02 febbraio 2020

PRESENTAZIONE DEL SIGNORE- (ANNO A) - Festa


Mi 3,1-4        Eb 2,14-18  Lc 2,22-40

OMELIA

Il cristiano è un infaticabile ricercatore del volto di Dio. Domenica scorsa la parola di Dio ci diceva che il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce. La festa di oggi della presentazione di Gesù al tempio ci rivela questa grande luce che è l'identità vera di Gesù; infatti davanti ai grossi interrogativi che la vita ci offre continuamente, il volto di Gesù oggi si presenta a noi come la vera luce che dà speranza, coraggio e fiducia all'uomo nel travaglio della sua vita. Infatti l'evangelista Luca attraverso questo racconto rituale che cosa ci vuol comunicare? Se guardiamo attentamente la parola che abbiamo ascoltata, ci è presentato il volto di Gesù da tre angolature:

Gesù è il tempio

Gesù è l'offerta

Gesù è il sacerdote

Tre sfaccettature che abbiamo intuito nell'ascolto della parola di Dio e che ci permettono di cogliere l'identità di Gesù.

Nel gesto di Giuseppe e Maria che portano al tempio Gesù, avviene un meraviglioso evento: dal tempio di Gerusalemme si passa al vero tempio che è Gesù. È un passaggio questo molto importante perché in quel momento si realizza il meraviglioso incontro tra Gesù e il Padre, il Padre e Gesù, perché in quell'incontro nel tempio, noi scopriamo che in Gesù ogni uomo è incontrato dal Padre e il Padre abbraccia l'uomo infondendogli speranza.

È molto bello come nel testo che abbiamo ascoltato dalla lettera agli Ebrei emerga Gesù solidale con noi, l'uomo è solidale con Gesù. Così si recita nel testo scritturistico: Poiché i figli hanno in comune il sangue e la carne, anche Cristo allo stesso modo ne è divenuto partecipe, per ridurre all'impotenza mediante la morte colui che della morte ha il potere. Una simile meravigliosa solidarietà ci permette di scoprire che ormai non abbiamo più bisogno di templi, la nostra vita è nel tempio che è Gesù, lui è il tempio. La nostra esistenza è un'esistenza che abita in Gesù, in Gesù costruiamo noi stessi, in Gesù elaboriamo la nostra esperienza quotidiana, con Gesù costruiamo la familiarità con il Padre e con tutti i fratelli. Da questa lettura scopriamo che l'entrare nel tempio è entrare nel dialogo meraviglioso Padre-Figlio, e con l'intera umanità.

Noi qualche volta siamo più tentati di vedere il nostro entrare nel tempio come fare chissà che cosa, come dire chissà che cosa, mentre è entrare nella gustazione del meraviglioso rapporto che esiste tra il Padre e il Figlio. Il cristiano impara una realtà molto luminosa: crescere nella fede è entrare in questa meravigliosa relazione. Il cristiano è la semplicità fatta persona, non ha bisogno di tante cose e solamente deve far sì che il Cristo nel quale abita lo introduca nella grande docilità allo Spirito Santo nel rapporto con il Padre. Ecco un primo elemento che noi dobbiamo cogliere, davanti ai grossi interrogativi della vita. Gesù si presenta nel rapporto con il Padre perché il rapporto con il Padre è la speranza ed è la gioia della nostra vita. Gesù diventa uomo perché come uomo ci fa entrare nel rapporto con il Padre. E in una simile relazionalità Gesù diventa l'offerta. È molto bello come il primo testo che abbiamo ascoltato dal profeta Malachia ci abbia parlato del nuovo sacrificio, perché in Gesù diventiamo un’offerta gradita al Padre. Infatti cos'è l'offerta se non un mistero di comunione che nella gratitudine diventa restituzione? La bellezza della vita è da leggersi come sacrificio, come sviluppo continuo di una vita di comunione con l'oggi misterioso del Padre. È una cosa questa che noi dovremmo scoprire. Il sacrificio di Gesù non sono i sacrifici presentati dagli uomini, il sacrificio di Gesù è un'obbedienza nelle mani del Padre dove egli insieme a tutta l'umanità entra in oblazione, in questo grande mistero di amore. È il nostro sacerdozio battesimale. Il cristiano, nella sua struttura battesimale, è un'oblazione vivente, santa e gradita a Dio come ci insegna Paolo: offrite i vostri corpi dunque come sacrificio vivente santo e gradito a Dio; questo è il vostro culto spirituale. Questa è la potenza della vita del cristiano: essere un’offerta in Cristo e come il Cristo nelle mani del Padre. Ecco perché non c'è più un tempio, non c'è più l'offerta di tortore o di giovani colombi, perché ormai l'offerta è la persona che si riconsegna alla Fonte della vita e di riflesso non c'è più bisogno del sacerdozio levitico per accogliere i doni, perché Gesù è il sacerdote, è colui che ci regala il Padre e ci porta nel Padre, è lui l'unico mediatore tra Dio e gli uomini, l'uomo Gesù Cristo!

In questo noi cogliamo come la bellezza della vita del cristiano è tutta in Gesù, il Vangelo è Gesù, per cui entrati in quell'abitare in Lui, per Lui e con Lui offriamo noi stessi, perché Lui è colui che ci porta meravigliosamente al Padre.

In una simile lettura globale, se noi riuscissimo a cogliere il senso di questa festa, supereremmo tanti devozionalismi frutto di culture storiche, ma ritroveremmo che la bellezza della chiesa è il Cristo vivente che regala se stesso al Padre in comunione con l'intera umanità.

Respirando una tale atmosfera spirituale, intuiamo come davanti a questo meraviglioso orizzonte Simeone possa dire Ora lascia o Signore che il tuo servo vada in pace perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza. Nell'incontro con il Cristo possiamo affermare con tutta la nostra persona e con tutto il cuore “Ora lascia o Signore che il tuo servo vada in pace”. Quando l'uomo entra nella bellezza profonda del mistero di Gesù vero Dio, nella bellezza luminosa della sua umanità, l'uomo è veramente se stesso.

È molto bello come nella celebrazione della divina liturgia di San Giovanni Crisostomo al termine della celebrazione il sacerdote, mentre depone gli abiti liturgici, dica Ora lascia o Signore che il tuo servo vada in pace. E' piena consapevolezza che l'entrare nella celebrazione dei divini misteri è essere trasfigurati nella pienezza di Dio. Se noi riuscissimo a cogliere questa verità, percepiremmo che l'essere cristiani è introdurre la drammaticità della nostra storia in questo grande mistero dell'amore divino-umano di Dio dove c'è pienezza. Ecco perché Giovanni (nella II domenica dopo Natale) ci diceva Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto grazia su grazia; e Paolo e in lui abita la pienezza di tutta la divinità e noi partecipiamo a questa pienezza. Quindi la festa di oggi è un po' la conclusione del percorso di quel popolo che camminava nelle tenebre e vide una grande luce: essere immersi in questa esperienza del dialogo d'amore Padre e Figlio che è la bellezza feconda della nostra esistenza. Se noi vivremo così questa Eucaristia, riempiti dalla pienezza di Dio nell'assumere sacramentalmente il corpo il sangue del Signore, cammineremmo nella grande libertà del cuore in un orientamento che ci introduce in una luminosità che è l'eternità beata.

Essere partecipi della grandezza della personalità del Maestro divino nel Mistero eucaristico ci fa pregustare la sua luminosità nella Gerusalemme del cielo.

Questa sia la bellezza della festa di oggi. Il linguaggio letterario della Scrittura che ci regala un tale meraviglioso mistero ci ha introdotti in questa ineffabilità divina e noi tutti possiamo camminare nel tempo e nello spazio con tanta gioia, con tanta fiducia, pur nel tormento del quotidiano. Quando la persona è in questo mistero, respira, vive, cammina, si proietta in avanti a una speranza eterna che la aiuta nel cammino tanto difficile delle realtà storiche.




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