DOMENICA 20 APRILE 2025
At 10,34. 37-43 Col 3,1-4 Gv 20,1-9
OMELIA
Il cristiano oggi è condotto dallo Spirito
a contemplare il Risorto e questa contemplazione è il principio della nostra
esistenza. Il cristiano è chiamato ad avvertirne continuamente la presenza per
essere in lui progressivamente trasfigurato e per noi, entrare in questo
mistero è essenziale poiché l'apostolo Paolo ci ha detto: “Se siete risorti con
Cristo cercate le cose di lassù”.
Il Risorto è colui che nel cammino
della sua vita avverte in sé la vocazione d'essere tutt'uno con il mistero.
Nasce allora la domanda di cosa significhi essere risorti con Cristo.
Noi, spesse volte, viviamo una
situazione di rottura tra il mistero nel quale noi crediamo - Gesù è risorto -
e lo stile al quale noi siamo chiamati a costruire l'esistenza: essere risorti
in lui.
Questa mattina, nella potenza dello
Spirito cerchiamo di chiederci: cosa potrebbe dire per noi la convinzione che
siamo veramente risorti?
Tre potrebbero essere i passaggi:
essere risorti con Cristo vuol dire averne la sensibilità, goderne la vitalità,
per esultare nel gusto della nostra umanità.
Innanzitutto l'esperienza del Risorto
ci fa intravedere come siamo chiamati ad assumerne la sensibilità, a essere il
cuore amativo di Cristo.
Essere risorti con Cristo è avere il
cuore di Cristo che pulsa nel nostro cuore.
E poiché sappiamo che l'uomo è il suo
cuore, il criterio di fondo della nostra esistenza è il cuore amante di Gesù.
Se poi dovessimo chiederci in
profondità quale sia la bellezza d’essere risorti, ritroveremmo la percezione
che il Signore in noi continua ad amare.
E amare (Gesù ce lo ha insegnato con
la sua storia personale) è vivere una continua comunione di vita con Dio e con
i fratelli. Amare è regalare nella semplicità feriale, senza nulla di
straordinario, il gusto di essere talmente uniti a Gesù, sommo amore, regalando
amore a chi ci sta vicino.
Essere risorti è essere un segno vivo
di Cristo che ama e amare è essenzialmente la capacità di far essere se stesso
l'altro. L'uomo veramente ama quando ha il gusto che l'altro sia se stesso.
Gesù ci ha amato in modo così intenso da farci riscoprire la bellezza d'essere
noi stessi. Essere risorti con Gesù è far palpitare in noi il cuore stesso di
Gesù.
La risurrezione non è un avvenimento
del passato, ma è qualcosa che penetra nel profondo della nostra persona.
Allora, chi ha la sensibilità amorosa
di Cristo, ne ha la mentalità. L'uomo pensa come ama.
Il pensiero, la capacità di
comprendere il reale, dipende dal pulsare del cuore. Quando vogliamo cogliere
il pensiero di una persona, ne cogliamo innanzitutto “l'aspetto del cuore”,
fonte di tutto ciò che qualifica la persona umana.
Chi ha un cuore come quello di Cristo
ha la mentalità di Cristo e, pensare come Cristo, è avere sempre la speranza
nelle tribolazioni storiche.
Chi pensa come Cristo sa esattamente
che il terzo giorno ogni buio diventa luce, ogni sconfitta diventa vittoria,
ogni paura diventa coraggio. L'uomo, tante volte, non riesce ad avvertire il
profondo della sua esperienza religiosa perché non sa leggere il reale con
speranza!
E la speranza è la risurrezione: dove
sembra ci sia la morte, c'è sempre la vita!
Chi ha la mentalità del Risorto ha un
meraviglioso filtro: vede il positivo della vita. L'uomo che veramente è
risorto non si lascia schiacciare dalle paure, l'uomo che veramente è risorto
percepisce che, pur nel dramma, c'è qualcosa di meraviglioso e di affascinante.
Chi è risorto ama e pensa, chi è risorto pensa come pulsa il cuore.
E il risultato è il gusto d'essere
uomini.
Se riandiamo al racconto della
passione di Gesù, secondo Giovanni, noi troviamo sulle labbra di Pilato due
bellissime professioni di fede: “Ecco l'uomo” “Che farò del vostro re?”. In
quel “ecco l'uomo” Pilato ha dato una meravigliosa professione di fede.
Quell'uomo, Gesù di Nazareth, è
l'uomo, è colui nel quale il Padre realizza ogni umana creatura perché sulla
croce, Gesù è re. Dal suo fianco infatti
uscì “sangue e acqua” poiché dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto e
grazia su grazia”. In questo, noi possiamo dire, di essere risorti.
Allora credo che le due parole con le
quali l'evangelista Giovanni ha terminato il racconto evangelico di questa
mattina dove si afferma che, il discepolo che Gesù amava, “vide e credette”,
ritraduce veramente questo significato: il Risorto, quando viene incontrato in
purezza di cuore, è realizzazione della nostra umanità. L'Evangelista ha detto:
“vide e credette”! In quel “vide” percepiamo l'intimità relazionale,
l'assunzione della sensibilità e della mentalità di Gesù morto e risorto e, in
quel “credette” il discepolo spalancò la propria vita al perfetto uomo,
diventando e gustando l'essere perfettamente uomo.
Allora gustiamo e diffondiamo il
gaudio dell'essere autenticamente noi stessi. Ecco cosa potrebbe significare
essere risorti con Cristo: la vostra vita è ormai nascosta con Cristo in Dio.
In lui maturiamo la bellezza del dono d'essere uomini.
Siamo veramente uomini perché la
sensibilità di Cristo avvolge talmente la nostra persona da leggere il reale
con il cuore di Cristo Gesù: è quello che avviene nella celebrazione del Mistero
eucaristico.
La bellezza dell'Eucaristia è assumere in quel
pane e in quel vino “l'Uomo” per eccellenza, che vi è realmente presente, e il
pane e il vino, penetrando in noi con tutta la loro ricchezza
"spirituale" ci danno il calore del Cristo e il pensare del divin
Maestro.
L'Uomo eucaristico è il Risorto in noi
che ci fa godere di vivere, di amare e di pensare come lui.
Questo sia il mistero che dà esultanza
alla nostra storia in modo che l'evento della risurrezione abbia una profonda
espressione nel gusto dell'essere uomini. E allora se la Pasqua potrà per noi significare
questo salto di qualità allora saremo nella gioia perché la vera gioia è l'uomo
che gode d'essere se stesso.
Questa potrebbe essere la Pasqua del
Signore per ciascuno di noi.