Gs 5,9a.10-12 2Cor 5,17-21 Lc 15,1-3.11-32
OMELIA
Il cammino
quaresimale è un cammino di conversione dove noi, dando ospitalità al Cristo,
veniamo in lui continuamente rinnovati, è la grande prospettiva che ci ha
offerto l'apostolo Paolo questa mattina con quella affermazione molto bella: Se uno è in Cristo, è una creatura nuova;
le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove. La conversione è
entrare nella novità di Dio e allora la parabola che abbiamo ascoltato poc'anzi
potremmo, in certo qual modo, rivederla come l'espressione della conversione
come vivere l'intimità con il Padre.
Il grande
protagonista della parabola è il padre e la conversione è entrare nei
sentimenti del padre, il quale, ama la libertà del figlio, gli dà la nostalgia
della libertà e gliela regala nella convivialità della gloria del cielo.
Innanzitutto guardiamo il padre, il quale ama la libertà del figlio. Se noi osserviamo
attentamente chi sia il figlio, ci accorgiamo come mai l'evangelista per
richiamarci al mistero della conversione abbia sottolineato la missione del
padre, perché il figlio ha le caratteristiche del padre. Dio è libertà, e la
bellezza di essere figli di Dio è entrare, maturare e crescere nella libertà. Ricordiamo
la bella frase di Giovanni che descrive la vita del cristiano: la verità vi farà liberi! La libertà è
un grande mistero di comunione dove il padre semina la sua libertà nella
persona del figlio. Questo spiega perché davanti alle esigenze del figlio egli non
vuole nessuna obiezione: il padre ama la libertà del figlio. E’ un grande
mistero sul quale spesse volte noi non ci soffermiamo perché la bellezza della rivelazione
è fondamentalmente il mistero di Dio libero che crea l’uomo libero. L'esistenza
del cristiano è l'incontro quotidiano tra la libertà creante di Dio e la
libertà creata dell'uomo. Ecco perché il padre nella parabola lo lascia partire
senza fare obiezioni. Che padre sarebbe stato se non avesse goduto, seppur
nella sofferenza, la libertà del figlio? La bellezza della vita è maturare,
giorno per giorno, nella libertà, ed è tanto grande questo grande dono presente
nell'uomo che il figlio ne avrà successivamente la nostalgia. Con tale
linguaggio letterario, che evidenzia la condizione di peccato, l'uomo non
ritrova più se stesso. L’uomo che esce dalla libertà di Dio - che noi chiamiamo
peccato - non riesce più a gustare la bellezza della sua relazionalità di comunione
con il Padre, fonte della vita, con i fratelli e con il cosmo e gli viene
attuale la nostalgia della libertà. In questo fatto intuiamo come il padre sia
nel cuore del figlio.
Questo è un
mistero che noi dovremmo continuamente approfondire nella nostra vita: la
libertà del padre è dentro di noi. Noi tante volte utilizziamo criteri
psicologici, quale il senso dell'uomo che si trova a disagio, ma il senso più
profondo è che l'uomo non può vivere senza la comunione con Dio. Al di là delle
scelte storiche che l'uomo può fare nel cammino della sua esistenza, il senso
di fondo della sua vita è la libertà che il padre gli ha regalato. Ecco perché
il dramma dell'uomo contemporaneo è che non sa più gustare la libertà. L'uomo di
oggi è drammaticamente condizionato dai contesti in cui è chiamato a vivere, tuttavia
nel cuore dell'uomo c'è questo profondo senso di nostalgia della verità, la
scontentezza dell'uomo contemporaneo ne è la manifestazione E spesse volte egli
ricerca la compensazione della sua esistenza attraverso le cose concrete, le
finalità storicistiche, le compensazioni esistenziali, la contentezza esteriore
e galoppante. In un simile contesto la conversione vive della nostalgia della
vera libertà, che è essenzialmente un essere nella fonte della vita: il Padre! Quindi
ci accorgiamo del bel tracciato che Gesù ci offre nella parabola: l'identità della
nostra esistenza è il Padre, il quale ama la nostra libertà e questa presenza
del Padre è la nostalgia e il desiderio di una profonda novità esistenziale. La
conversione è il desiderio d'essere nella comunione con il Padre, è quel senso
del divino che è presente in ogni uomo. Il grande peccato dell'uomo
contemporaneo è proprio l’autoreferenzialità per cui non si apre in questo
desiderio di qualcosa di grande. Tuttavia l'uomo, vivendo anche drammaticamente
il quotidiano, sente la nostalgia della comunione con Dio: Tornerò da mio padre! Tornerò alla fonte della mia esistenza. La
conversione è lasciarci attirare nella libertà del Padre. Ci ritroviamo allora
di fronte al terzo passaggio: la gioia del padre. Il padre ha amato la libertà
del figlio, il padre è diventato la nostalgia nel cuore del figlio, il padre è
la gioia! In quel linguaggio di convivialità noi ritroviamo e riscopriamo come
la vera conversione è la gioia di vivere, è la gioia di Dio che vede che l'uomo
veramente ha ritrovato e ha riscoperto se stesso. E’ la grandezza della nostra
esistenza! Se noi imparassimo a rileggere la nostra vita su questo sfondo che
l'evangelista Luca ci ha regalato, ci accorgeremmo che la nostra vita è il
capolavoro - come accennavamo domenica mattina - della pazienza di un Dio innamorato
dell'uomo. Davanti a tanti interrogativi che la vita di oggi propone, con i fatti
anche drammatici che ci avvolgono, noi tutti sappiamo che Dio ama la libertà
dell'uomo! E in questa libertà però Dio è attivo, pone nell'uomo la nostalgia
del bello, la nostalgia della giustizia, la nostalgia della verità, la
nostalgia della pace, la nostalgia della comunione. Ecco la conversione! La
conversione è il divenire di questa nostalgia che continuamente ci prende per
giungere alla comunione vera con Dio che è la nostra libertà. E allora se
riuscissimo a leggere così la nostra esistenza, la conversione non sarebbe nient'altro
che vivere di nostalgia della bellezza propria della nostra esistenza, non è
affannarsi in tante cose, ma vivere la nostalgia della bellezza di quella
comunione gaudiosa che l'evangelista ha espresso nella gioia del padre. La
conversione è gustare il padre contento. Se noi intuissimo la profondità di
questo mistero ci accorgeremmo che la vita cristiana assumerebbe tonalità
diverse, come ci ha indicato l’inizio della seconda lettura di questa mattina: se uno è in Cristo, è una creatura nuova;
le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove.
Alla luce di tali considerazioni, in questa Eucaristia, cantiamo la gioia del padre. Nel cammino della
settimana abbiamo costruito tanti pensieri, anche di scoraggiamento, pensieri
di stanchezza, pensieri di tristezza, ma oggi il Signore ci dice: abbi sempre la nostalgia di me e quando
noi entriamo in questa bellezza della nostalgia di Dio la conversione è
nient'altro che questa nostalgia in azione e in ricerca del senso fondamentale
della nostra storia. Non siamo noi che ci convertiamo, ma il Padre in noi ci
prende in modo così profondo che la sua gioia diventa la nostalgia di
incontrarlo presto, nella Gerusalemme del cielo. In questa celebrazione dell’Eucaristia
entriamo con pazienza in questa grande verità. Il Padre ci ama liberi, ci dà la
nostalgia del suo volto perché possiamo cantare eternamente questo dono nella
Gerusalemme del cielo. Questa sia la nostra speranza, la forza della nostra
vita, la certezza che aldilà degli interrogativi il Padre non ci abbandona mai!
Che il Signore ci dia questa luce, ci doni questa grazia, ci doni la bellezza
di sentirci sempre nel mistero di Dio e allora, ovunque la vita possa veramente
svolgersi, abbiamo la certezza c’è un Padre che ha preparato un banchetto
delizioso di cui l'Eucaristia è segno nel quale canteremo eternamente la gioia
da essere, in Gesù, creature nuove, immerse nella luce gloriosa di Dio nostro Padre.
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