At 4,32-35 1Gv 5,1-6 Gv 20,19-31
OMELIA
Il misterioso
evento della risurrezione di Gesù dai morti è un evento che la comunità
cristiana è chiamata a vivere in modo continuo e in modo sempre più intenso.
Quello che è accaduto misteriosamente nel passato è sempre presente e attuale
nella vita della Chiesa e offre a noi ogni giorno la presenza del Risorto
perché il discepolo non può vivere senza il Risorto. Infatti la bellezza di
essere discepoli è gustare giorno per giorno tale misteriosa e meravigliosa presenza,
e la Chiesa, davanti a questa grande vocazione che le è stata offerta, oggi
vuole aiutarci a come entrare in questa esperienza del Risorto. Dovremmo sempre
più comprendere che il discepolo, nel cammino della sua vita, deve ritrovare la
bellezza di Dio, con l'entusiasmo di poter affermare con gioia: sto vedendo il
Risorto. La parola chiave che emerge nella scrittura proclamata questa mattina
è una sola: si vive del Risorto perché si è in comunione fraterna. Dove c'è
comunione fraterna lì c'è il Risorto, il Risorto è goduto ed è sperimentato da
chi vive in comunione. Ecco perché la Chiesa ci ha offerto nella prima lettura
il grande sogno dell'evangelista Luca: erano
un cuor solo e un'anima sola e tutto fra loro era comune. La comunione è
l'anima per sperimentare la risurrezione poiché la comunione è la capacità del
fascino di un altro che abita nel nostro cuore, mentre ne condividiamo i
sentimenti e gli stati d'animo. La comunione fraterna ci introduce nella
profondità del mistero del Risorto. La comunione infatti non è altro che la
gioia che sperimentiamo mentre gustiamo l'oggi del Cristo Risorto.
Una simile
visione ci permette d'intuire il senso e la bellezza del racconto evangelico
poiché la figura di Tommaso ci aiuta sicuramente a entrare in questa esperienza
di comunione, ponendoci la domanda: perché Tommaso non ha visto il Signore?
Quando ci accostiamo
al Vangelo di Giovanni, ci accorgiamo che le sue narrazioni sono "simboliche",
utilizzano un certo linguaggio per far intravedere qualcosa d'altro. Quando l'evangelista
dice che Tommaso non era con loro, non dice che fosse assente localmente dal
cenacolo, ma era assente esistenzialmente dalla fraternità con gli altri perché
non condivideva o non stava condividendo la bellezza dell'esperienza pasquale
di Gesù. Il cammino che la Chiesa ci ha fatto percorrere per giungere
all'esperienza della risurrezione ci ha introdotti nella verità e vivacità
della passione di Gesù. Ecco perché Tommaso dice: se non vedo il segno dei chiodi, se non vedo il fianco trafitto non
credo! Non si può cogliere l'esperienza del Risorto se non si hanno e non
si vivono i segni della passione. Quel Gesù che è in mezzo ai discepoli è
conosciuto, vissuto, visto da chi ha i segni della passione, da chi si è
lasciato amare fino in fondo fino a donare la vita. La comunione non è stare insieme, la comunione è un condividere
l'oblazione gloriosa di Gesù. Se non si entra in questa esperienza come
possiamo vedere il Risorto? Se non viviamo la stessa interiorità del Maestro,
come possiamo vederne la presenza? Chi vive fino in fondo l'esperienza del
Cristo crocifisso gusta l'esperienza del Glorioso poiché il Vangelo è
nient'altro che un entrare in questa
affascinante vitalità di Gesù per poterne cogliere la profondità del mistero.
La comunione nella Chiesa si vive quando si condividere con tutta la propria
persona la stessa sensibilità di Gesù. La comunione non è fatta di cose, la
comunione è vivere il mistero pieno e totale di una persona, che nel cuore di
ogni credente è Gesù Cristo Figlio di Dio, nel quale si gusta la vita eterna.
Quando
l'evangelista Luca nel tracciare il quadro ideale della comunità cristiana
nella prima lettura ha detto che erano un
cuor solo e un'anima sola non faceva nient'altro che ritradurre il
principio della sapienza ellenistica nella quale si affermava che l'amicizia
era essere due corpi in un'anima sola. La bellezza del Vangelo è entrare in
questa unità di vita che è Gesù. Se noi non portiamo nel cammino della nostra
esistenza l'oblazione di Gesù non c'è mai comunione, ci saranno parole,
comunicazione di sensitività, rapporti intellettuali, ma non comunione
evangelica. Ecco perché se vogliamo vivere dell'esperienza del Risorto dobbiamo
vivere quello che ha detto Tommaso: mettere la mano nei segni dei chiodi, mettere
la mano nel fianco trafitto del Crocifisso. Chi è nel fascino di Gesù,
assumendone tutto il mistero dall'incarnazione alla esaltazione gloriosa alla
destra del Padre, vede Gesù. Quando la nostra vita è costruita in Gesù e Gesù è
il vivente in ciascuno di noi, noi lo vediamo perché la persona quando è
intensamente innamorata vede presente anche quello che fisicamente può essere
assente. Quindi intuiamo come l’imitare Gesù ogni giorno significhi veramente
entrare con tutta la nostra persona nel suo mistero, possiamo veramente vedere
Gesù.
Come possiamo
dire ai fratelli la bellezza della nostra fede se non entriamo in questa
convinzione che il Signore lo vediamo, come possiamo dire “è bello credere” se
non vediamo, seppur attraverso l'occhio degli apostoli? Noi nello sguardo di Tommaso
vediamo Gesù, in quel Tommaso che si lascia conquistare da Gesù noi vediamo
Gesù. In questo intuiamo la bellezza feconda dell'essere discepoli, ma in noi
rimane sempre il grande interrogativo: è possibile?
Davanti ai grandi
orizzonti del Vangelo noi spesse volte abbiamo un dubbio e questo dubbio ce lo
ha risolto la seconda lettura quando l'autore della prima lettera di Giovanni
ha affermato che tre danno testimonianza: lo Spirito, l'acqua e il sangue dove
lo Spirito, l'acqua il sangue insieme sono la vivente incarnazione della
presenza di Cristo. Nello Spirito Santo che esce dal Cristo in croce e che ci è
regalato nel Risorto, viviamo il clima della contemplazione del Maestro, in
quell'acqua gustiamo l'evento creativo che ci rigenera al fonte battesimale e
in quel sangue facciamo nostro l'evento eucaristico, con la meravigliosa
conclusione che noi tutti siamo la persona vivente di Gesù. Ecco perché noi
abbiamo ascoltato un'espressione che in modo immediato potrebbe creare in noi qualche
difficoltà: “I miei comandamenti non sono gravosi” perché i comandamenti non
sono l'insieme di prescrizioni ma lo stimolo "spirituale" a essere e
a divenire il Cristo che è vivente in noi.
La conseguenza di
tale luminoso evento sacramentale ed esistenziale è molto significativo: il
vedere fa nascere relazione, la relazione fa nascere un processo di
immedesimazione nel mistero che è Cristo e quando il Cristo è noi è il grande
attore della nostra vita. Ecco perché ogni domenica ci ritroviamo qui, per
vedere Gesù, per vedere Gesù con un cuore talmente innamorato del Maestro che
non si può vivere in modo autentico e fecondo senza Gesù.
In questo
momento, celebrando questi divini misteri, abbiamo lo sguardo del cuore abitato
da Gesù, verso Gesù che è qui presente, e in quella comunione nella parola e
nel sacramento noi gusteremo che è bello ed è soave stare con Gesù. Da una
simile esperienza apprendiamo che la risurrezione non è qualcosa che è avvenuto
ieri, non è la tomba vuota di ieri; la risurrezione è qualcosa che percepiamo
con tutta la nostra personalità fisica e spirituale, ci sentiamo rigenerati!
Questo sia il
mistero che vogliamo portare a casa questa mattina in modo da poter andare a
casa e dire: " nella luce della fede, ho goduto della comunione con il Risorto
insieme ai miei fratelli" e quando noi, nella fede, godiamo del Risorto la
vita è ricca di fiducia, di speranza, abbiamo un'altra ottica nella quotidiana
lettura della vita. Questo sia il mistero che Gesù ci vuole rivelare questa
mattina per dirci che la risurrezione non è tanto cantare alleluia con i riti,
ma la risurrezione è un alleluia vivente perché il Signore abita dentro di noi
ed esulta nella nostra comunione fraterna, mentre siamo in attesa della
trasfigurazione fraterna nella liturgia del cielo.
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