2 Sam 7,4-5a.12-14a.16 Rm 4.13.16-18.22 Mt 1,16.18-21.24a
OMELIA
Nel
nostro cammino quaresimale oggi incontriamo la figura di Giuseppe perché da lui
impariamo come diventare discepoli e la parola che abbiamo poc'anzi ascoltata,
ci permette di cogliere tre componenti della sua personalità, perché la sua
presenza in mezzo a noi divenga segno di un vero rinnovamento interiore:
1)
È l’uomo giusto
2)
profondamente cosciente dei suoi limiti
3)
sogna la grandezza di Dio.
Tre
aspetti che noi siamo chiamati a ritrovare a livello interiore per poter essere
veramente discepoli.
Innanzitutto
è uomo giusto, uomo che vive continuamente della gratuità di Dio. L’uomo giusto
è l'uomo che nel cammino della sua vita ha come criterio il Salmo 118 “lampada ai miei passi è la tua parola, luce
sul mio cammino”.
E’
colui che rumina continuamente la fedeltà di Dio, è colui che notte e giorno ha
nel suo cuore la consapevolezza che Dio è creativo. Usando un linguaggio caro
alla cultura teologica contemporanea, è colui che ama dare ospitalità a Gesù.
Ecco
perché Giuseppe è l'uomo del silenzio. Chi dà ospitalità, ascolta, è docile,
diventa una persona che si lascia guidare dalla creatività di colui che è
ospitato; è l'uomo che ha il cuore sempre aperto. Ecco perché è uomo del
silenzio! Dimentichiamo che tante volte
la parola è l'occasione per non ascoltare mai. Giuseppe è l'uomo che nel
silenzio ascolta e lascia spazio all'azione di Dio nel profondo del suo cuore.
L'uomo
giusto è colui che si lascia plasmare giorno per giorno nel silenzio interiore
dalla creatività di Dio; è l'uomo ammirato davanti alla grandezza creatrice di
Dio.
Ma
l'uomo che si sente capolavoro dell'amore di Dio avverte profondamente i suoi
limiti.
Cosa
voleva dirci l’evangelista Matteo dicendo che Giuseppe voleva allontanare da sé
Maria? Il progetto di Dio era troppo grande per lui, il progetto a cui Dio lo
chiamava doveva fare i conti con i suoi limiti, le sue povertà, con le sue
fragilità. Nel momento in cui noi ci poniamo nel cammino dell'accoglienza del
Maestro, immediatamente l'uomo del silenzio avverte le proprie povertà. L'uomo
giusto consegna a Dio la propria povertà esistenziale.
Noi
qualche volta non abbiamo l'amore ai nostri limiti, eppure l’amore al limite è
la capacità di lasciarci costruire. L’uomo che, nell’itinerario della sua
esistenza, si pone davanti a Dio, dà ospitalità e diventa la sua creatività, dice
non sono degno.
È
la bellezza del cuore credente! Ecco
perché Giuseppe è colui che ci insegna a porci davanti a Dio con i nostri
limiti. L'uomo che si confronta ancora nel limite con la grandezza di Dio,
avverte il terzo passaggio: incomincia a sognare e il sogno è la collocazione
della propria esistenza in un disegno che non si conosce, ma è un disegno nel
quale ognuno di noi è se stesso. L’uomo
vorrebbe conoscere tante cose perché vuol gestire la propria esistenza. La
bellezza della vita è entrare in questa creatività divina che è fantasia per
natura sua.
L’uomo
che sogna, vive la fantasia di Dio e la fantasia di Dio è al di là dei nostri
pensieri, è al di là delle nostre prospettive. La fantasia di Dio è qualcosa di
ineffabile, ma che diventa la bellezza dell’uomo giusto.
A
noi interessa che Dio sia fedele, lampada ai miei passi è la tua parola, luce
sul mio cammino e se noi in questa luce collochiamo le nostre povertà
esistenziali, ci accorgiamo in modo immediato che Lui, il Signore, fa i suoi
capolavori.
La
bellezza della fede oggi è la commozione di un cuore ammirato davanti alla
fedeltà inesauribile di Dio. E’ l'uomo che si lascia prendere per mano, regala
le proprie paure al Signore e lasciandosi guidare, entra in qualcosa di grande
che neanche sospettava.
E’
la bellezza della figura di Giuseppe che non parla mai, ma accogli sempre;
regalando i suoi limiti all'infallibilità di Dio, attraverso il sogno prese
con sé Maria come sua sposa.
Ecco
perché il cristiano è per natura sua un sognatore.
Nella
crisi culturale, oggi si dice con molta facilità che chi vuol credere sia ricco
di stupore, viva la fantasia di Dio gustando la gioia creatrice di Dio. E
allora l’uomo supera le sue paure, s'innamora dei suoi limiti e si affida. Non
è il mistero dell'Eucaristia? L'Eucaristia è l’incontro tra l’ineffabilità di
Dio e la radicale povertà dell’uomo.
Se
noi guardiamo attentamente, dovremmo sempre pensare che l’Eucaristia inizia con
l'atto penitenziale e al momento della comunione diciamo «Signore non sono degno!». E’ la povertà davanti al mistero.
Viviamo
questa Eucaristia con San Giuseppe e con lui abbiamo la profonda certezza che
siamo lentamente guidati da un mistero più grande e lì è la bellezza della
nostra vita.
Camminiamo
con Giuseppe uomo giusto che gusta la fedeltà di Dio mentre regala a Dio tutti
i suoi limiti.
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