OMELIA
Il quotidiano fascino di Gesù ci porta giorno per giorno a goderne la libertà del cuore.
Conoscere Gesù e acquisire l'autentica libertà sono un binomio
inscindibile. Più diventiamo Cristo più abbiamo il gusto della libertà e questa
mattina Gesù vuole introdurci nella profondità di tale mistero perché la nostra
vita sia una autentica professione di fede nel suo mistero. Infatti è molto bello come l'apostolo, nel
testo che abbiamo ascoltato nella seconda lettura, ci ponga davanti ad uno
stretto rapporto tra il cristiano che è chiamato a fare la sua professione di
fede davanti al mondo intero e Gesù che, davanti a Pilato, ha dato la sua
grande testimonianza. In un mondo come quello in cui viveva l'autore della
prima lettera a Timoteo, dove meno veniva colto il senso della presenza del Maestro,
l'autore dice che dobbiamo imitare Cristo che davanti a Pilato è stato Signore.
La bellezza della fede è vivere Gesù che
è signore davanti alla storia. L'uomo è veramente libero quando, davanti agli
avvenimenti dell'esistenza, in tutte le sue conflittualità può "dire Gesù"
con tutto il suo mondo interiore perché la bellezza della libertà è essere
sacramento di Gesù Cristo. Il cristiano nel cammino del tempo dice solo "Gesù".
Come possiamo entrare in questa
meravigliosa esperienza e quindi gustare questa libertà?
La parabola che abbiamo ascoltato è la storia di Gesù. Il testo che ci
ha introdotto nel brano evangelico ci parla di Gesù Cristo: " Gesù Cristo
da ricco che era si è fatto povero per voi perché voi diventaste ricchi per
mezzo della sua povertà". Sono due elementi che caratterizzano la
personalità di Gesù e che ci aiutano lentamente e progressivamente a gustare la
vera libertà.
Chi è Lazzaro se non l'espressione dell'evento dell'incarnazione? Gesù
si è fatto povero è nato in un contesto di emarginazione, non è stato creduto e
questo lo ha detto lui stesso quando, in una bella preghiera ha affermato: "Io
ti rendo lode Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto
nascoste queste cose a quelli che contano e le hai rivelate a quelli che non
contano".
Per entrare nella vera testimonianza di Gesù e per fare della nostra
vita quell'atto di libertà che è la professione di fede dobbiamo essere persone
che come Gesù non contano. L'uomo contemporaneo non riesce a gustare questa
bellezza evangelica perché è ammalato della cultura dell'immagine, delle
letture psicologiche della vita, del dominio del successo e non può costruire
né mai conoscere Gesù. Solo chi imita Gesù nel mistero dell'incarnazione può
lentamente imparare a conoscere Gesù. Noi
ulteriormente possiamo entrare in questo grande mistero espresso nella parabola, quando Gesù ci dice
come possiamo attraverso la nostra povertà quotidiana giungere alla vera
libertà.
Nel dialogo tra il ricco e Abramo la soluzione che Abramo dà è molto
semplice : "hanno Mosè e i profeti ascoltino loro!"
Se andiamo alla storia di Gesù, ci accorgiamo che la storia di Gesù si fonda
su Mosè e i profeti.
Andiamo al meraviglioso racconto della trasfigurazione e ci accorgiamo
che Gesù appare glorioso tra Mosè e il profeta Elia; nel dialogo con i
discepoli di Emmaus Gesù spiega le scritture partendo da Mosè e dai profeti.
Nell'episodio parabola del samaritano, il samaritano dà al
proprietario della locanda due denari, Mosè e i profeti, perché l'uomo possa
ritrovare veramente se stesso. E qual è il contenuto che poniamo al di là di Mosè
e dei profeti? Chi è Mosè? È l'uomo che nella tenda del convegno abitualmente è
davanti a Dio.
Noi possiamo ritrovare nella nostra povertà il gusto della nostra vita vivendo come Mosè
per accedere all'anima del mistero di Dio. Di riflesso il profeta è colui che
ci regala il come possiamo essere
quotidianamente l'oggi di Dio. Fare la professione di fede maturando nella
libertà vuol dire, giorno per giorno, avere quell'ansia interiore di stare alla
presenza di Dio incarnandone il mistero. Allora ci accorgiamo come lentamente entriamo nella libertà
di Dio.
Il cristiano perciò deve semplicemente, nel cammino della sua vita,
avere questo atteggiamento interiore di vivere la povertà del quotidiano in un
atteggiamento di accoglienza di Dio come ha fatto Gesù, dicendo agli uomini
attraverso la concretezza della vita che Gesù è il Signore. Questo è il
camminare nelle tempeste della storia con un cuore veramente libero. E tutto
questo - e lo ha detto molto bene l'autore della prima lettera a Timoteo -
facendo della nostra vita un atto di glorificazione di Dio. Chiunque voglia
veramente fare della sua vita un atto di grande libertà interiore deve cantare
la bellezza della vita: è il cuore che
canta la bellezza della professione di fede, e in questo esprimiamo l'ebbrezza della vita, pur nelle lacrime della
storia. Questo è l'uomo libero!
Questo approccio diventa per noi un affascinante orizzonte. Quando il
cristiano è veramente libero?
Quando fa della sua storia feriale un inno di lode a Dio: è la
capacità del quotidiano di dire "Ti glorifico ,o Padre, perché nella mia
radicale povertà mi hai rivelato il volto del tuo figlio Gesù".
Se entrassimo in questa meravigliosa esperienza avremmo un risultato
veramente liberante.
Noi tante volte pensiamo che l'essere cristiani sia essere
continuamente sottoposti ad una precettistica continua, ma l'uomo, quando si
sottopone ad una precettistica continua, aumenta la sua schiavitù. La bellezza
della vita è fare del feriale un atto di culto una professione di fede.
Negli anni conciliari è nata una testimonianza che dovrebbe essere per
il nostro cuore fonte di grande libertà.
Un grande gesuita antropologo, che ha studiato per tutta la sua vita
il senso del mondo creato, diceva nel suo testamento: "Nella mia vita non
sempre potevo celebrare l'eucarestia perché non avevo il pane e il vino, ma ho
celebrato l'eucarestia della vita". I frutti del suo lavoro li elevava col
Signore rendendo grazie. Questa era la sua eucarestia!
Se il cristiano riuscisse a percepire questa profondità, allora la
conclusione della seconda lettura sarebbe una esperienza veramente attuale.
L'uomo veramente libero offre a Dio il
frutto del lavoro quotidiano in un inno di lode e di ringraziamento al Signore
e, allora, non saremmo più catturati dal correre a fare tante cose per rendere
contento il Signore, ma dovremmo nella nostra vita godere della gioia del Signore che ci dice: "Vivi
nel tuo piccolo la grandezza della mia presenza".
È l'eucaristia che stiamo celebrando.
In quei doni, frutto del lavoro dell'uomo e della grazia di Dio, noi
offriamo a Dio le nostre povertà. Allora scopriamo una grande ricchezza che le
povertà sono la meraviglia di Dio che ci vengono regalate .E' il gesto della
comunione eucaristica! Allora noi
scopriremo nella nostra vita la libertà di essere dono.
La libertà di imitare il Cristo è la libertà di offrire con
gratitudine la nostra ferialità: è l'eucaristia della vita che ci apre
sull'eternità beata.
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