OMELIA
Il desiderio dell'attesa dell'incontro con il Signore oggi sacramentalmente diventa appagamento: siamo nella gioia di Dio. Il progetto del Padre sull'umanità ha avuto compimento.
È’ la bellezza della
gioia del Natale dove nell'evento dell'incarnazione l'uomo riscopre la
bellezza, la grandezza, la luminosità della sua vocazione umana. La gioia di
Dio di costruire l'uomo a sua immagine e somiglianza si è compiuta. Guardando e
contemplando Gesù guardiamo e contempliamo la nostra umanità autenticamente
compiuta. Questo lo cogliamo soprattutto attraverso il versetto centrale del
prologo di Giovanni udito "E il verbo si è fatto carne e venne ad abitare
in mezzo a noi e noi abbiamo visto la sua gloria".
In questo semplice
testo è riassunto tutto il Vangelo di Gesù: il mistero dell'incarnazione,
l'esperienza della vita pubblica, il compimento pasquale. Dall'esperienza
celebrativa odierna l'uomo ritrova se stesso in Gesù incarnato che ha camminato
nelle strade della Palestina e, nel mistero pasquale, ha portato a coronamento
l'amore misericordioso del Padre. In questa verità, che è la sintesi della vita
cristiana nella quale l'uomo ritrova se stesso, quali sottolineature potremmo
cogliere perché oggi possiamo essere nella gioia, nella autentica realizzazione
umana? L'uomo è contento quando gode della propria identità. Leggendo il testo
cogliamo tre sfumature sulle quali vogliamo soffermarci in modo che la gioia
non nasca dalle realtà contingenti, ma questa gioia sia unicamente la gioia di
Dio che, in noi, contempla attraverso il mistero del suo Figlio il grande
progetto della creazione umana.
La prima sfumatura è
quell'espressione che conosciamo a memoria, ma che tante volte non riusciamo a
penetrare "E il verbo si è fatto carne". Espressione che o la
racchiudiamo in un dibattito di sapienti o la riduciamo al teatro medievale di
Gesù bambino. La bellezza di quella "Verbo si è fatto carne" è il
mistero dell'oggi di un Dio appassionatamente innamorato dell'uomo. Non è
semplicemente un referente storico "Il verbo si è fatto carne", ma è
tutto ciò che è nell'intimo di Dio. Dio è innamorato della sua creatura.
La bellezza
dell'innamoramento è diventare l'amato; non si può dire di amare veramente una
persona se non si diventa quella stessa persona. Il mistero che cogliamo
nell'incarnazione è questo amore incomprensibile e indiscibile di Dio, Padre-Figlio-Spirito
Santo nei confronti dell'uomo. Non comprenderemo mai il mistero
dell'incarnazione come il tutto: colui per il quale tutto esiste è diventato un
frammento.
L'amore è autentico
quando una grandezza diventa piccola perché è una grandezza innamorata…… Non
esiste esperienza amativa che non ti faccia diventare in tutto l'amato… la
grandezza e la bellezza di quel "il verbo si è fatto carne" la
cogliamo solo lasciandoci immettere nella grandezza di un Dio incomprensibile.
Questo primo aspetto ci dovrebbe aiutare a superare tutto il folclore che
rovina il mistero.
La cultura
dell'immagine rimpicciolisce l'amore inesauribile di Dio.
L'evangelista Giovanni
per evidenziare ulteriormente la grandezza di tale mistero ha aggiunto quella
frase sulla quale tante volte non soffermiamo la nostra attenzione "e
venne ad abitare in mezzo a noi".
Dio si fa ospite
dell'uomo diventando nello stesso tempo colui che dà ospitalità all'uomo. In
questo abitare di Dio cogliamo un aspetto fondamentale del mistero dell'uomo.
Tante volte non evidenziando questa reciproca ospitalità tra Dio e l'uomo
dimentichiamo che il Verbo fatto carne ha assunto tutte le caratteristiche
dell'uomo. Non c'è nulla nell'uomo che Dio non abbia assunto…… Spesso abbiamo
paura ad accostarci alla bellezza dell'umanità di Dio e guardiamo un Gesù
troppo uomo, ma in visione un po' stereotipa: più Dio che uomo.
Lui, Dio fatto uomo, è
diventato uomo con tutta la sensibilità, sensitività, intelligenza, cardiacità
dell'uomo stesso. Non c'è nulla dell'uomo che non sia “tutto in Gesù”. Gesù
assume tutto l'uomo per dire all'uomo che è la sua grandezza. Il mistero
dell'incarnazione è il vero scandalo dell'evento cristiano: un Dio che ama
camminare con l'uomo vivendo con lui, con tutte le emozionalità dell'uomo. Ecco
perché nel mistero dell'incarnazione del Dio che diventa uomo e viene ad
abitare in mezzo a noi cogliamo il terzo aspetto "e noi vedemmo la sua
gloria", il calvario glorioso.
Quando una persona dà
ospitalità ad un'altra persona nel mistero del suo cuore, in quel momento,
assume tutta la storicità dell'altro e poiché l'uomo è peccatore, un innamorato
fa di tutto per la persona amata. La cosa più bella dell'essere innamorati è
regalare la vita perché l'altro sia contento.
Il mistero della
morte-resurrezione di Gesù è niente altro che la conseguenza dell'amore
appassionato di Dio per l'uomo e non si può amare veramente una persona se non
regalando la propria vita alla persona amata. È’ il mistero dell'incarnazione.
Ecco perché Giovanni ha fatto quella meravigliosa sintesi "Il verbo si è
fatto carne, venne ad abitare, vedemmo la sua gloria". Dio facendosi uomo
ci dice che la bellezza e la grandezza
della nostra umanità è innamorarsi dell'altro regalandogli la nostra stessa
vita. Non c'è incarnazione, non c'è assunzione dell'uomo se non entrando in
questa meravigliosa verità allora, la gioia di Dio è educarci a diventare
uomini: amare in modo appassionato l'uomo, vivendo tutte le vibrazioni del
cuore umano dando la vita perché l'altro sia nella gioia. La gioia del Natale
non è più un teatro medievale come Gesù non ambiva, non è una riflessione
speculativa per capire chi sia Gesù. Il mistero del Natale è essere avvolti in
un amore incomprensibile che dà senso alla storicità della nostra umanità. Ecco
la gioia del Natale: la gioia di Dio che realizza in pienezza il suo disegno!
La vera gioia è quando
il desiderio viene appagato nella autentica libertà del cuore e, il mistero eucaristico,
non è niente altro che la continua incarnazione nella comunità cristiana del
verbo incarnato. Gesù rendendosi presente in mezzo a noi ci educa, attraverso
la sua parola, a diventare uomini fino a giungere a quella convivialità del
corpo dato e del sangue versato che ci insegna che non si può amare una persona
se da essa, amorosamente, non ci facciamo mangiare.
Allora si realizza la
vera gioia del Natale!
Entriamo in semplicità
in questo mistero, superiamo le immagini folcloriche che snaturano il mistero e
non danno speranza duratura all'uomo.
Ritroviamo questa
passione amorosa di Dio amando l'uomo come lo ha amato Gesù.
Allora le promesse si
realizzeranno oggi nella storia perché ci sono uomini che sognano di amare come
Dio.
Viviamo questo mistero
in semplicità, le cose sono più semplici di quelle che si possono dire con le
parole e se entriamo in questa semplicità abbiamo la gioia dei semplici, una
gioia che non ha bisogno di coreografie perché ha un cuore che nel cammino
della sua vita dà il sorriso della gioia di un uomo contento d'essere uomo.
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