Sap 9,13-18 Fm 9b-10.12-17 Lc 14,25-33
OMELIA
Gesù, questa mattina, convocandoci attorno
a sé vuol condividere con noi la sua sapienza perché possiamo nel suo orizzonte
costruire le nostre scelte quotidiane. Sicuramente la vocazione a seguire il
Maestro è estremamente ardua. Una simile percezione la cogliamo all'inizio del
racconto evangelico, quando nel testo si afferma che tante folle seguono il Maestro
e Gesù, voltandosi verso di esse, pone innanzi le profonde esigenze del
discepolato. L’evangelista in questo ci suggerisce la profonda convinzione che non
è sufficiente lasciarsi affascinare dal Maestro. La verità sta nel fatto che occorre
vivere come è vissuto il Maestro, attraverso l’acquisire quella sapienza che
nasce dalla sua storia. Infatti, se noi guardiamo attentamente il brano
evangelico, una parola risulta molto chiara: il discepolo è innamorato di una
imitazione che è caratterizzata dalla
radicalità. Il linguaggio
dell’amare Gesù al di sopra di tutti gli affetti storici, l'invito a portare la
croce nell'ordinario, la prescrizione a rinunciare a tutti i nostri averi nella
prospettiva di essere suoi discepoli sono linguaggi molto duri. Nasce allora
l’interrogativo: come possiamo entrare in questa sapienza alla quale Gesù ci
richiama e, alla quale, due domeniche fa egli stesso ci aveva sottolineato con
la vocazione a essere piccolo gregge?
Innanzitutto è fondamentale che sappiamo guardare
Gesù imitandolo, vivendo la sua vita, costruendo la nostra esistenza alla luce
della sua storia. Dovremmo avere sempre presente a livello interiore il mistero
dell'Incarnazione, il suo vissuto a Nazareth e nell'apostolato, la sua
oblazione di amore gloriosa nell'albero luminoso della croce. Avere sempre
davanti a noi la sua persona, la sua storia, avere davanti a noi sempre la
bellezza della sua presenza e allora, questo gusto del Mistero, che lo avvolge,
diventerà la nostra vita e la nostra vita sarà misurata sul suo Mistero. E’
quella radicalità fondamentale a cui noi siamo chiamati. Sicuramente il tutto
della narrazione è un linguaggio molto duro, non per niente, la Chiesa
Apostolica ha avuto difficoltà ad accettare come testo canonico il Vangelo di
Luca, ma qui è la bellezza dell'essere discepoli, d’essere persone che si
lasciano affascinare dal Maestro facendo le scelte ordinarie alla sua luce. Tenendo
presente il principio profetico: “Così dice il Signore”. Gesù, rivolgendosi a
quelle folle che lo seguono le pone dinanzi al grande bivio: “Siete convinti
che è possibile essere miei discepoli? La risposta, che nell'esperienza
della fede ci viene offerta, è che noi diciamo “sì”, perché noi siamo la
gratuità divina in atto. Da notare che Gesù prima di parlare volge il suo
sguardo verso la folla e, in quello sguardo, c'è la comunicazione-condivisione del
suo Mistero: è l'uomo che guardando al Maestro lasciandosi catturare dalla sua
persona dice: è possibile! E’ problema di oculistica interiore. Il discepolo è
colui che ha lo sguardo del Maestro nel proprio cuore.
In questa luce rientrando in noi stessi, ci
chiediamo quali siano le potenzialità che il Signore ha messo dentro di noi
perché lo possiamo veramente seguire nella radicalità?
Il primo aspetto è molto semplice: Lui
abita in noi, il primo attore della nostra esistenza è lui, come ci suggerisce
l’apostolo Paolo: Cristo abiti, mediante la fede, nei vostri cuori! Gesù ci
propone di imitarlo, di renderlo l'assoluto della nostra vita, il principio delle
nostre scelte e questo ce lo propone perché Lui, in noi, ci sta ispirando. E’ quel
silenzio interiore che caratterizza la nostra vita, è la bellezza della sua
presenza attiva. L'uomo di oggi ha paura di seguire Gesù e si affida a tante
feste, a tanti riti, a tante organizzazioni dimenticando il gusto di una
presenza. Ecco perché Paolo chiamava i suoi cristiani di Corinto “santi” perché
erano proprietà di Gesù: tutto è vostro, e voi siete di Cristo, e Cristo è di
Dio. Ecco un primo elemento che ci dà il coraggio di seguire il Maestro fino in
fondo: la sua presenza, attraverso un intenso silenzio del cuore.
Inoltre Gesù ci ha chiamati a questo
attraverso l'iniziazione sacramentale, lui ha preso dimora dentro di noi e ogni
sacramento è la sua creatività nella nostra esistenza. Noi ben sappiamo che l’agire
della persona di Gesù, con la creatività nello Spirito Santo, ha la capacità di
generare in noi una nuova e rinnovata umanità: la relazione quotidiana con lui,
specie nel gesto sacramentale dell’esistenza. Ogni gesto di Gesù è un sacramento,
la nostra gestualità feriale è un sacramento della sua presenza, è un ritrovare
dentro di noi quel Cristo che agisce e agisce continuamente nella nostra storia.
Ricordiamo sempre il principio tante volte ricordato da Paolo quando conclude
nella Lettera ai Romani la storia del cristiano né vita né morte ci separerà
mai dall'amore di Dio in Cristo Gesù! Qui troviamo la bellezza della nostra
esistenza! Questa presenza credente ci permette, attraverso il regime
sacramentale letto in modo globale ed esistenziale, di essere contemporanei col
Cristo glorioso per poter diventare sempre più e sempre meglio la sua storia. È
la sapienza del Cristo in noi che cammina nella nostra esperienza quotidiana.
Allora ritroviamo un terzo passaggio che
ci aiuta ad essere coraggiosi nella vivente imitazione del Maestro: nel giorno
in cui siamo stati battezzati siamo stati chiamati alla contemplazione, alla
progressiva dimenticanza dell’io in un fascino inesauribile del tu, e quando il
cuore è preso da una grandezza così affascinante l'impossibile diventa
possibile. É che noi non siamo cristiani del fare né dell’apparire. Spesse volte seguiamo tanti riti, tante
processioni, tanto folklore e dimentichiamo il gusto dell'interiorità abitata
dal Maestro: stando con lui diventiamo progressivamente la sapienza! E’ quella
quotidiana docilità allo Spirito che ci porta ad avere la stessa sensibilità
del Maestro. Quante volte noi andiamo a rileggerci la grandezza dei sette doni
dello Spirito Santo che il sacramento della Cresima ci ha regalato? Noi siamo ricolmi
di Spirito Santo, e la grandezza compimento dello Spirito Santo è la Sapienza,
l’avere il gusto stesso di Dio. E allora se
noi ci lasciamo prendere dallo sguardo del Maestro, gustiamo la sua presenza, costruiamo
l'istante nel suo mistero, la Sapienza della Trinità diventerà l'anima della
nostra anima.
Ecco perché ci ritroviamo questa mattina
nell'Eucaristia: per essere rifatti in Gesù Cristo, per gustarne la sapienza,
per poter leggere la nostra storia con il suo punto di vista, per imitarne
continuamente lo stile di vita: è la bellezza di essere discepoli! Ecco perché
quando noi affrontiamo l'avventura di essere credenti, ci viene detto “sappi
che Gesù è in te!”. Davanti all’impegno di costruire la nostra esistenza nello
stile del vangelo, risuona nelle nostre orecchie il dettato dello Spirito Santo:
è possibile, Lui è con noi! E allora viviamo questa Eucarestia con questo stile
interiore, non diciamo più che Cristo è difficile. Se lui in noi è il Signore
che cosa dovrebbe farci paura? E’ questione di oculistica interiore - come
dicevo all'inizio - che noi dobbiamo continuamente ravvivare nel silenzio
gustativo della sua presenza. E quando noi entriamo in questo linguaggio, che
può sembrare duro per l'uomo distratto, per l'uomo attento al Mistero diventa
un canto meraviglioso. E allora chiediamo allo Spirito Santo tale meravigliosa
realtà: acquisire la Sapienza di cui ci ha parlato il testo sapienziale di
questa mattina in modo che possiamo veramente dire al Signore:
“Grazie! Tu mi fai un capolavoro
e sarò in ogni istante della mia vita un canto di gratitudine. E tu sarai
sempre fecondo nella mia vita quotidiana!”
Questa è la sapienza feriale che il
Maestro ci regala ogni giorno con la sua presenza, specie nella Celebrazione
eucaristica.
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