Is 8,23-9,3 1Cor 1,10-13.17 Mt 4,12-23
OMELIA
Il cristiano
è stimolato a conoscere in modo sempre più profondo la personalità di Gesù e
davanti a questo orizzonte, il suo sguardo è rivolto verso l'alto, poiché la
conoscenza di Gesù gli viene attraverso la rivelazione sia da parte della voce
del Padre, sia da parte dell'annuncio di Giovanni il Battezzatore, ma il dramma
dell'uomo della cultura odierna è che non riesce a guardare in alto.
Di fronte
ad una simile situazione è interessante soffermarci questa mattina sulla
profezia di Isaia, ripresa nel testo evangelico, dove si afferma: “Un popolo che camminava nelle tenebre vide
una grande luce”. Vi troviamo tre aspetti essenziali per il cammino del
Vangelo: la coscienza dell'uomo contemporaneo di non riuscire a porre l'atto di
fede, la potenza della parola di Dio che entra nella storia dell'uomo, perché
egli possa godere la bellezza della luce che è il fiorire dell'esperienza della
fede.
Innanzitutto,
la presa di coscienza di come, nella cultura contemporanea, sia veramente
difficile porre l'atto di fede. Se guardiamo attentamente il mondo nel quale
viviamo, ci troviamo di fronte a un grande smarrimento, dove emerge chiaramente
il problema di Dio, fulcro dell'anima e della ricerca, che in modo trasversale
percorre la creatura umana e il suo itinerario esistenziale. Nel mondo odierno diventa
problematico l'interrogativo: “Chi è Dio?”. Questa domanda, in un modo o in un
altro, entra in noi, che abbiamo dimenticato la dimensione verticale dell’esistenza.
Non c'è più la gioia coraggiosa di guardare in alto. Per affrontare la problematica
della fede, deve essere chiaro l’orientamento: l’uomo, nel travaglio della
storia, si affida alla potenza che viene da lassù. Noi viviamo quella che vien
chiamata “una fede liquida” e anonima, in una cultura così indebolita
nell'ordine della fede, da non farci più cogliere la presenza del Signore. Ecco
perché, in certo qual modo, nella profezia di Isaia c'è il riflesso della
cultura di oggi. Noi qualche volta ci illudiamo di essere credenti, ma siamo
semplicemente “religiosi”, "andiamo in chiesa", mentre la bellezza di
essere credenti è aprire lo sguardo su qualcosa che è più grande di noi. Dobbiamo
riuscire a fare un salto di qualità: nel buio del quotidiano far brillare la
parola di Dio, attraverso una ricerca che nasce dall'azione creatrice dello Spirito
Santo, all'interno della “cultura del mistero”. Secondo lo stile del Vangelo,
il cristiano nel buio dell’esistenza entra in questa meravigliosa esperienza,
che i testi scritturistici ci aiutano a comprendere: “Così dice il Signore”. Quando facciamo delle scelte di vita per
poter uscire lentamente dal buio, dobbiamo ritrovare questo stimolo: “Così dice il Signore”. Allora potremo ritrovare il gusto di Dio che ci parla,
facendo nostra la preghiera di Samuele “Parla,
o Signore, che il tuo servo ti ascolta” e il meraviglioso salmo 118, che
traccia l'esperienza cristiana e si riassume in una frase-chiave: “Lampada ai miei passi è la tua parola, luce
sul mio cammino”. Il cristiano medita continuamente la Parola e la sua esistenza
è un dialogo tra il buio che lo sta soffocando e Dio, innamorato dell'uomo, che
gli parla continuamente.
Ma che cos'è la parola di Dio? Noi purtroppo
siamo caduti in una grossa ambiguità: pensare che la parola di Dio sia la
Bibbia; la Bibbia è un libro, questo deve esserci ben chiaro. Domenica della Parola,
non vuol dire semplicemente domenica della Bibbia, ma domenica del Dio che
rivela il suo volto. L’uomo guarda in alto perché la Parola è uscita dal
silenzio di Dio, e la parola uscita dal silenzio di Dio è il Verbo. La Parola è
la luce che invade i nostri drammi, dove anche i silenzi, che tante volte ci
accompagnano, sono parola di Dio, perché Dio è talmente innamorato dell'uomo che
gli parla continuamente, anche attraverso il silenzio del non senso, anche
attraverso il silenzio della drammaticità della vita, anche attraverso il silenzio
delle oscurità della storia contemporanea. Dio ci parla sempre. Ecco perché nel
buio c'è Dio in noi, che continuamente ci fa aspirare a incontrare la Parola,
che è Cristo Gesù. “Un popolo che camminava
nelle tenebre”, che camminava nelle problematicità della vita con tutti gli
interrogativi che essa pone, sentì una voce: Dio parla nell'uomo e vuol
dialogare con lui. La bellezza feconda della vita è avvertire questo Dio in noi,
che ci provoca e ci dice: “Esci dal buio,
cammina, c'è una luce che ti sta aspettando perché sta operando in te mio Figlio”.
La bellezza
della luce è Gesù. Dobbiamo riscoprire quella intuizione del libro dell'Apocalisse,
che delinea il volto dell'assemblea cristiana riunita in preghiera, quando
afferma che noi “vediamo la voce”. Sembra
assurdo, ma è la verità: “vediamo la
voce”. Gli innamorati di Gesù ascoltano la Parola e la vedono, vedendo
colui che parla, la luce che illumina le tenebre della storia, vincendole. Isaia
ci pone davanti a un'espressione che non sempre noi sufficientemente percepiamo,
quando si parla della Galilea delle genti: l'universalità della redenzione.
Cristo Signore vuole raggiungere tutti gli uomini, guidandoli dalle tenebre
della storia, dalle tenebre del concreto, verso una luminosità che è il Cristo
glorioso: ecco la Parola! L’uomo, anche nel silenzio turbolento del quotidiano,
è attirato da Cristo che è la Parola: “così
dice il Signore”.
Se vogliamo veramente che questa profezia di Isaia si realizzi nella
nostra vita contemplando il Cristo, parola del Padre, è importante giungere ad
alcune conclusioni, per crescere nell'innamoramento di Gesù: Gesù è la Parola!
È molto bello come il Concilio Vaticano II affermi che “ogni volta che siamo
riuniti nello Spirito Santo, il Cristo in persona rivolge a noi la sua parola,
la sua luce, il suo calore che dà speranza al nostro cammino” e allora nel buio
quotidiano non lasciamoci schiacciare dagli avvenimenti e dalle situazioni
storiche, ma desideriamo intensamente il Cristo, perché diventi la Parola della
nostra esistenza. Ascoltata questa Parola, nel silenzio, l'anima viene riempita
dalla grandezza divina. Tante volte le parole scritturistiche scivolano via,
abbiamo quelle distrazioni che nascono nell'esistenza quotidiana, ma la Parola
come persona è il gusto della vita, che va al di là delle nostre distrazioni
feriali. Quando veramente c'è un profondo rapporto d'amore con il Signore,
quando egli ci parla, anche se non ne comprendiamo le parole, nasce la gioia della
nostra vita. Allora cresciamo nella profondità di amore con il Signore, che
accompagna la nostra esistenza e ci dà la luce del quotidiano. Perché Gesù ci
parla? Perché “un popolo che camminava
nelle tenebre vide una grande luce”, perché la nostra vita è scritta nel
cuore divino-umano di Gesù, che è la luce. Se noi entriamo in questa meravigliosa
esperienza, ci accorgiamo che nel cammino siamo nel buio tante volte, ma
all'interno di noi c'è lo Spirito Santo che ci orienta a Cristo e Cristo è la
grande Parola che entra in noi e ci dona la bellezza della vita.
Venendo
questa mattina all'Eucaristia abbiamo questo grande fascino e desiderio: “Parla o Signore perché il tuo servo ti
ascolta” – “Lampada ai miei passi è la tua parola”. Signore tu sei la luce personale, che è il tuo volto che raggiunge il mio volto, e mi dici: “Non sei solo, cammina, sei nella speranza!”.
Il segno di
questo itinerario è l'assunzione sacramentale del suo corpo e del suo sangue,
dove noi gustiamo la Parola. Una Parola che non diventi eucaristia non è vera e
piena parola evangelica. Una Parola che non diventi eucaristia non è Parola di
Dio. Entriamo in questo cammino con tanta gioia e nell'Eucaristia “vediamo la voce”, questa presenza che
illumina i nostri passi e ci dà la capacità di camminare nel gusto del divino.
Le tenebre non ci faranno più paura, anche se arrivano, e questo perché
desideriamo la luce, che è il respiro che la parola di Dio ci offre questa
mattina, in modo che ogni volta che nella vita ci nasce il pensiero esistenziale
“Ma dove stiamo andando?”, la Parola ci offre una grande speranza: “un popolo che camminava nelle tenebre vide
una grande luce”.
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