28 ottobre 2025

XXX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO C -

DOMENICA 26 OTTOBRE 2025                                    

Sir 35,15b-17.20-22      2Tm 4,6-8.16-18             Lc 18,9-14

OMELIA

Gesù opera intensamente nella vita di ogni discepolo e gli fa pregustare passo passo la grandezza del suo amore nella prospettiva della pienezza della gloria.

Avviene in lui un processo di incessante attrazione, che lo colloca sempre più nella luce divina, quella luce che deve animare e qualificare la sua storia. Specialmente nell’esperienza della preghiera questa dinamicità si rivela estremamente produttiva.

L’uomo veramente sapiente sa collocare i propri parametri esistenziali nel mistero della propria relazione con il Dio che crea, redime e santifica.  Infatti, quando il discepolo si pone della condizione della orazione, come accoglienza costante della divina presenza nella propria concreta esistenza, avverte in se stesso l’agire divino che lo stimola a lasciarsi permeare dalla gratuità che lo avvolge, lo fa esistere, lo attira a sé e lo aiuta a ritrovare se stesso. È il senso della parabola che oggi Gesù ci offre.

Il tempio rappresenta per eccellenza il luogo in cui abita la gloria di Dio. L’uomo, “entrando nella nube del mistero”, avverte la verità della propria condizione interiore e ritrova se stesso non solo come creatura strutturalmente limitata, ma soprattutto come creatura che è profondamente impregnata dalla condizione di peccato.

Sicuramente una simile convinzione serena e coraggiosa della propria creaturalità lo porta ad accogliere sé stesso con tutti i propri limiti esistenziali e a porsi in relazione viva con colui che gli può offrire consistenza per le scelte quotidiane nello scorrere della sua vicenda storica.

Solo in chi ama essere piccolo Dio rivela la grandezza del suo amore. La gioia della propria piccolezza, anche peccatrice, rappresenta l’esperienza quotidiana per assaporare la grandezza inesauribile di Dio. L’ aspetto tuttavia al quale Gesù vuole condurci e sul quale vuole richiamare la nostra attenzione è quello di sentirci peccatori. Non solo siamo chiamati a prendere coscienza della nostra piccolezza, ma anche ad avvertire la condizione di non vitale comunione con la Fonte stessa della vita.

Tale esperienza è fattibile solo nella diretta relazione con il divino. La luce che anima la parabola odierna del pubblicano e del fariseo scaturisce dal tempio e ha come contesto il tempio. Solo alla presenza di Dio l’uomo, che brama un’intensa purezza del cuore, ama sentirsi pura gratuità divina e si lascia condurre a riconoscere il proprio peccato.

Nel tempio si fa l’esperienza di un peccato che nella fede diventa luogo del darsi misericordioso di Dio che fà nuovo il cuore umano.

Il dramma del fariseo è quello di non sentirsi pura grazia, con la grande tentazione del “protagonista”. Egli infatti, nel suo atteggiamento, rivela l’incapacità di non saper amare la propria condizione di radicale gratuità da parte di Dio. Il pubblicano, invece, si colloca in un altro orizzonte e pone sé stesso pienamente nelle mani di Dio. Il suo atteggiamento esteriore e le parole che fioriscono dal suo cuore sottolineano la coscienza attiva della grandezza di Dio nella sua storia. Infatti la coscienza di sentirsi peccatore fiorisce dal diuturno incontro con Dio.

Infatti se Dio smettesse di illuminare il cuore della creatura e di offrirle la sua fiducia nello Spirito Santo, questa non avvertirebbe mai la fecondità della presenza divina nella propria esistenza e non ne godrebbe l‘infinita misericordia. La grandezza della persona umana è quella di mettersi davanti a Dio e di lasciarlo operare nel proprio cuore. Infatti il linguaggio del pubblicano ritraduce la ferma convinzione d’essere sotto l’influsso dell’amore divino. Ogni riconoscimento del proprio peccato incarna la fecondità dell’azione divina nel cuore della creatura.

Se guardiamo attentamente l’azione divina nel cuore dell’uomo, ci accorgiamo come lo Spirito Santo illumini le profondità della persona e le faccia comprendere come abbia operato scelte che non incarnavano la vocazione alla comunione con Dio. É in Dio allora che l’uomo dice d’essere peccato. Questo atteggiamento, che potrebbe sembrare in modo immediato un’esperienza negativa, tuttavia risulta un momento fecondo per proiettarsi in un itinerario di conversione, nel quale l’uomo si rende sempre più docile all’azione dello Spirito Santo.

Egli si sente, nella propria persona, la fiducia di Dio in atto.

Quando si vive tale esperienza, non viene mai meno il coraggio d’affrontare ogni avventura esistenziale per maturare nella luminosità dell’esistenza, non avendo paura neppure dell’impossibile. Intuiamo di conseguenza che l’uomo vive da perdonato con il coraggio della fede, non temendo mai di riconoscersi peccatore, poiché tale esperienza scaturisce dalla forte e continua relazione con Dio, nel quale ama abitare quotidianamente, per essere stimolato a costruire ogni istante della propria esistenza in una continua novità di vita.

Questa condizione diventa allora la convinzione abituale che anima il cristiano per comprendere la propria esistenza nell’orizzonte divina e per crescere nella conversione.

Il risultato di un simile percorso sarà l’espressione del recupero in termini personali e consapevoli della comunione che Dio continuamente sviluppa nel cuore del discepolo. Questi vivrà la sua storia regalando quotidianamente quella speranza esistenziale che rappresenta la forza per ricominciare sempre da capo. 

In questo intuiamo l’affermazione di Gesù che il pubblicano se ne ritorna a casa giustificato meglio del fariseo.

Chi dimora in Dio, vive una profonda luminosità spirituale che gli fa percepire contemporaneamente la sete di luce che zampilla nel suo cuore, e un intenso desiderio di abbandono progressivo del regno delle tenebre.

È un itinerario che non avrà mai alcun termine, fino a quando la creatura sarà definitivamente trasfigurata nel mistero di Dio.

Il quadro parabolico che Gesù oggi ci presenta lo stiamo vivendo ora.

Anche noi siamo saliti al tempio e ci troviamo nella gloria divina, contemplando nello Spirito la presenza luminosa del Cristo. Se in questa viva e vivace relazione con il Maestro sappiamo sentirci peccatori nella speranza che viene dall’alto, allora nel momento in cui faremo la comunione, Gesù ci donerà il suo Corpo dato e il suo Sangue versato per renderci uomini giusti, uomini che crescono - per grazia - nella meravigliosa comunione divina.

Non dobbiamo mai temere nel sentirci peccatori, ma dobbiamo lasciarci invadere dalla potenza divina per maturare giorno per giorno nel desiderio d’essere progressivamente trasfigurati nel Maestro.

Ciò avverrà pienamente nella meravigliosa liturgia del cielo.

 

Oggi, qui, Dio ci parla...

Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che guariva tutti.

La presenza di Gesù nella storia degli uomini era fonte di costante novità di vita. Nella sua persona operava l’energia che ricreava chiunque a lui si accostasse con purezza di cuore. Infatti chiunque entrasse in comunione con lui ne percepiva la forza ricreatrice e cantava la gioia per il dono della guarigione e della speranza esistenziale. La sua persona era un sacramento vivente della potenza ricreatrice che dimorava e operava nella sua persona.

27 ottobre 2025

Oggi, qui, Dio ci parla...

Gesù impose le mani su di lei e subito quella si raddrizzò e glorificava Dio.

Gesù libera l’uomo da tutte le sue schiavitù e gli dà la gioia di glorificare l’amore del Signore che rigenera donando la bellezza della creatura umana. L’uomo è il luogo meraviglioso dell’agire divino che rinnova la grandezza della creatura.

Il Maestro rende nuovo tutto ciò che incontra facendo scaturire la glorificazione alla Fonte di ogni dono.

26 ottobre 2025

Oggi, qui, Dio ci parla...

Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”.

Davanti alla grandezza divina l’uomo si pone in stato di povertà e sa riconoscere i propri limiti. Con tali sentimenti viene perdonato e può camminare in un vero e autentico dialogo orante con Dio. È la bellezza della nostra preghiera.

25 ottobre 2025

Oggi, qui, Dio ci parla...

“Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”.

Nel piano di Dio è sempre presente la sua pazienza nei confronti della creatura. Infatti i suoi doni non devono andare perduti.

Il Dio delle misericordie ripone tutta la sua fiducia nei confronti della creatura umana e si pone sempre in stato di attesa.

24 ottobre 2025

Oggi, qui, Dio ci parla...

«Sapete valutare l’aspetto della terra e del cielo; come mai questo tempo non sapete valutarlo?».

La creatura nella sua superficialità non sa valutare il significato del momento storico che sta vivendo. Il fascino di Gesù è destinato a valutare il momento presente con l’occhio della gloria perché è rinchiuso nelle condizioni storiche legate allo spazio e al tempo.

Gli viene meno l’orizzonte dell’infinito che gli permette di respirare la gloria di Dio. Viviamo l’infinito e leggiamo con gioia lo scorrere secondo la lettura del presente. 

23 ottobre 2025

Oggi, qui, Dio ci parla...

«Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto!».

La bellezza della vita di Gesù sta nella sua docilità nelle mani del Padre. Dalla comunione con lui scaturisce l’umo nuovo perché appaia la novità di un mondo totalmente rinnovato.

22 ottobre 2025

Oggi, qui, Dio ci parla...

«A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più».

La nostra vita è un meraviglioso dono da far fruttare per la gioia dei fratelli. Dio ci affida il dono della vita perché lo condividiamo con chi la Provvidenza ci fa incontrare per dare alla luce una luminosa vita di comunione fraterna.

Questa è la vera gioia del cuore.

20 ottobre 2025

Oggi, qui, Dio ci parla...

Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”.

La creatura nel cammino del quotidiano è tentata di possedere tanti beni per poter assicurarsi una sicurezza materiale nel cammino della vita. Con tale ragionamento egli pensa di aver assicurato il proprio futuro, dimenticando che la sua esistenza dipende dalla libertà creatrice di Dio.

L’uomo è chiamato a vivere ogni istante nella gratuità divina attraverso un senso di gratitudine nelle mani provvidenti di Dio.

19 ottobre 2025

Oggi, qui, Dio ci parla...

«Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».

Il valore che anima la persona del discepolo è rappresentato dall’atto di fede che caratterizza tutta la sua esistenza. Davanti al Maestro divino ogni discepolo dice: “Credo mio Signore, tu sei la mia vita”. Con questo atteggiamento diventiamo persone autentiche che si collocano nelle mani di Gesù affidando a Lui l’intero decorso della sua vita, gustando la vera libertà del cuore.

18 ottobre 2025

Oggi, qui, Dio ci parla...

«La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!».

Gesù è il Messia che desidera seminare speranza nel cuore di tutti gli uomini perché ogni persona sia ricolma di speranza. Ogni discepolo si sente chiamato a evangelizzare ogni creatura perché tutti possano godere della salvezza, partecipando alla gioia redentrice che Gesù vuol condividere con l’intera umanità.

Questo è il grande ideale che anima tutti i discepoli del Maestro divino.

15 ottobre 2025

Oggi, qui, Dio ci parla...

«Guai a voi, farisei, che amate i primi posti nelle sinagoghe e i saluti sulle piazze».

Il dramma dell’uomo contemporaneo sta nella cultura delle apparenze. È la tragica mentalità contemporanea che non ama la semplicità della purezza del cuore.

L’uomo è la sua interiorità che dà significato a ogni linguaggio della sua personalità.

14 ottobre 2025

Oggi, qui, Dio ci parla...

«Date piuttosto in elemosina quello che c’è dentro, ed ecco, per voi tutto sarà puro».

Il centro della persona umana è il cuore da cui fluiscono tutti i sentimenti umani. La bellezza della nostra vita la scopriamo contemplando il nostro spirito abitato dalla luce che è Cristo Gesù.

Guardiamo a Lui e saremo creature veramente luminose.

13 ottobre 2025

Oggi, qui, Dio ci parla...

«Come Giona fu un segno per quelli di Nìnive, così anche il Figlio dell’uomo lo sarà per questa generazione».

Nella storia di Israele noi troviamo un riferimento chiaro alla Pasqua di Gesù perché ogni riferimento alla storia del Maestro si rispecchia nella profezia dell’Antico Testamento.

È uno stile di vita a cui Gesù ci richiama costantemente poiché il senso della storia della salvezza è unico e possiede come chiaro riferimento la storia di Gesù nostro Maestro. Lo Spirito Santo costituisce l’anello di congiunzione.

12 ottobre 2025

ANNIVERSARIO DELLA DEDICAZIONE DELLA CHIESA PARROCCHIALE – Solennità

DOMENICA 12 OTTOBRE 2025                                                     

Ez 43,1-2.4-7      Pt 2,4-9      Gv 4,19-24

OMELIA

La nostra comunità Cristiana oggi vive la sua esperienza di comunione fraterna: dedicare al culto un luogo è fare in modo che in quella comunità i fratelli possano veramente ritrovarsi tali. Il luogo non è l'esperienza del rito. Il luogo è l'esperienza dello sviluppo di una comunione fraterna, per poter realizzare quello che l'evangelista Giovanni ci ha detto poc'anzi: il Padre vuole che siano quelli che lo adorano in spirito e verità. Il che vuol dire tre passaggi sui quali vogliamo soffermarci: adorare, spirito, verità, tre aspetti che noi dovremmo continuamente rielaborare nella nostra vita ogni volta che ci raduniamo in chiesa.

Adorare: essere persone che vivono l'intimità di Dio. Non è semplicemente, l'adorare, un linguaggio esteriore di tipo fisico, l'adorare è espressione di una profonda comunione che noi comunichiamo ai fratelli, che condividiamo con loro, che diventa il principio della nostra fraternità. La chiesa è il luogo in cui noi ci ritroviamo fratelli e sorelle nel mistero della Santissima Trinità e questa esperienza è fondamentale nel cammino della fede perché la bellezza della fede Cristiana è essere comunione fraterna.

Noi spesse volte riduciamo la chiesa a un luogo di riti. La chiesa è un luogo di fraternità dove insieme viviamo l'unico mistero più profondo della nostra vita: la comunione con le tre persone Divine. È bello entrare in chiesa e respirare la comunione trinitaria e se noi veramente entriamo in questa visione, nella chiesa tutto si svolge in una dimensione essenzialmente fraterna. Noi siamo comunione perché in noi viviamo del mistero di Gesù. Quando noi battezziamo un bambino, in quel momento, lo introduciamo nella vita trinitaria per cui quel bambino è comunione costitutiva del mistero divino. Ecco perché la chiesa non è semplicemente un luogo di riti, ma è effettivamente il luogo nel quale noi ci ritroviamo insieme fratelli di una fratellanza che ha la sua fondamentale esperienza nella gioia di appartenere alla Trinità beata.

Noi spesse volte dimentichiamo questo mistero che in un modo o in un altro coinvolge la nostra vita. Quando siamo stati battezzati, siamo stati battezzati Nel nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo, siamo diventati comunione trinitaria. Ecco perché la chiesa è espressione di una comunione attorno alla quale noi costruiamo la nostra di esistenza feriale. In questo allora, il primo punto, dobbiamo essere molto chiari a noi stessi: la chiesa non è fare tante cose, ma riscoprire la gioia di essere fratelli e sorelle nel mistero di Gesù. E di riflesso la chiesa diventa il luogo del rivelarsi della gratuità di Dio; è bello ritrovarci in chiesa per sentirci tutta Grazia, ritrovarci in un luogo per fare l'esperienza - per quello che ci è possibile - di una meravigliosa comunione che caratterizza ogni frammento della nostra vita. Con il Cristo noi stiamo gustando la bellezza Divina. Ecco perché noi quando entriamo in chiesa siamo in silenzio, perché in quel momento stiamo gustando la vita delle tre Persone Divine.

Il silenzio è lodare Dio. Tant’è vero che i medievali avevano inventato la formula attraverso la quale dicevano “Dio abita il silenzio”. La chiesa è il luogo in cui noi nello Spirito Santo siamo in ascolto di Dio attraverso il profondo cammino del silenzio del cuore e allora, ecco il secondo elemento, dobbiamo cercare di costruire nella nostra vita: essere in chiesa nel silenzio davanti alla Trinità Beata. In quel momento gustiamo la vita Divina, facciamo l'esperienza di essere creature nuove, di essere persone che vivono della Trinità beata.

E allora se noi riusciamo a costruire nella chiesa con questi due elementi fondamentali, il terzo è più che evidente: pregustiamo la gioia della comunione del Paradiso.

La bellezza di una chiesa è di essere insieme con la liturgia celeste. Uno dei drammi della cultura di oggi è quella di aver dimenticato questa visione della chiesa come esperienza di un mistero più grande che ci avvolge, che ci qualifica e che dà senso al nostro istante. Entrare in chiesa, sentirci fratelli dell'intera umanità.

Vedete, noi tante volte abbiamo ridotto la chiesa a un fatto individualistico, a delle esigenze psicologiche, dimenticando che la bellezza di entrare in chiesa è sentirci quella comunione fraterna che è la gioia del Paradiso! Come sarebbe bello se il nostro culto fosse una fraternità nella quale noi cantiamo la bellezza della gloria di Dio. Ecco perché i cristiani si radunano nella comunità ecclesiale, per poter gustare questa meravigliosa esperienza che è il Paradiso. Noi spesse volte dovremmo imparare questo stile di vita: entrare in chiesa è percepire la comunione trinitaria, è fare una comunione fraterna in vista di quel gaudio glorioso quando con tutti i fratelli seguiremo l'Agnello ovunque vada cantando il canto nuovo che caratterizza effettivamente la nostra esistenza.

Ecco perché ritrovarci a commemorare la dedicazione di un tempio è ritrovare il senso di fondo della nostra esistenza. Come sarà bello quando passeremo dal gustare la comunione in chiesa a gustare la comunione del cielo, in Paradiso, quando saremo tutti fratelli e sorelle in una lode comune che ci caratterizzerà per tutta l'eternità beata. Questi pensieri dovrebbero continuamente essere presenti nella nostra vita. Una delle caratteristiche della chiesa-struttura è di essere Sacramento di quella eternità beata che ci aspetta tutti, che ci plasma continuamente nella visione della gloria e ci dà la capacità, fin da questo momento, di percepire la bellezza della gloria del cielo.

Questo sia il mistero che la Chiesa oggi vuole celebrare attraverso il ricordo della dedicazione di un luogo sacro, sperimentare in anticipo quella gioia del cielo che ci caratterizzerà per tutta l'eternità beata.

Andiamo in chiesa, al luogo, facciamo l'esperienza di Chiesa-comunione in attesa di essere Chiesa cantando eternamente la gioia del Paradiso.

Attraverso questo triplice passaggio noi possiamo veramente ritrovare la bellezza della nostra vita comunitaria ecclesiale.

Quando veniamo battezzati, veniamo battezzati “Nel nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo”, quando entriamo in chiesa stiamo respirando la vita del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, quando usciamo di chiesa abbiamo il gusto di questa eternità beata che ci fa sperimentare quella gioia eterna che domani avvolgerà tutta la nostra esistenza in un gaudio veramente inesauribile.

Ecco il valore che dobbiamo cercare di riscoprire in questa celebrazione della dedicazione di un luogo di culto, essere comunione fraterna, essere persone che vivono la gioia di appartenere alla Trinità mentre siamo in attesa di entrare in quel gaudio celeste dove con tutti i fratelli canteremo la gioia di appartenere al cielo.

Questa sia la bellezza della festa odierna in modo che questo gaudio glorioso diventi l'anima della nostra anima e sarà bello quando passeremo da questa Chiesa terrena alla Chiesa gaudiosa e canteremo con tutti i Santi la gioia di appartenere alla Trinità che avvolgerà la nostra vita in Paradiso e sarà il gaudio che camminerà con noi mentre siamo in attesa di quel momento glorioso quando Dio sarà tutto in ciascuno di noi, e la bellezza della nostra vita sarà contemplare eternamente il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo in una gioia comune che sarà la nostra gioia del Paradiso che sta aspettando tutti noi.

 

Oggi, qui, Dio ci parla...

«Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».

L’incontro con Gesù rigenera l’uomo e lo rende creatura nuova. Ogni incontro con il Maestro divino dà alla luce un mondo nuovo poiché lo Spirito che opera in Gesù ricrea radicalmente ogni creatura dandole uno stile di vita veramente nuovo.

È la creatività sempre attiva dello Spirito Santo.

11 ottobre 2025

Oggi, qui, Dio ci parla...

«Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!».

La grandezza di ogni discepolo credente sta nell’ascolto, dove ogni espressione incarna il dimorare di Gesù nelle nostre persone. È una persona che scalda il cuore, illumina la mente, infonde coraggio, illumina i nostri comportamenti.

È la gioia del Risorto che si espande o offre l’entusiasmo di appartenere a Lui.

10 ottobre 2025

Oggi, qui, Dio ci parla...

«Se invece io scaccio i demoni con il dito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio».

La presenza di Gesù nella storia dell’uomo ci offre una certezza. In Lui le tenebre sono vinte e noi possiamo gustare la luminosità perché vince ogni forma di tenebra e ci introduce nella luminosità che non conosce tramonto.

Gesù stesso infatti ci ha detto: «Io son la luce del mondo». Con Lui vinciamo ogni oscurità della storia.

08 ottobre 2025

Oggi, qui, Dio ci parla...

«Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli».

Ogni parola diventa feconda per il cuore quando diventa preghiera.

Allora il cuore assorbe l’orazione e rende ogni parola espressione di un meraviglioso dialogo divino-umano che trasfigura a persona umana. È la potenza creatrice dello Spirito Santo.

07 ottobre 2025

XXVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO C -

DOMENICA 5 OTTOBRE 2025                                                       

Ab 1,2-3; 2,2-4      2Tm 1,6-8.13-14      Lc 17,5-10

OMELIA

Ascoltare nel nostro intimo le meraviglie che il Signore opera nella storia della salvezza ci riempie sicuramente di stupore, ma in noi nasce l'interrogativo per come questa grandezza di Dio che si manifesta a noi possa diventare la vita della nostra vita.

Il Vangelo non è qualcosa che semplicemente ascoltiamo, il Vangelo è destinato alla nostra vita. Gesù è entrato nella nostra storia per educarci a essere uomini.

Tutto il Vangelo, tutte le meraviglie che Gesù ha compiuto, hanno un unico scopo: l'uomo deve imparare a essere uomo.

Davanti alla povertà che tante volte è presente nel nostro spirito, anche noi con i discepoli, questa mattina, vogliamo gridare al Signore e dire: "Accresci in noi la fede" poiché è nell'esperienza della fede che avvertiamo questa reattività di Dio nel nostro spirito.

La fede è la luce che illumina i nostri passi e che ci dà la gioia di elaborare un autentico cammino umano. Poiché è la fede che determina il nostro essere uomini, dobbiamo chiedere allo Spirito Santo che ci illumini perché possiamo intravedere il nucleo centrale dell'esperienza del credere.

Un primo passaggio che Gesù questa mattina ci potrebbe indicare è così riassumibile: l'esperienza della fede non è l'esperienza davanti a qualcosa di incomprensibile.

Spesso, nella nostra mentalità, diciamo che poniamo l'atto di fede quando siamo davanti a qualcosa che non comprendiamo; questa non è la fede evangelica! Nel momento in cui il Signore ci arricchisce dell'intelligenza, l'uomo, in qualunque attimo della sua vita non può abdicare al pensiero.

La fede non vuol dire “non pensare” poiché, se l'uomo - quanto più crede, tanto più realizza la sua umanità -, nella dinamica della fede dobbiamo introdurre tutta la nostra umanità.

Un'esperienza da approfondire continuamente è quella di intuire che le verità di fede non sono verità da conoscere, ma sono il mistero di Dio per costruire l'uomo.

Una verità di fede che non costruisce l'uomo non è verità di fede.

Tutto il mistero di Dio che si rivela è perché l'uomo sia “a sua immagine e somiglianza”.

Dio non parla per creare dei rompicapo, ma per educarci a essere uomini secondo il suo mistero. Allora, come fa la nostra intelligenza (alla quale non dobbiamo mai rinunciare) a entrare nel darsi di Dio per cui, nel cammino della fede, riprendiamo il gusto della vita?

La fede, fondamentalmente, nasce da una relazione. La fede è la ricchezza del rapporto e, il rapporto, nasce da Dio che è la nostra luce perché Dio è innamorato dell'uomo e quindi ci parla perché è innamorato della creatura, Dio si relaziona perché l'uomo sia se stesso.

Dio ci parla perché vuole che noi partecipiamo alla sua luce e realizziamo la nostra umanità; guardando Dio scopriamo il dinamismo della fede.

Gesù, parola del Padre, è la comunicazione del cuore di Dio; il cuore del Padre ci parla attraverso il Figlio. Se, nel progetto di Dio, il cuore del Padre ci parla attraverso la parola che è il Figlio, il principio della fede non è l'intelligenza, il principio della fede è il cuore che ama attraverso l'intelligenza. L'intelligenza è il cuore in azione.

Gesù ha detto -in modo un po' fantasioso- nella parola ascoltata: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sradicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe».

L'intelligenza dice una cosa non evidente, ma il cuore vive realtà inevidenti come evidenti perché il cuore, intrinsecamente, è un miracolo vivente. Quando l'uomo ama sa che il miracolo è possibile.

Ecco perché l'esperienza della fede non è problema di capire o non capire (in questo caso consumeremmo in modo inutile le cellule del cervello), ma il criterio della fede è la dinamica amativa del cuore.

Usando un'immagine medievale troviamo questa formulazione: "L'uomo ha un occhio solo, la sua intelligenza, ma l'occhio dell'uomo vede nella potenza dell'amore".

Quindi, la potenza dell'amore apre l'occhio alla comprensione.

Il linguaggio della fede non è un linguaggio di pensiero, il linguaggio della fede è un linguaggio simbolico attraverso il quale il cuore spazia sull'infinito di Dio che ritrova la bellezza della vita umana. Nel momento in cui i discepoli hanno detto «Accresci in noi la fede!» essi così hanno detto: sviluppa in noi quel cuore che è innamorato di te perché sappiamo, attraverso la potenza del nostro amore, capire le tue parole ed entrare nella creatività di Dio Padre.

La fede non è schiacciare l'intelligenza, ma liberare l'intelligenza delle dalle sue schiavitù.

In questa ottica, il desiderio di dire al Signore: "accresci la nostra fede" diventa un dilatare la potenza del cuore per aprirsi simbolicamente sul mistero di Dio che è innamorato dell'uomo.

In questa ottica impariamo una grossa verità: la bellezza della fede è direttamente proporzionale al desiderio di essere uomini.

Chi non ha il desiderio di essere uomo difficilmente affronterà l'avventura della fede. Ecco perché Gesù questa mattina ci ha detto, attraverso il profeta Abacuc, che il giusto vivrà di fede perché l'uomo, innamorato di Dio, è innamorato anche della propria creaturalità.

Se l'esperienza della fede è partecipare al cuore innamorato di Dio, la fede è tutto un problema di cuore.

Quando entriamo in quest'esperienza il cuore capisce tutto perché il cuore non vuole razionalizzare, ma, nel pensare, vuol imparare ad amare ancora di più.

Questo è il mistero nel quale Gesù questa mattina ci vuole introdurre: non diciamo più che la fede vuol dire non capire! La fede è il gusto di amare in modo autentico.

In questa Eucaristia -per quello che ci è possibile- diciamo al Signore: "aumenta la nostra fede" e Gesù non ci deluderà, ci darà quel Corpo dato e quel Sangue versato che sono il segno dell'amore inesauribile di Dio.

Quando l'uomo si sente intensamente amato da Dio si accorge che la sua preghiera è stata esaudita.

Quell’Eucaristia, penetrando in noi, ci dà il gusto delle cose di Dio e delle cose umane perché Dio ha amato diventare uomo.

Questo sia il nucleo della nostra vita in modo da dire: è bello credere perché è bello essere uomini, perché è bello costruire la nostra vita, giorno per giorno, che è l'immagine di Dio per diventare sua somiglianza.

È quella luce di eternità che avvolge la nostra corporeità, che ci dà la luminosità dell'Eterno e ci dà la capacità di aspirare a essere noi stessi in quella luce intramontabile che sarà la gloria del paradiso che attende tutti noi.

 

Oggi, qui, Dio ci parla...

«Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».

La figura di Gesù si colloca al centro della vita di ogni discepolo. Dal suo cuore fluisce quella sapienza che illumina la mente e scalda il cuore di chiunque ha posto in Lui il vero significato della propria esistenza.

Seguiamo il suo esempio per rendere fecondo ogni istante del nostro cammino storico.

06 ottobre 2025

Oggi, qui, Dio ci parla...

«Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».

Prossimo è colui alle cui orecchie giunge un grido di aiuto. È importante sviluppare la necessità di ascolto che pone in dialogo con i fratelli. Infatti se uno non sviluppa una vera capacità di ascolto non potrà mai farsi prossimo di colui che è stato aggredito. Chi sa ascoltare diventa prossimo e genera speranza.

05 ottobre 2025

Oggi, qui Dio ci parla...

«Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».

Nella vita noi siamo un capolavoro della gratuità divina. Di fronte a questo mistero la gratitudine è l’espressione spontanea dell’uomo che si sente tutto dono e che diventa fecondo nella vita attraverso o spontaneo rendimento di grazie.

04 ottobre 2025

Oggi, qui, Dio ci parla...

«Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro».

La vicinanza del Signore ci stimola a contemplare il Crocifisso per trovare in Lui la bellezza del dono della vita come oblazione per la grandezza umana dei fratelli. Nel gesto contemplativo tutto diventa imitazione del cuore del Maestro per viverne la gioia esistenziale.

In questo il cuore dell’uomo si sente profondamente amato e può gustare la grandezza della propria esistenza.

03 ottobre 2025

Oggi, qui, Dio ci parla...

«Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me».

L’apostolo è la parola di Gesù che attraversa il mondo intero seminando speranza nel cuore di ogni creatura.

Nel cuore dell’uomo fiorisce l’eternità e in lui cresce il desiderio di giungere a gustare eternamente il volto di Gesù sommamente amato. Questa è la bellezza del dono della vita che il Maestro ci offre.

02 ottobre 2025

Oggi, qui, Dio ci parla...

«E chi accoglierà un solo bambino come questo nel mio nome, accoglie me».

Gesù nel suo ministero sottolinea l’importanza dei bambini che sono aperti alla bellezza e allo stupore che li conquista e offre loro una grande gioia. È la semplicità del loro cuore che li riempie di ammirazione e di letizia.

Lasciamoci sempre conquistare dal loro volto gaudioso.

01 ottobre 2025

Oggi, qui, Dio ci parla...

Un tale disse a Gesù: «Ti seguirò dovunque tu vada».

L’entusiasmo della fede diventa una radicalità di scelta perché domina la figura del Maestro che si impone psicologicamente.

Chi vive di Gesù pone Lui al centro della propria esistenza, in obbedienza alla sua volontà. Chi segue il Maestro fa della propria vita una grande esperienza di accoglienza perché il Signore divenga l’anima del suo cammino quotidiano.

30 settembre 2025

Oggi, qui, Dio ci parla...

Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme.

La volontà del Padre di donare la vita per l’umanità proietta Gesù verso la sua dedizione assoluta per il bene dell’uomo.

Il sacrificio del Calvario è la meta della sua dedizione di amore per l’uomo, perché l’uomo ritrovi la strada per la vita che è la Risurrezione.

29 settembre 2025

Oggi, qui, Dio ci parla...

«In verità, in verità io vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo».

Siamo chiamati a sperimentare la signoria di Gesù sulla storia per ritrovarvi la sua grandezza sul mondo. In lui sperimentiamo la fonte della novità del mondo a cui ogni uomo aspira per poter essere e divenire se stesso. L’aspirazione a essere se stesso guida la creatura ad aprire il proprio cuore all’infinito, per poter gustare la bellezza e la grandezza del cosmo e del mondo intero.

Lo Spirito Santo diventa il grande attore per realizzare tale movimento cosmico a lode del Creatore. Siamo chiamati a respirare l’infinito e a far cantare il cosmo.

28 settembre 2025

XXVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO C -

DOMENICA 28 SETTEMBRE 2025                                                  

Am 6,1.4-7      1Tm 6,11-16      Lc 16,19-31

OMELIA

Il cristiano vive una forte passione per la vita eterna poiché in essa egli vede realizzata la propria vita.

Nel momento nel quale ognuno di noi godrà eternamente del volto di Dio Padre sarà pienamente e definitivamente realizzato e per raggiungere questa meta Gesù, domenica scorsa, ci insegnava che dobbiamo amare la nostra vita quotidiana come il luogo nel quale progressivamente emerge quell’esperienza di comunione divina che lentamente ci porta a gustare la pienezza della vita.

Oggi Gesù ci dice che dobbiamo, nell’esperienza feriale, assumere la sua interiorità.

Infatti la parabola ascoltata, potremmo definirla la descrizione dell’interiorità di Gesù.

Attraverso questa dialettica tra Abramo e quella persona ricca scopriamo, da una parte, quello che ha animato Gesù nella sua storia e, dall’altra, cosa significhi, nel profondo della nostra esistenza, vivere l’interiorità di Gesù. Infatti, leggendo attentamente il cammino che il Vangelo ci offre questa mattina, ci accorgiamo che le ultime parole dette da Abramo esprimono quello che Gesù ha vissuto profondamente: ascoltare Mosè e i Profeti perché, non Mosè mi dice la presenza di Dio, ma i Profeti mi aiutano a capire come vivere concretamente la presenza di Dio.

Mosè mi dà la contemplazione del Signore, il Profeta mi dà le modalità per vivere profondamente del Signore.

In questo noi andiamo in modo immediato all’episodio della Trasfigurazione dove Mosè ed Elia, Mosè e i Profeti parlano con Gesù della sua imminente dipartita.

Quindi scopriamo che, nella figura di Lazzaro, è presente l’interiorità di Gesù il quale ha costruito la sua ferialità in continuo ascolto dell’Antico Testamento, per essere in perfetta comunione con il Padre.

È quell’interiorità che è divenuta eternità, ma il principio che ha animato profondamente l’esperienza di Gesù è stato dare compimento alle Scritture come ben sappiamo dall’inizio del Vangelo di Luca quando Gesù, dopo aver ascoltato nella sinagoga di Nazareth i testi dell’Antico Testamento, ha affermato: “Oggi nella mia persona queste Scritture si sono realizzate”.

Ecco perché Lazzaro è entrato nel seno di Abramo, è entrato in paradiso, perché in quel Lazzaro c’è Gesù che ha goduto nella sua esistenza di essere in comunione con il Padre e, nello stesso tempo, nella figura di Lazzaro troviamo Gesù, perché, in quella povertà scopriamo quello che abbiamo cantato prima del Vangelo: “Gesù Cristo da ricco che era, si è fatto povero per noi, perché attraverso la sua povertà potessimo diventare ricchi di Lui”.

Gesù è colui che ha assunto la storia degli uomini, l’ha assunta come l’incarnazione del Servo di Jahvè, che ha talmente sofferto da non avere più il volto di un uomo.

Ma quando la creatura che contempla Gesù vede la sua situazione storica animata da questa presenza ineffabile del divino, si accorge che il momento della sua esistenza si trasforma in un momento di gloria. È il passaggio della parabola: Lazzaro morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo.

Ognuno di noi vuol godere della vita eterna perché (si diceva all’inizio) tutto il senso della nostra vita è godere il volto del Padre.

Anche noi sullo sfondo dell’immagine di Lazzaro dobbiamo vivere lo stile stesso della vita di Gesù e ci accorgeremmo di un principio che dovrebbe animare la nostra vita feriale: ciò che si semina, domani si raccoglie.

Chi oggi vive attraverso l’imitazione vivente di Gesù nei suoi due aspetti, essere tutto in ascolto del Padre assumendo il dramma degli uomini, inevitabilmente fa fiorire il gusto dell’eternità perché, ascoltare giorno per giorno l’oggi di Dio amando la storia del proprio quotidiano, vuol dire aprirsi sull’eternità beata. Spesso noi non riusciamo a entrare in questo orientamento perché nel nostro quotidiano non riusciamo a vedere l’ascolto di Dio e degli uomini, la grandezza divina e la grandezza della povertà dei fratelli.

Se riuscissimo a elaborare in questo modo la nostra esistenza, ci accorgeremmo che seminiamo eternità per, attraverso questa quotidianità, godere domani di questa meravigliosa pienezza.

Viviamo il presente con l’occhio del cuore rivolto verso lassù, viviamo il presente animando la nostra esistenza di quella luce di eternità che ci permette di camminare nel quotidiano anticipando il mistero della gloria!

Allora il quotidiano, la realtà di tutti i giorni vissuti con l’interiorità di Gesù non ci fa più paura.

Anche se tante volte è pesante, è crocifiggente, qualche volta il presente (dicevamo domenica scorsa) pare non avere senso, ma attraverso la presenza del Signore, compimento della Parola di Dio, percepiamo una profonda esperienza di eternità: è quello che l’apostolo Paolo ci ha regalato nella seconda lettura.

Se riusciremo a entrare in questo cammino spirituale ci accorgeremmo che anche i drammi della vita, vissuti nella Parola, sono semi di gloria futura.

Amiamo il nostro presente, anche se drammatico, è il chicco di grano che morendo in terra diventa albero rigoglioso!

Entrando in questo cammino interiore la nostra esistenza sarà veramente un’esistenza nella luce.

Non è l’Eucaristia che stiamo celebrando?

Nel momento in cui ci accosteremo al Pane e al Vino e ascolteremo quell’espressione “il Corpo e il Sangue del Signore”, in quel momento, nell’ “Amen” che diremo, faremo questa grande affermazione: “Mosè e i Profeti, o Gesù, sono la mia anima come sono stati la tua anima”.

Allora vivremo in quell’Eucaristia il Signore che entra dentro di noi e ci dà quel sapore di eternità che è luce in ogni nostra tenebra.

Camminiamo così, con la fiducia che viene dall’alto, senza alcun timore, e saremo creature nuove che non temono di essere “oggi” Lazzaro, perché sappiamo che il Lazzaro di oggi è Gesù nella nostra vita, e domani sarà nel segno di Abramo, quella gloria futura che esalterà per sempre le nostre persone.

 

Oggi, qui, Dio ci parla...

"Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti".

La vocazione ad ascoltare la parola di Dio vive del dono della grazia battesimale. Inseriti in Cristo, noi viviamo di lui e in lui per crescere nella comunione con il Padre e per essere la creatività dello Spirito Santo. Tale vita divina che opera in noi offre la capacità di ascoltare il Risorto e di operare nel suo mistero di amore veramente inesauribile.

La potenza dello Spirito ci stimola e guida in questa ricerca.

27 settembre 2025

Oggi, qui, Dio ci parla...

«Il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini».

Gesù per amore dell’uomo si consegna agli uomini per donare loro la bellezza della vita eterna, dando compimento al progetto di amore del Padre.

Ogni umana creatura è un dono di Dio per essere plasmato nella sua vocazione umano-divina. In tal modo un inno di lode alle tre Persone divine.

26 settembre 2025

Oggi, qui, Dio ci parla...

«Il Figlio dell’uomo - disse - deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno».

Questo è il mistero pasquale di Gesù, è il punto di riferimento della viva contemplazione della sua esperienza, il punto di riferimento della vita di ogni discepolo: è la speranza che vince ogni oscurità, è la visione globale della storia della salvezza di chiunque accolga Gesù come il suo unico riferimento esistenziale.

Lo Spirito Santo ci guidi in questo cammino per gustare la comunione con il Maestro insieme a tutti i fratelli che desiderano riferirsi a Lui come alla fonte del senso della vita.

25 settembre 2025

Oggi, qui, Dio ci parla...

«Chi è dunque costui, del quale sento dire queste cose?».

Il cristiano è un ricercatore del vero volto di Gesù per potersi sempre confrontare con lui nelle scelte quotidiane.

In Gesù trovo il senso della vita e la feconda interpretazione della mia storia.

24 settembre 2025

Oggi, qui, Dio i parla...

Gesù convocò i Dodici e diede loro forza e potere su tutti i demòni e di guarire le malattie. 

Nella persona di Gesù appare l’uomo nuovo da cui nasce la nuova umanità. Guardando a lui la creatura respira un mondo rigenerato che infonde fiducia e speranza, mentre fa sognare l’avvento di una nuova vitalità esistenziale che riempie di coraggio la nuova umanità.

Lo Spirito Santo dia alla luce questa nuova creazione. Regaliamo questa visione a ogni uomo per generare un mondo profondamente rinnovato.

23 settembre 2025

Oggi, qui, Dio ci parla...

«Mia madre e miei fratelli sono questi: coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica».

La fecondità della vita cristiana sta nell’ascolto attivo della parola di Dio poiché la bellezza della fede si scopre nella bellezza dell’ascolto. Qui infatti la Parola penetra nel cuore e determina sensibilità del discepolo rendendolo autentico credente.

Il mistero della Parola penetra in noi e qualifica la nostra personalità. Maturiamo nel discepolato.

22 settembre 2025

Oggi, qui, Dio ci parla...

«Nessuno accende una lampada e la copre con un vaso o la mette sotto un letto, ma la pone su un candelabro, perché chi entra veda la luce».

La creatura vive nella luce e della luce per poter scrutare la realtà. La fecondità delle proprie intuizioni è percepibile quando risulta possibile una verifica con il concreto. Rendiamo visibili gli oggetti presenti nel reale e scopriamo la loro ricchezza esistenziale. Qui troviamo la sicurezza nelle valutazioni.

Lo Spirito Santo animi le nostre valutazioni e ci illumini per un vero valore.

21 settembre 2025

XXV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO C -

DOMENICA 21 SETTEMBRE 2025                                                  

Am 8,4-7      1Tm 2,1-8      Lc 16,1-13

OMELIA

Cristo Signore ci attira continuamente a sé perché possiamo accedere al cuore del Padre rivivendone i sentimenti di fiducia e di misericordia.

Davanti a questo dono, che il Signore ci offre ogni giorno, come può l’uomo effettivamente rendere feconda questa esperienza in modo da godere continuamente di questa amicizia divina? Il Vangelo di questa mattina, con tutta la sua paradossalità nella prima parte, ci aiuta a intravedere come possiamo elaborare la nostra esistenza costruendo un vero rapporto con il Padre.

Il senso della parabola che Gesù ci ha consegnato è molto semplice: se veramente la nostra vita è affascinata dal Signore dobbiamo fare di tutto per vivere solo del Signore.

Come quella persona che, pur di avere di che vivere, è entrata un po’ in un imbroglio finanziario, così il cristiano per poter vivere veramente di questa divina Presenza, deve sapere fare di tutto perché lo scegliere il Signore è così grande che tutta la nostra esistenza deve essere orientata in questa prospettiva.

Ma allora, questa realtà di fondo che ci deve profondamente caratterizzare – per cui davanti al Signore noi ogni giorno lo scegliamo come unico valore –, il modo per elaborare questo stile di vita lo possiamo cogliere nell’ultima parola o verbo che Gesù ci ha dato nel Vangelo, la parola “servire”.

Davanti alla parola “servire” scopriamo due filoni che dovrebbero aiutarci a maturare giorno per giorno in questa signoria divina: l’amore continuo al quotidiano vivendo ogni istante come linguaggio della comunione con Dio.

Innanzitutto è importante costruire l’esistenza nell’amore al quotidiano, perché il quotidiano è il luogo nel quale il Signore si rivela continuamente. È la bellezza del cuore credente che apre la propria persona, istante per istante, alla coscienza “Dio viene”, per poterci lasciare impregnare della sua Presenza.

Spesso vorremmo che la vita fosse variegata, ma una vita troppo variegata, troppo esteriore, ci fa perdere la consapevolezza di chi siamo. La grandezza del quotidiano ha la capacità della profondità.

La monotonia della vita è la profondità dell’esistenza perché l’uomo è facilmente distratto dalle cose che fa e, nelle cose che fa, dimentica la sua coscienza di esistere.

Ecco perché Gesù ha detto: «Chi è fedele nel poco (nel piccolo) è fedele anche nel tanto» per cui non esiste vita “monotona” perché ha fatto la scelta d’appartenere a Cristo.

Il Signore viene continuamente nella nostra esistenza, anzi, quanto più avvertiamo la nostra povertà tanto più godiamo la sua grandezza. L’uomo, distratto dalle tante cose che fa, dimentica il gusto del Dio che viene.

Ecco un primo atteggiamento che dovremmo avere nella nostra esistenza: è bello vivere anche in una quotidianità nascosta perché il Signore viene!

Questa convinzione profonda del Signore che viene è la potenza dell’interno della nostra esistenza. Tante volte cerchiamo il diverso per poter vivere e ci distraiamo; dovremmo godere il presente come rivelazione divina.

Chiunque faccia la scelta d’appartenere al Signore sa che in ogni frammento della sua vita, il Signore viene.

Il gusto di ciò che è piccolo è la percezione del Dio grande!

Davanti a questo primo elemento, che ci deve veramente prendere, ecco la dimensione della nostra risposta: vivere ogni scelta come atto di amore di Dio. E quando il cuore è profondamente abitato dalla divina Presenza anche le piccole cose, le cose più banali della vita, quelle da routine che, qualche volta, possono diventare anche affascinanti, i piccoli gesti che poniamo, le scelte che quotidianamente operiamo, sono un piccolo linguaggio di una grande comunione divina!

Allora, nell’itinerario della nostra esistenza, non esiste più la preoccupazione delle cose grandi a livello esteriore perché la grandezza parte dall’intensità del cuore che si sente abitato da Dio.

Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti, perché sostanzialmente ci accorgeremmo che quello che facciamo è solo un segno di qualcosa di più grande, che è scegliere il Signore come criterio della nostra esistenza.

Se riuscissimo a costruire così la nostra storia ci accorgeremmo che la nostra esistenza è uno sviluppo di pienezza in pienezza. Più cresciamo negli anni, più amiamo il feriale, il nascondimento, le piccole cose, anche - tante volte - il gusto di essere “dimenticati” perché, in queste piccole cose, noi stiamo già meravigliosamente assaporando l’eternità.

Ogni gesto che noi poniamo nella nostra vita è una relazione con Dio e poiché la relazione con Dio è una relazione con l’Immensamente grande, noi scegliamo piccole cose, le piccole cose dell’ordinario, perché Lui sia grande.

Allora ritroviamo che la bellezza della vita sono le pareti della nostra casa, sono le persone ordinarie, qualunque ne sia il volto, perché attraverso questo linguaggio ordinario gustiamo la maturazione nell’Ineffabile.

Ecco perché dovremmo imparare questo stile.

L’uomo di oggi è scontento perché cerca sempre il diverso, il grandioso!

La bellezza della vita è la vita di Nazareth, il nascondimento in cui Dio era sovrano.

Gesù, questa mattina, convocandoci a questa Eucaristia ci dice: “Attraverso le piccole cose di ogni giorno, quel pane e quel vino, io ti rendo sommamente grande, il mio Corpo e il mio Sangue!”

Ciò che è ordinario, come il pane e il vino, per il credente è la straordinaria pienezza di Gesù.

Quando, questa mattina, accostandoci all’Eucaristia gusteremo e godremo della pienezza di Gesù, in quel momento, le cose di tutti i giorni diventano grandi, perché le cose di tutti i giorni sono il pane e il vino del Mistero eucaristico.

Entrando in questa esperienza interiore alla quale il Signore ci chiama perché vuol farci entrare nella comunione con il Padre, abbiamo il coraggio di svegliarci al mattino cantando il nostro grazie.  Svegliarci ogni mattina cantando che il Signore è grande nella povertà della mia piccola giornata per giungere alla sera, in Lui, più fecondi, in attesa del momento in cui passeremo nel quotidiano del paradiso dove eternamente loderemo Dio nostro Padre.