Es 20,1-17 1Cor 1,22-25 Gv 2,13-25
OMELIA
La
bellezza della Quaresima è entrare nella luminosità di Dio che comporta nella creatura
la profonda convinzione di essere un capolavoro di un amore di Dio che va al di
là di ogni attesa e di ogni aspettativa. Per accedere a questa luminosità, Gesù
oggi ci dice di entrare nel tempio che è lui poiché la bellezza dell'esperienza
della novità dell'uomo scaturisce unicamente dalla relazione con il Risorto,
lui è il Tempio, lui è l'anima del Tempio, in lui entriamo nell'autentica casa
del Padre.
Ma
come possiamo entrare in questo tempio per poter veramente essere persone che si
fanno ricreare dal Signore?
La
prima dinamica che dovremmo riuscire a riscoprire è che è il tempio luogo in
cui noi incontriamo il Signore, perché il tempio è il Signore, e di conseguenza
dovremmo avere un atteggiamento profondamente mistico, nel fascino della
signoria delle tre Persone divine.
Chi
entra nel tempio si trova davanti alla ineffabilità di Dio.
Gesù
ha scacciato tutti quei venditori che erano nient'altro che il linguaggio di un
rito che cattura l'uomo e diventa auto referenziale. Occorre entrare nel tempio
gustando la presenza del Padre come criterio di vita. Chi entra nel tempio che è
Cristo ha il respiro del Padre. Una verità questa che porta l'uomo
inevitabilmente ad entrare in un silenzio, anche le parole che si dicono sono
il silenzio che diventa linguaggio. Ecco perché il cristiano si sente a disagio
quando, entrando nel tempio, è attirato dalle cose esteriori…peggio quando il
tintinnio delle monete rovina il silenzio di Dio perché, la bellezza dello
stare davanti a lui, porta l'uomo a essere da lui profondamente attirato. "
Il mio tempio - dice Gesù - è entrare nel mio mistero" e se l'uomo non
entra in questo silenzio non è nel tempio del Signore. Dovremo sostituire “alle
devozioni” “la devozione”, la coscienza che nel tempio si ha il gusto della
appartenenza a Dio.
Ricordiamo
sempre il grande principio della mistica medievale: “A te o Signore il silenzio
è la grande lode!” E San Tommaso sottolineava ulteriormente “Dio è onorato con
il silenzio” perché nel momento in cui l'uomo è in silenzio e quindi vive
intensamente la purezza del cuore, in quel momento è raggiunto da una parola,
da una presenza, da un mistero che costruisce l'uomo. L'uomo ha paura del
silenzio del luogo di Dio perché, nel silenzio, si lascia interpellare.
Ecco
perché l'uomo oggi non riesce più a credere, perché non ha più il gusto di
questa ineffabilità di Dio che lo avvolge e lo determina nel profondo del suo
essere. In quello “scacciare i venditori” Gesù ci dice: quando entri nel tempio sei davanti al Padre e davanti alla
grandezza del Padre l'uomo è in silenzio in ascolto, dove ascoltare nel silenzio
è il linguaggio massimo dell'essere amati! L'uomo purtroppo sta perdendo la
bellezza meravigliosa di farsi amare da Dio accogliendone il mistero.
Se
questo è il primo elemento che Gesù potrebbe regalarci questa mattina, nasce
una ulteriore domanda: qual è il contenuto di questo incontro? Paolo lo ha
detto molto bene: il Cristo è potenza e
sapienza di Dio dove, in queste due affermazioni, potenza e sapienza di Dio,
noi cogliamo quello che avviene in chiesa. Innanzitutto sperimentiamo potenza
di Dio. Infatti, quando noi ci collochiamo nel silenzio siamo raggiunti dalla
creatività dello Spirito Santo: fissare con gli occhi del cuore una presenza è
lasciarsi invadere dalla sua persona. Ecco perché Paolo subito dopo il brano
che abbiamo ascoltato nella seconda lettura dice io conosco solo Cristo e questi crocifisso! Quando l'uomo con lo
sguardo del cuore è fisso al Signore, in quel momento, il Signore lo sta
invadendo. Ogni parola che noi diciamo, se non nasce dall'essere invasi dalla Parola
che è il Signore, è tutto una chiacchiera. Ecco perché il silenzio ci fa
gustare un contenuto, ci fa gustare una presenza che diventa creatrice. L'uomo
ha paura del silenzio perché ha paura d'essere creato dall'ineffabilità di Dio
che lo conduce per le vie delle sue meraviglie.
Scopriamo
allora che chi veramente riesce a cogliere questa potenza creatrice entra nella
sapienza: amare, parlare, agire con il cuore di Cristo.
Quando
entriamo in chiesa, non facciamo come i musulmani che lasciano fuori le scarpe,
noi nell'assemblea liturgica entriamo con tutta la nostra storia, con tutti i
nostri interrogativi per ritrovare questa sapienza che nasce da una presenza! E
la presenza è il soffio di Dio che crea mentalità. Se noi cogliessimo la
bellezza di questo mistero ci accorgeremmo il fastidio esistenziale davanti a
chi chiacchiera in chiesa. Non c'è strada per chiacchierare? Quando si è alla
presenza alla presenza di Dio non si chiacchiera più, il chiacchierare è un
offendere una presenza. Ecco perché il cristiano quando entra nel tempio e si
lascia avvolgere da questa ineffabilità perde
la parola, ravviva l'occhio e fa innamorare il cuore.
Il risultato di un simile percorso spirituale
lo cogliamo nel terzo passaggio: i comandamenti non sono quelli che ha detto la
prima lettura, che sono dell'antico testamento e che immediatamente hanno un
sapore di semplice esecuzione, dimenticando quel valore di rendimento di grazie
al Dio che ha liberato il suo popolo dalla schiavitù d'Egitto. I comandamenti,
nello stile della sapienza evangelica, sono il flusso del cuore che si incarna
nelle azioni. La bellezza dell'essere nel tempio è imparare lo stile concreto
della vita, e quando l'uomo è entrato nella grandezza di Dio non fa che
realizzare quello che Dio gli ha regalato. Il comandamento del Signore è
cantare la gratitudine nell'azione delle meraviglie regalate nel silenzio del
Tempio.
Se
noi intuissimo la profondità di tale verità, la nostra vita sarebbe più
semplice perché non sarebbe correre, non sarebbe chiacchierare, non sarebbe
pensare chissà che cosa, ma una semplicità davanti alla grandezza di Dio che
vuol fare di noi una meraviglia. Dovremmo sempre passare dallo sguardo del
cuore, che si pone davanti all'ineffabilità di Dio, al far vivere il cuore dove
il Signore si rende presente per incarnare il Signore nella creatività inesauribile
dello Spirito Santo. Essere alla presenza del Padre, fonte del nostro essere,
radicati in Cristo senso della vita, noi rispondiamo alla fecondità dello Spirito
Santo attraverso la semplice, dolce e serena gestualità della storia.
Se
entrassimo in questo stile di vita, la luminosità della trasfigurazione avvolgerebbe
talmente il nostro cuore, con la meravigliosa conseguenza che la presenza del Maestro
determinerebbe la nostra interiorità. Ecco perché siamo qui, perché siamo alla
presenza del Signore, non siamo venuti a messa che potrebbe essere come i
cambiavalute che vanno nel tempio - portiamo qualche cosa per avere qualche
cosa -, ma siamo davanti a Qualcuno che è il senso di fondo della vita, una
luce incomparabile che avvolge le nostre persone in un contenuto, il Maestro
crocifisso e risorto, che penetra talmente nelle nostre persone nel pane e nel
vino, determinando lo stile della nostra vita.
Il
vero esame di coscienza è il silenzio degli innamorati che contemplano nella
loro vita ogni giorno la presenza del Maestro. Questo è il comandamento che il
Signore ci regala. Se noi percepissimo tale verità come sarebbe diversa la
nostra vita, saremmo meno affannati, meno chiacchieroni, meno preoccupati, meno
complicati.
Entriamo
in questo mistero! Camminando in questa luce il Signore diventerà il nostro cuore
e la nostra mente, e se ci sentiamo poveri, scombussolati, al momento della
comunione, contempliamo questo mistero che ci darà la serenità in un silenzio
del cuore che si lascia abitare.
Beati
i puri di cuore perché vedranno Dio.
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