorto, che penetra talmente nelle nostre persone nel pane e nel vino, determinando lo stile della nostra vita.

Il vero esame di coscienza è il silenzio degli innamorati che contemplano nella loro vita ogni giorno la presenza del Maestro. Questo è il comandamento che il Signore ci regala. Se noi percepissimo tale verità come sarebbe diversa la nostra vita, saremmo meno affannati, meno chiacchieroni, meno preoccupati, meno complicati.

Entriamo in questo mistero! Camminando in questa luce il Signore diventerà il nostro cuore e la nostra mente, e se ci sentiamo poveri, scombussolati, al momento della comunione, contempliamo questo mistero che ci darà la serenità in un silenzio del cuore che si lascia abitare.

Beati i puri di cuore perché vedranno Dio.



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