06 marzo 2016

IV DOMENICA DI QUARESIMA – (LAETARE) - Anno C -

Gs 5,9-12                 2 Cor 5,17-21                     Lc 15,1-3. 11-32
OMELIA
Il tempo quaresimale ci pone alla scuola di Cristo perché possiamo ritrovare il gusto e la bellezza di essere suoi discepoli e questo valore Paolo lo ha detto molto bene: “Chi è in Cristo è creatura nuova, le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove”. Questa contemplazione del Cristo nel quale ci ritroviamo creature nuove ci apre tuttavia un orizzonte molto più vasto: la contemplazione del volto del Padre.

Noi siamo, in Cristo, creature nuove perché Cristo ci introduce nella intimità del Padre.

Il mistero della riconciliazione è tutto nel disegno eterno di Dio il quale vuole che l'uomo ritrovi il gusto e la bellezza della vita. Il banchetto che il testo evangelico ci ha offerto, è l'espressione della meravigliosa armonia nella quale l'uomo è chiamato ad entrare. Ora se l'uomo, attraverso Gesù Cristo, riscopre la bellezza del rapporto con il Padre e poiché l'uomo è stato chiamato ad essere immagine di Dio diventandone somiglianza, il discepolo ritrova se stesso immergendosi nella figura del Padre: la vita è originata dal Padre, la vita nel Padre acquista il suo modello. La vita con il Padre si costruisce giorno per giorno attraverso la vivente imitazione del Cristo.

Vivendo in Cristo, andiamo alla scuola dal Padre ed è interessante vedere l'agire del Padre che è la sintesi di due valori nei quali la creatura è pienamente se stessa: l'amore e la libertà. Queste realtà si intrecciano tra di loro e costituiscono la bellezza dell'essere creatura. Entrando nel volto del Padre, scopriamo come nel suo atteggiamento egli riveli queste due cose: il figlio è l'amato perché è  figlio,  e poiché il figlio è il suo amato, la bellezza dell'amore è regalare libertà.

Davanti all'atteggiamento del figlio che richiede il suo patrimonio il padre non fa obiezioni, chi ama rispetta la libertà dell'altro, chi ama adora il mistero che è l'altro, chi ama far sì che l'altro sia veramente se stesso.

Nel mistero di Dio amore e libertà vanno di pari passo, Dio ama in modo infinito e dà una libertà eccezionale, l'uomo è il luogo dell'amore di Dio godendo nell'obbedienza la libertà di Dio. In Dio l'amore e la libertà sono la sorgente dell'amore e della libertà dell'uomo, che è chiamato a costruire la propria esistenza nel partecipare come creatura a questi doni divini.

È il mistero nel quale noi dovremmo entrare continuamente; se la nostra vita è originata da Dio padre, la nostra esistenza è partecipazione all'amore liberante di Dio!

Quando l'uomo è veramente se stesso? Quando si lascia amare e liberare…… e l'uomo è grande quando ama liberamente!

Se guardiamo attentamente il ritorno del figlio, esso è tutto coniugato attraverso questi due valori. Nel dramma della storia che si ritraduce nel linguaggio letterario che abbiamo ascoltato dal brano evangelico, l'uomo ha la nostalgia della libertà. Il linguaggio usato dalla parabola, che è espresso dalla fame, richiama la convivialità, richiama la relazione, richiama l'alterità goduta. e, quindi,  di riflesso avverte la schiavitù perché non è in comunione con nessuno, avverte il dramma della sua solitudine, coglie il non-senso della sua vita e, in quel momento, pensare alla convivialità del padre è far emergere quella dimensione di amore che il padre gli ha regalato e quel desiderio di libertà che il padre ha infuso nel suo cuore. La storia è il linguaggio liberante dell’amore di Dio nel cuore dell'uomo. Noi, tante volte, davanti all'esperienza storica abbiamo tutti i nostri criteri, ma -se guardiamo la nostra esistenza fino in fondo-, essa deve essere un'esistenza di un autentico uomo, la nostra esistenza è una scuola di costante accoglimento dell'amore e  di continua liberazione.

Quale è stato il dramma del figlio maggiore?

La schiavitù del suo io che non si è lasciato amare dal padre e quando l'uomo non si lascia amare fino in fondo è sempre schiavo. E' il dramma della storia quotidiana L'uomo invece che ha il desiderio di lasciarsi amare entra nella vera libertà, ecco perché il cristiano quando vuole avvertire il senso della sua vita deve sempre andare al padre. Infatti se cogliessimo il senso della parola "padre", che è un'immagine e quindi, è un'analogia, è nient'altro che la fonte dell'esistenza.

Cosa vuol dire vivere?

Essere immagine creata dalla fonte della vita e quindi tutta la storia è una cesellatura dell'Amore che ci vuole regalare libertà. Davanti alla storia, tante volte, ci indegnamo: non deve andare così…… Davanti alla storia lasciamoci amare in modo purificante per ritrovare la bellezza e l'autenticità della nostra esistenza. La bellezza di essere discepoli del Signore è entrare nella libertà e la libertà è la gioia riconoscente dell'obbedienza alla fonte dell'Amore, ogni atto di libertà è dire grazie al dono d'essere amati. Quando l'uomo non ha il gusto di lasciarsi amare è una schiavitù imperante, come il figlio maggiore. Quando l'uomo si lascia amare, in quel momento si sciolgono lentamente tutte le chiusure, tutti gli ostacoli, tutte le paure, tutte le pseudo costruzioni mentali, e l'uomo ritrova il gusto della convivialità esistenziale, la bellezza d'essere uomini liberi! La convivialità è il canto alla libertà perché la convivialità è il gusto della reciprocità amorosa. E allora chi è in Cristo è creatura nuova perché in Cristo ci sentiamo amati dal Padre, da Cristo impariamo il gusto della libertà.

Concentrare la nostra esistenza sul mistero di Cristo è ritrovare l’ autenticità della nostra vita e questa autenticità noi la stiamo vivendo. Se andiamo al brano che abbiamo ascoltato dal libro di Giosuè, cos'è la manna nel deserto? La manna nel deserto è Dio che fa vivere il suo popolo e la manna nel deserto è l'eucaristia che stiamo celebrando: la manna della parola e del sacramento.

In vista di quella terra promessa che è il paradiso e mentre siamo in cammino, gustiamo la manna e la manna è il Cristo che ci dice: il Padre ti ama in modo favoloso regalandoti la sua libertà.

E’ il mistero che noi vivremo tra poco accostandoci a quel pane e a quel vino che è la manna trinitaria nel tempo della Chiesa, nel momento in cui ci accosteremo alla comunione, vivremo il banchetto della parabola: il Padre che in Cristo Gesù ci regala tutta la sua gioia! È quel bacio che ha concluso l'itinerario dell'uomo che è alla ricerca della verità, ecco perché il cristiano quando va all'eucaristia non ha bisogno di altre preghiere aggiuntive, perché, nell'eucarestia, è presente e vivo il bacio del Risorto dove l'uomo si sente così intensamente amato da godere la gioia della libertà!

Accostiamoci all'eucaristia con questo desiderio di essere amati per essere liberati. Uscendo dalla chiesa, con la gioia del Signore potremmo veramente dire: sono creatura nuova, il passato non conta più, oggi il Padre mi ha dato il bacio del Risorto perché possa veramente gustare la bellezza della vita.

In quel momento saremo riconciliati, potremo giungere alla terra promessa e godere i beni messianici del paradiso. Viviamo così, questo cammino quaresimale,  contemplando il Padre fonte d'amore, anima della libertà e allora la nostra esistenza liberata dall'amore sarà un'esistenza, magari tormentata storicamente, ma a livello interiore progressivamente liberata perché in ogni respiro gustiamo il Padre che ci ama regalandoci libertà.




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