Sir 24,1-4.12-16 (NV) [gr. 24,1-2.8-12] Ef 1,3-6.15-18 Gv 1,1-18
OMELIA
Il silenzio
di Maria ci ha caratterizzati all'inizio di quest'anno e il silenzio di Maria è
il contesto nel quale la Chiesa oggi ci ha offerto una parola nella quale
riusciamo a comprendere, nel mistero del Verbo incarnato, la bellezza e la
grandezza della nostra umanità. Se abbiamo notato c'è una continua
corrispondenza tra la realtà del Verbo incarnato e la realtà dell'uomo. Quanto
più noi entriamo nello scoprire chi sia Gesù, tanto più noi scopriamo cosa
voglia dire essere uomini. C'è una continua relazione tra l'atto di Dio che
crea, che salva, che santifica l'umanità e come l'umanità è chiamata a essere. Ecco
perché nel silenzio di Maria mentre gustiamo di nuovo i testi che ci hanno
collocati nel contesto del Natale noi ritroviamo la grandezza della nostra
umanità. Tre elementi ci possono aiutare in questa riflessione:
-l'origine
della vita,
-il
rapporto di comunione tra Padre e Figlio, nel quale è inserita la nostra
storia,
-la
conclusione della nostra esistenza che un accedere in pienezza nel rapporto Padre
e Figlio.
L'introduzione
del prologo è molto chiara circa l'origine della nostra esistenza: In principio era il Verbo e il Verbo era
presso Dio e il Verbo era Dio: ecco la fonte della vita! Quando noi ci
poniamo la domanda sul senso portante della nostra esistenza l'evangelista
Giovanni ci colloca nel punto focale di inizio della nostra esistenza: la
comunione Padre e Figlio, e già questo ci fa intuire che la fecondità della
nostra storia è tutta nel mistero del rapporto d'amore Padre e Figlio. Quando
nella stanchezza dell'esistenza noi ci poniamo l'interrogativo “chi sono?”, Giovanni ci fa alzare lo
sguardo, ci colloca nel silenzio della contemplazione e ci fa dire: Ecco in
quel in
principio è la mia esistenza! In certo qual modo come diciamo che nel Verbo
incarnato c'è la pienezza della umanità nella pienezza della divinità, così
possiamo veramente dire dell'uomo che nella bellezza della sua umanità c'è un
rivelarsi della luminosità della divinità. Quello che noi predichiamo, diciamo,
evidenziamo del mistero di Gesù noi siamo chiamati da Giovanni a evidenziarla nella
realtà di ognuno di noi. Amare l'essere uomo è vivere il principio fondamentale
della nostra esistenza In principio era
il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Di riflesso è molto
chiara la meta della nostra esistenza espressa dalla conclusione del testo
evangelico Dio mai nessuno l'ha visto,
il Figlio unigenito che è nel Padre lui ce lo ha rivelato. Ben sappiamo che
la meta della nostra esistenza è dire "Padre!". Ciò significa entrare
in una profonda comunione di vita che ci fa intuire la bellezza dell'essere
uomini. La gioia del Natale sempre è la gioia di Dio che vede in ciascuno di
noi il suo capolavoro. Noi siamo nati dal Padre nel modello di Cristo
nell'energia dello Spirito Santo, siamo segno vivente e visibile di un amore trinitario
che è costantemente creativo.
In tale
orizzonte, se noi ripercorriamo il cammino che l'evangelista Giovanni ci ha
regalato nel testo evangelico, ci accorgiamo che tutto ciò che è in Gesù è
anche nella nostra vita, egli è la luce
che illumina ogni uomo che viene in questo mondo dove parlare di luce è
parlare di un cammino, parlare di luce è ritrovare un itinerario da percorrere,
ritrovare la luce è la bellezza di essere nel calore che viene dall'alto. La
bellezza della luce s'incarna nel ritrovare continuamente il gusto della Vita,
poiché in lui era la vita e la vita
è la bellezza di ogni uomo: essere nella luce è essere nella vita. Ecco perché
il cristiano quanto più desidera essere se stesso tanto più si lascia illuminare
dalla figura di Gesù. Non è una devozione Gesù, Gesù è il fondamento della
gioia di essere uomini e quando la nostra esistenza è tutta costruita sulla
figura di Gesù noi accogliamo la bellezza dell’espressione con la quale
Giovanni ha illuminato la nostra esistenza a
quelli che lo hanno accolto, che nel silenzio hanno spalancato la loro
storia all’accadimento di Dio, ha dato
il potere di diventare figli di Dio. Abbiamo l'origine, la vitalità, la
dinamicità propria di Dio. Ecco perché l'uomo nel Natale ritrova il gusto, un
gusto rinnovato della bellezza di essere se stesso. Inoltre a quelli che lo hanno accolto, che
hanno spalancato la loro esistenza a questo accadimento di Dio, ha dato il potere di diventare figli di Dio…
i quali da Dio sono stati generati. Siamo i generati della Santissima
Trinità e quando noi nel silenzio entriamo nella percezione di questo mistero
dovremmo dire: grazie Trinità beata del dono che siamo ciascuno di noi! Nati da
Dio, diventando sempre più uomini contemplati in Gesù perché Gesù divenga la
luce e la vita della nostra vita, per donarci la speranza. Intuiamo come la
nostra esistenza si collochi veramente nella paternità di Dio. Ieri ascoltavamo
da Paolo la lettera ai Galati che affermava: lo Spirito che grida in noi Abbà, Padre! Quando entreremo nella
luce senza tramonto, mentre gusteremo nel silenzio della lode il Volto del Padre
noi diremo con
il cuore ricco di esultanza: Abbà, come
faceva Gesù! L'uomo è veramente uomo perché entra in questa bellezza, la
bellezza d'essere nella luce. Ecco perché la Chiesa unendo il silenzio di Maria
come il rinnovato ascolto del prologo di Giovanni vuol aiutarci a dire: sei un capolavoro della vita trinitaria, sei
la vita trinitaria che vive in te!
La bellezza di ritrovarci in questa Eucaristia è la gioia di cantare la gioiosa consapevolezza di essere capolavoro. Come conseguenza, ogni volta che nella fede proclamiamo che Gesù è vero Dio e vero uomo, dobbiamo in certo qual modo dire anche di noi la stessa cosa: Siamo la meravigliosa e vivente unione divino-umana. Celebriamo in Gesù la fecondità della nostra umanità divinizzata e la nostra divinizzazione umanizzata. Quando l'uomo entra in questa gustazione divino-umana ritrova la bellezza di vivere: è la fecondità propria dell'Eucaristia! E’ il canto alla vita continuamente ritrovata e rigenerata! E’ Dio Trinità che entra nella nostra assemblea: qui contempliamo il Cristo, respiriamo lo Spirito Santo per gustare la visione del Padre! Nel momento in cui ci accosteremo ai doni eucaristici la Trinità rifarà in noi il suo capolavoro comunque sia la nostra esistenza perché la creatività della Trinità è la bellezza dell'Eucarestia, entrare in questo capolavoro, che siamo noi! E se tante volte turbati o tristi o preoccupati entriamo nell' assemblea, attraverso questo clima di novità che la Trinità offre in questa comunità possiamo veramente dire: Grazie Signore che mi hai rifatto tuo capolavoro, specie nel tuo corpo e nel tuo sangue, per poter dire nella semplicità serena e quotidiana la bellezza di essere uomini che attraverso il silenzio di Maria imparano la gioia di essere uomini divinizzati per poter essere veramente il Cristo vivente che in noi si fa attendere per la visione gloriosa del paradiso. Qui è la meravigliosa fecondità delle celebrazioni natalizie.
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