E beata colei che ha creduto nell’ adempimento di ciò che il Signore le ha detto
31 maggio 2023
30 maggio 2023
29 maggio 2023
28 maggio 2023
SOLENNITÀ DI PENTECOSTE ( A)
At 2,1-11 1Cor 12,3b -7.12-13 Gv 20,19-23
OMELIA
Il
tempo della Pasqua ci ha lentamente introdotti nella personalità di Gesù, il
suo fascino ci ha conquistati. Tale
mistero si realizza in pienezza nella rivelazione del valore del mistero della
Chiesa. In tale vivo contesto ci poniamo la domanda circa il significato della
festa di Pentecoste. Essa celebra la manifestazione della Chiesa al mondo e
incarna l’esuberanza della comunità apostolica di Gerusalemme, così come ce la
narra la prima lettura. Nello stesso tempo, nel brano evangelico che abbiamo
ascoltato, noi abbiamo colto il valore della presenza di Cristo che nella Chiesa
continuamente diffonde la potenza dello Spirito Santo. La Chiesa rappresenta
sacramentalmente la pienezza del rivelarsi di Dio all’umanità che cammina nella
storia. È un grande mistero nel quale
noi oggi veniamo introdotti, perché la Chiesa è sacramento della presenza dello
Spirito Santo, è segno sacramentale della presenza dello Spirito Santo che
opera nel quotidiano e che realizza in noi tre meravigliosi passaggi, per renderci
della sua creatività salvifica nello svolgersi della storia. Egli
-
ci fa desiderare Gesù nel quotidiano,
-
vi incarna il mistero di Gesù
-
e ci dà il senso della fraternità.
Queste
tre coordinate della operatività dello Spirito animano il mistero della Chiesa.
Possiamo
infatti osservare qual sia il primo elemento fondamentale nel nostro cammino
ecclesiale, se non il desiderare nello Spirito Santo il volto di Gesù. Se noi
guardiamo attentamente la nostra vita, essa è tutta un desiderio. Lo Spirito Santo
in noi ci fa desiderare il mistero di Gesù in mezzo a noi. Ecco perché Gesù,
apparendo ai discepoli, regala loro lo Spirito Santo, perché, attraverso tale
dono, essi possano innamorarsi sempre della persona del Maestro divino. L’uomo,
quando viene con purezza di cuore guidato dallo Spirito, desidera entrare
sempre più nel mistero del volto di Gesù. Cos'è la Chiesa se non il sacramento
di coloro che bramano il volto del Maestro? È una verità questa che tante volte
noi non collochiamo nella sua autenticità, perché dimentichiamo che la Chiesa è
sacramento dell'Invisibile. In tale situazione esistenziale noi, nello Spirito
Santo, bramiamo il volto del Maestro: la bellezza della nostra vita sta nel tendere
al Maestro, lasciandoci attrarre dal suo cuore innamorato della creatura umana.
Ecco perché Paolo, nel brano che abbiamo ascoltato ha detto nessuno dice Gesù è il Signore se non nello
Spirito Santo. La gioia di voler entrare in chiesa, nella divina liturgia, porta
a respirare la creatività dello Spirito Santo; come l'uomo non vive senza il
respiro, noi come battezzati, non camminiamo in novità di vita se lo Spirito
Santo non ci fa desiderare il volto di Gesù. Questo è il primo elemento che la
festa di Pentecoste ci offre: una comunità assetata nello Spirito Santo del
volto del Maestro.
Di
riflesso, lo Spirito Santo incarna in noi la personalità di Gesù, ci fa vivere
i suoi sentimenti. Uno degli aspetti sui quali tante volte noi non riflettiamo
a sufficienza, è che la bellezza della Chiesa sta nel contemplare il volto del
Risorto presente in mezzo a noi. Lo Spirito Santo rappresenta l’ambiente vitale
per contemplare in modo gustativo il Risorto. Non solo lo Spirito ci dà il
desiderio di Cristo, ma costituisce l’atmosfera nel quale Cristo si incarna.
Noi ora ci ritroviamo in questa assemblea liturgica, ma viviamo respirando lo
Spirito Santo, ed è lo Spirito Santo che offre il volto sacramentale al
Risorto. Noi qualche volta rimaniamo legati a un rito, non contempliamo il
Maestro. La bellezza di contemplare il Maestro è la bellezza di essere guidati
dallo Spirito Santo: l'Invisibile che ci fa innamorare del mistero di Gesù. Culturalmente
è difficile entrare in questa visione, perché siamo ammalati di concretezza; la
bellezza della fede, invece, è tutta un sacramento, segno visibile
dell'ineffabilità dell’Invisibile. Un
cristiano è affascinato da un Maestro che attraverso i segni storici cammina
nella nostra vita. Ecco perché la Chiesa è il luogo della Pentecoste. Nella narrazione
degli Atti degli Apostoli si parla di pienezza di tempo, rappresentata dai
cinquanta giorni. La pienezza di
tempo diventa pienezza di spazio, riempì
tutta la casa dove si trovavano, e diventa pienezza interiore: ed essi pieni di Spirito Santo proclamavano
le meraviglie di Dio. Veniamo invitati a contemplare in modo contemplativo
e gustativo la bellezza del Maestro. Questo rappresenta il secondo passaggio
che dovremo cercare di acquisire: la Chiesa rappresenta il sacramento dei
contemplativi di Cristo.
Un
simile orizzonte ci permette di intravedere il terzo passaggio: lo Spirito
Santo di riflesso è luogo di comunione. Se dovessimo chiedere allo Spirito
Santo cosa faccia nel mistero trinitario, Egli ci direbbe che nella Trinità è
fonte ed espressione della comunione, che sussiste tra il Padre e il
Figlio.
Lo
Spirito Santo anima la Chiesa, perché la Chiesa è sacramento di comunione, significa
la gioia di poter partecipare alla vitalità della fraternità: respiriamo
l'unico Spirito, contempliamo l'unico Maestro, gustiamo l’essere l'unico corpo
che è la Chiesa.
La
bellezza di essere Chiesa è respirare in modo continuo l'azione dello Spirito
Santo. Ecco perché la festa di Pentecoste è la festa della manifestazione del
darsi della pienezza dello Spirito che anima
la comunità ecclesiale. Veniamo in chiesa per respirare lo Spirito Santo,
contemplare Gesù e avere lo sguardo intensamente rivolto al Padre. Questa è la
bellezza dell'essere Chiesa.
Questa
mattina, convocati nello Spirito Santo attorno al Maestro, possiamo dire cosa
voglia dire la gioia d’essere la Chiesa! È sempre bello quando noi andiamo alla
teologia medievale, dove si diceva in
Cristo nello Spirito Santo si fa la Chiesa attraverso l’Eucaristia. L’Eucaristia
non è un rito da celebrare, ma una Chiesa da vivere intensamente per poter
gustare questa presenza del Divino che è l'anima della nostra anima. Celebrare
l’Eucaristia significa partecipare alla convivialità del Risorto e accogliere i
fiumi dello Spirito Santo per diventare comunità cristiana. Questa è la Chiesa,
la Pentecoste vivente: l'evento della Pasqua diventa Pentecoste per cantare la
gioia della comunione che è la Chiesa. Viviamo così questa Eucaristia e
attraverso il racconto dell'evangelista Luca sentiamoci ricolmati di quello
Spirito Santo che è Spirito di comunione per essere la presenza del Maestro per
poter lodare quel Padre che, in paradiso, sarà la pienezza della nostra
esistenza.
27 maggio 2023
26 maggio 2023
25 maggio 2023
24 maggio 2023
23 maggio 2023
22 maggio 2023
21 maggio 2023
ASCENSIONE DEL SIGNORE – ANNO A
DOMENICA 21 MAGGIO 2023
At 1,1-11 Ef 1,17-23 Mt
28,16-20
OMELIA
La bellezza della festa di oggi sta tutta nella gioia
di riscoprire la reale presenza di Cristo nel cammino della comunità cristiana.
Il mistero dell’assunzione di Gesù in cielo è un mistero che ci rivela una
grande verità: Gesù esce dallo spazio e dal tempo per essere sempre presente
nello spazio e nel tempo, per crescere verso la pienezza della gloria nella
Gerusalemme del cielo.
Il mistero dell'ascensione è la celebrazione del gusto
della reale presenza di Cristo in mezzo a noi. È importante fare nostro ciò che
è detto nel brano degli Atti da parte degli angeli: Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo
stesso modo in cui l'avete visto andare in cielo perché sarà in mezzo a voi
per regalarvi la bellezza del suo mistero. Ecco perché la Chiesa questa mattina
ci ha offerto nel Vangelo l’affermazione: Ecco,
io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo. La festa di oggi
è la festa della reale presenza di Cristo dentro di noi, nella nostra storia,
in un cammino che ci proietta verso l'eternità beata. Ma cosa vuol dire “presenza
reale”? Noi qualche volta nello scorrere della nostra esistenza abbiamo perso
il concetto di presenza. La presenza è una relazione. Abbiamo la consapevolezza
che la rivelazione è una relazione. Noi tante volte pensiamo che Gesù sia
venuto a darci delle verità, quelle che noi chiamiamo verità della fede che
dobbiamo accogliere. Non è proprio esatto, il Signore è venuto per rimanere in
mezzo a noi, per farci desiderare la pienezza della nostra esistenza. La
bellezza della rivelazione è la bellezza di una relazione, Dio si manifesta
rapportandosi con l'uomo e l'uomo gusta tale ricchezza rapportandosi con Lui.
Ecco perché nel mistero della assunzione di Gesù al cielo racchiude il mistero
della sua reale presenza nel cammino della chiesa. Ma cosa significa per noi
questa reale presenza? E allora tre passaggi per entrare in questo mistero:
- la coscienza che lui è presente,
- che lui si rapporta con noi,
- perché noi viviamo della sua presenza.
L'essere cristiani è gustare questo tipo di dinamica.
Si rivela importante che il primo passaggio da tenere ben
presente è questa sottolineatura: il Signore è oggi in mezzo a noi. Egli ci ha
detto: “Io sono con voi”. Ricordiamo che nel vangelo di Matteo Gesù
è l'Emmanuele. Inoltre egli ha affermato che Dove due o tre sono riuniti nel mio nome io sono in mezzo a loro. Siamo chiamati a gustare il darsi di
una presenza. Il cristiano è colui che incarna nella storia tale verità, egli
non è mai solo e percepisce nel più profondo della propria storia l'essere
preso per mano per camminare nel mistero di Dio. Ecco perché gli angeli dicono -
perché state a guardare il cielo? - Essi
ci dicono: “Entrate nella storia, gustate la presenza del Maestro che è in
mezzo a voi per camminare in novità di vita”.
Tale presenza è direttamente proporzionale a come noi
viviamo sacramentalmente dell'Invisibile. Uno dei problemi che si pone oggi a
livello di fede è che l'uomo contemporaneo non ha più il gusto dell'Invisibile,
non ha più la percezione di qualcosa di più grande che avvolge la sua esistenza.
La Chiesa ce lo ha detto molto bene: se vogliamo incontrare il Signore dobbiamo
sempre coniugare visibile e Invisibile nel primato dell'Invisibile, e questa è
una legge meravigliosa che nasce dalla stessa natura umana. L'amore cos'è se
non l'Invisibile che sacramentalmente diventa visibile nei linguaggi dell'amore?
Ecco perché il cristiano deve continuamente lasciarsi educare da questa
presenza nell'Invisibile. Se noi veramente riusciremo a entrare in questa
visione, saremo aiutati a cogliere la presenza di Gesù: Io sono con voi, e questo evento ha luogo in tre modalità molto
semplici: la fede, il sacramento, la carità, tre dinamiche in cui noi
incarniamo questa presenza.
La fede appare in primo piano: Cristo abita mediante
la fede nei vostri cuori. Il credente è sacramento della reale presenza di
Cristo. Noi qualche volta pensiamo che la fede sia nell'ordine del capire, del ragionare;
la fede è gustare una presenza meravigliosa che determina lo stile della nostra
vita, è la relazione, credere è lasciarci raggiungere dalla bellezza di Dio e
allora quel Dio che è in mezzo a noi si relaziona con noi, nella fede, nel rito,
nella carità, è lui il Signore che si comunica all'uomo. In certo qual modo
cos'è la nostra vita su tale sfondo? È il sacramento vivo di una presenza
meravigliosa, Gesù in noi!
E allora se noi cogliamo questo elemento è chiaro che
il terzo passaggio è molto semplice: gustare la presenza, facendo nostra la
percezione dell'ammirazione. Oggi ci si chiede come possiamo essere dei
credenti, e su tale interrogativo si mette in luce una caratteristica
fondamentale della nostra esistenza: il credente vive di una intensa emozione
esistenziale nel clima del rendimento di grazie. In tal modo percepiamo la
presenza del Risorto. Egli si rivela a ciascuno di noi attraverso quella
presenza sua nelle nostre persone che ci dà il gusto della bellezza e della
speranza. La commozione in questo dovrebbe sempre accompagnarci. Occorrerebbe
sostituire al pensare troppo, il gustare la gioia di sentirci amati. In una
simile luce il terzo passaggio è molto chiaro: la bellezza del Signore noi la ritroviamo
gustando la sua creatività nel quotidiano, lui è presente, lui si relaziona con
noi, noi entriamo in relazione con lui. In lui viviamo quello che ci ha
promesso: Io sono con voi tutti i
giorni, fino alla fine del mondo. Ecco perché il cristiano è un uomo
semplice, sereno, essenziale. L'essere cristiani è una relazione accolta,
gustata, condivisa. Ecco allora la luminosità del mistero della assunzione di
Gesù al cielo: la sua presenza relazionale nei nostri confronti.
Questa mattina ci siamo qui riuniti per gustare questa
presenza nella essenzialità, semplicità del rito per lasciarci affascinare da
una presenza. Il mistero dell'ascensione non è Gesù che se ne va lassù, ma Gesù
che rimane nella concretezza della nostra esistenza.
Se noi riusciremo veramente a gustare questi tre
passaggi si realizzerà l'affermazione degli angeli: incontrare il Signore
quando verrà tra le nubi del cielo, nella esultanza del paradiso, quando saremo
in una gloria gioiosa veramente inesauribile. Gesù è venuto, rimane in mezzo a
noi per farsi desiderare nella pienezza della luce eterna, come tra poco
ascolteremo: Beati gli invitati alla
cena delle nozze dell'Agnello. Potremo
gustare in questa Eucaristia la sua reale presenza, una reale presenza che non
è solo il pane consacrato, ma una reale presenza che lui è in noi, è in mezzo a
noi, lui che ci parla, lui che mangia con noi per potere con noi godere la
bellezza del rapporto con il Padre che è la grande meta della nostra esistenza.
Chiediamo allo Spirito Santo di gustare questa
presenza in modo che quando il Signore ci chiamerà alla gloria noi potremo
dire: finalmente ti posso vedere! Viviamo questa profonda tensione verso il
mistero di quella gloria dove saremo in lui trasfigurati. Ecco il mistero di
oggi che la Chiesa ci offre. Gustiamo la presenza del Maestro ogni volta che
poniamo l'atto di fede, ogni volta che andiamo all'Eucaristia, ogni volta che
poniamo un gesto di carità, lui è il Signore e avvertiremo sempre più lo
sviluppo in noi di quel desiderio di vedere il Signore prima che possiamo, per
poterne gustare la gloria in quell’eternità beata che sta aspettando ciascuno
di noi.
20 maggio 2023
19 maggio 2023
18 maggio 2023
17 maggio 2023
16 maggio 2023
15 maggio 2023
14 maggio 2023
VI DOMENICA DI PASQUA – ANNO A
DOMENICA 14 MAGGIO 2023
At 8,5-8.14-17 1Pt 3,15-18 Gv 14,15-21
OMELIA
La bellezza di contemplare il Risorto in questo tempo di Pasqua ci
dà la risposta all'interrogativo che la seconda lettura tratta dalla prima
lettera di Pietro ci offre questa mattina: pronti
sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi.
Conoscere il Risorto comporta essere persone che ne vivono l'esperienza. Tale
prospettiva ci viene configurata questa mattina dal vivere la bellezza della
vita divina: la bellezza feconda del rapporto che esiste tra il Padre, il
Figlio e lo Spirito Santo. In tale orizzonte scopriamo come il cristiano sia
abitato dalle tre Persone divine. La bellezza del testimoniare Gesù è
nient'altro che un vissuto che si concentra sul Maestro divino e che si
diffonde nelle dinamiche relazionali dell’esistenza. Questa è una realtà sulla
quale noi dovremmo tante volte soffermarci per prendere coscienza che noi siamo
abitati dal Padre, dal Figlio e dallo Spirito Santo. La nostra umanità è un
riflesso luminoso della inabitazione di queste tre Persone.
Innanzitutto questa mattina Gesù ci dice che dobbiamo avere il
nostro centro esistenziale nella realtà del Padre. Noi spesse volte
dimentichiamo che l'origine della nostra esistenza nasce dal Padre, secondo un
criterio fondamentale: in Lui viviamo,
esistiamo ed operiamo. La nostra vita è un dono continuo del Padre. Infatti
se noi guardiamo attentamente la nostra storia ci accorgiamo che nasciamo da
Dio. Una delle intuizioni care all'evangelista Giovanni è che il discepolo
nasce da Dio. Riandiamo sempre alle frasi del prologo: A quanti però l'hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di
Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue, né da volere di
carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. La nostra
esistenza è un dono incarnato del Padre. Ecco perché Gesù davanti alla domanda
dei discepoli - Come possiamo pregare? - ha detto: Quando pregate, dite:
Padre, Abbà. Egli ci
dice: Gustate la creatività del Padre nello stile della vostra vita. L'uomo è
il vivente che opera nell'amore del Padre e allora, davanti a questo primo
passaggio che si deve imprimere dentro di noi, la figura del Figlio. La
bellezza di cogliere che - chi è nel Padre è nel Figlio - e il Figlio è il
riflesso dell'amore del Padre. Riandiamo ad alcune affermazioni giovannee: Dio ha tanto amato il mondo da dare il
Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la
vita eterna … chi ascolta la mia
parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro
al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita. … perché tutto è stato fatto per mezzo di lui, e
senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste.
Noi siamo il capolavoro del Padre nel mistero di Gesù.
Entriamo allora nella signoria del Maestro divino. E’ molto bella
la frase che Sant'Agostino ci offre parlando dell’orazione del discepolo: Cristo prega in noi, Cristo prega con noi,
Cristo prega per noi, è pregato da noi. Il Cristo è l’orante in noi.
Dovremmo ritrovare nel profondo della nostra esistenza questa presenza nel
mistero di Cristo e, di riflesso, se noi entriamo in questa meravigliosa
esperienza fiorisce in noi l’interrogativo: chi siamo noi? E nella preghiera
sacerdotale Gesù è molto chiaro Ho fatto
conoscere il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo - dice Gesù -
Erano tuoi e li hai dati a me. Chi è l'uomo se non un dono del Padre
al Figlio? La bellezza della fede sta nella bellezza dell'itinerario
sacramentale, da cui scaturisce la bellezza del nostro vissuto: siamo un dono
del Padre al Figlio. La finalità del mistero di Gesù è quella di consegnarci al
Padre, di regalarci la Fonte di ogni dono. Allora il cristiano mentre entra il rapporto
con il Padre gusta la presenza del Figlio e tutto questo attraverso la
creatività dello Spirito Santo. E’ molto bello che Gesù abbia detto questa
mattina: Io pregherò il Padre ed egli vi
darà un altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre, lo spirito di
verità. Scopriamo la comunione continua che lo Spirito Santo realizza in
noi regalandoci al Padre e incarnando il volto del Figlio. Egli è l’altro
consolatore. Il vero nostro consolatore è Gesù! Gesù è il consolatore della
nostra esistenza, lo Spirito Santo ci rende partecipi della presenza di Gesù.
Su tale sfondo trinitario riusciamo ad intuire l’espressione rendere in ragione della speranza che è in
voi: è vivere personalmente e comunitariamente la vita trinitaria. Uno dei
drammi dell'uomo contemporaneo è la sua solitudine. A livello culturale noi ci
accorgiamo che l'uomo è sempre più solo, ha paura delle sue relazioni, si
rinchiude in se stesso. La bellezza della vita è essere la vitalità del Padre,
del Figlio e dello Spirito Santo, siamo abitati da tre Persone delle quali
viviamo, con le quali occupiamo la vita di ogni giorno, alle quali
continuamente siamo diretti nel mistero della nostra esistenza, fino al momento
quando nella potenza dello Spirito Santo il Figlio definitivamente ci regalerà
al Padre. Ecco perché si dice oggi che la bellezza della vita cristiana è
credere nel mistero della Trinità vivendo nella ferialità. Il cristiano vive
una comunione nel tempo e nello spazio che va al di là del tempo e dello
spazio, respiriamo fin da ora l'eternità beata. Il cristiano è chiamato a dare
ragione della speranza che è in lui perché vive del Padre, cammina con il
Figlio, respira la creatività dello Spirito Santo, è quella comunione gloriosa
che noi già sperimentiamo in questa vita che diventerà orizzonte eterno nella
pienezza della gloria.
Tale meraviglioso e misterioso evento noi lo stiamo effettivamente
già vivendo. La bellezza della nostra vita è la Trinità beata: preghiamo il
Padre, che ci regala al Figlio e il Figlio è fecondo in noi nella potenza dello
Spirito Santo. E’ il gesto che tra poco vivremo nel rendimento di grazie sui
doni eucaristica e che avrà tutta una sua ricchezza nel momento in cui ci
accosteremo alla comunione. Ci accosteremo a quel pane a quel vino e in quel
momento il Padre ci regalerà Gesù, Gesù diffonderà in noi la creatività dello
Spirito Santo, e animati dallo Spirito Santo diremo Gesù, cantando la bellezza
del Padre.
Noi tante volte come cristiani questo gioiello che Gesù ci ha
consegnato nel Vangelo di questa mattina lo dimentichiamo, siamo presi da tante
cose, siamo esistenzialmente dei distratti e dimentichiamo quella bellezza che
è dentro di noi. Siamo chiamati a rendere in ragione della speranza che è in
noi, che non è frutto di tante
parole, ma un vissuto che si diffonde a onde concentriche perché il mondo
intero possa godere la bellezza della vita. E allora entriamo in questo
vissuto. Nel momento in cui ci accosteremo alla comunione prendiamo coscienza
di divenire ricolmati da questa pienezza di vita per poter ritrovare la
speranza nel feriale. L'Eucarestia non è una devozione, ma la riscoperta
quotidiana di essere amati dal Padre contemplando il Figlio nella potenza
generativa dello Spirito Santo. E quando noi nel più profondo del nostro cuore
entreremo in questo mistero potremo veramente rendere ragione di una speranza
che è in noi, è la luce della vita, in un contesto storico ricco di tante
oscurità. Camminiamo in questa visione e allora il Risorto che è presente in
mezzo a noi ci darà quella forza per camminare in novità di vita, certi che non
saremo mai delusi. Viviamo così questa eucaristia con tanta fiducia e speranza.
La Trinità ci avvolge, la Trinità ci accompagna e la Trinità sarà la grande
meta quando da questa vita passeremo all'altra e saremo immersi in una gioia
che non ha confini.
13 maggio 2023
12 maggio 2023
11 maggio 2023
10 maggio 2023
09 maggio 2023
08 maggio 2023
07 maggio 2023
V DOMENICA DI PASQUA – ANNO A
DOMENICA 07 MAGGIO 2023
At 6,1-7 1Pt 2,4-9 Gv 14,1-12
OMELIA
Uno degli interrogativi che tante volte nascono nel
cammino della fede è quello di porci la domanda dove possiamo vedere il Signore.
Il brano evangelico di questa mattina ci aiuta ad abbozzare la soluzione al
problema: Gesù è in mezzo a noi. Il brano evangelico che abbiamo ascoltato lo
dobbiamo collocare nel tessuto della chiesa Apostolica la quale era chiamata a
credere in Gesù e si poneva la domanda: dov'è Gesù? Il brano che abbiamo
ascoltato è la risposta, il Risorto è in mezzo a noi, in quel vado a prepararvi un posto. Quando sarò
andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me è
nient'altro che il Cristo che vive nella Chiesa, il Risorto è in mezzo a noi. E
questa è sicuramente la grande esperienza della nostra vita e allora dobbiamo
chiederci: cosa vuol dire che il Cristo è presente, è presente realmente? E
dove questo Signore è realmente presente, per cui la bellezza del cammino quotidiano
della nostra vita è gustare una presenza? Ma cosa vuol dire presenza? La
risposta che noi possiamo cogliere è molto semplice: presenza è una relazione,
è una reciprocità, è una dinamica attraverso la quale noi ci poniamo in un
rapporto autentico con i fratelli, il Signore è qui in mezzo a noi per vivere
la sua relazione con noi. E allora il Vaticano II ci ha illuminato quando ci ha
detto “Cristo è sempre presente alla sua chiesa” e non una presenza vaga, che
quasi fosse un'illusione religiosa, ma la bellezza della presenza del Signore è
una relazione che continuamente pone in atto nei nostri confronti. E allora cerchiamo
di cogliere dove noi possiamo cogliere questa presenza e vivere questa
relazione.
Tre possono essere i passaggi che noi possiamo
cogliere alla luce dell'insegnamento del Vaticano II:
- la Reale presenza nella fede,
- la Reale presenza nel sacramento,
- la Reale presenza nell'esperienza della carità.
Il Cristo abitante in noi quando crediamo, dialoga con
noi nei Divini misteri, si pone in relazione con i fratelli attraverso la
nostra carità. Ecco perché Giovanni attraverso il brano che abbiamo ascoltato
ci dice: rivivi questa reale presenza.
Innanzitutto la fede. La fede è il Risorto in noi che
ama, crede e spera, è la gustazione di un Gesù che glorioso abita in ciascuno
di noi. La gioia di dargli spazio… Ecco perché la bellezza dell'essere credente
è gustare la fede in una presenza, non è un'ipotesi di lavoro, è un'esperienza
esistenziale chi crede in me ha la vita
eterna ha detto Gesù perché chi crede gusta una Presenza che è criterio
fondamentale della vita. Vedo un cristiano: contemplo il Risorto! Anzi
contemplo il Risorto che mi regala la storicità di Gesù di Nazareth. Ecco
perché il cristiano usando un’espressione molto bella della teologia di
Giovanni - vede il Signore - e questo è il primo aspetto della nostra esistenza.
La chiesa è il luogo in cui gustiamo il Risorto attraverso la fede. Noi diciamo
tante volte che credere è difficile, ma è difficile perché siamo molto
intellettuali o pragmatici, la bellezza della fede è gustare una Presenza, val
sempre la pena citare Paolo Cristo abiti
per mezzo della fede nei vostri cuori.
E Ratzinger affermava “credere è tutta la nostra
persona, in tutta la sua bellezza o problematicità che determina il cammino
della nostra vita”. Ecco allora il primo elemento da scoprire, la bellezza
della fede è la gioia di far abitare il Cristo dentro di noi. E il secondo aspetto
di questa bellezza della fede è l'assemblea liturgica. Noi non veniamo
celebrare un rito, veniamo a contemplare gustativamente una Presenza! Ecco
perché la filigrana di tutta la celebrazione è il silenzio, dove l'anima si
lascia affascinare da una Presenza. Il rito è un linguaggio amoroso tra Cristo
e noi, noi e il Cristo, dovremmo in certo qual modo usando il Salmo com’è soave andare a divini misteri per
gustare una presenza. Spesse volte noi dimentichiamo questo secondo
passaggio. Noi non andiamo in chiesa, andiamo a dialogare con l'Ineffabile
della nostra vita e in questo modo noi possiamo entrare nella bellezza della
nostra storia, godere una presenza! Anzi, e questo ci deve appassionare entriamo
nel dialogo Padre e Figlio e Spirito Santo, un dialogo con le tre Persone che
stabiliscono con noi e veniamo inebriati dalla loro creatività, la Presenza è
una relazione. Non andiamo a portare dei riti, ma andiamo ad accogliere un
dialogo che il Signore vuole stabilire con noi, e il dialogo con l'amato per
eccellenza ci fa gustare il silenzio. La verità dell'amore è il silenzio
relazionale, il rito è il linguaggio di un silenzio relazionale che determina
in modo profondo la nostra esistenza e questa esperienza diventa nel terzo
passaggio la carità, che non è organizzazione, ma regalare una Presenza. La
carità è Cristo in noi che ama il Cristo che è il fratello. E allora la
bellezza della nostra esistenza è nelle nostre azioni incarnare il Risorto per
poter vivere i linguaggi di Gesù di Nazareth. Ecco perché il cristiano davanti
alle parole di Gesù vado a prepararvi un
posto. Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi
prenderò con me, ci dice: Io sono
con voi… Io sono la via perché abito con voi, sono la verità perché vi regalo la comunione con il Padre, vi regalo la vita perché vi faccio pregustare l'incontro
amoroso nella realtà del cielo, ecco la presenza! Ecco perché il cristiano non
vive un'esperienza religiosa ma l'originalità cristiana è vivere la
contemplazione di una Presenza che ci trasfigura, ci avvolge e determina la
nostra storia e la verità di questa esperienza è andare al posto già riservato,
che è il Paradiso, e allora la bellezza della nostra esistenza è vivere del Risorto
per desiderare la pienezza del Risorto nella realtà del cielo, ecco perché è
bello riandare a questo insegnamento di Gesù Non sia turbato il vostro cuore… io sono con voi, abito in voi e
per voi dono continuamente la vita, è la gustazione di una presenza. Ecco
perché quando noi veniamo la domenica ai Divini misteri siamo affascinati da
una Presenza che ci avvolge, ci determina e ci qualifica, tant’ è vero che il Signore
in persona ci dà da mangiare, ci dà da bere dalle sue mani, ci dà la speranza
della vita. Entriamo in questo grande mistero, Gesù non ci lascia soli, è
presente e allora nell'atto della nostra giornata abbiamo questo gusto della
sua attualità per poter dire: Mio
Signore e mio Dio, in attesa dell’incontro glorioso quando Dio sarà tutto
in ciascuno di noi. L’eucaristia è un’anticipazione e lo sviluppo di un
desiderio perché quando lo vedremo faccia a faccia sarà il gaudio per tutta
l’eternità beata.