02 gennaio 2022

II DOMENICA DOPO NATALE – ANNO C –

Sir 24,1-4.12-16 (NV) [gr. 24,1-2.8-12]                Ef 1,3-6.15-18    Gv 1,1-18

OMELIA

Il silenzio di Maria ci ha caratterizzati all'inizio di quest'anno e il silenzio di Maria è il contesto nel quale la Chiesa oggi ci ha offerto una parola nella quale riusciamo a comprendere, nel mistero del Verbo incarnato, la bellezza e la grandezza della nostra umanità. Se abbiamo notato c'è una continua corrispondenza tra la realtà del Verbo incarnato e la realtà dell'uomo. Quanto più noi entriamo nello scoprire chi sia Gesù, tanto più noi scopriamo cosa voglia dire essere uomini. C'è una continua relazione tra l'atto di Dio che crea, che salva, che santifica l'umanità e come l'umanità è chiamata a essere. Ecco perché nel silenzio di Maria mentre gustiamo di nuovo i testi che ci hanno collocati nel contesto del Natale noi ritroviamo la grandezza della nostra umanità. Tre elementi ci possono aiutare in questa riflessione:

-l'origine della vita,

-il rapporto di comunione tra Padre e Figlio, nel quale è inserita la nostra storia,

-la conclusione della nostra esistenza che un accedere in pienezza nel rapporto Padre e Figlio.

L'introduzione del prologo è molto chiara circa l'origine della nostra esistenza: In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio: ecco la fonte della vita! Quando noi ci poniamo la domanda sul senso portante della nostra esistenza l'evangelista Giovanni ci colloca nel punto focale di inizio della nostra esistenza: la comunione Padre e Figlio, e già questo ci fa intuire che la fecondità della nostra storia è tutta nel mistero del rapporto d'amore Padre e Figlio. Quando nella stanchezza dell'esistenza noi ci poniamo l'interrogativo “chi sono?”, Giovanni ci fa alzare lo sguardo, ci colloca nel silenzio della contemplazione e ci fa dire: Ecco in quel in principio è la mia esistenza! In certo qual modo come diciamo che nel Verbo incarnato c'è la pienezza della umanità nella pienezza della divinità, così possiamo veramente dire dell'uomo che nella bellezza della sua umanità c'è un rivelarsi della luminosità della divinità. Quello che noi predichiamo, diciamo, evidenziamo del mistero di Gesù noi siamo chiamati da Giovanni a evidenziarla nella realtà di ognuno di noi. Amare l'essere uomo è vivere il principio fondamentale della nostra esistenza In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Di riflesso è molto chiara la meta della nostra esistenza espressa dalla conclusione del testo evangelico Dio mai nessuno l'ha visto, il Figlio unigenito che è nel Padre lui ce lo ha rivelato. Ben sappiamo che la meta della nostra esistenza è dire "Padre!". Ciò significa entrare in una profonda comunione di vita che ci fa intuire la bellezza dell'essere uomini. La gioia del Natale sempre è la gioia di Dio che vede in ciascuno di noi il suo capolavoro. Noi siamo nati dal Padre nel modello di Cristo nell'energia dello Spirito Santo, siamo segno vivente e visibile di un amore trinitario che è costantemente creativo.

In tale orizzonte, se noi ripercorriamo il cammino che l'evangelista Giovanni ci ha regalato nel testo evangelico, ci accorgiamo che tutto ciò che è in Gesù è anche nella nostra vita, egli è la luce che illumina ogni uomo che viene in questo mondo dove parlare di luce è parlare di un cammino, parlare di luce è ritrovare un itinerario da percorrere, ritrovare la luce è la bellezza di essere nel calore che viene dall'alto. La bellezza della luce s'incarna nel ritrovare continuamente il gusto della Vita, poiché in lui era la vita e la vita è la bellezza di ogni uomo: essere nella luce è essere nella vita. Ecco perché il cristiano quanto più desidera essere se stesso tanto più si lascia illuminare dalla figura di Gesù. Non è una devozione Gesù, Gesù è il fondamento della gioia di essere uomini e quando la nostra esistenza è tutta costruita sulla figura di Gesù noi accogliamo la bellezza dell’espressione con la quale Giovanni ha illuminato la nostra esistenza a quelli che lo hanno accolto, che nel silenzio hanno spalancato la loro storia all’accadimento di Dio, ha dato il potere di diventare figli di Dio. Abbiamo l'origine, la vitalità, la dinamicità propria di Dio. Ecco perché l'uomo nel Natale ritrova il gusto, un gusto rinnovato della bellezza di essere se stesso. Inoltre a quelli che lo hanno accolto, che hanno spalancato la loro esistenza a questo accadimento di Dio, ha dato il potere di diventare figli di Dio… i quali da Dio sono stati generati. Siamo i generati della Santissima Trinità e quando noi nel silenzio entriamo nella percezione di questo mistero dovremmo dire: grazie Trinità beata del dono che siamo ciascuno di noi! Nati da Dio, diventando sempre più uomini contemplati in Gesù perché Gesù divenga la luce e la vita della nostra vita, per donarci la speranza. Intuiamo come la nostra esistenza si collochi veramente nella paternità di Dio. Ieri ascoltavamo da Paolo la lettera ai Galati che affermava: lo Spirito che grida in noi Abbà, Padre! Quando entreremo nella luce senza tramonto, mentre gusteremo nel silenzio della lode il Volto del Padre noi diremo con il cuore ricco di esultanza: Abbà, come faceva Gesù! L'uomo è veramente uomo perché entra in questa bellezza, la bellezza d'essere nella luce. Ecco perché la Chiesa unendo il silenzio di Maria come il rinnovato ascolto del prologo di Giovanni vuol aiutarci a dire: sei un capolavoro della vita trinitaria, sei la vita trinitaria che vive in te!

La bellezza di ritrovarci in questa Eucaristia è la gioia di cantare la gioiosa consapevolezza di essere capolavoro. Come conseguenza, ogni volta che nella fede proclamiamo che Gesù è vero Dio e vero uomo, dobbiamo in certo qual modo dire anche di noi la stessa cosa: Siamo la meravigliosa e vivente unione divino-umana. Celebriamo in Gesù la fecondità della nostra umanità divinizzata e la nostra divinizzazione umanizzata. Quando l'uomo entra in questa gustazione divino-umana ritrova la bellezza di vivere: è la fecondità propria dell'Eucaristia! E’ il canto alla vita continuamente ritrovata e rigenerata! E’ Dio Trinità che entra nella nostra assemblea: qui contempliamo il Cristo, respiriamo lo Spirito Santo per gustare la visione del Padre! Nel momento in cui ci accosteremo ai doni eucaristici la Trinità rifarà in noi il suo capolavoro comunque sia la nostra esistenza perché la creatività della Trinità è la bellezza dell'Eucarestia, entrare in questo capolavoro, che siamo noi! E se tante volte turbati o tristi o preoccupati entriamo nell' assemblea, attraverso questo clima di novità che la Trinità offre in questa comunità possiamo veramente dire: Grazie Signore che mi hai rifatto tuo capolavoro, specie nel tuo corpo e nel tuo sangue, per poter dire nella semplicità serena e quotidiana la bellezza di essere uomini che attraverso il silenzio di Maria imparano la gioia di essere uomini divinizzati per poter essere veramente il Cristo vivente che in noi si fa attendere per la visione gloriosa del paradiso. Qui è la meravigliosa fecondità delle celebrazioni natalizie.


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