Mi 3,1-4 Eb 2,14-18 Lc 2,22-40
OMELIA
Il cristiano
è un infaticabile ricercatore del volto di Dio. Domenica scorsa la parola di
Dio ci diceva che il popolo che
camminava nelle tenebre vide una grande luce. La festa di oggi della
presentazione di Gesù al tempio ci rivela questa grande luce che è l'identità
vera di Gesù; infatti davanti ai grossi interrogativi che la vita ci offre
continuamente, il volto di Gesù oggi si presenta a noi come la vera luce che dà
speranza, coraggio e fiducia all'uomo nel travaglio della sua vita. Infatti
l'evangelista Luca attraverso questo racconto rituale che cosa ci vuol
comunicare? Se guardiamo attentamente la parola che abbiamo ascoltata, ci è
presentato il volto di Gesù da tre angolature:
Gesù è il tempio
Gesù è l'offerta
Gesù è il sacerdote
Tre
sfaccettature che abbiamo intuito nell'ascolto della parola di Dio e che ci
permettono di cogliere l'identità di Gesù.
Nel gesto
di Giuseppe e Maria che portano al tempio Gesù, avviene un meraviglioso evento:
dal tempio di Gerusalemme si passa al vero tempio che è Gesù. È un passaggio
questo molto importante perché in quel momento si realizza il meraviglioso
incontro tra Gesù e il Padre, il Padre e Gesù, perché in quell'incontro nel
tempio, noi scopriamo che in Gesù ogni uomo è incontrato dal Padre e il Padre
abbraccia l'uomo infondendogli speranza.
È molto
bello come nel testo che abbiamo ascoltato dalla lettera agli Ebrei emerga Gesù
solidale con noi, l'uomo è solidale con Gesù. Così si recita nel testo
scritturistico: Poiché i figli hanno in
comune il sangue e la carne, anche Cristo allo stesso modo ne è divenuto
partecipe, per ridurre all'impotenza mediante la morte colui che della morte ha
il potere. Una simile meravigliosa solidarietà ci permette di scoprire che
ormai non abbiamo più bisogno di templi, la nostra vita è nel tempio che è Gesù,
lui è il tempio. La nostra esistenza è un'esistenza che abita in Gesù, in Gesù costruiamo
noi stessi, in Gesù elaboriamo la nostra esperienza quotidiana, con Gesù
costruiamo la familiarità con il Padre e con tutti i fratelli. Da questa
lettura scopriamo che l'entrare nel tempio è entrare nel dialogo meraviglioso Padre-Figlio,
e con l'intera umanità.
Noi qualche
volta siamo più tentati di vedere il nostro entrare nel tempio come fare chissà
che cosa, come dire chissà che cosa, mentre è entrare nella gustazione del meraviglioso
rapporto che esiste tra il Padre e il Figlio. Il cristiano impara una realtà
molto luminosa: crescere nella fede è entrare in questa meravigliosa relazione.
Il cristiano è la semplicità fatta persona, non ha bisogno di tante cose e
solamente deve far sì che il Cristo nel quale abita lo introduca nella grande
docilità allo Spirito Santo nel rapporto con il Padre. Ecco un primo elemento
che noi dobbiamo cogliere, davanti ai grossi interrogativi della vita. Gesù si
presenta nel rapporto con il Padre perché il rapporto con il Padre è la
speranza ed è la gioia della nostra vita. Gesù diventa uomo perché come uomo ci
fa entrare nel rapporto con il Padre. E in una simile relazionalità Gesù diventa
l'offerta. È molto bello come il primo testo che abbiamo ascoltato dal profeta
Malachia ci abbia parlato del nuovo sacrificio, perché in Gesù diventiamo un’offerta
gradita al Padre. Infatti cos'è l'offerta se non un mistero di comunione che
nella gratitudine diventa restituzione? La bellezza della vita è da leggersi
come sacrificio, come sviluppo continuo di una vita di comunione con l'oggi
misterioso del Padre. È una cosa questa che noi dovremmo scoprire. Il
sacrificio di Gesù non sono i sacrifici presentati dagli uomini, il sacrificio
di Gesù è un'obbedienza nelle mani del Padre dove egli insieme a tutta
l'umanità entra in oblazione, in questo grande mistero di amore. È il nostro
sacerdozio battesimale. Il cristiano, nella sua struttura battesimale, è un'oblazione
vivente, santa e gradita a Dio come ci insegna Paolo: offrite i vostri corpi dunque come sacrificio vivente santo e gradito a
Dio; questo è il vostro culto spirituale. Questa è la potenza della vita
del cristiano: essere un’offerta in Cristo e come il Cristo nelle mani del Padre.
Ecco perché non c'è più un tempio, non c'è più l'offerta di tortore o di
giovani colombi, perché ormai l'offerta è la persona che si riconsegna alla Fonte
della vita e di riflesso non c'è più bisogno del sacerdozio levitico per
accogliere i doni, perché Gesù è il sacerdote, è colui che ci regala il Padre e
ci porta nel Padre, è lui l'unico mediatore tra Dio e gli uomini, l'uomo Gesù
Cristo!
In questo
noi cogliamo come la bellezza della vita del cristiano è tutta in Gesù, il
Vangelo è Gesù, per cui entrati in quell'abitare in Lui, per Lui e con Lui
offriamo noi stessi, perché Lui è colui che ci porta meravigliosamente al Padre.
In una
simile lettura globale, se noi riuscissimo a cogliere il senso di questa festa,
supereremmo tanti devozionalismi frutto di culture storiche, ma ritroveremmo
che la bellezza della chiesa è il Cristo vivente che regala se stesso al Padre
in comunione con l'intera umanità.
Respirando
una tale atmosfera spirituale, intuiamo come davanti a questo meraviglioso
orizzonte Simeone possa dire Ora lascia o
Signore che il tuo servo vada in pace perché i miei occhi hanno visto la tua
salvezza. Nell'incontro con il Cristo possiamo affermare con tutta la
nostra persona e con tutto il cuore “Ora lascia o Signore che il tuo servo vada
in pace”. Quando l'uomo entra nella bellezza profonda del mistero di Gesù vero
Dio, nella bellezza luminosa della sua umanità, l'uomo è veramente se stesso.
È molto
bello come nella celebrazione della divina liturgia di San Giovanni Crisostomo
al termine della celebrazione il sacerdote, mentre depone gli abiti liturgici,
dica Ora lascia o Signore che il tuo
servo vada in pace. E' piena consapevolezza che l'entrare nella
celebrazione dei divini misteri è essere trasfigurati nella pienezza di Dio. Se
noi riuscissimo a cogliere questa verità, percepiremmo che l'essere cristiani è
introdurre la drammaticità della nostra storia in questo grande mistero
dell'amore divino-umano di Dio dove c'è pienezza. Ecco perché Giovanni (nella II
domenica dopo Natale) ci diceva Dalla
sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto
grazia su grazia; e Paolo e in lui
abita la pienezza di tutta la
divinità e noi partecipiamo a questa pienezza. Quindi la festa di oggi è un
po' la conclusione del percorso di quel popolo che camminava nelle tenebre e
vide una grande luce: essere immersi in questa esperienza del dialogo d'amore
Padre e Figlio che è la bellezza feconda della nostra esistenza. Se noi vivremo
così questa Eucaristia, riempiti dalla pienezza di Dio nell'assumere
sacramentalmente il corpo il sangue del Signore, cammineremmo nella grande
libertà del cuore in un orientamento che ci introduce in una luminosità che è
l'eternità beata.
Essere
partecipi della grandezza della personalità del Maestro divino nel Mistero
eucaristico ci fa pregustare la sua luminosità nella Gerusalemme del cielo.
Questa sia
la bellezza della festa di oggi. Il linguaggio letterario della Scrittura che
ci regala un tale meraviglioso mistero ci ha introdotti in questa ineffabilità
divina e noi tutti possiamo camminare nel tempo e nello spazio con tanta gioia,
con tanta fiducia, pur nel tormento del quotidiano. Quando la persona è in
questo mistero, respira, vive, cammina, si proietta in avanti a una speranza
eterna che la aiuta nel cammino tanto difficile delle realtà storiche.
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