At 4,8-12 1Gv 3,1-2 Gv 10,11-18
OMELIA
Conoscere il Risorto è il grande orizzonte
della nostra vita e il cammino che la Chiesa ci sta facendo compiere per
cogliere questa presenza del Risorto ci ha condotti a ritrovarne la presenza in
una attiva esperienza di comunione, ritrovando nel Risorto la novità della
vita. L'uomo, che vive la comunione, rappresenta la novità esistenziale
continua.
La condizione perché questo dono possa
effettivamente essere approfondito, questa mattina la Chiesa ci dice che
dobbiamo rimanere sotto la sua influenza. È l'immagine del pastore. La presenza
del Risorto noi riusciamo a coglierla in tutta la sua verità perché normalmente
noi gustiamo la vita che il Risorto ci offre continuamente poiché ci introduce
nelle meraviglie incomprensibili e ineffabili di Dio. Nel linguaggio che
abbiamo ascoltato dove Gesù coniuga e l'immagine del pastore e l'immagine delle
pecore, l'aggettivo possessivo “mie”
mette in luce come la bellezza del camminare con Gesù sia essere continuamente
sotto la sua influenza. Solo Gesù può usare l'aggettivo possessivo “mie” perché
la bellezza della nostra esistenza è tutta sotto l'influenza del Maestro.
È molto bello il linguaggio che ci viene
offerto dal testo evangelico nel quale noi riusciamo a riscoprire come la bellezza
della nostra esistenza è una continua azione divina che ci attira a sé, ci qualifica
nel più profondo e ci porta a quello che è il senso della fede: la fusione
d'amore! La bellezza di camminare con il buon pastore è avere questa relazione
trasfigurante che continuamente opera nella nostra vita facendo sì che la
nostra esistenza sia il riflesso della sua. L'immagine ritradotta nel rapporto
tra il pastore e le pecore è ritradotto nella prima lettera di Giovanni con l'immagine
d'essere figli e la bellezza di un figlio è essere la vivente e feconda
sensibilità del padre. Essere figli è gustare, in atteggiamento di gratitudine,
la bellezza feconda di Dio; ecco perché il cristiano riesce a entrare nella
bellezza d'essere guidati dal Cristo buon pastore nel riscoprire il partecipare
alla vita divina. In questo noi intuiamo come il cristiano possa riuscire
veramente a intuire la bellezza del Signore non perché lo capisce, ma perché si
lascia fondere in questo amore eccezionale che è il criterio della vita.
La vita non si capisce, la vita si vive, in
una grandezza che va al di là di noi e Gesù ha evidenziato questa visione con
l'espressione successiva, ripetuta, dove il
pastore dà la vita per le pecore. Ma cosa vuol dire quest'espressione del
Vangelo di Giovanni dare la vita?
Noi qualche volta potremmo rimanere nella
visione di Gesù che ha dato la vita e quindi è morto, ma dare la vita è
qualcosa di più, dare la vita è trasmettere la propria interiorità all'altro, i
figli sono l'interiorità dei genitori condivisa e condotta nel tempo e nello
spazio. E’ Gesù che regala la propria intimità ad ognuno di noi. Quando noi
diciamo che siamo figli nel Figlio in quel momento risentiamo la frase di Gesù:
per loro dono la vita, per essi consacro
me stesso perché siano consacrati nella verità. Gesù vuole regalarci questa esperienza: "Infondo in loro la vita, semino in loro la
bellezza di esistere, porto loro alla vera comunione con il Padre che è il senso
portante della loro storia". La bellezza della vita è un Gesù che
continuamente genera in noi una fusione ricreatrice, è la sua intensità di
amore che penetra dentro di noi e ci dà la bellezza gustativa della sua
presenza. Quante volte dovremmo nella nostra esistenza ripeterci: siamo suoi!
Tanti problemi che tante volte hanno i
genitori perché i figli si autogestiscono nella propria autosufficienza.
Dovrebbe essere per noi chiara questa verità: la bellezza della vita è questa: "Padre
sono tuoi perché sono nel Figlio tuo!" In quel momento la bellezza di Gesù
che dona la vita è un Gesù che ha una fiducia inesauribile nei confronti
dell'uomo, si regala continuamente all'uomo perché la bellezza della vita è
donarla giorno per giorno. I genitori danno alla luce giorno per giorno i figli
regalando loro quella interiorità che li caratterizza.
La bellezza della fede è essere generati
continuamente, introdotti in quella interiorità divina per cui noi dovremmo
sempre dire: sono un capolavoro della grazia, sono un capolavoro della gratuità
di Dio che avvolge tutta l'esistenza!
Ma come questo secondo passaggio che Gesù ci
regala nel testo scritturistico può concretizzarsi nella nostra esistenza?
Gesù ha usato una frase molto bella: le mie pecore ascoltano la mia voce. La
bellezza di essere sotto l'influenza di Cristo, la bellezza di assumere ogni
giorno questo atto generativo di Dio che ci rende figli nel Figlio passa
attraverso la bellezza dell'ascolto perché ascoltare è la gioia di vivere,
ascoltare è permettere all'Altro di entrare nella nostra esistenza. La
fecondità dell'ascoltare è l'Altro che entra nel mio vissuto. L'uomo è grande
perché ascolta.
Quando nel testo evangelico Gesù ha narrato,
ha detto la propria esistenza dalla incarnazione alla risurrezione ha affermato
ho il potere di dare la vita e di
riprenderla. Sostanzialmente ha detto: come io ascolto continuamente il Padre
e il Padre non mi delude perché il Padre mi fa risorgere, così il discepolo è
colui che ascolta, che si lascia penetrare dall'Altro, che continuamente
percepisce nell'Altro quella pietra angolare che è la solidità della vita. Noi
possiamo costruire in modo autentico la nostra esistenza ascoltando
continuamente perché, l'ascolto, è l'espressione della gratitudine. Se il Signore
dà continuamente la vita, se il Signore ogni giorno ci rigenera a novità,
allora cresciamo nella sicurezza che il Signore risorto è presente nella nostra
storia ponendosi in viva relazione con noi: la bellezza della vita è ascoltare.
Perché un figlio ascolta sempre? Perché ha la
gratitudine nei confronti dei suoi genitori d'avergli regalato la bellezza che è
la vita. Ascoltare è il canto della gratitudine! Ecco perché la fede nasce
dall'ascolto perché, la bellezza della fede, è essere generati da Dio e quando
l'uomo è generato e ha il gusto di vivere, ascolta! L'ascolto rappresenta la
caratteristica propria di questa rigenerazione costante, questa ricreazione
esistenziale che continuamente si opera nella nostra vita. Ascoltare perciò è
il linguaggio della gratitudine, ascoltare è vivere il mistero dell'altra
persona per entrare in un itinerario nel quale abbiamo la sete dell'Altro che è
il Signore. Ecco perché noi ogni giorno ascoltiamo la Parola, ogni giorno
ascoltiamo il Signore perché ogni giorno abbiamo sete di lui che ci genera a
vita nuova. Ecco perché il pio ebreo iniziava ogni sua giornata dicendo: ascolta Israele! Nel momento in cui
Israele ascoltava la parola divina delle Scritture, riviveva le meraviglie di
Dio; ascoltare è rivivere l'amore dell'altro, ascoltare è lentamente entrare in
una fusione dove l'ascolto non è di parole, ma di cuori, che negli occhi si
penetrano l'uno nell'altro. Allora nasce quella fusione che è il rapporto
pastore - pecore che è l'essere riuniti in un unico recinto.
Cos'è la Chiesa? E’ la comunità di quelli che
vivono la stessa sensibilità.
La bellezza di ritrovarci questa mattina
nell'Eucaristia è vivere questo Signore della cui influenza noi viviamo
continuamente, e questa bellezza fa sì che noi qui stamattina siamo chiamati a
una fusione di cuori con Gesù, primo perché lui è presente e quando c'è una
presenza che ci affascina scatta l'ascolto, un ascolto che diventa sete della
sua parola, ascoltare la parola del Padre, quella sete che è ascoltare il
Cristo mangiando e bevendo con lui. In quel momento noi entriamo in quella
fusione che ci dà la bellezza di godere di questo Risorto per il quale vale la
pena vivere.
La bellezza di dire grazie per gli anni che la
vita ci regala è una gratitudine che diventa sete di comunione veramente
inesauribile. Allora se vogliamo veramente comprendere la bellezza di Gesù,
buon pastore, viviamo di lui. L’Eucaristia è per chi vive di lui e quando
l'uomo vive di Gesù in quel momento è nell'armonia perché ha una presenza
meravigliosa al di là di ogni umana prospettiva e ha un senso d'infinito in cui
possiamo respirare l'autenticità della propria esistenza in modo da dire in
ogni avvenimento: tutto è grazia!
E se tutto è grazia tutto diventa rendimento
di grazie e l'istante diventa la fecondità luminosa della SS. Trinità in
ciascuno di noi.
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