Is 60,1-6 Ef 3,2-3a.5-6 Mt 2,1-12
OMELIA
L'esperienza
del Natale lentamente ci ha condotti a entrare nella personalità di Gesù. Il Verbo si fa carne, entra in dialogo
con l'uomo e attraverso il silenzio di Maria l'evento del mistero di Cristo
passa nella nostra esistenza. Tale dono ci fa intuire anche che la vita del
cristiano, che è chiamato a imitare Gesù, è una vita in cammino. La storia del
Maestro è stata tutta un cammino verso il mistero della Pasqua, il mistero
della sua morte, sepoltura e risurrezione, ed è quello che ci insegnano oggi i Magi.
La loro esperienza, in questo racconto teologico, vuol dare una risposta
all'uomo dei nostri giorni con i suoi tradizionali interrogativi: cosa vuol
dire essere in stato esistenziale di costante ricerca? Qual è l'origine di tale
stato d'animo? Come si arriva a trovare il Maestro e quale Maestro noi
scopriamo? La bellezza del racconto tipologico che abbiamo poc'anzi ascoltato ci
permette di comprendere tre passaggi fondamentali per poter veramente giungere
a conoscere Gesù nella sua vera identità:
-il senso
della ricerca,
-la
centralità della parola di Dio,
-l'intimità
eucaristica con Gesù.
Questi tre
passaggi che l'evangelista ci ha narrato in modo quasi mitico per certi versi,
ma che riproduce quella che è l'esperienza che ogni cristiano è chiamato a
portare avanti, rappresentano l'itinerario per gustare luce negli interrogativi
esistenziali.
Innanzitutto
dobbiamo approfondire il senso della ricerca, e qui scopriamo, attraverso
l'immagine della stella, che la ricerca dell'uomo passa innanzitutto nella
riscoperta della potenza di Dio che opera nel suo cuore. Nel momento in cui Dio
ha creato l'uomo lo ha creato ricercatore del suo volto e tale constatazione ci
permette di comprendere che tutta la storia dell'uomo è una ricerca del senso
dell'esistenza. L'immagine della stella è solo la ritraduzione dell'uomo che
nella sua ricerca ha lo sguardo anche verso l'alto, è una dimensione interiore
che noi chiamiamo senso del sacro, che porta l'uomo a guardare in alto, a
spalancare il suo sguardo nell'orizzonte infinito. In tale clima esistenziale
riesce a camminare per dare senso alla sua vita. Allora scopriamo che quando
l'uomo si pone in ricerca si svuota dalla schiavitù dell'io. Chiunque voglia
ricercare il volto di Dio lentamente entra nel vuoto esistenziale, è un
elemento questo importante. Quando noi cerchiamo, non conosciamo perfettamente,
se conoscessimo veramente non ricercheremmo e quando l'uomo è in ricerca del
senso della sua vita abbandona le sue precomprensioni, abbandona ogni
autoreferenzialità, abbandona il suo modo di concepire anche Dio. L'uomo è un
ricercatore illuminato che abbandona ciò che concretamente gli è più facile.
Ecco perché il cristiano nel momento in cui viene rigenerato dall'acqua e dallo
Spirito si pone in ricerca: l'acqua del battesimo è una sete, il volto di Dio
lo affascina.
Ma qual è
il volto di Dio, il Dio nel quale noi dobbiamo veramente costruire la nostra
esistenza? E allora incontriamo il secondo passaggio: veniamo raggiunti dalla
rivelazione divina. Il fatto che i Magi, nella loro ricerca giungano a Gerusalemme
e qui venga letto il testo del profeta Michea, vuol sottolineare un intenso
passaggio qualitativo: l'uomo, condotto nel silenzio di Dio, è chiamato ad
accogliere il Dio che parla. Quel Dio che parla è Dio che colloca nel cuore
dell'uomo la bellezza della ricerca: Dio in noi e con noi sta cercando! È una
realtà questa che noi tante volte dimentichiamo eppure l'uomo quando si pone
alla ricerca del volto di Dio è in un cammino guidato da Dio. Ecco perché Dio
svuota i Magi per riempirli della sua presenza: è il dono della divina
rivelazione! Dio appare in quel testo di Michea e parla a Israele. Tale
dinamica ci permette d'intuire perché l'evangelista nel narrare questo
misterioso episodio ci fa riapparire la stella. La stella che ha svuotato i
magi nella ricerca per condurli alla essenzialità diventa una stella che guida,
è la bellezza del cammino della fede che è un cammino costruito dalla
meravigliosa pedagogia divina.
Ci ritroviamo
allora al terzo passaggio: la stella li conduce a una casa, e allora è molto
bello entrare nel linguaggio che noi cogliamo nella narrazione che
l'evangelista ci offre: entrano in casa, vedono, si prostrano, adorano, regalano
e questo cammino potremmo definirlo un cammino che porta all'atto di fede e
l'atto di fede nasce dall'intimità: entrano in casa! I Magi entrano in casa
sorretti dalla Parola, entrano nell'intimità divina: vedono Maria e il bambino.
Qui scopriamo la bella immagine di papa Benedetto XVI, ci accostiamo a Gesù con
le mani vuote. Il vero ricercatore ha sì le mani vuote, ma con un cuore guidato
dalla parola di Dio. Un simile atteggiamento introduce nella intimità della
rivelazione divina. E in questa intimità si prostrano. E’ la povertà dell'uomo
davanti a Dio. E’ bello essere poveri davanti a Dio. Ecco, qui l'immagine di
Papa Benedetto è meravigliosa: presentiamoci a Dio con le mani vuote e in quel
prostrarsi dei magi essi regalano la loro povertà ed entrano in intimità:
adorano! In tale intimità adorante, Gesù offre loro se stesso. La bellezza
della fede è entrare in questo regalo che il Signore pone nel cuore dell'uomo che
lo sta ricercando. E qual è l'altro effetto di questa relazione meravigliosa
che è la fede? I Magi accolgono il Gesù morto, sepolto, risorto che ritraducono
nella caratteristica dei doni nei quali si sentono immersi nel Cristo pasquale:
incenso, segno dell'oblazione della morte; la mirra, espressione della
sepoltura: l'oro, manifestazione della risurrezione! Regala se stesso nel suo
mistero Pasquale! E’ una cosa questa che dovrebbe entrare nella nostra
esistenza; noi qualche volta siamo attirati dalle grandezze espressive che
abbiamo ascoltato nel testo di Isaia. Ma la bellezza della fede è entrare in
una intimità da poveri per ritrovarci nella bellezza di essere arricchiti e
allora la vita di fede è restituire al Signore le meraviglie del Signore.
Ricordiamo sempre che la bellezza della fede è che - ce lo siamo ricordati
tante volte - vive di due sentimenti: l'ammirazione e il rendimento di grazie.
I Magi entrano nella loro povertà davanti al Signore nella emozione che
s'incarna nell'adorazione bocca a bocca, dove il Signore in quell’emozione
regala se stesso ed essi in rendimento di grazie offrono al Signore il suo
mistero Pasquale. Ricordiamo sempre la bella preghiera della Chiesa: ...in
questo misterioso incontro la nostra povertà e la tua grandezza, noi ti
offriamo le cose che ci hai dato, e tu donaci in cambio te stesso.
E allora la
gioia della fede è questa ricerca dove, lentamente attraverso il vissuto
ordinario, noi siamo in cammino verso questo Signore che diventa la pienezza
della nostra vita. La gioia del Natale è il Signore che imprime in noi i segni
del suo amore, la sua passione, sepoltura e risurrezione. E’ quello che noi
stiamo celebrando nei divini misteri. Portiamo la nostra persona nel fascino
del Maestro e il Maestro ci regala se stesso. Ecco perché l'evangelista Matteo
ci ha regalato questo racconto molto strano, ma molto ricco: la gioia di essere
dei poveri che ricercano per essere arricchiti.
E allora entriamo in questo spirito e quando faremo la comunione in quel momento il Signore ci regalerà lui l’oro, l'incenso, la mirra… la sua morte, sepoltura e risurrezione per renderci uomini nuovi. La bellezza della fede è lui che vive in noi. Con tale spirito entriamo in questa esperienza, in questa semplice ma meravigliosa celebrazione eucaristica, non lasciamoci prendere da tante cose esteriori, quella casa, quella intimità, quella povertà devono essere riempite da una presenza meravigliosa: il Cristo eucaristico. La bellezza della fede è cantare una gratitudine da parte di un uomo che è ricco di stupore perché Gesù morto, sepolto e risorto sia il tesoro del nostro cuore, e gusteremo la bellezza della nostra umanità veramente divinizzata.
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