Am 7,12-15 Ef
1,3-14 Mc 6,7-13
OMELIA
Gesù questa mattina convocandoci attorno a sé
ci dà il compito di comunicare ai fratelli le meraviglie del suo amore.
Chiunque sia discepolo di Gesù deve regalare la bellezza di Gesù ad ogni uomo
perché i doni di Dio si comprendono quando si regalano.
Nel momento in cui “regaliamo” agli uomini il
mistero di Gesù noi conosciamo maggiormente Gesù. Accostandoci alla Parola di
questa mattina tuttavia nasce una domanda di fondo: ma noi sappiamo chi sia
Gesù? Se la missione è regalare il volto del Maestro, ecco, noi dobbiamo
imparare a conoscere sempre più Gesù. Ed ecco perché abbiamo ascoltato
l'apostolo Paolo che ha delineato i tre grandi aspetti della personalità del Maestro
perché, quanto noi più conosciamo Gesù, tanto più riusciamo a regalare Gesù, e
Gesù ci appare in tre coordinate che, nell’inno, sono molto chiare. Innanzitutto
tutta l'umanità è stata creata in Gesù Cristo, in Gesù l'uomo ritrova se stesso
perché il Padre ha dato alla luce l'umanità che avrebbe realizzato la sua vera
identità nell'accoglienza di Gesù.
Gesù è vero uomo perché in lui ogni uomo
ritrovi veramente se stesso.
La bellezza del credere in Gesù nasce da
un'intensa passione per la sua umanità e poiché l'uomo è nel cammino storico
debole, fragile, povero, ecco che Paolo ci dice che Gesù ci ha rifatti, ci ha
perdonati, ha ricreato la nostra umanità anzi, la nostra umanità si è
arricchita di un amore ancora più grande perché la bellezza di conoscere Gesù è
riscoprire sempre più la gioia di essere creature rinnovate. E tutto questo nel
mistero della comunità cristiana in cammino, dove - a contatto con la parola
del Maestro - e a contatto con la sua presenza, noi possiamo crescere ogni
giorno nella speranza. Credere in Gesù è sostanzialmente ritrovare, oggi,
mentre siamo in cammino, il nucleo fondamentale della nostra esistenza.
Non possiamo regalare agli uomini Gesù se noi,
giorno per giorno, non ne conosciamo esistenzialmente il mistero in modo che la missione è il traboccare di una pienezza
della conoscenza di Gesù che è dentro di noi. Nella vita come discepoli non
possiamo non proclamare: “Gesù!” attraverso l'atteggiamento più profondo della
nostra persona.
Ma Gesù nell'inviare i discepoli chiede a loro
la scelta della povertà e nasce in noi la domanda: qual è il senso di questa
ingiunzione che Gesù dà ai discepoli mentre li invia a regalare il suo mistero all'umanità?
Quando noi sentiamo parola “povertà” siamo facilmente catturati dalla povertà
delle cose, ma se noi entriamo nel mistero evangelico la povertà è il coraggio
quotidiano di amare i propri limiti per fare apparire solo il volto di Gesù. La
vera povertà non è di tipo economico, ma la vera povertà è uno stile di vita
dove noi, affascinati dalla persona di Gesù, eliminiamo ciò che non è Gesù
facendo sì che la nostra esistenza, in tutti i suoi limiti, sia trasparenza
solo di Gesù.
Infatti tante volte noi pensiamo che la
missione sia fare chissà che cosa in una interminabile programmazione o in
impegni apostolici infiniti.
Papa Benedetto ha un'immagine molto forte in
un suo documento, quando afferma: una Chiesa che dimentichi il volto vivente
del Risorto, dedicandosi a tante cose esteriori, lentamente, diventa atea.
La bellezza della povertà è che non dobbiamo
manipolare niente, è la gioia di essere persone limitate in cui Dio è
meraviglioso e, in queste meraviglie del Signore, regalare Gesù!
La povertà è la libertà di dire Gesù, solo
Gesù e regalare solo Gesù!
In questo, Gesù, è stato molto chiaro nei
confronti dei discepoli: se veramente - dice Gesù - io sono la vita della
vostra vita, dovete dire solo la mia vita, il mio mistero! La missione è il traboccare
di una pienezza interiore, per cui la nostra esistenza diventa segno, vivo e
palpitante, dell'azione di Gesù in noi. La missione non è fare tante cose, è
incarnare nella semplicità quotidiana una presenza eccezionale che ci ha
talmente conquistati da essere il criterio fondante della nostra esistenza.
E il risultato di questa missione lo dice
molto bene l'evangelista Marco nella conclusione del Vangelo: guarire l'uomo, dove
la parola “guarigione” ha un senso molto ampio. Guarire l'uomo è dire all'uomo
la grandezza della sua umanità redenta e salvata, è dire all'uomo la speranza
che nasce da Gesù, dire all'uomo che in Gesù c'è il vero modello della vita.
Tante volte noi ci poniamo la domanda: ma cosa
vuol dire essere uomini? E Gesù ci dice: “Guardate il mio volto, accogliete la
mia persona, abbiate un'intensa purezza di cuore attraverso la quale io compio
meraviglie nella vostra vita e allora vi troverete veramente uomini”.
La missione perciò che Gesù dà ai discepoli è
molto semplice: dire ad ogni creatura che accogliere Gesù è accoglierlo in loro,
nella propria umanità, con i propri limiti, con le proprie povertà, con le proprie
paure, con le proprie incertezze, ma in Gesù c'è la speranza, e la novità della
vita, è avere in noi la speranza di costruire lentamente nel mistero di Gesù la
nostra umanità.
Quando noi potremmo dire di essere veramente
uomini? Quando il Cristo sarà tutto in ciascuno di noi. Gesù è il vero uomo!
E allora in questa eucaristia chiediamo
proprio allo Spirito Santo questa capacità di amare Gesù, di accoglierlo per
poterlo regalare. Dicevo all'inizio che la bellezza di un dono è quando lo
regaliamo, quando lo condividiamo, quando la parola del suo mistero diventa
l'anima della nostra anima e in Lui ritroviamo il senso della vita. Nel momento
in cui ci accosteremo i divini misteri, in quel pane e in quel vino, noi
godremo la bellezza di diventare più uomini perché il vero uomo, Gesù, penetra
dentro di noi, rifà la nostra esistenza e ci dice: cammina!
E allora la missione diventa veramente
esaltante perché è nient'altro che comunicare ai fratelli, in una semplice
condivisione, la bellezza della nostra identità.
Tale sia il cammino che vogliamo insieme
percorrere in questa settimana in modo che gustando Gesù gustiamo l'essere uomini,
gustiamo la vera fraternità con chi ci sta accanto per dire che, in Gesù, è
apparsa la luce che illumina ogni uomo che viene in questo mondo.
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