1Re 19,4-8 Ef 4,30-5,2 Gv 6,41-51
OMELIA
Domenica scorsa Gesù ci invitava ad accoglierlo come ospite: la
sua personalità rappresenta il significato di fondo della nostra esistenza,
poiché la bellezza di essere cristiani è vivere questa meravigliosa relazione
che il Cristo ha con noi e noi con lui. E' gustare la persona del Maestro come
il pane della vita eterna. Ora davanti a questa meravigliosa esperienza della
gustazione della sua persona, senso della vita di ogni umana creatura, Gesù ci
stimola a fare un passo in avanti: andare all'atteggiamento di fondo per
poterlo incontrare in modo fecondo per poter così accedere al volto del Padre. La
contemplazione piena del volto del Padre costituisce il senso più pregnante
della nostra esistenza. Infatti ricordiamoci sempre che quando noi siamo stati
chiamati ad essere discepoli del Maestro, egli ci richiede continuamente la
purezza del cuore, l'essere attirati a lui, il gustare l'apertura piena della
nostra persona al suo mistero di amore. Egli è il senso della vita. Come l'uomo
non può mangiare senza il pane, così non può vivere senza Dio, la sua persona,
il suo mistero, la bellezza della sua reale presenza nella storia della Chiesa.
Questo è quel pane sovrassostanziale che ogni giorno chiediamo al Padre. Per
poter accedere a questo occorre avere quella purezza del cuore che ci orienta
al Padre e alla docilità al suo volere. Sono due le espressioni molto belle del
Vangelo di questa mattina:
- nessuno può venire a me se il Padre, che mi ha mandato, non lo
attira a sé;
- e tutti saranno istruiti da Dio.
Qui c'è il nucleo fondamentale che rende feconda l'ospitalità che diamo
a Gesù in una intensa reciprocità. Innanzitutto è importante che sottolineiamo
la necessità della purezza del cuore e che si lascia docilmente attirare dal Padre
per avere accesso al suo mistero di amore. Noi qualche volta dimentichiamo che
la vita, iI senso dell'esistenza, il suo dinamismo interiore nascono dal Padre.
La bellezza di essere uomini, di camminare nel tempo e nello spazio rappresenta
un luminoso dono del Padre! Tutta la nostra vita è nel Padre e dal Padre. Da
tutto ciò nasce la pressante domanda: chi è il cristiano? E’ il generato da Dio,
è il generato dal Padre in Cristo Gesù. Ecco perché il cristiano si sente
chiamato a gustare questo fascino del Padre. Potremmo dire che ogni volta che
diciamo “Padre” la nostra esistenza si senta trasfigurata perché in quel
momento noi entriamo in un mistero più grande di noi e allora tutti saranno
istruiti da lui, dal Padre! Ed è lo sguardo che il cristiano deve avere verso
l'altro, verso la consapevolezza di un mistero più grande che avvolge la sua
vita e riposare nel Padre, il Padre illumina continuamente la nostra storia.
Infatti si realizza nel cammino nella nostra esistenza un itinerario molto
bello: chiamati dal Padre gustiamo la purezza del cuore e nella purezza del
cuore ci lasciamo attirare e il Padre ci parla continuamente. Ricordiamo sempre
la bella espressione di Sant'Ignazio di Antiochia: l'Incarnazione è la parola
uscita dal silenzio di Dio. L'uomo del silenzio è abitato dal Padre. Ecco il
primo elemento che appare dalla parola di questa mattina per cui tutta la nostra
storia è un orientamento al Padre, come nel caso di Elia che si lascia
continuamente vivificare da quella visione che lo accompagna fino al monte
dell'Oreb. Partendo da questa esperienza scopriamo sempre più che il Padre ci
regala al Figlio. Il senso della vita è il Padre, il Figlio è nient'altro colui
al quale il Padre ci regala, come dice il Maestro divino nella preghiera
sacerdotale: ho fatto conoscere il tuo
nome a quelli che mi hai dato… erano tuoi e li hai dati a me. E’ un'esperienza questa nella quale diverse
volte siamo ci siamo soffermati, ma è la bellezza del cristiano che non ha
bisogno di tante cose, ma di vivere continuamente in questo meraviglioso
dialogo Padre-Figlio con una intensa purezza di cuore. Quando il cristiano
entra in questa esperienza, vive il dono del pane della vita, il senso della
sua esistenza, il principio per il quale continuamente vive. Con la conseguenza
che dalla parola di questa mattina ha espressa in tre parole che devono essere
per noi significative:
- vivere in eterno
- risorgere nell'ultimo giorno
- giungere al Monte Oreb all'esperienza del riposo in Dio.
In queste espressioni gustiamo nient'altro che il vivere oggi la
risurrezione finale.
Se il Cristo il senso della vita, l'uomo che accoglie Cristo, senso
della vita, è già eternità beata! E’ un'esperienza alla quale siamo chiamati perché
quell'ultimo giorno non è cronologico, l'ultimo giorno non è il momento della
morte, ma l'oggi nella pienezza dell'amore divino. Il tempo è sacramento del Verbo incarnato.
Ogni volta che ci lasciamo attirare a lui noi siamo nell'ultimo giorno. Credo
che questa mattina il Signore voglia farci fare un grande passo: "io
divento vostro ospite - dice il Maestro - perché il Padre vi sta attirando a me!"
Proviamo a pensare il Padre che istante per istante ci regala Gesù nostro
ospite per attirarci a lui e lui diventa veramente il senso portante della vita,
e questo senso portante è già eternità beata. L'Eucarestia che stiamo
celebrando è questo grande mistero dove noi veniamo attirati al Padre. Non
sempre noi abbiamo questa serena coscienza. Noi veniamo in chiesa per gustare
il volto del Padre. Il cristiano è innamorato del volto del Padre e, immersi
nel Padre, questi ci regala il Figlio e con il Figlio entriamo in dialogo con
il Padre: è il sacramento! Il sacramento è la presenza dell’Invisibile che ci rigenera
nel senso della vita.
Gesù non ci dà delle cose, ci offre la sua persona, lui è - come
persona - il pane della vita! Il fascino della sua persona diventa pane, il
fascino della sua persona diventa vino perché noi in lui e con lui veniamo
immersi nella gloria del Padre! Questo è quello che stiamo celebrando in questa
Eucaristia, il resto non ha valore, se non come linguaggio visibile di chi è
innamorato dell'Invisibile. Senza l'innamoramento dell'Invisibile il visibile è
freddo, le realtà storiche non sono il senso della vita. Camminiamo in questo orizzonte
in modo da approcciarsi sempre di più al fascino della presenza di Gesù e
quando vi sarà offerto il pane e il corpo di Cristo noi guardiamo una persona: “Io
sono il pane della vita eterna” e allora attirati in quel “Io sono” gusteremo
quelle eternità beata che è la bellezza della nostra vita e che non è
nient'altro che la pregustazione del momento in cui noi gusteremo eternamente
il volto del Padre seguendo l'Agnello ovunque vada, cantando Il canto nuovo che
solo i 144000 conoscono, quelli che sono affascinati dal Signore, e lo seguono
per tutta l'eternità beata.
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